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La progettazione partecipata dell’ecomuseo del paesaggio di Battir: per esistere e per resistere

L’Ecomuseo del Paesaggio di Battir Pianificazione partecipata per la protezione del paesaggio e la resilienza de

3. La progettazione partecipata dell’ecomuseo del paesaggio di Battir: per esistere e per resistere

Come osservato da molti studiosi (PABA E PERRONE,2010,6;PASQUI 2010,

40; CELLAMARE, 2008, 83-85; CROSTA, 2006) la pianificazione territoriale e

urbana sono intrinsecamente connesse a paesaggi contesi, attraversati da tensioni e conflitti, in quanto finalizzate alla manipolazione e trasformazione di spazi su cui convergono punti di vista, percezioni ed ambizioni diverse, e che sono dominati da specifici rapporti di potere fra i vari attori sociali che li abitano. I fattori conflittuali della pianificazione territoriale assumono un rilievo particolare nelle regioni di conflitto, quali Palestina/Israele, dove il controllo del territorio ha una funzione non solo sociopolitica, ma anche strategica e militare.

La strategia d’occupazione israeliana, marcata da una forte componente territoriale, costituisce un esempio estremo di come la pianificazione del territorio sia attraversata da una constante tensione fra immaginari e pratiche di soggetti dominanti e subalterni, e di come le discipline geografiche e territoriali (cartografia, architettura, urbanistica, ingegneria) possano costituire potenti dispositivi di aggressione e di conquista e efficaci strumenti di oppressione e

repressione (PETTI,2008, 151-168; WEIZMAN, 2008; BROWN, 2009, 7-45). Nel

corso di un secolo circa, il territorio di un’intera regione geografica è stato trasformato in un paesaggio di dominio e di controllo, causando la radicale alienazione delle popolazioni locali dal proprio ambiente di vita e l’erosione della loro memoria storica9.

Ma la pianificazione territoriale può anche costituire un potente strumento di resistenza e offrire uno spazio concreto per l’elaborazione di narrazioni alternative sulla storia e sull’identità dei luoghi, articolando un contro-discorso e tattiche capaci di opporsi alla violenza del discorso dominante (MUHAWI,

2007, 63-69). Secondo Edward Said e altri autori, la mancanza di una coerente narrazione collettiva palestinese della propria identità storica e culturale, elemento essenziale per l’emancipazione dal dominio e dall’oppressione coloniali, ha costituito una grave lacuna nella resistenza all’occupazione israeliana (SAID,1999,12-13;19-20;MUHAWI,2007,67;HARDER,2007,210). Il

progetto ecomuseale di Battir ha preso avvio proprio dall’esigenza della

9 Farhat Muhawi (2007, 65), riprendendo una riflessione di Foucault sul controllo e lo spazio, parla a

questo proposito di un paesaggio simile al panopticon, il sistema architettonico ideato da Bentham come un modello di società in cui la struttura spaziale stessa consente il massimo livello di sorveglianza e controllo sui singoli soggetti, tanto che gli individui finiscono con l’interiorizzare i dispositivi di controllo.

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comunità locale di ri-conoscere il proprio territorio e di tutelarlo attivamente dagli effetti disgreganti dell’occupazione, riappropriandosene attraverso un nuovo approccio partecipativo all’amministrazione, alla pianificazione e allo sviluppo. Punto di arrivo di un processo pluriennale di ricerca, progettazione partecipata e tutela dal basso del patrimonio naturale e culturale locale, il processo che ha portato alla sua formulazione ha contribuito al configurarsi a Battir di una comunità patrimoniale coesa sui valori dell’equilibrio ambientale, dello sviluppo auto-sostenibile e dell’inclusione sociale ed economica.

Il percorso che ha portato alla creazione dell’ecomuseo del paesaggio di Battir ha preso avvio nel 2008 con una ricerca-azione partecipata affidata a un gruppo di ricerca interdisciplinare composto da due antropologhe (fra cui le scriventi) e da un architetto palestinese, supportati da consulenti locali ed internazionali (fra cui lo scrivente). La ricerca, basata su lavoro sul campo, si è svolta in due fasi principali: una prima fase conoscitiva, finalizzata all’analisi e all’interpretazione dell’identità territoriale e paesaggistica locale nelle sue

componenti tangibili ed intangibili10; una seconda fase propriamente

progettuale, volta alla restituzione dei risultati della ricerca e all’individuazione partecipata di strategie integrate di salvaguardia attiva del paesaggio attraverso l’avvio dal basso buone pratiche di tutela e valorizzazione.

