2. Tratti caratterizzanti il fenomeno corruttivo: recessione della
2.1. Caratteri distintivi della corruzione
2.1.1. Reati ad elevata cifra oscura: definizione della corruzione, forza
esistente tra criminalità registrata e criminalità reale.
Se nel tempo ha conosciuto sviluppi ed evoluzioni dettati dalla
necessità di adeguarsi un po’ camaleonticamente alle contingenze di
carattere socio-economico e politico, parallelamente il fenomeno
corruttivo ha preservato inalterate quelle costanti che da sempre lo
contraddistinguono ontologicamente e che ne hanno peraltro
consentito una così tenace resistenza nel corso delle diverse epoche
storiche. Trattasi, infatti, di un fenomeno longevo
140e poliedrico,
suscettibile di destare molteplici approcci complessivamente
penale dalla criminalità, in senso prettamente temporale, poiché, dice, il diritto penale troverebbe da un lato la sua ragion d’essere in una fenomenologia che gli preesiste e che viene concepita dalla collettività come disfunzionale alla convivenza pacifica; dall’altro invece esso si porrebbe in una dimensione di contenimento, riuscendo a legittimarsi se ed in quanto riesca a reprimere e controllare il fenomeno sottostante. E’ nostra opinione, tuttavia, che questa dipendenza non debba acquisire un ruolo eccessivamente importante. Più precisamente, l’analisi empirica non dovrebbe mai essere in grado di trasformare il diritto penale in uno strumento di reazione o lotta trasversale della criminalità che finisca coll’includere indiscriminatamente tutto quello che si presenta nella realtà criminale (che attende di essere resa penalmente rilevante) ed esercitare funzioni ex post in mancanza di un filtro funzionante e collocato nella sfera preventiva - ma piuttosto questo approccio con metodo scientifico al fenomeno criminale dovrebbe favorire una chiarezza nella selezione dei tipi criminali maggiormente e realmente offensivi da ricondurre nella fattispecie penale.140 Per un excursus sulla presenza del fenomeno corruttivo nelle epoche storiche e specialmente come dato caratterizzante il potere ed i grandi uomini di tutti i tempi, MIELI,Grandezza dei corrotti che hanno fatto la storia - Pericle, Cesare, Napoleone, tutti tentati dal denaro, in Corriera della Sera, 30
riconducibili alle tre macro-sfere della politica criminale,
dell’economia e della morale.
141E’ fenomeno che, per giunta,
conosce riscontro documentale sin dai tempi antichi, fatto oggetto
di riprovazione e repressione già nell’ambito di queste civiltà;
142anzi, vale la pena sottolineare come l’etimologia stessa del termine
corruzione tragga la sua origine nel verbo latino corrùmpere
(letteralmente viziare, depravare, guastare, ecc.. e fuor di metafora,
indurre qualcuno col denaro a venire meno al proprio dovere),
143condotta già al tempo carica di tutto quel disvalore che
trasversalmente, oggi, connota i crimini appartenenti a questo
141 Come puntualmente premesso da BAUR, nel suo commento alla crisi del Liechtenstein del 1999 ed al disvelamento della corruzione sistemica albergante nel Paese intitolato La corruzione: profili storici, attuali,
europei e sovranazionali, pagg. 443-449 in FORNASARI-LUISI, La corruzione: profili storici, attuali, europei e sovranazionali, CEDAM, 2003. L’autore precisa
che sussistono tre aspetti caratterizzanti il fenomeno corruttivo: oltre ad un più proprio criminal aspect inerente alle insidie mosse all’ordine costituito ed ai pubblici poteri dello Stato, vi sarebbero infatti anche un
economical aspect che affronta i problemi destati dall’interferenza del
fenomeno corruttivo con le regole del mercato e della concorrenza come generalmente applicate, oltre ad un ulteriore moral aspect, consistente nella capacità di rendere il problema conosciuto ed il suo contrasto accettato in seno alla società al di fuori dell’area corrotta.
