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5. L’Emilia-Romagna

5.6. Il capoluogo Bolognese

La città di Bologna, capoluogo di Regione e patria della musica, della cultura e dell’arte, è oggi posta al centro dei più salienti traffici italiani: per la sua posizione geografica rappresenta, infatti, un importante crocevia che collega il Nord al Sud Italia e la costa orientale a quella occidentale. Dal punto di vista economico, l’Osservatorio Findomestic Banca, piazza la città di Bologna al secondo posto in Italia dietro Milano.

Essa, con un'elevata concentrazione di attività economiche e di infrastrutture, ha registrato nel 2016 un reddito pro-capite di 25.333 euro; a livello provinciale è San Lazzaro il comune che sta meglio, seguito da Bologna e Sasso Marconi. Il suo territorio è terzo a livello nazionale, preceduto solo da Milano e Roma, per numero d’imprese pro-capite.

Risulta difficile immaginare che una provincia così ricca e fiorente abbia coltivato, nelle proprie viscere, il cancro della criminalità organizzata. La loro presenza nel territorio risale a circa venti anni fa e oggi si sta assistendo ad una crescita di tale

fenomeno che non accinge a fermarsi.

Erano gli inizi degli anni novanta quando un’impresa napoletana, l’Icla, vinse l’appalto per la ristrutturazione della Pinacoteca delle Belle Arti e due anni dopo di Piazza Maggiore. Come riportato nella relazione della Commissione Parlamentare Antimafia del 1996 e già conosciuta allo stesso Giovanni Falcone: “Nell’Icla risultano presenti elementi e società della criminalità organizzata di matrice sia camorrista che mafiosa con la mediazione di personaggi del mondo politico-imprenditoriale coinvolti in gravi episodi di corruzione politica”. Da questa dichiarazione si evince innanzitutto: la collaborazione negli affari della Camorra, in particolare tra la famiglia Zagaria del clan dei casalesi, con Cosa Nostra e la penetrazione della corruzione anche nel mondo politico. Questa serie di connivenze, storie di appalti pubblici e riciclaggio di denaro sembrano continuare ancora oggi; cambiano i protagonisti delle mafie, l’oggetto di interesse, le imprese, ma il modus operandi rimane sempre lo stesso99. Stavolta la storia riguarda la struttura aeroportuale di Bologna nella quale è coinvolto Giuseppe Gagliandro, appartenente alla ‘Ndrangheta e capo dell’impresa alla quale vennero affidati una parte dei servizi di terra, senza possedere i requisiti necessari per operare, dietro un giro di corruzione e favori dove vennero coinvolti manager, poliziotti e carabinieri. Risale a due anni fa la perquisizione dell’aeroporto di Bologna disposta dal pubblico ministero della DDA di Bologna Marco Mescolini, volta ad acquisire documentazioni su un appalto sospetto nel 2011, citato nell’ordinanza dell’operazione Aemilia. Questi sopracitati sono solo alcuni dei casi, forse i più eclatanti che testimoniano la presenza, ormai tristemente affermata, anche nel territorio della provincia.

Il territorio bolognese costituisce una realtà peculiare rispetto a tutte le altre: traspare la mancanza d’interesse da parte delle singole cosche mafiose ad accaparrarsi il controllo del territorio. Ciò è dovuto principalmente alla varietà della ricchezza di cui si dispone; difatti esso non appartiene a nessuno e nessuno ne vanta un controllo

99 Più del 50% degli appalti, assegnati nonostante gli incessanti reclami mediante la formula del massimo ribasso, è dato in subappalto. Negli ultimi tempi, hanno preso piede gli affidamenti diretti che bypassano tale regola, utilizzando la trattativa diretta Ente-azienda; nel comune di Bologna, fino al 2014, l’84,5% degli appalti è assegnato con questa formula.

totalitario ma, è allo stesso tempo, “terra di tutti”: ciascuno può operare in una situazione di pacifica convivenza, talvolta anche collaborativa, in qualsivoglia settore o attività, in modo tale da poter sfruttarne ogni potenzialità. In questa zona franca coesistono cosche appartenenti alla Camorra e alla ‘Ndrangheta che operano senza dar luogo a manifestazioni del crimine mafioso, controproducente anche per loro stessi, privilegiando attività di reinvestimento di capitale illecito. Anche la Sacra Corona Unita e la famiglia mafiosa palermitane di San Lorenzo, oltre a strutture criminali estere, hanno messo le mani nel capoluogo.


Appartengono alla Camorra i clan di Puca di Sant'Antimo e degli Afeltra-Di Martino di Napoli e quelli casalesi dei Mallardo di Giugliano (NA) e dei D’Alessandro originari di Castellammare di Stabia.

La ‘ndrangheta è, invece, rappresentata dai Bellocco di Rosarno (RC), i Mancuso di Limbadi (VV), i Mamone di Vibo Valentia, i Masellis-Lentini, i Strangio e Nirta di San Luca (RC), Barbaro di Platì, i Rosarno, dei Gallo di Gioia Tauro (RC), i Muto, i Chirillo, dei Vrenna - Ciampà- Bonaventura. È stata, altresì, rilevata la presenza della cosca Grande Aracri di Cutro.

L’intera provincia e soprattutto il capoluogo bolognese, rappresenta una piazza molto appetibile per lo spaccio di stupefacenti provenienti sia dall’Italia che dall’estero, in cui opera principalmente la mafia calabrese. L’indagine denominata Due torri connection, condotta dalla DDA di Bologna, ha confermato la presenza della

‘Ndrangheta dietro l’approvvigionamento e la distribuzione di stupefacenti provenienti dal Sudamerica, contando sulla collaborazione di una rete ben strutturata di soggetti legati alla criminalità estera100. Insomma, si tratta di un sistema ben articolato dall’acquisizione fino allo spaccio al minuto, con compiti ben precisi e coinvolgendo, non soltanto spacciatori ma diverse figure sociali, tra cui anche bolognesi: dai professionisti incensurati agli imprenditori (ristoratori o proprietari di locali notturni). Una volta ottenuti i proventi, questi venivano reinvestiti e immessi nell’economia legale. C’è la mano della Camorra, invece, dietro le grandi speculazioni

100 Alessandro Cori, Ancora la ‘ndrangheta made in Bologna. Traffico di cocaina con la Colombia, la Repubblica.it, 4 giugno 2011.

edilizie e il reimpiego del denaro in attività turistico-alberghiere e nella grande distribuzione. Le indagini recenti hanno svelato un pericoloso giro di usura ed estorsione rivolti ad imprenditori nel settore della ristorazione.

Ad aggravare maggiormente la situazione bolognese, è l’elevata propensione a delinquere che si registra nelle aree del centro storico, in modo particolare nella zona universitaria, e nelle zone della stazione dove persistono gravissime situazioni di degrado e pericolosità sociale.

La Tab. 5.1 riporta i beni confiscati nella provincia di Bologna. Sono in totale 58 i beni, di cui la maggior parte provenienti dalla recente inchiesta Aemilia, sparsi per tutto il territorio bolognese. Una presenza significativa, oltre al capoluogo, si riscontra nel comune di Pianoro dove si registrano 10 beni immobili.

Tab.5.1: Beni confiscati in provincia di Bologna

Fonte Beni: Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati alla Criminalità Organizzata, (dati aggiornati al 12/10/2017).