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La difficile autodeterminazione territoriale in Calabria Stefano Aragona

1. Un paesaggio denso

Lavorando ormai da molti all’ Università Mediterranea di Reggio Calabria ho avuto modo di prender atto del difficile rapporto che in questo territorio si ha con concetti quali memoria, senso, sostenibilità e ‘modernizzazione’1.

Difficile se queste parole sono riferimenti di valutazione e obiettivi, elementi

1 Questo contributo continua il percorso di ricerca finalizzato a studiare come si stanno modificando i

processi di antropizzazione. Iniziato molti anni addietro con la partecipazione al progetto di ricerca MPI

40% INTRA Innovazione Tecnologica e Trasformazioni Territoriali, DipPiST, Fac. Ingegneria, Napoli, nel 1988

quindi ai programmi Innovazione tecnologica, trasformazioni territoriali e tutela dell’ambiente naturale e antropico e

Innovazione tecnologica a trasformazioni territoriali del Dip. TECA, Fac. di Ingegneria, Roma La Sapienza nel 1989. Mentre già nel 1987(in coll. con la compianta amica e collega S. Macchi) si era iniziato a pubblicare alle Conferenze Scientifiche dell’AISRe su Telematica e territorio. Le successive ricerche sono poi esposte nei testi La città virtuale: Trasformazioni urbane e nuove tecnologie della informazione (1993) ed Ambiente urbano e

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dell’attuale paesaggio marcato da profonde ferite fisiche e sociali. Questo nonostante vi sia un ricco patrimonio storico-architettonico diffuso sul territorio. Soprattutto nelle centinaia di piccolissimi Comuni che caratterizzano la Regione. Alla base del paper vi è il pensiero, l’ipotesi, che questa diffusione di insediamenti debba essere messa in rete, creare una sorta di Regione reticolare. Che trova la sua originalità nella grande valenza naturalistica e nelle millenarie testimonianze di antropizzazioni che si sono succedute. Proponendo un’inedita sperimentazione di territori della contemporaneità2.

A tale riguardo è utile ricordare che in essa in grandissima maggioranza cioè

326 – sui 405 totali – la popolazione comunale è sotto i 5.000 abitanti (ANCI

CALABRIA, 2017), moltissimi ne contano solo poche centinaia, e che non vi

sono grandi città essendo il capoluogo di Regione, Catanzaro, sotto i 100.000 abitanti, gli altri capoluoghi di Provincia vedono Reggio Calabria, il centro più grande con 183.000 abitanti, Cosenza poco oltre i 70.000 cittadini e, con la vicina Rende, si raggiungono circa 104.000 residenti, Crotone arriva a 61.000, Vibo Valentia non supera i 34.000. Il solo centro della Regione che ha 70.000 abitanti è Lametia Terme. Sono sui 35.000 residenti solamente tre centri, altrettanti sui 20.000, tra i 18.000 e 15.000 se ne contano 7. L’unica altra grande città vicina è Messina, interlocutore possibile con i centri meridionali della Regione. Tale quadro in un contesto territoriale caratterizzato da difficile accessibilità dovuta alla orografia che si caratterizza per la presenza di vari massicci montagnosi e numerosissime fiumare che disegnano un territorio molto frammentato. Probabilmente non è improprio parlare dell’intera Regione come territorio fragile. Fragilità che deriva anche dall’estrema pericolosità sia sismica che idrogeologica e che nei secoli è stata motivo di numerose ricostruzioni degli insediamenti. Resistenza delle comunità locali a voler comunque restare nei propri territori almeno fino ad un recente passato.

Fragilità diffusa data anche l’assenza di rilevanti attività economiche. A tal proposito però si sottolinea che ciò, più che al destino infausto, è stato dovuto a scelte politiche che hanno penalizzato questa terra dall’Unità d’Italia. Infatti,

2 Dal 2011 alla Conferenza Scientifica annuale dell’Associazione Italiana di Scienze Regionali si promuove

una Sessione intitolata Pianificazione e progettazione integrata ecologica di territori e città, ogni anno con una diversa declinazione, in questo corrente 2017 era Tra trasformazioni e rischi. Tematiche proposte anche nel 2016 al Secondo Simposio Internazionale New Metropolitan Prespectives, 18 – 20 maggio, Reggio Ca- labria, nella Sessione Metropolis, nature and anthropization: between the earth’s resources and those of culture e per la terza edizione di esso, prevista a maggio 2018, intitolato Local Knowledge and innovation dynamics towards terri-

tory attractiveness through the implementation of Horizon/E2020 nella Sessione The integrated ecological approach as a guide and planning opportunity for territories and cities between transformation and environmental and social risk, ed

infine al 58° Congresso dell’Europea Regional Science Association Places for People: Innovative, Inclusive and

Liveable Regions, del prossimo agosto, nella Special Session Ecological Resilience and Care of the Common House to build the Landscape of Contemporaneity and Future Scenarios of Territories and Cities.