In entrambe le fasi, il coinvolgimento diretto della comunità e la stretta collaborazione con gli amministratori locali hanno rappresentato elementi chiave della cornice metodologica e operativa dell’iniziativa. L’individuazione di quelle invarianti paesaggistiche e socio-culturali che sono alla base dell’identità del luogo, della sua storia, dei modi di vita della comunità locale e dei suoi elementi di resilienza e di criticità è avvenuta attraverso varie strategie: escursioni guidate dagli abitanti del luogo, interviste semi-strutturate a testimone chiave, focus group, varie forme di mappatura partecipata realizzate con diversi gruppi di abitanti (agricoltori, donne, giovani, bambini, artigiani, olivicoltori, orticoltori, insegnanti scolari, amministratori locali, imprenditori),

10 I principali risultati della ricerca-azione – costituiti da un’ampia documentazione fotografica ed etno-

antropologica, da schede di catalogazione di manufatti ed oggetti di cultura materiale, da una serie di rilievi cartografici tematici, dall’individuazione e mappatura di elementi paesaggistici di rilievo, da un inventario preliminare del patrimonio paesaggistico tangibile ed intangibile, da una sintesi analitica dell’esperienza di ricerca e da una serie di linee guida per azioni future – hanno costituito il primo strato di informazioni per l’elaborazione e definizione di un piano organico ed integrato di conservazione del paesaggio di Battir, sviluppato fra il 2009 e il 2010 da un gruppo di giovani architetti e paesaggisti palestinesi, affiancati da esperti in varie altre discipline (geologi, antropologi, sociologi, agronomi, storici etc.), nell’ambito dell’Ufficio del Paesaggio realizzato a Battir nel 2009, su iniziativa dell’Unesco e degli amministratori locali. Il progetto di tutela integrata del paesaggio culturale di Battir ha vinto nel novembre 2011 il Melina Mercuri Prize for the safeguarding and management of cultural landscapes (FONTANA

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questionari e forum consultivi pubblici, scambi culturali. La ricerca, conclusa nel marzo 2009, ha prodotto una gran quantità di informazioni e dati, contribuendo anche in modo significativo all’aggiornamento delle risorse cartografiche attraverso la produzione di numerose mappe del territorio11.

La restituzione agli abitanti dei risultati della ricerca, avvenuta durante un laboratorio di due settimane svoltosi a Battir nel novembre 2009, ha rappresentato l’occasione per l’avvio di un dialogo collettivo intorno ad un loro sviluppo in funzione della salvaguardia attiva del patrimonio territoriale locale, ulteriormente minacciato dal progetto di espansione della barriera di separazione israeliana nel territorio del villaggio. Durante il laboratorio, attraverso un gran numero di attività diverse, il paesaggio naturale e culturale locale è stato ri-letto e re-interpretato attraverso una metodologia partecipativa e interdisciplinare, basata sulla cooperazione orizzontale fra esperti esterni e locali, sulla valorizzazione di saperi e conoscenze degli abitanti, sul confronto e il dialogo interno alla comunità e sulla considerazione di opinioni e percezioni individuali e collettive sul territorio.

Le attività di coinvolgimento attivo della popolazione nell’attività laboratoriale si sono articolate in tre momenti, fortemente interdipendenti: un primo momento di riflessione e discussione collettiva sul patrimonio e sul territorio e sulle diverse percezioni e rappresentazioni che di essi sono diffuse fra gli abitanti, svolta su diverse scale e con diversi metodi; una seconda fase finalizzata alla raccolta ed elaborazione di proposte concrete, realizzata attraverso diverse esperienze di mappatura partecipata (quali mappe di comunità, mappe affettive, mappe tematiche) e di incontri consultivi e deliberativi; un’ultima fase di sintesi, mirante alla rielaborazione delle idee emerse e delle informazioni accumulate al fine di produrre una proposta operativa per la salvaguardia attiva del territorio dall’occupazione e per lo sviluppo locale sostenibile, che è infine risultata nella definizione del progetto ecomuseale di Battir (CANCELLOTTI, 2011)12.

