1. Considerazioni preliminari
1.1. Introduzione
Ciascun istituto giuridico, ed a fortiori ciascuna fattispecie penale
- sia essa introdotta nell’ordinamento statale da vincoli
sovranazionali, sia essa il frutto di un’opera ‘spontanea’ di
normazione interna e inserita nella codificazione (con contestuale
riconduzione alla sedes materiae istituzionale) o di inserimento in
leggi speciali comunque altre rispetto al codice penale - si presenta
nell’oggi storico in una sua peculiare veste, quale risultato di una
graduale evoluzione. La fattispecie è accolta all’esito di un percorso
aggregante dati della realtà storico-materiale della comunità di
riferimento in cui, pertanto, finiscono con l’intrecciarsi
indissolubilmente fattori a carattere sociale, criminologico e
politico.
Talora, a questo esito si perviene a fronte d’indirette
sollecitazioni promananti dalla radicata percezione in seno alla
coscienza sociale del disvalore di certe condotte e della necessità di
approntare una (miglior) tutela a determinati beni giuridici diffusi e
percepiti oggetto di minaccia, i quali siano ancora - totalmente o
parzialmente - sguarniti di protezione. Talaltra, è invece lo stesso
legislatore ad intervenire anticipatamente in tal senso, ancorché la
coscienza sociale risulti affatto o perlomeno latamente insensibile,
altresì assuefatta e compiacente nei riguardi di certune diffuse
attitudini comportamentali, benché queste siano gravemente
disfunzionali all’ordinamento nel suo complesso e contestualmente
offensive di una pluralità eterogena di beni giuridici.
E’ stato questo il caso delle travagliate e tardive modifiche
intervenute negli ultimi anni sul terreno dei crimini di corruzione,
relativamente ai quali ancora oggi, in Italia, è certificato esservi
un’estesa carenza di consapevolezza, o forse più propriamente, di
sensibilità da parte delle varie componenti sociali.
131Agli albori
della vicenda Tangentopoli i risultati emersi dalle indagini
giudiziarie condotte dalle varie Procure della Repubblica, in realtà,
rivelarono l’esistenza di un inscindibile intreccio tra mondo degli
affari e dalla politica, e ciò destò in primissimo luogo un problema
di ordine culturale che affliggeva - e tuttora affligge, secondo gli
impietosi risultati emergenti dai rilievi internazionali - il sistema
italiano. Da ciò derivò con evidenza che le difficoltà di intervenire
sul piano legislativo fossero niente più che l’effetto di una carenza
di autonomia delle istituzioni e del trasversale coinvolgimento
dell’intera classe politica negli scandali oggetto delle indagini. In
particolare, le parvenze di risposta che il legislatore tentò di
avanzare consistettero in tentativi di assecondare i diffusi malumori
nell’opinione pubblica e le martellanti campagne mediatiche
attraverso interventi di facciata, destinati ad esaurirsi nel breve
termine. L’assestamento su un necessario trend riformatore del
sistema che si distinguesse per efficacia ed incisività e che fosse, al
contempo, capace di risolvere in potenza le contingenze in
un’ottica di lungo termine, non poteva che apparire come mera
utopia, spingendo da più parti ad invocare una ‘purificazione’
catartica del sistema, un vero e proprio ripensamento delle
fondamenta culturali. Si voleva e doveva attuare un’operazione
sistemica in controtendenza rispetto al fenomeno corruttivo che
fosse in grado così, a seguito dell’avvenuta depurazione, di
riportare le istituzioni politiche ad operare con indipendenza ed
autonomia e ricondurre la Magistratura nei margini del suo ruolo
istituzionale.
132
132 Così, nel 1997, scriveva nelle sue conclusioni F
ORTI, nell’articolo Unicità o ripetibilità della corruzione sistemica? Il ruolo della sanzione penale in una prevenzione “sostenibile” dei crimini politico amministrativi, in Riv. trim. dir. pen. econ., pagg. 1106-1107: « L’opinione pubblica e la politica – e, con essa, la politica criminale – in questo momento sembrano parte di uno stesso sistema chiuso: questa ultima manca di una vera capacità di porsi come entità autonoma rispetti alla massa indistinta, colloidale, del clamore massmediologico: forse per l’ansia di assecondarne ogni più volatile movenza, i politici sono costretti a comunicare continuamente e ad agire nella esclusiva dimensione dell’immediato […] », riconoscendo poi che il
solo modo per risolvere la problematica dell’insufficienza legislativa risiedesse « in un atto che cambi sostanzialmente anche l’assetto istituzionale della
lotta alla corruzione. Solo a quel punto, la politica avrà conseguito di fronte alla collettività la legittimazione per fare i conti con il passato e comunque solo allora, sciolta dalla dittatura dell’immediato e del pulsionale, si sarà data una misura per farlo con rigore ». Nello stesso senso, GUERINI,La criminalità economica e politico-amministrativa: da Tangentopoli ad oggi, in Segnalazioni ed attività dal mondo accademico, Università di Bologna, Indice Penale, 2010, pagg. 421-426.
