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5. L’Emilia-Romagna

5.7. L’Emilia

5.7.4. La provincia di Modena

La provincia di Modena rappresenta oggi, dal punto di vista economico, una realtà molto importante anche a livello europeo essendo patria dell’automobilismo sportivo con le sue sedi della Ferrari, della Maserati e fino a qualche anno fa della Bugatti. È qui che si concentrano tra le più importanti industrie italiane: da quelle tessili a quelle alimentari, dalle ceramiche al campo della bio-medica. Essa rappresenta, inoltre, un

importante snodo viario sia con l’Italia (Autostrada del Sole A1), sia con l’Europa centrale tramite l’autostrada del Brennero; il servizio ottimale e la posizione privilegiata hanno catturato l’interesse dei sodalizi mafiosi rendendo la provincia di Modena “un centro nodale per il traffico degli stupefacenti ” (in Ciconte, 1998, p.200) e quella, tra le province emiliane, con la più alta densità mafiosa.

Anche qui, come nel resto dell’Emilia-Romagna, convivono pacificamente diversi clan mafiosi appartenenti a sodalizi criminali differenti (italiani e stranieri) tra i quali, talvolta, ne emerge una compartecipazione in attività illecite soprattutto nella gestione e nel traffico di stupefacenti. “[...] Modena è una piazza molto, molto importante e quindi ce n’era per tutti, non c’era bisogno di fare accordi scritti, riunioni o roba del genere” (Ciconte, 1998, pp. 212-213). Anche l’ex procuratore di Modena Vito Zincani, aveva già compreso la gravità della situazione in cui versava la provincia di Modena affermando che tale problema era stato sottovalutato: “Ci sono infiltrazioni gravi che vanno combattute prima che si radichino nel territorio, nel qual caso sarebbe molto più difficile da affrontare e debellare il fenomeno. Ricordiamo anche che non ci sono solo i casalesi”108.

Negli ultimi anni, il panorama mafioso è profondamente cambiato: sono pochi i mafiosi siciliani attivi sul territorio, costretti ad una fase di ripiegamento e sommersione in seguito alla stagione stragista dei primi anni Novanta; dall’altra parte si è notevolmente rafforzata la presenza di ‘Ndrangheta e Camorra che dominano la scena modenese. Un ruolo residuale è giocato dalla presenza di alcune famiglie riconducibili alla Sacra Corona Unita (famiglia barese degli Zonno dedita al traffico di sostanze stupefacenti importate dall’Albania).

Nella provincia modenese sono stabilmente insediate, ancor prima dell’arrivo dei casalesi, diverse cosche riconducibili alla ‘Ndrangheta: Grande Aracri di Cutro, Barbaro, Nirta-Strangio discendenti dalla ‘ndrina di San Luca (RC), Bellocco di Rosarno, Arena (impegnati nel riciclaggio di denaro, emissione di fatture false, estorsione e detenzione illegale e porto abusivo di armi), Dragone, Muto di Cetraro,

108 P. L. Salinaro, “Modena sottovaluta il problema mafie”, Gazzetta di Modena, 4 ottobre 2008.

Nicoscia e Gallo di Gioia Tauro (dedita principalmente al traffico di sostanze stupefacenti). Oltre alle attività mafiose tradizionali, tra le quali la gestione del vasto mercato della droga proveniente dalla Germania, dall’Olanda e dall’area balcanica in collaborazione con i trafficanti albanesi109, le cosche calabresi sono le principali responsabili di tutta una serie di truffe e fallimenti di imprese finalizzati ad un’appropriazione indebita di denaro, grazie alla collaborazione di diversi insospettabili professionisti modenesi: direttori e funzionari di banca, avvocati commercialisti, senza i quali la penetrazione nell’economia legale sarebbe stata molto più complessa.

La provincia di Modena è stata interessata da una serie di minacce ed intimidazioni, chiari segnali della penetrazione della ‘Ndrangheta nel tessuto economico e sociale;

tra tutti è bene fare menzione della bomba scoppiata nel 2006 dinnanzi all’Agenzia delle Entrate di Sassuolo110 per cause riconducibili a degli accertamenti su alcune società usate dalle ‘ndrine calabresi per il riciclaggio di denaro sporco.

L’infiltrazione della Camorra e, in modo particolare, del clan dei casalesi (famiglia Schiavone-Iovine), risale agli anni settanta quando il territorio modenese è divenuto meta di diversi soggiorni obbligati e terra di migrazione di diversi lavoratori campani, che da li a poco sarebbero divenuti grandi imprenditori edili, la cui crescita economica attirò l’interesse del clan dei casalesi. Inizialmente, infatti, imposero il pizzo ai soli imprenditori o commercianti meridionali operanti, per lo più, nei settori dell’edilizia, ristorazione o gestione di night con lo scopo di poter imporre un controllo capillare in ogni attività economica111. Oggi i casalesi risultano insediati principalmente nelle aree di Castelfranco Emilia, Nonantola e Mirandola controllando diverse attività anche apparentemente lecite: estorsioni nei confronti di imprenditori modenesi (testimoniati dalla presenza di numerosi attentati incendiari), videogiochi, edilizia, appalti e subappalti, forniture, grande distribuzione, ciclo del cemento, riciclaggio di rifiuti e

109 Dichiarazione del collaboratore di giustizia Angelo Salvatore Cortese, facente parte della ‘ndrina dei Grande Aracri.

110 Diverse imprese a Sassuolo, in passato, erano già state teatro di diversi incendi dolosi.

111 Le dichiarazioni rilasciate dai collaboratori di giustizia hanno confermano come la gestione delle case da gioco e dei locali notturni era basata su accordi di cartello tra le diverse organizzazioni mafiose operanti nel territorio modenese restie a scontri violenti ma volte verso la mimetizzazione sociale.

del denaro sporco. Oltre ad essi, un altro clan camorristico presente sul territorio, ma in misura minore, è quello dei Moccia (proveniente dai territori orientali di Napoli).

Come si è più volte ribadito, la presenza mafiosa siciliana al di fuori della Sicilia si è notevolmente ridotta, ma non del tutto scomparsa, anche nella provincia modenese. Le recenti indagini hanno confermato la presenza di famiglia affiliate a Cosa Nostra: i corleonesi (famiglia palermitana Pistoia) nelle aggiudicazioni degli appalti pubblici con il coinvolgimento di persone che si sono prestate alla fittizia intestazione di beni e che intrattenevano relazioni con esponenti della Pubblica Amministrazione, preclusi alle cosche criminali.

Da questo quadro appena delineato, si evince come il territorio modenese risulta essere sotto scacco da parte dei sodalizi mafiosi in diversi ambiti economico-sociali, i quali continuano ad agire indisturbati anche nel settore agricolo, industriale, bancario e finanziario e, non meno grave, in quello dello sfruttamento della prostituzione.

La Tab. 5.5 riporta i beni confiscati nel modenese, diversi riconducibili al clan dei casalesi: ne emerge un quadro contradditorio con la densità mafiosa se paragonato all’esiguo numero di beni: 79 in totale. Le confische di immobili sono concentrati soprattutto a Castelnuovo Rangone e Nonantola, mentre è Modena che presenta il numero maggiore (9) di aziende confiscate. Interessanti sono i risvolti dell’inchiesta Aemilia, in corso nella Regione, che ha visto sequestrati un cospicuo numero di beni nel comune di Sassuolo la cui cifra si aggirerebbe intorno ai 4,2 mln di euro.

Tab.5.5: Beni confiscati in provincia di Modena

Fonte Beni: Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati alla Criminalità Organizzata, (dati aggiornati al 12/10/2017).