La vita e la carriera ecclesiastica del pisano Bernardo, divenuto pontefice il 15 febbraio del 1145 con il nome di Eugenio III, è stata oggetto della ricerca di molti eruditi e studiosi; tuttavia, soltanto con i lavori di Helmut Gleber e, più recentemente, di Micheal Horn alcuni punti sembrerebbero essere stati chiariti definitivamente1. In particolare dalle ricerche di questi due studiosi risulta smentita l’identificazione fra Pietro, priore del monastero di S. Zeno di Pisa, e il futuro Bernardo. Caduta questa ipotesi, fondata, su un documento assai sospetto2, che indusse ad attribuire al futuro pontefice un doppio nome, Pietro/Bernardo, ad oggi non appare più storicamente possibile ascrivere Eugenio III alla famiglia Paganelli. Fatta luce sulle molte speculazioni e sulle diverse ipotesi esperesse sopprattutto dalla tradizione erudita dei secoli scorsi restano ancora da precisare alcuni aspetti della sua carriera ecclesiastica. Fortunatamente l’identificazione tra il visdomino Bernardo e il futuro Eugenio III non sembrerebbe sollevare alcun dubbio. Riassumendo brevemente quanto emerso dal lavoro di Michael Horn, i principali indizi che supportano questa identificazione sono due. Il primo è un passo di una bolla di Adriano IV ai canonici del capitolo della cattedrale di S. Maria di Pisa, in cui si fa riferimento agli anni trascorsi in gioventù da Eugenio III nel suddetto capitolo3. Il secondo si trova in una lettera di Bernardo di Chiaravalle, l’abate criticava i cardinali che, eleggendo Bernardo pontefice, avevano elevato un pannosum homunicionem ad regna et imperia
disponenda: Num idcirco Pisam deseruit, ut reciperet Romam? Num qui in una
1 H. Gleber, Papst Eugen III. (1145-1153) unter besonderer Berücksichtigung seiner politischen
Tätigkeit, Jena 1936 e M. Horn, Studien zur Geschichte Papst Eugens III. (1145-1153), Frankfurt am
Main 1992, pp. 19-36.
2
Si tratta della Professio fidei di Pietro del fu Giovanni detto Paganello di Montemagno, ASP, S.
Michele in Borgo, «1107 maggio 5». La più recente edizione di questo documento, una copia
antichizzata databile al XVII secolo, si trova in Horn, cit., p. 241.
3 «Postmodum vero felicis memorie papa Eugenius, antecessor noster et successor eorum, qui ab
adolescentia in eadem ecclesia conversatus causam plenius noverat, pertem vestram gravatam intellegens, eandem causam ad conquestionem vestram voluit retractare». Pflugk-Harttung, Acta, III,
197 ecclesia non sustinuit vicedominatum, dominatum in omni Ecclesia requirebat?4. A
questi si potrebbe aggiungere anche un passo della Vita Prima sancti Bernardi in cui il futuro pontefice viene menzionato come Pisane olim ecclesiae vicedominus5. Le ricerche condotte da Gleber lo spinsero ad identificare il visdomino arcivescovile Bernardo con un omonimo monaco di S. Zeno di Pisa, che sottoscrisse nella conventio del 6 novembre del 1115, e con il priore dello stesso monastero attivo intorno al 11286. Tuttavia, come posto in luce da Maria Cristina Rossi, le sottoscrizioni dei monaci di S. Zeno, tra cui quella di Bernardo clericus et monacus, in calce alla conventio del 1115 risultano di dubbia autografia7. Per ciò che concerne, invece, l’identificazione tra il priore di S. Zeno Bernardo e il visdomino arcivescovile, il confronto grafico ha evidenziato, nonostante la compatibilità fra le due scritture, la mancanza di «elementi sufficienti per proporre l’identità di mano»8. Più recentemente l’analisi di Horn, partendo dai risultati proposti dal Gleber, ha aperto una nuova pista di ricerca: Horn, infatti, ha scartato l’ipotesi dell’appartenenza a S. Zeno di Bernardo, ritenendo probabile un’identificazione con un omonimo suddiacono, attivo tra il 1115 e il 11299. Quest’ultimo, a parere di Horn, potrebbe essere a sua volta identificabile con il Bernardo canonico della cattedrale di S. Maria attestato il 20 maggio del 1106; purtroppo, però, quest’ultimo documento, una livelli
cartula, è privo delle sottoscrizioni dei canonici e, dunque, ogni possibilità di
identificazione attraverso un confronto grafico è preclusa10.
4 OSB, VI/2, cit., ep. 237, p. 88. Cfr. Horn, cit., p. 34. 5
Vita Prima, cit., p. 124.
