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Paesaggi culturali della Majella settentrionale: dallo studio alla valorizzazione partecipata

Scenari di ricerca, innovazione, pianificazione, valorizzazione del patrimonio culturale, produttivo e identitario nella Majella

3. Paesaggi culturali della Majella settentrionale: dallo studio alla valorizzazione partecipata

La varietà geomorfologica e ambientale trova corrispondenza nelle diverse forme di antropizzazione che hanno caratterizzato il territorio della Majella nel divenire storico. L’interazione natura-comunità ha creato paesaggi complessi che si prestano ad uno studio pluridisciplinare. La nostra analisi si è focalizzata sul versante settentrionale del massiccio della Majella, che vanta un notevole patrimonio archeologico, architettonico, storico-artistico e naturalistico; qui hanno convissuto pastorizia, agricoltura stagionale, attività minerarie (cave di bitume e di pietra) e altre forme economiche incentrate sull’uso delle risorse boschive (legname e combustibile, spazi per l’allevamento brado, frutti spontanei). La ricerca storica, etno-archeologica, geologica e (paleo)ambientale si è rivelata fondamentale per individuare i connettivi fra le diverse tipologie di paesaggio, per costruire interrelazioni passato-presente, per creare itinerari geo- turistici integrati all’interno del Parco Nazionale della Majella. Le aree

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campione selezionate gravitano sui bacini idrografici dei fiumi Lavino, Orfento e Orta, che scorrono per ampi tratti profondamente incassati tra pareti rocciose e che sono alimentati da sorgenti di base e torrenti tributari (Fig. 1).

Fig. 1 - Quadro d’unione con indicazione delle principali località citate nel testo (base DTM a 10 m, modalità di visualizzazione Global Shader).

L’abbondanza d’acqua ha promosso non tanto l’agricoltura, da sempre limitata a superfici poco estese, ma attività parallele, quali la transumanza orizzontale (a lungo raggio) e verticale (‘monticazione’) e lo sfruttamento dei giacimenti di bitume che, già testimoniato nel neolitico, ha continuato fino all’età moderna, dando origine a un distretto minerario fiorente tra Otto e

Novecento (COLECCHIA,AGOSTINI,2014).

3.1. Paesaggi minerari dismessi e diversamente rivitalizzati

I giacimenti con tenori utili si concentrano nel territorio compreso fra i comuni di Abbateggio, Manoppello, Lettomanoppello, Roccamorice, San Valentino,

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Scafa. Il fiume Lavino, affluente di destra del Pescara, è il punto di snodo dei comparti minerari più interni, nel quale confluiscono i valloni di Santo Spirito, San Bartolomeo, fosso Sant’Angelo, fosso Cusano. Il paesaggio minerario dismesso è relativamente ben conservato.

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In corrispondenza degli altipiani e dei pendii non troppo accentuati, dove la vena mineraria è superficiale ed è poco inclinata, le coltivazioni a cielo aperto hanno prodotto evidenze macroscopiche (discariche, residui dei processi di estrazione e di lavorazione delle rocce asfaltiche, infrastrutture) che delineano un “terzo paesaggio” (CLÉMENT, 2014), facilmente individuabile anche sulle

ortofoto. Nei siti sfruttati più intensamente sono riconoscibili i fronti di cava e, grazie alla visualizzazione tridimensionale, sono percepibili gli sbalzi di quota delle aree di sbancamento (Fig. 2).

Le caratteristiche geomorfologiche e ambientali hanno determinato la maggiore frequenza delle miniere a gallerie. L’indagine autoptica, calibrata sull’andamento dei sentieri e indirizzata dalle informazioni apprese in loco, ha permesso l’individuazione e il posizionamento tramite GPS di numerosi imbocchi, perlopiù collocati lungo i costoni rocciosi e coperti da vegetazione arbustiva (Fig. 3).