142 Si possono menzionare qui S
ENECA,la XVI lettera delle Epistulae morales ad Lucilium in cui l’autore ammonisce il suo interlocutore sul fatto
che lo scadimento dei costumi e la corruzione fossero figlie non del loro tempo ma di ogni epoca storica, anche precedente alla corrente. Altra significativa testimonianza si ravvisa in CICERONE,In Verrem, contenente le requisitorie scritte in occasione dell’accusa di corruzione ed appropriazione indebita mosse al Pretore della Sicilia Gaio Licinio Verre. Per un approfondimento sul fenomeno corruttivo nella civiltà latina, PERELLI,La corruzione politica nell’antica Roma, Milano 1994.
143 In senso conforme a questa interpretazione si guardi al § 2409 del Catechismo della Chiesa Cattolica (1992): nell’analisi del comandamento
“Non rubare”, s’inserisce tra le condotte suscettibili di integrarne una violazione anche la Corruzione che svia il giudizio di coloro che devono prendere decisioni in base al diritto.
genus.
144Corruzione, odiernamente - senza ancora voler conferire
connotazioni tecnico-giuridiche - è piuttosto riassumibile come un
fenomeno in cui due o più soggetti, parti di un accordo, si
appropriano congiuntamente e nascostamente di risorse pertinenti,
per destinazione originaria, alla collettività. Tale accordo consiste in
un patto occulto - pactum sceleris, secondo la terminologia classica -
che viene mantenuto tale dalle parti contraenti in virtù del cospicuo
vantaggio che ne deriva, instaurandosi, quindi, una connivenza tale
da garantire una pressoché totale e duratura sepoltura del
medesimo.
145Affrontare il tema della corruzione significa confrontarsi non
solo con un fenomeno dalle gigantesche proporzioni, di portata
internazionale, ma anche dai confini molto sfumati e dalla cifra
oscura altrettanto elevata, stante la sistematica prassi di
occultamento del medesimo. Nella sostanza, cioè, si può dire che la
corruzione sia in primis un fenomeno occulto e che di questo
nascondimento faccia la propria forza propulsiva. Occultamento
significa, per giunta, insorgenza di difficoltà concrete nella stima
dell’ordine di grandezza dello stesso fenomeno corruttivo e del suo
144 Prima della civiltà latina si hanno tracce della percezione del fenomeno di corruzione in altre civiltà antiche: si può menzionare il libro dell’Esodo nell’Antico Testamento, Esodo 23:1.3, 6-8; o per esempio ancora per l’età aurea dell’Ellade si rinvengono testimonianze sia negli scritti di PLUTARCO,in Vita di Demostene (tratto da Βίοι Παράλληλοι, fine del I sec. d.C.) sulle accuse di corruzione attribuite al Demostene politico ed oratore ateniese del IV sec. a.C. del per la sottrazione di 350 talenti depositati dal tesoriere di Alessandro Magno, Arpalo, presso l’Acropoli ateniese. Demostene era tra i tesorieri incaricati della loro sorveglianza e alla scomparsa di questi talenti lui ricadde nel gruppo di sospetti cui si rivolsero le accuse di appropriazione. Per un excursus storico di tutte le più note vicende di corruzione nelle varie epoche, BRIOSCHI, Breve storia della corruzione – Dall’età antica ai giorni nostri, Ed. TEA, Milano 2004.
145 In V
ANNUCCI,La corruzione in Italia: cause, dimensioni, effetti, pagg. 28 e ss in La legge anticorruzione, op.cit.
andamento: affidarsi a sole statistiche giudiziarie sul numero dei
processi per corruzione in corso non aiuta a far luce sul problema,
posto che una cifra più bassa di processi o di cause decise in via
definitiva rispetto al passato può essere spiegato sia in base alla
reale deflazione nel fenomeno corruttivo, sia in termini di maggior
incontrollabilità ed opacità del fatto.
