255 Vv. supra, ed in aggiunta: Cass. pen., sez. VI, 28 febbraio 2005, in Cass. pen., 2006, 2140; sez. VI, 4 maggio 2006; sez. VI, 26 marzo 2007, in Guida dir., n. 29/2007, 99; sez. fer. 25 agosto 2008, in CED, n.
34834/2009.
256 Non riteniamo, infatti, che possa essere condivisa la lettura che di questa operazione dava - e continua strenuamente a dare tutt’oggi - la stessa Cassazione, di una ragionevole applicazione estensiva. Non si tratta affatto di un’applicazione estensiva a casi similari, ma dell’impiego della stessa norma a casi del tutto dissimili e, perlomeno anteriormente all’entrata in vigore della l. n. 190/2012, del tutto privi di qualsivoglia previsione sanzionatoria sul piano penale. Ipotesi, dunque, che secondo la posizione (altamente opinabile e certamente non condivisibile) del legislatore penale, non rappresentavano fatti meritevoli di sanzione penale. Dello stesso avviso, DOLCINI –VIGANÒ, Sulla riforma in cantiere dei reati di corruzione, in Dir. Pen. Cont., n. 1/2012, pag. 236.
257 Sul punto si veda B
ARTOLI, cit., il quale sostiene che piuttosto sarebbe stato opportuno ricondurre la corruzione per l’esercizio della funzione nell’alveo della corruzione impropria antecedente, dato che in entrambe le ipotesi sarebbe presente alla base un patto tale da svolgere una vera e propria funzione motivazionale al compimento degli atti futuri (più o meno determinati o determinabili).
4.1. Volatilizzazione del requisito di ‘abuso’ e creazione della
fattispecie di concussione ambientale.
Come più sopra anticipato, alle difficoltà pratiche di distinzione
delle ipotesi di corruzione da quelle di concussione che allignavano
nella stessa struttura delle fattispecie e che in proposito avevano
ottenuto una soluzione più o meno pacifica da parte della
giurisprudenza,
258si aggiungevano ulteriori problematiche causate
dal contesto sistemico-ambientale in cui tali reati prendevano vita.
Ebbene, anche con riguardo alla concussione - e parallelamente al
processo di volatilizzazione dell’atto nelle fattispecie di corruzione -
si era dato adito ad una volatilizzazione del requisito di “abuso”
mediante la creazione giurisprudenziale della fattispecie di
concussione ambientale
259: la giurisprudenza riteneva infatti possibile
sussumere nell’art. 317 c.p. tutte quelle fattispecie concrete in cui il
privato si determinasse alla dazione o alla promessa in virtù di
pressioni costrittive od induttive anche non specificamente
imputabili al pubblico agente, ma derivabili del contesto ambientale
di riferimento.
260In particolare, si osservava che, «la costrizione o
l’induzione da parte del pubblico ufficiale poteva realizzarsi anche attraverso il
riferimento a una sorta di convenzione tacitamente riconosciuta, che il pubblico
ufficiale fa valere e il privato subisce, nel contesto di una comunicazione resa più
258 VV. supra, cap. III, par. 2.4.
259 In dottrina, CONTENTO,Sub art. 317, in AA.VV., I delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, PADOVANI (a cura di), 1996, op. cit., pp. 116 ss.; FIANDACA –MUSCO, Diritto penale, parte speciale, vol. I, op. cit.; GROSSO, Nodi controversi in tema di riforma dei delitti di corruzione e concussione; PADOVANI, Il confine “conteso”, op. cit. p.1303; PELISSERO, Il ruolo della vittima ad un bivio, in Ruolo e tutela della vittima in diritto penale, op.
cit. p.167.
260 Sul punto, vv. Cass. pen. : Sez. VI, 17 novembre 1994, Provini, in Cass. Pen., 1995,1285; Sez. VI, 26 marzo 1996, in Cass. pen., 1997, 1846,
con nota di CIANI; Sez. VI, 19 gennaio 1998, in Cass. pen., 1998, 1582, con nota di AMATO, Quale discrimen tra concussione e corruzione?
semplice per il fatto di richiamarsi a regole già “codificate” […] Ciò non vuol
dire che possa prescindersi da un comportamento costrittivo o induttivo del
pubblico ufficiale
261, ma solo che la condotta costrittiva o (più normalmente,
nella tipologia in esame) induttiva, può realizzarsi ed essere colta in
comportamenti che, ove mancasse il quadro “ambientale”, potrebbero essere
ritenuti penalmente insignificanti ».