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per quasi un secolo e mezzo, fino al 1861, i Borbone a crearono insediamenti industriali3 a Mongiana e Ferdinandea (Fig. 1) utilizzando il ferro delle miniere

dell’area delle Serre4. Poiché il legno era indispensabile al funzionamento dei

forni produttivi vennero emesse leggi per un uso, oggi diremmo, sostenibile dei boschi. Per rinforzare la commercializzazione a Pizzo venne creato un porto industriale ed una strada ad hoc per diminuire i prezzi di trasporto. Quindi si sono create sinergie tra l’uso di risorse locali – il ferro ed il legname – e tutela con pianificazione, gestione, dell’suo di tale risorsa rinnovabile. Ancora va aggiunto che gli alberi presenti, essendo di alto fusto, così come attualmente spiega l’ingegneria naturalistica, abbassavano il rischio idrogeologico grazie alle loro radici profonde. Un Regolamento dirigeva le attività produttive5 ed in esso

era scritto che l’orario di lavoro era otto ore giornaliere, i lavori pesanti erano

preclusi ai bambini e le donne non potevano lavorare in fabbrica6. I due nuovi

forni pronti per entrare in servizio, era il 1861, non verranno mai inaugurati.

Fig.1 - Stato attuale ed originario degli impianti di Mongiana, nell’Area delle Serre (Fonte: FRANCO, 2017).

Gli impianti presenti diminuiscono sempre più la produzione e poi vengono dismessi. Mentre si creano o espandono quelli nel centro nord Italia. L’industria inglese, che competeva da tempo con quella borbonica7, trova

ancor più spazio per la sua espansione e crescita. In questo polo industriale vi erano circa 4.000 addetti, cifra molto più elevata di quella totale dell’intero Regno Sabaudo di allora. Le economie ‘orizzontali’ create, i moltiplicatori

3 Quei stessi Borbone che a San Leucio e con la Reggia di Caserta, assieme ai tanti primati nel campo

scientifico e tecnologico, erano all’avanguardia riguardo l’innovazione produttiva e culturale (ARAGONA,

2012, cap.1).

4 Il medesimo ferro usato per battere moneta alla Kroton, Κρότων, fondata dai coloni achei nella seconda

metà del VII secolo a.C.

5 Non Direttive, come accadeva solitamente in quel temo negli altri Paesi europei, essendo impianti che

servivano in primo luogo alla produzione di armi e quindi vicini alle logiche militari.

6 Non era Lo Statuto dei lavoratori ma introduceva elementi, per l’epoca avanzati, di tutela di questi. 7 Non è un segreto che l’avventura di Garibaldi ebbe il supporto inglese.

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economico/sociali legati a quel contesto territoriale e naturale scompaiono ed inizia l’emigrazione. Nel 1861 tutti gli abitanti rimasti a Mongiana votarono no nel Referendum del 1861 per l’annessione allo Regno Sabaudo.

Divenuta mercato per l’Italia unificata e terra di migrazione, la Calabria, come il resto del Sud, vede nella industrializzazione di alcuni poli, con la CASMEZ, la scelta di sviluppo economico e sociale. La visione più organica, il

Progetto ’80, rimane un disegno del tutto inattuato. Non casualmente, mentre la linea ferroviaria non vede grandi miglioramenti, si realizza l’Autostrada del Sole puntando su una modalità di fruizione del territorio legata all’auto privata. Venute meno le condizioni al contorno che davano lavoro a decine di migliaia di operai, nei centri grandi e piccoli sono rimaste le testimonianze, i ruderi, di tutto ciò. Con problemi non solo sociali ma anche ambientali di cui Crotone è

caso emblematico per la Calabria8. Ed un paesaggio devastato a causa della sua

terribile modificazione spaziale e sociale9.

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