2. La legge anticorruzione, 6 novembre n 190/2012: quadro
2.3. Lotta anticipata e diretta all’annullamento dei fattor
2.3.1. Breve quadro delle misure preventive a carattere amministrativo.
Tra gli interventi a carattere preventivo, si rinviene in primis il
delineamento di organismi votati alla cura ed implementazione
delle politiche anticorruzione. A fianco del Servizio anticorruzione
e trasparenza (Saet), costituito in ambito del Dipartimento per la
funzione pubblica già a partire dal 2008 ed al quale oggi spettano
compiti di iniziativa e di impulso (relativamente, in particolare,
all’elaborazione del Piano nazionale anticorruzione di cui al comma
4 lett. c)
59e alla definizione di criteri e modelli per le
amministrazioni), si aggiunge, in sostituzione alla Civit,
60l’Autorità
nazionale anticorruzione (commi 1 e 2). Di quest’ultima, al comma
2, si definiscono puntualmente le competenze: emergono il dovere
di curare le relazioni con omologhi organismi stranieri ed organismi
regionali ed internazionali competenti in materia di corruzione (lett.
a); l’attribuzione di poteri ispettivi di vigilanza e controllo
sull’effettiva applicazione ed efficacia delle misure adottate dalle
58CLARICH -MATTARELLA, La prevenzione della corruzione, pag.61 ss, in La legge anticorruzione- prevenzione e repressione della corruzione, G. Giappichelli
editore, 2013, MATTARELLA - PELLISSERO. In linea con la stessa impostazione, FORTI, La corruzione del pubblico amministratore. Linee di un’indagine interdisciplinare, Giuffrè, Milano, 1992; DELLA PORTA - VANNUCCI, Corruzione politica e amministrazione pubblica: risorse, meccanismi, attori, Il Mulino, Bologna 1994; PALAZZO, Corruzione pubblica. Repressione penale e prevenzione amministrativa. Firenze University Press, Firenze, 2011.
59 Per esigenze di comodità espositiva, d’ora in avanti in tema di disposizioni dell’art.1 inerenti la prevenzione della corruzione, si farà riferimento ad esse con la sola menzione dei relativi commi.
singole amministrazioni (lett. f ); la possibilità di esprimere pareri
facoltativi in materia di conformità di atti e comportamenti dei
funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento e ai
contratti di lavoro pubblico, nonché in materia di autorizzazioni
allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti
amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali (lett. d e
lett. e); il significativo potere di approvazione del Piano nazionale
anticorruzione, come predisposto dal Dipartimento della funzione
pubblica ex comma 4, lett. c) (lett. b). Ed è proprio alla necessità di
adottare i piani menzionati che si ricollega la previsione, di cui al
comma 7, della nomina di responsabili per la prevenzione della
corruzione, di norma da individuarsi, ad opera dell’organo di
indirizzo politico, tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima
fascia in servizio. Questa figura è, infatti, escogitata al fine di
favorire l’efficace attuazione dei piani anticorruzione approvati ‘a
valle’
61in seno a ciascuna amministrazione, in conformità del Piano
nazionale predisposto dalla Civit ed approvato dalla Assemblea
nazionale anticorruzione.
62Tale organo risponderà con
responsabilità sia disciplinare che erariale per l’eventuale danno
all’immagine della pubblica amministrazione nel caso in cui siano
accertati reati di corruzione a carico di qualche dipendente.
Proprio in relazione alla figura dei dipendenti pubblici, si
riscontrano da una parte innovazioni inerenti alla loro selezione e
formazione in settori a particolare rischio di corruzione, affidandosi
alla Scuola superiore della pubblica amministrazione la
predisposizione e trattazione di attività dedicate ai temi dell’etica e
61 Sullo strumento di “pianificazione a cascata”, si veda CLARICH - MATTARELLA in La legge anticorruzione, op.cit.
62 Sui piani nazionali e settoriali anticorruzione, D
I CRISTINA, I piani per la prevenzione della corruzione, in La nuova legge anticorruzione, op. citata.