Il principale obiettivo posto per il progetto ecomuseale di Battir, delineato a partire da bisogni, aspirazioni e risorse locali e in continuità storica con le dinamiche ed il tessuto socio-culturale locale, è stato in primo luogo quello di contrastare i rovinosi processi di de-territorializzazione causati da diversi fattori regionali, nazionali e globali, per divenire una sorta di presidio in difesa del

12 L’area scelta dall’Unesco per la realizzazione dell’azione di salvaguardia e valorizzazione cui ci si

riferisce in questo articolo è formata da 12 km quadrati ed è composta da un sistema di valli e rilievi che formano una topografia molto frastagliata, con significativi scarti nell’elevazione, che varia fra i 500 e i 900 m slm, ed è caratterizzata dalla presenza di falde acquifere e sorgenti e da un alto grado di biodiversità. L’area include anche parte del centro storico del villaggio e alcuni siti archeologici.

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territorio inteso sia quale valore e patrimonio universale, sia quale spazio di specifiche appartenenze che proprio nel paesaggio e nei suoi valori, nella sua storia e nel suo profilo, sono radicate e si esprimono. Un laboratorio dinamico dove riappropriarsi e condividere la bellezza e la ricchezza di un paesaggio, dove scoprire e riscoprire la sua storia imparando a leggerne i segni e ad ascoltarne le voci, e dove sperimentare forme vecchie e nuove di relazione col territorio e con chi lo abita o attraversa, dando valore a saperi ed esperienze che sono frutto di una profonda conoscenza dei luoghi e della loro complessa identità, oltre che del dinamismo e della creatività individuali e collettivi espressi dalla comunità locale.

Al termine di oltre un anno di attività partecipative e consultive per la messa a punto della proposta e di alcuni mesi di ricerca fondi per la sua realizzazione, il progetto ecomuseale di Battir ha trovato nel giungo del 2010 uno sponsor nel

programma PMSP – Palestinian Municipalities Support Programme della

Cooperazione Italiana a Gerusalemme. Avviato nel novembre 2010, il progetto ha prodotto diversi risultati soprattutto a livello infrastrutturale, con la realizzazione di una guesthouse e di una rete di sentieri di interesse eco-culturale e paesaggistico, portando infine all’inaugurazione dell’ecomuseo del paesaggio di Battir nel novembre 2013.

Tuttavia, sottovalutando l’importanza della partecipazione comunitaria nei processi ecomuseali e omettendo di progettare un sistema gestionale inclusivo capace di assicurare la sostenibilità futura dell’ecomuseo, il progetto diretto dal PMSP ha fallito nel consolidare la reale missione di presidio territoriale

dell’ecomuseo. Inoltre, ha trascurato il ruolo della formazione e del rinforzo delle capacità delle autorità locali, che si sono ritrovate con uno strumento di governi territoriale potenzialmente formidabile, ma di cui al momento sanno fare scarso uso. Questi deficit hanno determinato il progressivo rallentamento delle attività dell’ecomuseo e l’indebolimento dei legami cooperativi alla base

del suo dinamismo sino all’attuale stagnazione (CANCELLOTTI,2013).

Gli ecomusei, infatti, non consistono di infrastrutture e servizi turistici, e non sono nemmeno dei contenitori di patrimonio territoriale. Piuttosto, sono organismi complessi, che offrono risorse e opportunità per ri-connettere territorio, patrimonio e abitanti in un ‘circolo virtuoso’ di ri-territorializzazione

dal basso (MAGNAGHI,2010). L’ecomuseo del paesaggio di Battir può esistere

solo finché gli abitanti si identificano con esso, solo finché è capace di ricucire conflitti e divergenze intorno a una visione orientata al bene comune, contribuendo al costituirsi di una comunità patrimoniale.

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4. L’ecomuseo del paesaggio come strumento di governance e motore di

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