• Non ci sono risultati.

La difficile autodeterminazione territoriale in Calabria Stefano Aragona

2. Territori isolati, cultura locale

L’isolamento infrastrutturale delle aree interne della Regione, in una Regione già poco e mal collegata10, è una scelta politica che già venne

contestata (ARAGONA, 1993), su scala nazionale, come visione

microeconomica che avrebbe però avuto ricadute di tipo macro-territoriali. Essa ha origine nell’errato ‘taglio dei rami secchi nelle ferrovie’ di vari decenni addietro. È stata ancor più rafforzata dalle strategie europee di puntare sui ‘corridoi transnazionali’, e poi Agenda Urbana11. Tutto ciò associato alla

mancanza di politiche di irrobustimento, se non addirittura all’indebolimento, del Trasporto Pubblico Locale a scala regionale: ottenendo così di ‘avvicinare chi è lontano’, cioè i centri maggiori, ed ‘allontanare chi è vicino’ ovvero le aree interne e/o marginali (Fig.2).

8 Settant’anni di attività industriale, di lavoro garantito, di crescita sociale e culturale ma anche di

gravissimo inquinamento del terreno, dell’aria e delle acque; un inquinamento che continua a produrre i suoi effetti devastanti (TRAVIERSO, 2014)

9 Inevitabilmente, essendo esso esito dell’interazione tra i processi sociali ed economici con il contesto

naturale, come chiaramente detto nella Convenzione Europea sul Paesaggio del 2000.

10 Dei pochi treni veloci che arrivano fino a Reggio Calabria solo uno ci impiega 4 ore e 52’ con partenza

da Roma – ed è l’unico con connessione internet, ma solo fino a Salerno – gli altri non meno di ca. 6 ore e mezza. La cosa paradossale è che da quel citato 1992 i collegamenti con il sud hanno visto il peggioramento di treni e servizi: taglio di Intecity, cancellazione di bar e/o punti ristorazione anche in treni che ad es. dalla Capitale terminano a Palermo.

55

Fig.2 - Le distanze distorte in base alle isocrone (ESPON, 2005).

Mentre si avviava una progressiva destrutturazione del sistema dei servizi pubblici, privatizzandone la forma, e facendo venir meno presidi essenziali e storici punti di riferimento sociali e spaziali come le stazioni ferroviarie, gli uffici postali, farmacie e caserme, tribunali, etc… dovute a scellerate politiche chiamate di ‘spending revue’, vero e proprio arretramento dello Stato nel costruire e gestire società e territorio (ARAGONA, 2014).

Così sollecitando, l’abbandono delle aree interne e ‘minori’ – scelta dovuta al voler far ‘crescere’ alcune città per motivi di competitività, assolutamente criticabili (ARAGONA, 2017) – con danni a monte e valle anche per la

manutenzione ordinaria del territorio (Fig. 3) e facendo scomparire luoghi ed identità costruiti in secoli se non millenni.

56

Fig.3 - Schema delle ‘Azioni per un sistema ecologico’.

Il recente ddl 28/09/2017 n. 2541, Misure per il sostegno e la valorizzazione dei

comuni con popolazione pari o inferiore a 5.000 abitanti, in questi giorni presentata ed

approvata da tutti i gruppi parlamentari è senza dubbio un fatto positivo – 100 milioni (10 milioni di euro per l’anno 2017, e 15 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2018 al 2023) per i 5385 piccoli Comuni – ma rischia di essere un intervento palliativo, oltretutto di scarsissima dotazione finanziaria, più che strutturale. È infatti necessario un mutamento, un ribaltamento, delle politiche sopra citate, responsabili prime dei fenomeni di abbandono ed indebolimento della resilienza territoriale. Che difficilmente saranno in grado di operare la pur utile la Strategia Aree Interne dell’Agenzia per la Coesione Territoriale ed il recentemente rinato Ministero per la Coesione Territoriale e il Mezzogiorno.