della legalità (commi 5 ed 11), e dall’altra conferme, quale (commi
44, 45 e 48) il rafforzamento del codice di comportamento
63dei
pubblici dipendenti già introdotto con L. n°1994 (comma 44),
64successivamente modificato prima nel 2001
65e nuovamente nel
2009,
66lasciando però invariati contenuti e regolazione dei codici
di cui all’art 54. S’interviene oggi proprio sul menzionato art. 54 del
d.lgs. 30 marzo 2001, n° 165, nel quale si dispone che sia il
Governo, mediante proprio regolamento, ad emanare un codice di
comportamento « al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione
dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza,
lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico ». Il
Governo, nella seduta del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2013,
ha approvato definitivamente lo schema di Decreto del Presidente
della Repubblica;
67trattasi di un codice a carattere ‘generale’, al
quale dovrà pertanto seguire l’adozione di ulteriori codici di
comportamento da parte delle singole amministrazioni, da
effettuarsi sulla base dei criteri stilati dalla Civit con riguardo ai
singoli settori e tipologie delle amministrazioni stesse. La più
importante novità sta nel fatto che la violazione del codice da parte
dei dipendenti delle PA può costituire fonte di responsabilità
63 Sull’argomento, D’A
LTERIO, I codici di comportamento e la responsabilità disciplinare, in La nuova legge anticorruzione pag. 211-223, op.cit.
64 Decreto del Ministro per la funzione pubblica 31 marzo 1994, adottato in base alla delega contenuta nell’art. 58 bis del d.lgs. 23 dicembre 1993 n°546.
65 Modifica avvenuta con d.lgs. n° 165/2001. 66 Modifica avvenuta con d.lgs. n° 150/2009.
67 Lo schema del regolamento in questione è stato elaborato tra il novembre ed il dicembre 2012, subito dopo l’entrata in vigore della legge anticorruzione, da un gruppo di lavoro formato da dirigenti del Dipartimento della Funzione pubblica nonché esperti esterni. L’approvazione dello schema di Decreto del Presidente della Repubblica recante il nuovo Codice di comportamento dei dipendenti pubblici è avvenuta nella seduta dell’8 marzo 2013 del Consiglio dei Ministri.
disciplinare, in quanto integrante atto contrario ai doveri d’ufficio
ed acquisire rilievo anche ai fini della responsabilità civile,
amministrativa e contabile ogniqualvolta le stesse responsabilità
siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o
regolamenti (art.54, comma 3).
Vi sono poi, ai commi 31 e ss., alcune disposizioni volte ad
assicurare la trasparenza informativa
68delle pubbliche
amministrazioni: al comma 36 si rinviene una ulteriore delega al
governo con specifici obblighi pubblicitari - che si fanno
particolarmente stringenti in ambito di procedura di aggiudicazione
di contratti pubblici - e la loro ottemperanza integra i livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili che lo
Stato deve imporre a tutte le amministrazioni, anche regionali e
periferiche.
La dottrina non ha mancato di esprimersi sfavorevolmente
quanto alla dubbia utilità, opportunità od applicabilità di alcune
parti della normativa. Tra queste, possono annoverarsi quelle che
hanno effettuato integrazioni puntuali alla legge n. 241/1990
69sul
procedimento amministrativo, idealmente funzionali ad accrescere
l’imparzialità e la trasparenza amministrativa in conformità a quelle
che erano le previsioni contenute nella Convenzione ONU di
Mérida. Più specificamente, queste integrazioni della legge sul
procedimento amministrativo hanno interessato i seguenti aspetti:
la disciplina dell’attività amministrativa svolta dai privati, affinché
questa sia esercitata con « un livello di garanzia non inferiore a quello cui
68 Sull’argomento, S
AVINO, Le norme in materia di trasparenza amministrativa e la loro codificazione, in La legge anticorruzione, op.cit., pag.113 e ss.
69 L. 8 luglio 1990, n. 241, “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, in ultimo
sono tenute le pubbliche amministrazioni »;
70l’obbligo di provvedere
delle pubbliche amministrazioni
71al quale si aggiunge che a fronte
di istanze manifestamente irricevibili, inammissibili, improcedibili
od infondate, « le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con
un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può
consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto
risolutivo»;
72il conflitto di interessi negli uffici cardine del
procedimento;
73gli accordi amministrativi, di cui all’art.11 della
241/1990.
74L’impatto generale delle integrazioni in analisi sulla
legge del procedimento amministrativo si è rivelato insufficiente,
sin da una prima analisi, ed in parte diverso nell’efficacia rispetto a
ciò che in realtà non si dovesse o volesse perseguire.