Fig. 3 - Valle di Santo Spirito, fianco sud. Accessi alle miniere; particolari del sistema delle gallerie Alla ricerca, realizzata dagli enti istituzionali (Soprintendenza Archeologica, Parco della Majella), si affianca efficacemente la sistematica attività del GRAIM

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(Gruppo di Ricerca di Archeologia Industriale della Majella). Nel giugno 2015 l’esplorazione dei cunicoli delle miniere lungo la valle di Santo Spirito, in prossimità dell’eremo celestiniano, ha portato alla scoperta della c.d. ‘Grotta della Lupa’ (circa m 1800 s.l.m.), una formazione carsica di notevole valore speleologico e scientifico, al cui interno sono stati identificati reperti osteologici e fossili. Nelle ricognizioni sono stati coinvolti lo Speleo Club, la

Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio (SABAP) di Chieti, il Parco

della Majella, che ha avviato e coordina uno studio multidisciplinare finalizzato a indagare gli aspetti geomorfologici, paleontologici e storico-antropologici del geosito. Più recente (estate 2017) è il rinvenimento di un cunicolo con tracce di lavorazione nella valle dell’Orta, in comune di San Valentino in Abruzzo Citeriore (zona A del Parco della Majella): la galleria, che era parte del sistema minerario operativo tra Otto e Novecento, è stata segnalata alla Soprintendenza Archeologica, rilevata e documentata. Per la consistenza del distretto archeo-minerario, in parte ancora da indagare e in stato di abbandono, e per la rilevanza del patrimonio geologico l’ente Parco ha sottoposto alla

Commissione Nazionale la propria candidatura a Geoparco UNESCO. È stato

pertanto redatto un complesso dossier e sono stati selezionati i geositi più significativi, alcuni di importanza internazionale già dichiarati di interesse scientifico e protetti dal MIBACT (D. Lgs. 42/2004). La domanda è stata

formalizzata nella primavera del 2018.

Il processo partecipativo innescato dal basso (bottom-up) ha stimolato iniziative dall’alto (top-down) e ha sollecitato diretti interventi istituzionali instaurando una fattiva collaborazione. Il 30 agosto 2018 è stato sottoscritto un protocollo di intesa tra Agenzia del Demanio, Soprintendenza (SABAP), Regione Abruzzo, Provincia di Pescara, Ente Parco Nazionale della Majella, ANCI Abruzzo (in funzione di supporto e coordinamento dei Comuni ricadenti nel bacino minerario). Le istituzioni coinvolte hanno costituito un tavolo di lavoro permanente e hanno definito le rispettive competenze e le iniziative da avviare per la valorizzazione del patrimonio minerario dismesso e delle strutture esterne e interne di archeologia industriale. Il documento sancisce, inoltre, l’impegno nel promuovere network territoriali e nel favorire l’associazionismo culturale. Il progetto è finalizzato alla costituzione di un Parco Minerario (un parco nel parco) articolato in miniere aperte al pubblico, allestimenti museali, un centro di documentazione per la conservazione dei reperti, dei documenti d’archivio e del patrimonio immateriale costituito dai ricordi e dalle testimonianze dei protagonisti: i minatori locali. Tutto questo è il risultato di una progettazione partecipata, che trova alimento in incontri di studio patrocinati dal Parco Majella e dalla Soprintendenza SABAP e in

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workshop che coinvolgono i volontari del GRAIM, impegnati a loro volta nella ricerca e nella divulgazione delle proprie esperienze (video, foto, articoli) anche attraverso l’uso dei social network2. In occasioni particolari, quali la Settimana

del Pianeta Terra 2017 (15-22 ottobre), lo stesso Parco, insieme alla SABAP e al

GRAIM, ha programmato un’escursione geologica e storico-culturale al

complesso delle miniere di bitume dell’area Roccamorice-Lettomanoppello3

riscuotendo notevole partecipazione tra le comunità locali e non (Fig. 4).

Fig. 4 - Distretto di Acquafredda (comune di Roccamorice). Escursione nel sito minerario

All’offerta già fornita dalle cooperative locali (Majambiente, Majellando, Abruzzo Parks) che organizzano passeggiate periodiche nei siti più sicuri e meglio raggiungibili, si aggiungerà quella di nuovi ‘attori’ specializzati per la fruizione e gestione dei luoghi propri del Parco Minerario

2 Video, foto, articoli, commenti sono messi a disposizione degli utenti nella pagina Facebook del GRAIM,

periodicamente aggiornata e molto seguita: <http://www.facebook.com/minieredellamajella> (ultima visita: 2 Marzo 2018).

