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Breve excursus sulla criminalità organizzata in Emilia-Romagna

5. L’Emilia-Romagna

5.4. Breve excursus sulla criminalità organizzata in Emilia-Romagna

Fonte: “Mosaico di mafie e antimafia, Aemilia: un terremoto di nome ‘ndrangheta”, Dossier 2014/2015, Fondazione Libera Informazione.

L’Emilia-Romagna e, in modo particolare la provincia di Reggio Emilia, è stata terra di una massiccia migrazione, a partire dagli anni ’50, di cittadini cutresi93 che vi si trasferirono per motivi lavorativi. Fatta tale premessa, forte e ormai nota è la presenza nel territorio di numerosi affiliati alle ‘ndrine calabresi in tutto il territorio, come testimoniato anche dalle violente e sanguinose faide scoppiate tra clan nel territorio emiliano: emblematica è la faida scoppiata tra i concittadini cutresi Antonio Dragone (boss di Cutro confinato a Reggio Emilia attorno al quale si coagulò una cellula mafiosa composta da confinati, parenti ed amici che aveva richiamato o erano giunti nella provincia) e Nicolino Grande Aracri (capo dell’omonima ‘ndrina e soggiornante a Brescello). Dopo un breve periodo di pace tra i due, scoppio una faida che culminò con diversi omicidi e un coinvolgimento di civili (10 feriti) in seguito ad una bomba scoppiata la sera del 12 dicembre 1998 presso un bar, frequentato da calabresi, sito nel centro storico di Reggio Emilia. La criminalità calabrese è quella che, più delle altre,

93 Abitanti di Cutro, paesino in Provincia di Crotone.

è riuscita a penetrare in modo efficace nel territorio di cui un ruolo di spicco è giocato dalla ‘Ndrangheta cutrese (‘ndrina di Cutro attualmente guidata dalla famiglia Grande Aracri). Oltre a quest’ultima, diverse sono le famiglie calabresi operanti attualmente sul territorio: ‘ndrina di Platì, San Luca, della Piana di Gioia Tauro, di Isola di Capo Rizzuto che verranno analizzate più avanti. Se nella vicina Lombardia, Veneto e Piemonte la ‘Ndrangheta ha colonizzato il territorio mediante la costituzione di nuove locali e ‘ndrine autonome dal Crimine di Reggio Calabria, in Emilia-Romagna si parla, invece, di delocalizzazione. Enzo Ciconte la definisce una sorta di ‘filiale’ distaccata da Reggio Calabria e operante in trasferta laddove però non mantiene un controllo capillare del territorio ma che presenta forti legami con quella originaria: “il cervello della ‘ndrina rimane in Calabria”94, non vi è stata alcuna creazione di nuovi locali, ma è avvenuto un vero e proprio franchising delle cosche criminali che ha permesso al Crimine di Reggio Calabria di ottenere un ingente flusso di capitali provenienti dall’Emilia. L’atteggiamento mostrato dal crimine organizzato cutrese si è pian piano evoluto dal suo arrivo nella regione: mentre all’inizio le attività estorsive erano rivolti solamente a cittadini originari calabresi, oggi si assiste ad un coinvolgimento anche di soggetti emiliani; inoltre se in passato l’Emilia era vista come terra di reinvestimento dei capitali, oggi si cerca di creare nuovi profitti (soprattutto appalti) ricercando l’appoggio nella politica locale. Mentre nella Romagna e nello stesso capoluogo bolognese l’egemonia calabrese è mitigata dalla compresenza di quella campana, nelle provincie di Reggio Emilia, Modena, Parma e Piacenza si afferma una forte presenza

‘ndranghetista proveniente dalla zona cutrese che si è espansa a macchia d’olio a partire dal territorio reggiano, epicentro del suo potere. Non appena arrivati, si insediarono nel traffico degli stupefacenti, successivamente però compresero che il tessuto economico emiliano rappresentava un settore molto proficuo laddove investire:

dapprima tramite estorsione a danno di imprenditori originari calabresi, successivamente, mediante anche il contributo di diversi professionisti, riuscirono ad impadronirsi di diverse aziende ed ottenere importanti appalti pubblici.

Oggi operano prevalentemente nei seguenti settori: detenzione e traffico di armi,

94 Comune di Reggio nell’Emilia Assessorato Coesione e Sicurezza Sociale, Enzo Ciconte, Le dinamiche criminali a Reggio Emilia, 11 gennaio 2008.
252 Dna, Relazione annuale, 2013.

riciclaggio di danaro, estorsioni, usura, infiltrazioni degli appalti pubblici, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti (in questo campo hanno istaurato una collaborazione con diverse organizzazioni criminali allogene).

5.4.2 La Camorra in Emilia-Romagna

Fonte: “Mosaico di mafie e antimafia, Aemilia: un terremoto di nome ‘ndrangheta”, Dossier 2014/2015, Fondazione Libera Informazione.

