3. Le soluzioni adottate nell’ordinamento tedesco
3.1. Corruzione attiva e passiva
Prima del ‘97 le fattispecie di corruzione vigenti
nell'ordinamento erano quelle di corruzione attiva (§ 333 e 334
Bestechung) e passiva (§ 332 Bestechlichket); ad esse si aggiungevano
anche la ‘corruzione di elettori’ (§ 108 b) e la ‘corruzione di
parlamentari’.
303In particolare, le fattispecie di corruzione attiva e
passiva, presentano caratteristiche comuni:
i)
questi delitti, a seguito della novella apportata dalla
Gesetz zur Bekämpfung der Korruption, sono rimasti ancorati
allo schema del c.d. quid pro quo: infatti, in essi è sempre
individuato con precisione l'oggetto della condotta
corruttiva, sia questo rintracciabile nel compimento di
un atto contrario ai doveri d'ufficio, nella compravendita
di voti elettorali o in quella di voti in occasione delle
votazioni parlamentari.
ii)
Entrambe le fattispecie di corruzione attiva e passiva
fanno riferimento alla figura dei ‘pubblici ufficiali’ e agli
‘incaricati di pubblico servizio’. La riforma del 1997 ha
fornito una definizione al § 11, comma 1, n.2,
considerando de residuo « pubblico ufficiale, a fini penali, chi
assume compiti dell'amministrazione pubblica indipendentemente
dalla forma di organizzazione prescelta »,
304ossia
303 Questa fattispecie fu introdotta solo nel 1994; un tale ritardo è stato dovuto al fatto che la normativa tedesca non prevedeva che anche il legislatore, e, più in generale, i membri del parlamento, rientrassero tra i pubblici ufficiali passibili di responsabilità per delitti di corruzione. A questa lacuna si è posto rimedio non tanto mediante l’estensione delle qualifiche soggettive per i reati di corruzione attiva e passiva, ma attraverso la formulazione di una fattispecie ad hoc riservata agli stessi parlamentari).
304 Così, H
UBER,Il sistema tedesco di lotta alla corruzione: una comparazione con quelli di altri Paesi europei,in Riv. trim. dir. pen. ec., 1999, pag. 510, 511.
ricomprendendo anche quelle persone che siano state
« incaricate di esercitare presso una pubblica autorità o un altro
ufficio pubblico, o su loro mandato, compiti propri delle P. A.
».
305Si riscontra, tuttavia, l’esplicito impiego della
denominazione ‘pubblici ufficiali’ per un elenco di
soggetti quali impiegati pubblici, giudici e le persone in
un rapporto di servizio giuspubblicistico; come detto,
tale qualifica è poi estesa analogicamente anche a coloro
che,
pur
non
rientranti
nella
definizione
amministrativistica di ‘pubblico ufficiale’, siano
specificamente obbligati a svolgere un pubblico
servizio.
306iii)
Le fattispecie in oggetto - oltre a distinguersi
principalmente per il fatto di essere rispettivamente
integrate, o da pubblici ufficiali e magistrati, o da privati
MAINWALD, in La disciplina della corruzione nella repubblica federale tedesca, tratto da FORNASARI- LUISI, La corruzione: profili storici, attuali, europei e sovranazionali, pagg. 273-285, la sistematica tedesca fa riferimento, nelladefinizione di pubblico ufficiale, al concetto di “titolarità dell’ufficio”, in tedesco ‘amstrager’.
305 In questo modo l'area soggettiva è ampliata inglobando anche soggetti che siano chiamati a svolgere ed erogare, seppur privati, servizi pubblici.
306Si ricorda a questo proposito l’iniziale mancata previsione di un’incriminazione per casi di corruzione che investissero i parlamentari, dovuta al fatto che la Germania non riconosceva lo status di pubblico ufficiale, ai fini penali, a queste cariche pubbliche. Del resto, la situazione rimane invariata nella misura in cui non è stata operata alcuna estensione di tale qualifica, sopperendo piuttosto al problema mediante la creazione
ad hoc di una fattispecie di ‘corruzione di parlamentari’; un tale sistema
denota evidenti differenze rispetto all’ordinamento italiano in cui, ai fini penali, sono considerati pubblici ufficiali tutti coloro che svolgano funzioni rientranti nell’area dei tre poteri: esecutivo, giudiziario e, per l’appunto, legislativo. Inoltre, fino a qualche anno fa, anche la ‘corruzione dei giudici’ era disciplinata in una norma a sé stante, guardandosi ai magistrati alla stregua non di pubblici ufficiali, ma come ad una “particolare categoria di persone” (così, MAINWALD,op. cit., pag. 276).