146Lo scarto con la realtà di cui
si soffre sulla base di singoli indici statistici, può in qualche modo
essere ridotto facendo appello ad un esame integrato dei dati che si
ottengono da statistiche diverse. All’osservazione del numero dei
processi avviati si aggiungono i dati legati alla percezione per
esperienza diretta del fenomeno in seno alla società, nonché quelli
relativi al Corruption Perception Index elaborato annualmente da
Transparency International,
147il quale propone una stima del livello di
corruzione dei Paesi sottoposti all’osservazione in base alla
percezione di soggetti sensibili al fenomeno corruttivo.
148Sulla base
146 In questo senso, V
ANNUCCI, op. cit.
147 Transparency International è un’organizzazione non governativa che ha l’obiettivo di contrastare e prevenire la corruzione a livello globale attraverso un’attività d’informazione, sensibilizzazione, studio e ricerca. Essa provvede ogni anno ad elaborare il CPI (Corruption Perception Index) assegnando un punteggio a tutti i Paesi coinvolti nell’analisi. Questa si fonda sulla percezione di soggetti sensibili come imprenditori, giornalisti, studiosi ed esperti nel campo e assegna un punteggio che muove da 0 a 100: il punteggio cresce (e correlativamente ci si avvicina alle posizioni più elevate in graduatoria) mano a mano che il sistema sia percepito come molto pulito (idealmente 100 corrispondendo ad una situazione di totale assenza di corruzione). I risultati anno per anno della classifica stilata in base al CPI possono essere reperibili sul sito istituzionale
http://www.transparency.org/research/cpi/overview. Gli ultimi dati disponibili aggiornati al 2013, vedono l’Italia in 69° posizione su 177 Paesi esaminati, detentrice di un punteggio di 43/100 avendo recuperato la posizione del 2011 dopo averne perse tre nel 2012.
148 Per il 2013, si osserva un quadro globale assai poco confortante, stante che più dei 2/3 dei 177 Paesi coinvolti nelle statistiche hanno totalizzato un punteggio inferiore a 50, collocandosi nel range indicativo di medio-alta corruzione (tra essi, rientra l’Italia). Huguette Labelle, Chair di TI per il 2013, ha dichiarato a fronte di queste statistiche che il CPI
dell’esame incrociato dei dati disponibili si può concludere, dunque,
che al diminuire del numero di processi in corso vertenti su accuse
di corruzione e delle correlative possibilità di addivenire ad una
condanna definitiva, fa quasi sempre da contraltare un aumento
delle denunce di esperienze dirette e dell’indicatore legato alle
percezioni elaborato da TI.
1492.1.2. Cause dell’elevata cifra oscura: coesione tra devianti e
neutralizzazione dell’offesa, difficoltà della percezione del
danno perpetrato, intrecci con la criminalità organizzata,
gestione delle risorse di polizia ed autorità giudiziaria.
Se la cifra oscura pare un dato ineludibile della corruzione latu
sensu intesa, i fattori che la rendono possibile non son certo meno
rilevanti. Si ponga innanzi tutto attenzione al presupposto di natura
soggettiva che connota la realizzazione dei reati in oggetto: sempre
ed imprescindibilmente sussiste un contatto - sia questo diretto od
indiretto a mezzo di intermediari - tra il c.d. internus (pubblico
agente corrotto) e l’externus (privato corruttore).
150E questo,
essendo un dato di carattere ontologico, è un profilo affatto
ineliminabile, a prescindere dalla scelta susseguente - effettuata nei
singoli ordinamenti - di propendere per una configurazione
risultante al termine dell’anno dimostra come ancora tutti i Paesi affrontino la minaccia della corruzione a qualsiasi livelli di governo, dall’emissione di permessi a carattere locale, al rinforzo delle fonti primarie (leggi) e secondario (« The Corruption Perceptions Index 2013demonstrates that all countries still face the threat of corruption at all levels of government, from the issuing of local permits to the enforcement of laws and regulations »)http://www.transparency.org/cpi2013/press#sthash.ErCCii Vb.dpuf.