6 L’ipotesi di Gleber è stata poi, seppur con tutte le cautele del caso, riproposta da H. Zimmermann,
Eugenio III, in DBI, vol. 43, Roma 1993, pp. 490-496.
7 Della conventio si è già parlato più volte nelle pagine dedicate a Guido di Tivoli e Uberto. Cfr.
Rossi, Scritture e scriventi, cit., pp.91-92.
8 Rossi, Scritture e scriventi, cit., p. 70, nota 150. 9
Come vedremo a breve Horn, cit., p. 35 identifica il futuro visdomino con il suddiacono Bernardo che compare nei documenti del 1129, del 3 e del 27 settembre 1127, del 14 settembre 1125, del 1 ottobre 1118 e del 6 novembre 1115. Non in tutti i documenti indicati da Horn è possibile riscontrare una sottoscrizione autografa: in particolare va precisato che il documento del 27 settembre 1127, ed. Baldi, n. 25, pp. 61-62 non è corredato dalle sottoscrizioni dei canonici e che la pagina emphytheusis del 1 ottobre 1118, oltre ad esserci giunta in copia, sarebbe meglio databile al 1108, come fatto rilevare da Maria Luisa Ceccarelli Lemut, ed. in CACP, 4, n. 88, pp. 196-198 cfr. scheda biografica su Uberto nota 10.
10
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Seguendo quanto proposto da Horn la seconda attestazione di Bernardo, stavolta in qualità di suddiacono, risalirebbe alla più volte citata conventio del 1115 e in questo caso la sottoscrizione di Bernardus subdiaconus cunctorum minimus risulta autografa. Alla medesima mano sarebbero attribuibili anche le sottoscrizioni apposte in calce ai documenti del 14 settembre 112511, del 3 settembre 112712 e del 112913. Tuttavia, la sottoscrizione del suddiacono Bernardo che in questi documenti sfoggia una minuta minuscola diplomatica con aste decorate da freghi di penna, a parere di Rossi sarebbe difficilmente ascrivibile al visdomino Bernardo, la cui unica sottoscrizione autografa risale all’8 luglio del 113414
. Il confronto grafico, dunque, porterebbe ad escludere l’identificazione fra il suddiacono Bernardo e l’omonimo visdomino sebbene, come aveva già fatto notare Horn, in una cartula venditionis del 5 maggio 1134, dunque di poco precedente alla sottoscrizione autografa, Bernardo venga menzionato come subdiaconus et vicedominus15. Nulla, infatti, escluderebbe che un secondo suddiacono di nome Bernardo, la cui sottoscrizione autografa non ci è pervenuta, possa essere divenuto visdomino arcivescovile. I dubbi, dunque, intorno all’attività del futuro pontefice prima di diventare visdomino arcivescovile, non potranno essere risolti, per quanto l’ipotesi prospettata da Horn risulti estremamente allettante.
I limiti cronologici per ricostruire le tappe dell’attività di Bernardo come visdomino arcivescovile sono principalmente rappresentati dall’ultima attestazione del suo predecessore, Graziano, il 13 novembre 1129, e dalla prima menzione del suo successore, il visdomino Omicio, datata al 10 agosto del 113916. A partire da questi due estremi si dovrà restringere ulteriormente la cronologia dell’attività di Bernardo: egli, infatti, compare per la prima volta nel suo incarico nell’aprile del 1133 a
11 ASDP, Diplomatico arcivescovile, 275, 1125 settembre 14, Pisa; ed. CAAP, 2, n. 67, pp. 133-134. 12
ASF, Diplomatico Vallombrosa, 1128 settembre 3, ed. R. Nardi, Le pergamene dell’Archivio di
Stato di Pisa dall’8 novembre 1115 al 13 febbraio 1130, tesi di Laurea, Università di Pisa, relatore
C.Violante, a. a. 1964-1965, n. 47.
13 ASP, Primaziale «1129», ed. Nardi n. 57. 14
Alla sottoscrizione di Bernardo visdomino Rossi dedica le pagine 70-72 del suo volume, Scritture e
scriventi.
15
1134 maggio 5, Travalda, CAAP, 2, n. 87, pp. 169-170.