La difficile accessibilità aiuta a spiegare lo stato di particolare chiusura che connotano queste terre. che spesso mancano alcune delle condizioni che Dematteis (1990) individua perché si formino “reticoli territoriali” e quindi specializzazioni: la presenza di urbanizzazione primarie non è sempre garantita12, il sistema finanziario non è adeguato, il livello politico

amministrativo è spesso basso, la sapienza locale si sta perdendo, mentre vi è una forte presenza di criminalità organizzata. Già si è tentato, dal POR 1999-

2006, con l’Azione Reti di piccoli comuni, di innescare processi virtuosi di

12 Si pensi che nel centro storico di Reggio Calabria, quindi nella parte più turistica della città, spesso la

57

collaborazione/competizione tra piccoli comuni, ovvero la maggioranza dei suoi Comuni. Ma l’esito non è stato soddisfacente, così come anche altri strumenti ad es. i Progetti Integrati Territoriali, ed altri successivi, non hanno sortito grandi risultati in termini di rafforzamento sinergico tra centri.

A ciò si aggiunga che le città del Meridione sono negli ultimi posti nella classifica della ‘Tolleranza’, uno dei tre elementi – assieme al ‘Talento’ ed alla ‘Tecnologia’ – alla base della creatività e quindi della competitività13. Esse

invece, secondo i canonici indicatori geografici, avrebbero collocazioni migliori. Tra i vari elementi che determinano tale risultato non brillante del Sud risalta la chiusura dei sistemi territoriali. Più un territorio è inaccessibile allo

scambio ed al diverso14 meno è aperto alla novità ed al cambiamento, a cercare

percorsi alternativi. A questo sorta di chiusura sociale si associa il problema dell’individualismo, caratteristica ‘antropologica’, come ipotizza il reggino Cananzi (2016), professore di Filosofia del diritto, parlando dei suoi concittadini15. Per questo diviene arduo costruire sentieri collettivi di

apprendimento ipotizzati da Bobbio (1996) che consentano di mutare le forme

delle relazioni, plasmino nuove identità, regolino la condivisione e/di conoscenze, creino la coscienza del luogo.

Le potenzialità della glocalization (ROBERTSON, 1995), unificazione di

globale e locale, vengono annichilite nel personalismo. Non si crea comunità

diffusa (STAGNI, 1998) in cui l’individuo è centro e rete ed in cui l’incertezza e

la coscienza del limite del sapere, dell’imparare dall’errore, partecipe alla formazione del cittadino, del cum-cives, ovvero dell’abitante che condivide la stessa civitas (CACCIARI, 1990). Per poter far ciò è necessaria la “tecnologia

colta” chiesta da Del Nord (1990) che sia in grado di difendere le complessità, governare la rete, le reti, le informazioni e gli scambi, materiali ed immateriali16.

Invece anche la mancanza di essa spinge dall’essere abitante al divenire residente poiché si soggiace a trasformazioni sociali e spaziali senza avere una strategia finalizzata ad una nuova soggettivazione e ad una ricostruzione di

13 Metodologia proposta dal prof. Florida della Carnegie Mellon University di Pittsburg (2003) e

sperimentato tra il 2004 ed il 2005 dalla dott.ssa Tinagli (2006) del gruppo di ricerca della stessa università americana sulle 103 provincie italiane.

14 Uno degli elementi di studio della T della Tolleranza è la percentuale di accettazione della popolazione

gay: l’atteggiamento verso questo soggetto sociale è un indicatore di tolleranza verso le altre culture (TURANI, 2005).

15 Anche se sarebbe interessante vedere come era prima dell’Unità d’Italia.

16 Seppur anche in Calabria da tempo, come analizzato nel saggio Ambiente Urbano, Innovazione, Contesto

Locale (ARAGONA, 2001) si è avviata la formazione di un nucleo di conoscenza di tipo tecnico e

tecnologico ed un processo di alfabetizzazione che di fatto è già telematica, quindi oltre la mera informatizzazione, base di quella che Zeleny (1985) chiama “conoscenza a tecnologia superiore”.

58

contesti secondo dinamiche di ri-territorializzazione17. Processi di identità e di

riconoscimento che possono condurre a nuove comunità: quelle che Bonomi nel 2004, in La città infinita, definisce come “geocomunità”. L’esito è produzione legale od illegale di spazi omologhi, spesso conflittuali e lontani dalle logiche cooperative, rimanendo del termine coopetition proposta dalla UE fin dal 1999 solo la competition ed il disordine derivante dalla mancanza di scelte pubbliche collettive e condivise. Viceversa, aumentare la complessità organizzativa significa ridurre l’entropia18.

3. Segnali positivi di risignificazione e riappropriazione del territorio

Outline

Documenti correlati