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Brevi considerazioni in tema di imputazione oggettiva dell’evento Alla base delle considerazioni svolte fino ad ora c’è l’adesione a quelle

Nel documento La colpa nei reati omissivi impropi (pagine 192-198)

IL NESSO TRA LA VIOLAZIONE DELLA REGOLA CAUTELARE E L’EVENTO: LA “CAUSALITÀ DELL’OMISSIONE” E LA “CAUSALITÀ DELLA COLPA”

5. Brevi considerazioni in tema di imputazione oggettiva dell’evento Alla base delle considerazioni svolte fino ad ora c’è l’adesione a quelle

impostazioni per cui i criteri dello scopo della norma e della rilevanza del comportamento alternativo diligente concorrono a definire il nesso intercorrente tra la violazione della regola cautelare e l’evento che ne è derivato e, dunque, svolgono il loro ruolo nell’ambito del giudizio per colpa.

Si tratta però di una premessa che può dirsi tutt’altro che pacifica, soprattutto per coloro che ritengano di muoversi nel solco tracciato dalla c.d. imputazione oggettiva dell’evento133. Le basi su cui si fonda la ricostruzione

      

riconoscibili i criteri di identificazione della colpa – ci si è impegnati nello sforzo di legittimare ed accreditare l’idea dell’appartenenza della violazione del precetto cautelare al piano della “tipicità” dell’illecito (colposo); un’idea […] destinata a condurre ad un progressivo avvicinamento della suddetta violazione rispetto ai requisiti (tradizionalmente) collocati nell’alveo del fatto tipico, tra i quali, in primis, lo stesso rapporto di causalità […]. Ed allora, come poter escludere del tutto che siffatte teorizzazioni abbiano potuto favorire – o comunque, in una certa misura, legittimare, per quanto inconsapevolmente – lo sviluppo della tendenza a fare ricorso, in tema di causalità, a quei giudizi di tipo “prognostico-probabilistico” che dovrebbero, viceversa, risultare circoscritti al solo profilo dell’imputazione soggettiva del reato? Non si corre proprio alcun rischio […] nel momento in cui […] si finisca con giustapporre “tipicità” a “tipicità”, creando implicitamente le premesse perché poi, in sede applicativa, il rapporto tra i due profili venga ad essere distorto e “piegato” a contingenti logiche repressive?».

133 Sul punto, senza alcuna pretesa di completezza, C.ROXIN, La problematica dell’imputazione oggettiva, in C.ROXIN, Politica criminale e sistema del diritto penale. Saggi di teoria del reato, a cura di

S. Moccia, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2001, pp. 83 e ss.; H. J. HIRSCH, Sulla dottrina

dell’imputazione oggettiva dell’evento, in Riv. it. dir. proc. pen., 1999, pp. 745 e ss.; A.R.CASTALDO,

sistematica in commento sono note: «il sistema penale non va costruito su leggi dell’essere (siano esse la causalità o la finalità), ma su criteri normativi», su scelte politico-criminali di valore134. Di qui l’obiettivo di individuare dei correttivi al

modello condizionalistico abbandonando la prospettiva naturalistico-meccaninicista che a lungo ha orientato le ricerche in tema di causalità e affidandosi, restando pur sempre nell’ambito della tipicità e senza spostarsi in quello della colpevolezza, a criteri di stampo normo-valutativo135. Considerazioni di tipo teleologico, infatti,

inducono e ritenere che già sul piano oggettivo del reato occorra qualcosa in più del rapporto condizionalistico tra condotta ed evento: da ciò deriva, come primo e fondamentale assunto dell’imputazione oggettiva, che un evento può essere attribuito ad un soggetto solo quando costituisce la realizzazione di un pericolo non consentito, da lui creato136. Fin qui la teorica in questione non sembrerebbe in realtà

discostarsi in maniera significativa da quanto già si ricaverebbe dalla teoria dell’adeguatezza: ma il principio della realizzazione di un pericolo o, se si preferisce, di un rischio indebitamente creato consentirebbe di andare oltre e di chiarire quegli aspetti che la teoria dell’adeguatezza non riusciva ad inquadrare in maniera convincente. Essa dunque aspira a presentarsi quale tappa conclusiva di un processo secolare che, nel tentativo di individuare criteri soddisfacenti su cui fondare

      

criminali ed imputazione oggettiva dell’evento, cit., pp. 881 e ss.; A.PAGLIARO, Imputazione obiettiva

dell’evento, cit., pp. 779 e ss.; A.R.CASTALDO, La concretizzazione del «rischio giuridicamente rilevante», in Riv. it. dir. proc. pen., 1995, pp. 1096 e ss.; M.ROMANO, Artt. 40-41, Commentario sistematico, cit., pp. 361 e ss.; M.DONINI, Lettura sistematica delle teorie delle teorie dell’imputazione oggettiva dell’evento, parti I e II, in Riv. it. dir. proc. pen., 1989, pp. 588 e ss. e 1114 e ss.; M.DONINI, Imputazione oggettiva

dell’evento,cit., passim; G.FIANDACA, Riflessioni problematiche tra causalità ed imputazione oggettiva, in