2624.2. Conseguenze applicative.
In un contesto di corruzione sistemica, l’operazione di
discernimento tra ipotesi integrative del reato di corruzione o di
concussione diveniva ancor più difficile laddove quest’ultima si fosse
avverata nella sua forma più attenuata di concussione mediante
induzione;
263e questo, specialmente alla luce delle affermate
convenzioni in base alle quali il privato tenderebbe a dare o
promettere l’indebita utilità in assenza e di un vero e proprio patto
corruttivo, e di una vera e propria minaccia esplicita od implicita da
parte del pubblico ufficiale, al solo fine di accedere al giro di
prestazioni favorevoli dell’amministrazione pubblica o, altresì,
evitare eventuali vessazioni in caso di mancata collaborazione.
261 Sono tuttavia da segnalarsi a questo proposito, alcune sentenze della Cassazione penale molto più restrittive quanto all’individuazione dell’abuso perpetrato dal pubblico ufficiale, che hanno richiesto in tempi relativamente più recenti che ai fini della configurabilità del reato di
concussione c.d. ambientale sia comunque necessario che «venga fornita la prova della consumazione da parte del pubblico ufficiale di uno specifico comportamento costrittivo od induttivo e della correlativa situazione di soggezione del privato ». Così:
Cass. Pen., sez. VI, 2011 n. 24015, Cass. Pen., sez. VI, 2011 n. 25694, Cass. Pen., sez. VI, 2011 n. 14544).
262 Così, Cass. pen., sez. VI, 13 luglio 1998, in Cass. pen. 2000., 362. 263 F
IANDACA-MUSCO,in Diritto penale parte speciale, op.cit. pag. 220 e ss., rileva come sia impossibile, a fronte degli sfumati confini della fattispecie di concussione, rifarsi a criteri di carattere generale ed astratto, convenendo all’interprete di volta in volta adoperati per fronteggiare la definizione.
Consentire una tale espansione dell’art. 317 c.p. fino ad
inglobarvi ipotesi di concussione cd. ambientale - con contestuale
perdita di pregnanza del requisito di ‘abuso’ afferente al pubblico
agente - significò, nei fatti, favorire la sussunzione di ipotesi di
corruzione all’interno della fattispecie astratta di concussione.
Infatti, si optava frequentemente per un’imputazione a titolo di
concussione tutte quelle volte in cui, in un contesto di corruzione
sistemica, il privato si motivasse alla dazione o promessa
dell’indebito
presentando,
quale
elemento
soggettivo
caratterizzante la propria condotta, non già uno status di soggezione
rispetto all’autorità che fosse stato indotto direttamente dalla stessa
o indirettamente dall’ambiente illecito di riferimento, bensì una
volontà sua propria, liberamente e paritariamente manifestata
rispetto a quella dell’agente pubblico, di adoperarsi spontaneamente
al conferimento indebito per trarre anch’egli un vantaggio dal
contesto di diffusa illiceità. La contestazione di siffatte ipotesi
concrete alla stregua di concussione anziché di corruzione, come
sarebbe stato invece più corretto, non era infrequente nelle vicende
giudiziarie, e molto spesso tale opzione veniva percorsa dalla
magistratura requirente in ottica di ‘utilità processuale’: la
configurazione del privato alla stregua di concusso ne consentiva,
infatti, la qualificazione di ‘persona offesa’ ed una conseguente
possibilità di audizione in qualità di testimone. Salvo poi mutare,
nell’iter processuale, il capo d’imputazione in quello di ‘corruzione’,
e conseguente coinvolgimento quale imputato di chi, ab initio, fosse
configurato persona offesa.
264
264 CINGARI, Repressione e prevenzione (…), op. cit.; PADOVANI, Il confine conteso. Metamorfosi (…), op. cit., in Riv. It. Dir. Proc. Pen. 1999, p.1306 ss.;
GROSSO, Nodi controversi in tema di riforma dei delitti di corruzione e concussione, in Cass. pen., 1999, 1728, pagg. 3277-3282, in cui, trattando delle attitudini