2. Tratti caratterizzanti il fenomeno corruttivo: recessione della
3.2. Processo di ‘smaterializzazione’ del requisito dell’atto
3.2.3. Da atto determinabile a progressiva smaterializzazione e
Sulla base dell’impostazione secondo cui era necessario e
sufficiente che fosse determinato il genus degli atti da compiersi, si
passò presto ad un’ulteriore lettura espansiva ritenendo che fosse
sufficiente alla ricostruzione dello stesso genus non tanto l’incrocio
di una pluralità di dati (quali, ad esempio, la sfera di competenza
funzionale del pubblico agente unita all’osservazione delle
247 Cass. pen., sez. VI, 17 febbraio 1996, in Cass. pen., 1997, p.402; 30 settembre 1996, in Mass. Cass. pen., 1997, fascicolo 9, pag.93; 19 novembre 1997, in Cass. pen., 1999, p. 3131; 3 novembre 1998, in Cass.
caratteristiche del corruttore, o ancora alle modalità di pagamento
pattuite),
248quanto piuttosto il riferimento alla sola sfera di
competenze funzionali dell’agente pubblico. L’individuazione
dell’attività amministrativa oggetto dell’accordo corruttivo - si
ribadiva - poteva infatti effettuarsi soddisfacentemente alla luce
della specificazione del solo genere degli atti, aggiungendo, però, che
quest’ultimo poteva a sua volta essere individuato « in relazione alla
competenza e alla concreta sfera di intervento del funzionario, così da essere
suscettibile di specificarsi in una pluralità di atti singoli non preventivamente
fissati o programmati, ma pur sempre appartenenti al genus previsto ».
249Da una tale ricostruzione a quella in cui avviene la
volatilizzazione del requisito di atto, si può dire che il passo sia
stato breve ed altrettanto ardito. Forzandosi in questo caso un
evidente limite strutturale delle fattispecie in analisi, la Cassazione è
248 Così, CINGARI, Repressione e prevenzione(…) op. cit. e ROMANO, I delitti contro la pubblica amministrazione, I delitti dei pubblici ufficiali, Milano,
2006, p.167 ss.
249 Cass., Sez. VI, 30 settembre 1996, in Giust. pen., 1998, II, 160; Cass., Sez. VI, 17 febbraio 1996, in Cass. pen., 1997, 402. Ad esempio, quando un pubblico ufficiale nell’ambito di un rapporto di consulenza a carattere continuativo, dietro dazione di denaro o sua promessa, si impegni a compiere tutti quegli atti del suo ufficio che siano necessari al fine di aiutare il privato nell’evasione fiscale (Cass., Sez. VI, 15 maggio 1985, in Cass. pen., 1987, 285). In casi similari, sarebbe ancora possibile, ad opinione della dottrina, continuare ad individuare un rapporto di
corrispettività tra utilità ed atto, poiché la determinabilità e circoscrivibili
degli atti del pubblico funzionario sarebbero percorribili e in virtù dell’attività economica del soggetto privato corruttore, e alla luce del comportamento-tipo oggetto della pattuizione illecita. Da ultimo, ricordiamo in proposito le sentenze emesse dalla Cass. Pen.: Sez. VI, 16 maggio 2012, n° 30058; Cass. Pen, Sez. feriale, 13 agosto 2012, n° 32779 in cui si ribadisce che « in tema di corruzione propria, l’atto contrario ai doveri d’ufficio, oggetto dell’accordo illecito, non deve essere individuato nei suoi connotati specifici, essendo sufficiente che esso sia individuabile in funzione della competenza e della concreta sfera di intervento del pubblico ufficiale, così da essere suscettibile di specificarsi in una pluralità di singoli atti non preventivamente fissati o programmati, ma appartenenti al “genus” previsto ».
giunta a interpretare la norma nel senso di ritenere integrato il reato
anche a prescindere da qualsiasi individuazione di uno o più atti
determinati o determinabili, quando il pubblico agente
s’impegnasse a mettere a disposizione del privato l’esercizio della propria
“funzione”: all’avvenuta evaporazione del requisito letterale di “atto”,
si è associata direttamente la sostituzione di questo con la nozione
di “funzione” (esercitata del pubblico agente coinvolto).
250A ciò si è accompagnata la possibilità di ricomprendere
nell’alveo del penalmente rilevante tutte quelle ipotesi in cui la
dazione o promessa del privato fossero giustificate o finalizzate ad
ottenere non atti puntuali del pubblico agente, bensì futuri ed
eventuali favori. In altre parole, la fattispecie diventava idonea a
sussumere anche quei casi in cui, mediante una dazione o promessa
250 La fattispecie di corruzione sarebbe quindi integrata non più solo quando il funzionario s’impegni a compiere un atto determinato o determinabile al momento della stipulazione del pactum sceleris, ma addirittura quando, in senso molto più generico, si dichiari pronto a mettere a disposizione del privato la sua funzione e compiere in futuro eventuali atti (sempre indeterminabili a priori) che possano risolversi a vantaggio di questo. In questo senso, si esprime la Cass. pen. sez. VI, 30 novembre 1995, in Cass. pen. 1996, p. 2184 e Cass. pen. sez. VI, 5 marzo 1996, in Cass. pen. 1997, 806: due casi in cui si conferma che nell’ipotesi di reato di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.) la mancata individuazione in concreto del singolo atto che avrebbe dovuto essere omesso, ritardato o compiuto dal pubblico ufficiale, contro i doveri del proprio ufficio, non pregiudica l’integrazione del delitto « ove venga accertato che la consegna del denaro al pubblico ufficiale sia stata
effettuata in ragione delle funzioni dallo stesso esercitate e per ristabilirne i favori ».
Ancora, ed in senso maggiormente specifico: Cass. pen., sez. VI, 5 febbraio 1998, in Cass. pen., 1999, 1759, dove si ritiene che per l’integrazione del reato non sia necessaria l’individuazione specifica dell’atto oggetto dell’accordo corruttivo, in quanto « l’atto d’ufficio oggetto di
mercimonio non va inteso in senso formale, comprendendo la locuzione qualsiasi comportamento che comunque violi i doveri di fedeltà, imparzialità, onestà » da