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3.2. Paesaggi agro-silvo-pastorali

Da anni oggetto di tutela e valorizzazione sono i segni dell’attività agro- pastorale, che rappresentano uno dei punti forti dell’offerta geo-turistica del Parco della Majella. La pastorizia, associata a forme di agricoltura ‘marginale’, è stata dal neolitico uno dei cardini dell’economia abruzzese e ha marcato in vario modo il paesaggio, la cultura e gli stili di vita delle comunità locali. Le capanne in pietra, utilizzate sia dai pastori sia dai contadini, sono l’indicatore più evidente del paesaggio agro-pastorale abruzzese. Frequenti sono anche le tracce di pratiche agricole stagionali: i terreni da coltivare erano ricavati lungo i pendii, opportunamente terrazzati; le pietre rimosse dai campi erano ammucchiate in ‘macere’ oppure costituivano muri di recinzione e di contenimento del versante o ancora erano impiegate per la realizzazione di capanne, che fungevano da rifugio temporaneo e da ricovero per gli attrezzi (Fig. 5).

Fig. 5 - Paesaggio agro-pastorale (comune di Roccamorice)

Il progetto sul Paesaggio Agrario Costruito, finanziato dalla Regione Abruzzo, risponde all’esigenza di recuperare i manufatti in pietra a secco attraverso la

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loro conoscenza e schedatura nella prospettiva di un auspicabile restauro con l’impiego di tecniche tradizionali e di maestranze re-istruite sulle antiche metodologie di costruzione. Il progetto offre al visitatore del Parco, attraverso vari strumenti, da quelli classici (catalogo cartaceo, opuscolo didattico, convegno) a quelli più moderni (sito web, tracciati GPS, cartografie e navigabili

on-line), informazioni dettagliate dalle quali trarre utili indicazioni per organizzare autonomamente un percorso di visita o semplicemente un itinerario virtuale. La pastorizia e l’agricoltura di montagna costituivano entrambe un pericolo per l’estensione stessa dei boschi, il cui abbattimento forniva ‘prati derivati’ per il pascolo delle greggi nel periodo di massima fioritura dell’attività pastorale. Negli ultimi anni è in corso il processo inverso, ossia il rimboschimento delle aree prative, oppure il loro degrado con la formazione di arbusteti; ciononostante il confronto tra le ortofoto del 2010 e le carte storiche permette ancora di identificare le zone in passato sottratte al bosco e adibite al pascolo e all’agricoltura.

3.3. Percorsi del sacro e della memoria

Gli itinerari geo-turistici e culturali, già attivi oppure in corso di realizzazione, innescano una molteplicità di visioni e reazioni, in quanto i luoghi e i paesaggi sono esperibili sia nelle loro caratteristiche naturali e nel loro spessore storico sia nella loro dimensione simbolica e nella loro forza evocativa.

La presenza di insediamenti monastici ed eremi (Figg. 7, 8), perlopiù legati alla figura carismatica di Pietro Angeleri/Celestino V, è il fulcro di un percorso tematico che vede come ideatori, oltre all’Ente Parco e alla Soprintendenza

(SABAP), l’Università ‘D’Annunzio’, alcune amministrazioni comunali,

fondazioni e ONLUS (Telecom, Genti d’Abruzzo, Legambiente Abruzzo). Si è

finora concretizzato in una mostra (Majella: Domus Christi, Domus Naturae) e in

un progetto museologico e museografico interattivo4. È stato anche realizzato

il Sentiero dello Spirito, un itinerario che si sviluppa per 73 km, segue idealmente le tracce di Pietro da Morrone e tocca i principali luoghi del sacro della Majella; è percorribile anche a tappe, attraverso escursioni giornaliere orientate da mappe cartacee e da applicativi per tablet e smartphone scaricabili dal portale del Parco. Dalle ricerche degli ultimi anni è emerso un ulteriore fattore da evidenziare nella creazione di progetti di valorizzazione e nell’articolazione degli itinerari geo-turistici: la coincidenza tra i siti minerari e le strutture legate alla pastorizia, verificata già nel neolitico, è riscontrabile anche negli ultimi due