70 Si interviene così all’art.1, comma 1-ter, L. n. 241/1990, in cui si prevedeva già da prima che da parte dei soggetti privati esercenti attività amministrative fossero rispettati alcuni principi fondamentali, ma aggiungendo questo inciso. Inciso che peraltro da adito a dubbi interpretativi, chiedendosi se possa ad esso conferirsi una portata estensiva tale da generare un’applicazione delle regole del procedimento amministrativo anche al caso di esercizio di attività amministrativa da parte di privati, oppure se non sia preferibile optare per un’applicazione più limitata ed incentrata sull’equipollenza dei livelli di garanzia offerti dal privato rispetto a quelli delle PA.
71 Tale obbligo discenderebbe sempre dai provvedimenti che conseguano obbligatoriamente ad un’istanza ex art. 2. L. n. 241/1990.
72 Art. 2, comma 1, l. 240/1991, come modificato dall’art. 1, comma 38, l. 190/2012.
73 Art. 6 bis, l. 240/1991, introdotto dalla legge 190/2012 - Conflitto di interessi: “Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici
competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endo- procedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”.
74 Gli accordi che possono stipularsi tra amministrazione e privati sono considerati a tutti gli effetti provvedimenti conclusivi del procedimento amministrativo. La previsione della necessaria loro motivazione va tuttavia assommandosi a quella già presente per mezzo dell’aggiunta della riforma del 2005, in cui inseriva una necessaria “determinazione unilaterale da parte dell’amministrazione” che fosse motivata. Oggi si aggiunge un’ulteriore seconda motivazione
Al comma 51 la legge anticorruzione ha preso finalmente in
considerazione un fenomeno da lungo tempo dibattuto mediante
l’introduzione dell’art. 54-bis d.lgs. n. 165/2001, col quale appronta
una tutela ai dipendenti pubblici
75che denuncino o riferiscano
condotte illecite di cui siano venuti a conoscenza in virtù del
rapporto di lavoro. Trattasi della figura d’importazione statunitense
del c.d. whistleblower,
76il quale non potrà - secondo il testo della
disposizione - essere sanzionato, licenziato o sottoposto a misure
discriminatorie dirette od indirette sul luogo di lavoro per motivi in
qualche modo collegati alla denuncia presentata all’autorità
75 Il riferimento è ai soli dipendenti pubblici, mentre si omettono quelli privati, quantunque l’esigenza di una tutela di questo genere si avverta da sempre in entrambi gli ambiti. Da segnalare è tuttavia la sent. della Cass. Civ., 14 marzo 2013, n. 6501 (Sezione Lavoro, Presidente M. La Terza, Relatore A. Manna) che ha tuttavia dichiarato illegittimo, in quanto privo di giusta causa e giustificato motivo, il licenziamento del lavoratore che aveva denunciato all'Autorità̀ Giudiziaria presunti illeciti (irregolarità in un appalto per la manutenzione di semafori) da parte della società̀ di cui era dipendente. Sul punto la Cassazione ritiene infatti che, ragionando diversamente ed ammettendo la liceità del licenziamento, implicitamente si finirebbe coll’affermare una sorta di «dovere di omertà» per il dipendente non pubblico che certamente non esiste, né tantomeno può dirsi voluto nel nostro ordinamento.
76 Whistle-blower è un termine che deriva dal composto inglese formato dal verbo to blow (soffiare) e dal sostantivo whistle (fischietto), il cui significato è letteralmente quello di suonare il fischietto, riferibile in senso lato a qualsiasi episodio in cui un soggetto, prevalentemente intraneo all’organizzazione, solleciti l’attenzione degli organi di vigilanza a fronte di una riscontrata attività illecita verificatasi col coinvolgimento di altri intranei. La prima traccia di tutela degli whistleblowers sembra doversi rinvenire negli USA già a partire del 1778, quando il Continental Congress in data 30 luglio di quell’anno approvò con voto unanime la prima legge di protezione per questi soggetti. Cfr.
http://en.wikipedia.org/wiki/Whistleblower. La previsione di una tutela nei loro confronti, seppur mancando la designazione di whistleblowers, era già stata avanzata in sede di Convenzione contro la corruzione del Consiglio d’Europa, 1999, all’art. 9: Protection of employees - « Each Party shall
provide in its internal law for appropriate protection against any unjustified sanction for employees who have reasonable grounds to suspect corruption and who report in good faith their suspicion to responsible persons or authorities ».