Ind. pen., 2006, pp. 945 e ss.; G.MARINUCCI, Non c’è dolo senza colpa, cit., pp. 3 e ss.; E.MORSELLI,

Note critiche sulla teoria dell’imputazione oggettiva, in Ind. pen., 2000, pp. 11 e ss.; R.BLAIOTTA, La

causalità giuridica alla luce della teoria del rischio, in Cass. pen., 2007, fasc. 1, pp. 365 e ss.. Si segnala

l’impostazione proposta di recente da M.RONCO, Interruzione del nesso causale, cit., pp. 823-826 il quale, muovendo dall’intento sistematico di tenere distinto il profilo dell’imputazione oggettiva dai criteri di imputazione soggettiva e di confermare la validità della condicio sine qua non nella prima fase dell’accertamento causale, ritiene che non è ragionevole imputare il fatto al soggetto in tutti i casi in cui «la condotta, considerata ex post in tutta la sua estensione spazio-temporale, non è in alcun modo correlabile con la messa in pericolo o con l’azzeramento del bene giuridico, che si sono concretamente verificati»: è dunque la categoria dell’offensività che completa l’accertamento causale, assicurando nel contempo «un’antigiuridicità penale personale».

134 C.ROXIN, La problematica dell’imputazione oggettiva, cit., p. 85.

135 A. PAGLIARO, Imputazione obiettiva dell’evento, cit., pp. 785-786 evidenzia gli equivoci

originati dall’espressione “politica criminale”, ricorrente negli scritti di Roxin. In effetti, se, come suggerito dall’accezione tradizionale, considerazioni di tipo politico-criminale possono trovare un proprio spazio solo in una prospettiva de iure condendo, sarebbe quanto meno improprio ritenere che la politica criminale possa orientare la lettura del diritto positivo, risultando vero, al contrario, che l’interpretazione del dato positivo può fornire indicazioni utili sugli obiettivi di politica criminale perseguiti dal legislatore. Solo intendendo il concetto di “politica criminale” come sintesi di considerazioni di tipo “normativo” o “teleologico” può comprendersi il ruolo che le viene attribuito dai sostenitori della imputazione oggettiva nella sistematica del reato.

l’imputazione dell’evento, era costantemente incorsa nella confusione tra la

imputatio iuris e il piano della colpevolezza137.

La reale portata dei rapporti tra causalità in senso stretto ed imputazione oggettiva non sempre è ricostruita in maniera univoca. Se, infatti, da parte di alcuni si sottolinea come l’esistenza del nesso causale rappresenti la condizione non sufficiente ma pur sempre necessaria perché il soggetto possa essere considerato “autore” del fatto realizzato138, da parte di altri si fa notare come accanto ad una

funzione negativa, consistente appunto nell’escludere l’imputazione nonostante la presenza del nesso condizionalistico, all’imputazione oggettiva va riconosciuta una non meno rilevante funzione positiva, che consente di fondare la responsabilità anche in casi in cui, come nel concorso di persone nel reato, la condotta non costituisce condicio sine qua non dell’evento139.

In ogni caso, e per quel che qui interessa, l’intera costruzione dell’imputazione oggettiva si fonda su una valorizzazione dello “scopo della norma”140, entro cui trova

la sua ragion d’essere anche la rilevanza attribuita, specie nel delitto colposo, al comportamento alternativo diligente: poiché compito del diritto penale non è la cieca protezione dei beni giuridici, la norma incriminatrice apparirebbe priva di senso se ne fosse consentita l’applicazione in tutti i casi in cui la lesione si sarebbe verificata anche in assenza del comportamento dell’agente141. In questo modo la casistica che

rappresenta il banco di prova su cui verificare, nella formulazione del giudizio di responsabilità per colpa, la tenuta del nesso tra violazione della regola cautelare ed evento, si ritiene possa trovare agevole (e più corretta) collocazione già in sede di imputazione oggettiva dell’evento, mediante i criteri, variamente invocati, dell’aumento e della diminuzione del rischio, dell’autoesposizione a pericolo da parte della vittima, della ripartizione delle sfere di rischio anche sulla base del principio di affidamento.

La suggestione esercitata dall’imputazione oggettiva è di certo innegabile. Del resto, se si concorda che lo scopo della norma e la rilevanza del comportamento alternativo lecito possono essere verificati solo ponendosi in una prospettiva ex

      

137 Così A.R.CASTALDO, Linee politico-criminali ed imputazione oggettiva, cit., p. 894. 138 A.R.CASTALDO, L’imputazione oggettiva nel delitto colposo d’evento, cit., p. 14.

139 A.PAGLIARO, Imputazione obiettiva dell’evento, cit., pp. 791-792. Sui rapporti tra imputazione

oggettiva e causalità anche M.DONINI, Imputazione oggettiva dell’evento,cit., pp. 61 e ss..