149 Dato confermativo della premessa per la quale il reato di corruzione è ad elevatissima cifra oscura. Le relative statistiche commentate si ritrovano in VANNUCCI,op. cit. e MANNOZZI,Atlante della corruzione.
150 C
plurisoggettiva necessaria della struttura della fattispecie (come per
esempio, in Italia), oppure per una separazione del delitto del
pubblico agente e di quello del privato mediante la configurazione
di due fattispecie di reato autonome mono-soggettive. A questa
considerazione, si accompagna il rilevo che per le parti che danno
vita al pactum sceleris si generano, contestualmente, sia un vantaggio
(spesso direttamente od indirettamente di natura economica), sia la
tangibile probabilità di essere bilateralmente sottoposti ad un
rimprovero di carattere penale. La costante necessità di porre sotto
silenzio l’accordo comporta a sua volta, quale ulteriore
conseguenza, l’assuefazione a meccanismi e regole di condotta che,
anche se non scritte, orientano i comportamenti di tutti i
partecipanti al mercato della corruzione, creando una vera e propria
«sottocultura criminale»
151accompagnata da tecniche di
neutralizzazione della percezione del disvalore poste in essere, più
o meno consapevolmente, da parte degli stessi soggetti aderenti,
152i
quali sottovalutano il rischio insito nella commissione del reato
confortati dall’invalsa prassi reiterata nell’ambiente di riferimento.
In particolare l’esistenza di questa sottocultura, cui aderirebbero
tutti i partecipanti alla vicenda corruttiva,
153sarebbe tale da
151 Così, V
ANNUCCI,La corruzione nel sistema politico italiano a dieci anni da Mani pulite, cit. pag. 36, e CINGARI,op. cit.; così già anche DALLA PORTA – VANNUCCI,Corruzione politica ed amministrazione pubblica, 1994, in cui si spiega il fenomeno di necessaria coesione nel patto occulto come di « socializzazione all’illecito favorita da una progressiva adesione ad un sistema di
valori fondato su forti residui di patrimonialismo ».
152 Sul punto, possono rammentarsi gli scritti criminologici di SUTHERLAND, The white-collar crime, Holt Rinehart and Winston, New York 1949, e COHEN,The sociology of the deviant: Anomie Theory and Beyond, in American Sociological Review, 1965, vol. 30.
153 PADOVANI, Il problema “Tangentopoli”, tra normalità dell’emergenza ed emergenza della normalità, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1996, pagg. 453 e ss.,
parla in proposito dell’adesione ad una vera e propria consuetudo contra
comportare una resistente ed irriducibile discrasia tra le regole
comportamentali vigenti per chi delinque abitualmente e quelle
istituzionalmente imposte per un corretto esercizio della pubblica
amministrazione.
A questo aspetto coesivo interno all’esteso gruppo di individui
coinvolti nelle prassi corruttive, si accompagna di riflesso
l’atteggiamento degli altri membri della società: avendo visto che
pressoché nullo è l’interesse alla denuncia di chi partecipa
all’accordo, ci si potrebbe aspettare un apporto al disvelamento del
fenomeno da parte di coloro che dal fenomeno restano estranei e
ne subiscono, anche indirettamente, l’offesa. Tuttavia, il livello di
consapevolezza e di percezione del danneggiamento perpetrato è
molto contenuto, o perché la corruzione incide su beni comuni,
diffusi, di calibro pubblico che solo latamente ed indirettamente
colpiscono il cittadino, oppure perché prestarsi alla denunzia di un
episodio delittuoso che anche colpisca direttamente la propria sfera
soggettiva espone l’individuo/ente al rischio di vedersi ostacolato
un accesso futuro al sistema corruttivo (laddove specialmente si
tratti di contesti di corruzione sistemica).