E’ con specifico riguardo al percorso intrapreso negli anni per
giungere alla recente rimodulazione della fattispecie di corruzione
che
possiamo
aggiungere
un’ulteriore
fondamentale
considerazione.
133Questa prende le mosse dall’osservazione di
quanto spesso, nella genesi delle fattispecie penali, giochi un ruolo
di basilare importanza la dialettica che s’instaura – spesso molto
problematicamente – tra la giurisprudenza e il legislatore. Non è
infrequente che quest’ultimo tardi a cogliere e regolamentare le
istanze che promanano dalla realtà criminologica di riferimento,
rimanendo piuttosto inerte e conferendo implicitamente all’organo
applicativo l’esercizio di un ruolo suppletivo, lontano dai canoni di
attribuzione istituzionale.
134Nel tentativo di fronteggiare nuovi,
cangianti e complessi fenomeni criminologici, e talora facendosi
sensibile alle istanze di protezione sociale che emergono
correlativamente, la giurisprudenza ricorre ad interpretazioni ed
applicazioni estensive della normativa vigente; in tal modo si
forzano i confini ermeneutici delle fattispecie esistenti nell’intento
di applicarle a copertura d’ipotesi affini, ma più late. Ancora, e
certamente in senso maggiormente allarmante in relazione alla
tenuta dei principi cardine del diritto penale, non mancano esempi
di operazioni ‘creative’ ed analogiche, intraprese spesso con
l’intento di garantire un’efficace risposta repressiva a fenomeni di
grandi proporzioni - conducendo tendenzialmente alla
semplificazione delle indagini e all’alleggerimento del carico
133 MUCCIARELLI, Restituire effettività al sistema penale: un obiettivo non più eludibile - in Diritto penale contemporaneo, 1 /2012 pag. 209e, nella stessa rivista trimestrale, PULITANÒ, Per una nuova politica del diritto penale, oltre la logica dello scontro tra magistratura e classe politica.
134 Sul punto, in relazione alla particolare vicenda di Tangentopoli, si fa riferimento a NELKEN, Il significato di Tangentopoli: la risposta giudiziaria alla corruzione e i suoi limiti, Einaudi, Torino, 1998.
probatorio per l’accusa - ed in ultima analisi, il debellamento del
fenomeno criminoso interessato.
135Questo è quanto può dirsi
essersi verificato in relazione alle fattispecie di corruzione, le quali
hanno subìto per lungo tempo - soprattutto nell’arco dell’ultimo
quarto di secolo, a partire dall’epoca di Tangentopoli e di Mani
pulite - forti frizioni dovute ai palesi contrasti endemici tra il
modello di tutela vigente ante 2012, incapace di fronteggiare tutte le
problematiche generate dalla progressiva acquisizione di dimensioni
politico-sistemiche della corruzione, ed il relativo modello di tutela
vivente elaborato in sede applicativa, per contrastare efficacemente le
minacce derivanti dalla realtà criminologica.
Prima di procedere ad una più articolata analisi dello
svolgimento del fenomeno corruttivo nella sua dimensione
empirico-criminologica nazionale ed internazionale, è importante
ribadire come l’intervento normativo effettuato con la corruzione per
l’esercizio della funzione sia stata, quindi, un’operazione scaturita da
pressioni prevalentemente endogene e da tempo gravanti sulla
previgente conformazione del reato di corruzione. Queste erano,
infatti, tutte istanze già percepite come di ineludibile trattazione
interna e sulle quali convergeva l’attenzione del legislatore, della
dottrina e della giurisprudenza, ancorché poi in concreto sia stata
colta l’occasione della riforma caldeggiata negli ambiti
sovranazionali per addivenire all’intervento di mutazione cui si è
proceduto contestualmente alle altre modifiche di cui il sistema
aveva bisogno. Che poi il legislatore abbia optato per la rubrica
‘corruzione per l’esercizio della funzione’, contribuisce certamente a
creare l’interesse necessario ad instaurare un parallelismo sia con le
135 Si pensi, ad esempio, alla creazione della fattispecie di corruzione e concussione ambientale, per la cui trattazione si rimanda al Capitolo I.