La presenza della Camorra in Emilia-Romagna è anch’essa riconducibile al soggiorno obbligato. Essa è presente soprattutto nel modenese anche se recenti indagini confermano la sua espansione verso il territorio romagnolo. Si tratta di cosche criminali poco strutturate, solitamente individui legati ai clan campani che cercano di stringere relazioni con le altre consorterie mafiose (calabresi e siciliane) nell’attività estorsiva e del gioco d’azzardo. Un ruolo di spicco è giocato dal clan dei “casalesi”95 guidato dal Francesco Schiavone, alias ‘Sandokan’ e dal boss Michele Zagaria

‘Capastorta’ alias definito come il "re del cemento" per i suoi interessi negli appalti

95 Il clan dei casalesi è un'organizzazione criminale di matrice camorristica, originaria della provincia di Caserta e formatasi nella seconda metà del XX secolo. Presenta anche alcuni tratti tipici dell'ndrangheta o a cosa nostra.

pubblici.

Nella relazione della Dia del II semestre 2012, si legge: "in Emilia-Romagna, recenti operazioni hanno confermato l'operatività di soggetti legati ai casalesi. La camorra è presente nei comparti edili, turistico-alberghiero e commerciale, nonché nelle aste fallimentari, nel ciclo dello smaltimento dei rifiuti, nel condizionamento degli appalti pubblici e nel settore dei trasporti". Come si evince da tale relazione, i clan camorristici hanno saputo diversificare i settori e le attività in cui investire: oltre alle tradizionali attività di estorsione, usura, riciclaggio di denaro, traffico degli stupefacenti sono riusciti a penetrare nell’imprenditoria criminale, riuscendo ad infiltrarsi con molta facilità nelle aggiudicazioni degli appalti e nelle acquisizioni delle concessioni anche nel territorio emiliano. Tra gli altri business è bene annoverare: lo smaltimento illecito dei rifiuti, la gestione delle scommesse e delle bische clandestine e, infine, il favoreggiamento e l’assistenza alla latitanza di criminali colpiti da provvedimenti restrittivi.

5.4.3 Cosa Nostra in Emilia-Romagna

Fonte: “Mosaico di mafie e antimafia, Aemilia: un terremoto di nome ‘ndrangheta”, Dossier 2014/2015, Fondazione Libera Informazione.

La criminalità organizzata siciliana, dopo le azioni repressive inflitte dalla magistratura in seguito agli eventi degli anni ‘90, ha attraversato una lenta fase di declino che ha portato ad una riduzione del business e della presenza mafiosa fuori dalle aree tradizionali. Tale tesi appare confermata dalle parole della DIA: «Cosa nostra è tuttora alla ricerca di nuovi equilibri ed appare protesa a recuperare il proprio dominio sul territorio. La mancanza di una leadership nella pienezza dei poteri impedisce la definizione di strategie operative di vasto respiro e fa si che l’organizzazione sia ancora influenzata dalle direttive provenienti da capi detenuti e latitanti, ben più autorevoli degli emergenti»96. Tanto è vero che quei business che oggi sono nelle mani dei sodalizi criminali calabresi e campani (gioco d’azzardo e bische clandestine) una volta appartenevano al boss catanese Angelo Epaminonda97. È per tale motivo che nella regione essa occupa una posizione residuale rispetto agli altri sodalizi criminali: difatti sono sporadici i casi attribuiti a Cosa Nostra, ma la loro presenza appare comunque confermata, in modo particolare nella provincia modenese.

"...non è da trascurare la presenza di elementi riconducibili alla criminalità siciliana che, trasferitisi da tempo nella regione, operano mantenendo un basso profilo, prevalentemente nel riciclaggio e nel reimpiego di denaro di provenienza illecita, avvalendosi anche della collaborazione di soggetti inseriti nel settore delle imprese edili e delle costruzioni" (Relazione DIA, 2012). Attuando la strategia del mimetismo ha, infatti, prediletto settori come l’edilizia, infiltrazione in appalti pubblici, commercio, riciclaggio del denaro, racket e il traffico di sostanze stupefacenti. Cosa Nostra risulta particolarmente attiva nei comuni di Sassuolo, Carpi, Fiorano, Castelfranco Emilia, Nonantola e Modena, luoghi di soggiornanti obbligati e arresti di uomini legati al boss Bernardo Provenzano; altre presenze si sono riscontrate nel capoluogo bolognese nei comuni di Budrio e Medicina territorio di soggiornanti obbligati di noti mafiosi come Giacomo Riina (zio di Totò Riina), Angelo Pavone, Giovanni indelicato, Francesco Leggio (fratello di Salvatore Leggio). Anche nel parmense e nel piacentino sono presenti esponenti della mafia siciliana rispettivamente

96 Direzione Investigativa Antima a, Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento, luglio/dicembre 2013

97 Stefania Pellegrini, Le mafie in Emilia-Romagna, Facoltà di Giurisprudenza, Alma Mater Studiorum, Bologna, 2011.

le famiglie Emmanuello e Rinzivillo originarie di Gela ed esponenti del clan Galatolo provenienti da Palermo.

A partire dal terremoto del 2012, si sono registrati alcuni segnali che sembrano smentire quanto appena detto: il terremoto ha rappresentato una grande opportunità di investimento anche per le cosche siciliane.

5.4.4 La Sacra Corona Unità in Emilia-Romagna

Differente rispetto alle altre tre precedentemente menzionate è la criminalità calabrese, la quale non svolge un ruolo egemone in Emilia-Romagna. La sua attività, incentrata principalmente sul traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti, è legata alla presenza di organizzazioni criminali provenienti dall’Est europeo (criminalità albanese) con le quali collabora. Le sue attività sono concentrate, per lo più, lungo il litorale adriatico, centro predominante del turismo emiliano-romagnolo.