154Oltre ai profili concernenti autori e vittime, un’ulteriore causa
della cifra oscura parrebbe essere la modalità di impiego delle
risorse disponibili da parte delle forze dello Stato preposte al
controllo ed alla repressione del fenomeno corruttivo, cosiddette
« agenzie del controllo formale ».
155Il problema principale consisterebbe
altrettanto radicati nel mal costume, assumendo quindi carattere sistemico perché interagirebbero stabilmente con regole di funzionamento di apparati burocratici e di strutture sociali, divenendone parte costitutiva ed integrante.
154 Così, CINGARI,op. cit.
155 Così denominate nella trattazione effettuata da D
AVIGO - MANNOZZI,La corruzione in Italia – Percezione sociale e controllo penale, 2008,
nel dato di fatto che nel decidere come allocare le risorse delle
forze di polizia ed autorità giudiziaria ed esercitare
conseguentemente l’azione penale, quelle disponibili verrebbero da
sempre per lo più indirizzate al perseguimento di reati che pongono
in pericolo la pubblica sicurezza (dovendosi tuttavia menzionare,
quale parentesi caratterizzata da particolare dedizione al
perseguimento di delitti afferenti all’ambito della corruzione e
contestuale dispiegamento delle risorse repressive a questo scopo, il
periodo coincidente con le indagini ‘Mani pulite’, che fu specchio di
un’azione trasversale, congiunta e sistematica portata avanti
contestualmente da svariate Procure della Repubblica sul suolo
nazionale). Il quadro che ne deriva è, tendenzialmente, quello
raffigurante una scarsa capacità d’incidenza delle forze investigative
sull’individuazione del reale ammontare dei reati legati all’ambito
corruttivo posto che, in ultima analisi, si produrrebbe sempre uno
di quei processi di selezione del crimine dipendenti dal
funzionamento delle stesse Procure.
Infine, si deve accennare al comprovato legame sussistente tra le
sfere d’influenza della criminalità organizzata e le aree a più marcata
realizzazione di questi reati; come già da tempo è stato fatto
notare,
156nelle zone in cui la criminalità organizzata detiene un
potere assai accentrato, essa riesce anche a controllare un più sicuro
occultamento del fenomeno corruttivo e delle regole di sottocultura
criminale cui sopra accennavamo, mediante le prassi intimidatorie
che ingenerano nelle vittime un diffuso atteggiamento omertoso.
opera che più in generale analizza il grado effettivo d’incidenza delle forze di polizia giudiziaria e Magistratura sul fenomeno corruttivo.
156 Per un’analisi dell’intreccio tra organizzazioni criminali e diffusione della corruzione, in particolare MANNOZZI,op. cit.; CINGARI,op.cit.
2.2. Contributo dell’analisi economica del diritto nella lettura
del fenomeno corruttivo: le caratteristiche del soggetto attivo
del reato.
2.2.1. Law and economics e lettura alternativa del fenomeno
corruttivo: cosa spinge il soggetto al reato di corruzione?
L’analisi economica del diritto, altrimenti conosciuta con la
definizione Law and Economics, è una disciplina che propone
all’attenzione del giurista una lettura in chiave costi-benefici sia del
fenomeno criminoso, sia delle facoltà e scelte repressive percorribili
dall’ordinamento, suggerendo la soluzione migliore percorribile sia
al legislatore nella formulazione della norma, sia al giudice
nell’applicazione di quest’ultima.
157E’ opportuno sin da subito
effettuare la precisazione che l’analisi economica del diritto non
possa mai costituire unico elemento referenziale del diritto penale
nella lettura dell’empiria criminale, stante principalmente il fatto
che questa analisi si muove da premesse altre e distanti da quelle
che sono le complesse sfaccettature pertinenti al diritto penale.