16 1129 dicembre 13, (ASDP, Diplomatico Capitolare, n. 416, ed. Baldi, n. 39, pp. 97-98); 1139
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Rosignano e per l’ultima volta il 9 maggio del 1138. Purtroppo non è possibile stabilire il momento esatto della sua nomina, tuttavia è probabile che egli fosse divenuto visdomino arcivescovile proprio per volontà dell’arcivescovo Uberto, la cui elezione risale all’inizio del 1133. Come si è detto l’ultima attestazione del visdomino Graziano è del novembre del 1129 e, dal momento che la cattedra di S. Maria rimase vacante per alcuni mesi prima della nomina di Uberto, è possibile che il nuovo presule avesse nominato un nuovo visdomino nella presona di Bernardo: la stretta vicinanza cronologica fra la comparsa di Uberto e quella di Bernardo nella documentazione pisana lascerebbe intravedere questa probabilità.
I documenti a noi noti consentono di illuminare cinque anni dell’attività del visdomino Bernardo. La sua prima attestazione, aprile 1133 a Rosignano, mostra Bernardo come mediatore ad un atto di refuta a favore della chiesa e della canonica di S. Maria a Fine17. Il 5 maggio del 1134, in un atto di vendita di parte del castello e della corte di Pinistello in favore della Chiesa pisana, Bernardo compare al fianco dell’arcivescovo Uberto e qualche mese dopo, nel luglio, appone la sua sottoscrizione in una refuta di un terreno fatta dagli esponenti della domus dei Matti a favore dell’arcivescovo18
.
Nel corso del 1135 il vidomino Bernardo non compare mai nella documentazione arcivescovile, nonostante, come si è visto nelle pagine dedicate ad Uberto, questo anno sia stato particolarmente significativo per il progressivo ampliamento dei possessi vescovili. Nell’agosto del 1136 Bernardo riemerge dalla documentazione come intermediario di due vendite per conto dell’arcivescovo; la prima di esse, del 6 agosto, risulta in realtà essere un prestito su garanzia fondiaria, mentre la seconda, del 18 agosto, concerne l’acquisto di un piccolo appezzamento di terreno19
. Al settembre del 1136 potrebbe essere databile la vendita effetuata dall’abate del monastero di S. Felice di Vada di parte di un terreno presso la chiesa di S. Biagio; l’atto, redatto alla presenza dell’arcivescovo e di Bernardo, si colloca all’interno di
17 CAAP, 2, n. 81, pp. 157-158. 18 CAAP, 2, nn. 87 e 89, pp. 169-170 e 172-174. 19 CAAP, 2, nn. 109 e 110, pp. 207-210.
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una complessa azione patrimoniale operata da Uberto nella zona della curia arcivescovile20.
Gli ultimi tre documenti che ci mostrano Bernardo nell’atto di svolgere il suo incarico di visdomino arcivescovile risalgono al gennaio del 1137, il primo di questi è una refuta a favore dell’arcivescovo Uberto, nel secondo caso, invece, si tratta di due documenti di contenuto pressoché identico datati a distanza di dieci giorni l’uno dall’altro. Sono due brevia recordationis con i quali Pagano del fu Rustico s’impegnava davanti al visdomino Bernardo a prestare regolarmente operas et
obedientias nella curia arcivescovile; tali obedientiae, che in un altro passaggio
vengono definite solitae et debitae, non vengono specificate. Dal testo dei brevia emerge che Pagano del fu Rustico per un certo, non specificato, periodo di tempo non aveva più svolto le sue mansioni e ciò aveva indotto il visdomino a richiamare il suddetto Pagano alla presenza di alcuni boni homines e di Manfredi iudex. Si tratta di uno dei pochi documenti in cui il visdomino non appare unicamente come intermediario dell’arcivescovo Uberto per piccole transazioni, ma effettivamente come amministratore dei beni vescovili. Questi due documenti sembrerebbero echeggiare il contenuto della già menzionata inspectio, un resoconto di beni e redditi spettanti all’arcivescovo di Pisa21. A parere dell’editore, Andrea Puglia, e di Maria
Cristina Rossi l’autore materiale di questa interessante pergamena sarebbe proprio il visdomino Bernardo. L’accurato confronto grafico svolto dai due studiosi mostra la solidità dell’ipotesi formulata sull’identità di mano 22
. Tuttavia, un esplicito riferimento in terza persona al visdomino contenuto nel testo non consente di attribuire a Bernardo l’intero processo investigativo ma lo relegherebbe soltanto al ruolo di estensore della relazione. Come si è già visto, questo documento, sebbene privo di data, sembrerebbe collocarsi in un preciso contesto di verifica e consolidamento dei beni vescovili, molto probabilmente funzionale alle richieste da formulare al pontefice in vista dell’emissione del privilegio del 5 marzo del 1137.
20 Cfr. testo corrispondente alle note 61-63 delle pagine dedicate alla figura di Uberto; CAAP, 2, n,
122, pp. 228-229.
21 Si rimanda ancora una volta alle pagine della biografia di Uberto, cfr. note 67-69. 22