4 <http://www.parcomajella.it/eremitismo/la-mostra-majelladomus-christi-domus-naturae> (ultima

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secoli nelle località di Acquafredda, San Giorgio, fosso Sant’Angelo, Stalle del Papa e Fonticelle, Decontra di Caramanico. Interessante per l’aspetto della continuità è il sito di Acquafredda (900-1000 m di quota) occupato da un’estesa miniera a cielo aperto (Fig. 6).

Fig. 6 - Distretto di Acquafredda (Roccamorice), settore nord-est. L’ortofoto, visualizzata in 3D, mostra uno dei fronti di cava, il piazzale antistante, cumuli di rocce frantumate e materiali di scarto

La vasta area produttiva, sfruttata fino almeno alla metà del secolo scorso, è oggi coperta da vegetazione spontanea, da strati di crollo e da tracce della frequentazione pastorale (capanne a tholos, stazzi e recinti, muretti di terrazzamento) contemporanea o successiva alla dismissione delle miniere. In uno degli ambienti accessibili dal fronte di cava sono, inoltre, presenti tracce di suddivisione interna e muretti a secco che segnalano l’utilizzo parassitario del locale come ricovero pastorale fino in anni recentissimi, a giudicare dagli abbondanti resti di deiezioni che ricoprono l’originario livello di calpestio e che sono tuttora raccolti come fertilizzante e come materiale combustibile.

Dalle attività finora descritte emerge come, nel prospettare futuri scenari che uniscano ricerca, innovazione, sostenibilità, non si possa prescindere da forme di pianificazione dal basso e dal riconoscimento del ruolo propulsivo svolto dalle comunità locali nella rivitalizzazione e nella gestione delle aree fragili. Il progetto Coltiviamo la Diversità coinvolge direttamente le comunità che hanno conservato un substrato culturale ancora legato alle tradizioni, agli antichi saperi e sapori e a una biodiversità agricola altrove scomparsa. La Rete

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degli Agricoltori Custodi del Parco recupera, valorizza, commercializza le varietà

autoctone, rifornendo ristoranti e agriturismi che offrono piatti della tradizione enogastronomica abruzzese. Per evitare il rischio di estinzione delle cultivar locali sono stati realizzati la ‘Banca del Germoplasma della Majella’ e giardini botanici, dove le varietà vengono coltivate nei campi vetrina. Si sta diffondendo il fenomeno del turismo religioso come manifestazione di turismo culturale, sensibile anche alle esigenze dell’imprenditoria e del ‘mercato’. I parchi culturali ecclesiali si articolano in una rete di itinerari spirituali, possono sollecitare ‘viaggi’ di ricerca interiore, ma promuovono anche la conoscenza del territorio nella sua complessità. Il progetto di un parco focalizzato sulla figura di Celestino V (Terra Celeste 2017) non si esaurisce nella valorizzazione del patrimonio spirituale e delle testimonianze artistiche (gli eremi celestiniani della Majella), ma trova completamento nella (ri)scoperta della conformazione dei paesaggi montani che “la Divina Provvidenza ha provvisto […] di molte grotte” (SILONE, 1968, 19).

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I percorsi del sacro e della memoria vanno, quindi, oltre i concetti di patrimonio, di natura-ambiente e di natura-cultura e sono i cardini di un

marketing emozionale che soddisfa i fruitori esterni (outsider) e valorizza gli

apporti degli abitanti (insider), arricchisce di portati simbolici le risorse del territorio, apre nuovi scenari interpretativi, sviluppa ulteriori connessioni tra luoghi e comunità, completa i legami tra passato, presente e futuro.

Fig. 8 - Accesso all’eremo di Sant’Onofrio.

4. Tra passato presente e futuro. Il territorio come ‘bene comune’ e

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