158Tuttavia, le conclusioni dell’analisi economica del diritto possono
157 Law and Economics o Economic Analysis of Law più precisamente - termine impiegato usato per indicare gli studi interdisciplinari di diritto e discipline economiche – propone che i problemi giuridici siano affrontati attraverso una comparazione tra i diversi gradi d'efficienza economica delle molteplici soluzioni ipotizzabili.
158 In particolar modo, l’analisi economica del diritto, riducendo le scelte sia dell’individuo che si determina o meno al reato, sia dell’ordinamento in senso preventivo o repressivo dei fenomeni criminosi ad una mera risultante del bilanciamento tra costi e benefici delle vie percorribili, tralascerebbe tutto l’universo valoriale che deve imprescindibilmente guidare il legislatore nella creazione delle fattispecie penali in relazione ai beni giuridici ritenuti meritevoli di tutela dell’ordinamento, anche a dispetto ed oltre qualsivoglia calcolo in termini di opportunità.
essere in questa sede di qualche rilievo, nello specifico perché
secondo questa disciplina il reo si determinerebbe al crimine alla
luce di un bilanciamento per il quale i vantaggi che potrebbero
ipoteticamente discenderne fossero, in ultima analisi, superiori ai
costi; alla stessa stregua, ma in senso opposto, il soggetto
destinatario della norma penale propenderebbe piuttosto per
l’astensione dal reato laddove le possibilità di essere punito e la
correlativa gravità della pena applicata in concreto risultassero
superiori, ed eccessivamente tali, rispetto ai benefici conseguibili.
La rigidità della sanzione (in particolare l’elevata entità di quelle
pecuniarie per gli enti) e la certezza sull’effettiva applicazione della
pena rappresenterebbero due fattori in linea di massima
scoraggianti il consociato a determinarsi per la commissione del
reato. E’ a quest’ultimo riguardo utile sottolineare che in Italia,
soprattutto nell’epoca anteriore e successiva a Mani pulite
(momento, quest’ultimo, in cui il rischio era percepito come molto
più concreto, tanto da spingere ad un innalzamento della
consistenza delle tangenti per compensazione del correlativo risk
taking), i crimini di corruzione sono stati però sempre percepiti
come reati efficienti - o, in altri termini, di conveniente commissione -
tanto che avrebbero favorito in questo senso il processo di
acquisizione di dimensione sistemica della corruzione: questo
prevalentemente perché i disincentivi alla commissione di reati di
questo genus risultavano inferiori rispetto ai benefits conseguibili. In
particolare, ciò accadeva poiché la reazione penale era sempre stata
percepita come un’ipotesi lontana ed ineffettiva, a causa,
soprattutto, della frequente estinzione dei processi eventualmente
avviati a causa della falce prescrizionale.
159L’analisi economica del
diritto, tuttavia, parrebbe cadere in errore nel momento in cui,
anche a fronte di sistemi efficienti in cui i costi del crimine si
prospettano di sopportazione assai probabilistica, i soggetti
(corruttori) calati in una dimensione imprenditoriale o in clan
politico-burocratici, si determinerebbero comunque alla sua
commissione. In tutte queste ipotesi sembra prevalere, infatti, più
che la motivazione soggettiva discendente dal calcolo costi-
benefici, la perfetta aderenza ed integrazione alla c.d. cultura
d’impresa o, più in generale, a quella sottocultura criminale del
gruppo di appartenenza più sopra ricordata, nonché le pressioni di
vario genere dell’ambiente di riferimento perché alla lunga
favorirebbero una progressiva erosione della minaccia della pena a
livello individuale e la conformazione al paradigma del ‘così fan
tutti’.
160
159 Oltre all’inefficiente reazione penale e quindi alla sfumata possibilità di ottenere una condanna in via definitiva, MANNOZZI,op.cit.,