140 Per tutti A. PAGLIARO, Imputazione obiettiva dell’evento, cit., p. 785. Per una decisa

valorizzazione dello scopo della norma violata anche nell’ambito della causalità in diritto civile in particolare P.TRIMARCHI, Istituzioni di diritto privato, XVII ed., Milano, Giuffrè, 2007, pp. 142: «il

corrispondente criterio limitativo della responsabilità si può così formulare: il danno non è risarcibile se

non è realizzazione di quel rischio in considerazione del quale la condotta è illecita» (corsivo originale).

Dello stesso Autore, amplius, Causalità e danno, Milano Giuffrè, 1967, passim.

141 A. R. CASTALDO, L’imputazione oggettiva nel delitto colposo d’evento, cit., pp. 72-73. La

ricostruzione dell’imputazione oggettiva proposta dall’Autore, del resto, ruota proprio attorno ai due poli costituiti dallo scopo di protezione della norma e dal comportamento alternativo lecito.

post142, essi si iscriverebbero pienamente nella logica tipica dell’accertamento causale

in senso stretto. Senza contare che si tratta di criteri che, almeno di regola, ancora non prendono in considerazione le caratteristiche del soggetto agente e che, dunque, ancora non realizzano quell’individualizzazione del giudizio di responsabilità comunemente riservata all’elemento soggettivo del reato.

Si è osservato che le premesse da cui muove l’imputazione oggettiva risulterebbero in perfetta sintonia con il nostro diritto positivo143. Ed è stato scritto

di recente che le ragioni della resistenza mostrata dalla dottrina italiana ad un pieno ed esplicito accoglimento dell’imputazione oggettiva andrebbero individuate, tra l’altro, nella convinzione di poter comunque risolvere i problemi usando categorie più tradizionali, unita «ad una certa avversione per le novità “dogmatiche” d’oltralpe e a un attaccamento démodé alla lettera e alla sistematica del codice penale italiano del 1930»144. Tralasciamo la considerazione per cui non si vede proprio come

un attaccamento alle indicazioni non solo letterali ma anche sistematiche fornite dal codice attualmente in vigore possano risultare “fuori moda”; e tralasciamo pure la circostanza per cui la categoria del “nesso di rischio” viene invocata anche per risolvere problemi che trovano già aliunde, e senza troppe incertezze, il loro inquadramento sistematico145, mostrando di non riuscire sempre a superare indenne

      

142 Così A.R.CASTALDO, L’imputazione oggettiva nel delitto colposo d’evento, cit., pp. 147 e ss.,

evidenziando come proprio il momento dell’accertamento abbia costituito una delle più evidenti incertezze del pensiero di Roxin in tema di imputazione oggettiva. Contra M.DONINI, Imputazione

oggettiva dell’evento, cit., p. 68, secondo il quale il rischio, almeno di regola, deve poter essere riconosciuto e apprezzato al momento della condotta, affinché i consociati possano orientare di conseguenza il proprio comportamento.

143 V. di recente R. BLAIOTTA, La causalità giuridica, cit., p. 369, il quale rileva come

l’«indecifrabilità della formula» dell’art. 41 cpv., anche volendosi muovere in una dimensione ancorata al diritto positivo, legittima pienamente una riflessione nella direzione indicata dalla teoria dell’imputazione oggettiva. A ben vedere, tuttavia, proprio la proposta di riforma con la quale l’Autore chiude il suo contributo, tutta fondata sui principi propri dell’imputazione oggettiva, consente di misurare la distanza tra quest’ultima e l’attuale dato positivo: «Rapporto di causalità. 1. La condotta umana è considerata causa di un evento quando ne costituisce una condizione logicamente necessaria. 2. È tuttavia esclusa l’imputazione delle conseguenze della condotta che sono espressione di un rischio non vietato. 3. È altresì esclusa l’imputazione della condotta illecita che non sono espressione della concreta sfera di rischio ad essa inerente, ma costituiscono realizzazione di un rischio diverso. 4. Ai fini del comma precedente non rilevano le condizioni note all’agente e quelle inerenti alle caratteristiche personali della vittima. 5. È infine esclusa l’imputazione delle conseguenze della condotta illecita che derivano dall’assunzione del rischio ad essa inerente da parte di un terzo o della vittima con determinazione libera, consapevole e completamente indipendente».

144 M.DONINI, Imputazione oggettiva dell’evento,cit., p. 2, nota n. 1.

145 Emblematici, anche perché direttamente attinenza all’oggetto della presente trattazione, gli

esempi dell’elettrauto e dell’armaiolo, proposti da M.DONINI, Imputazione oggettiva dell’evento,cit.,

pp. 29-30 e 42-43, rispetto ai quali lo stesso Autore ha cura di precisare che il preteso “omittente” non aveva alcuna posizione di garanzia e, dunque, nessun obbligo di impedimento dell’evento giuridicamente rilevante. Ciò pare sufficiente ad escludere la responsabilità penale, alla luce dei dati offerti dal nostro ordinamento, già per l’impossibilità di individuare una condotta penalmente rilevante. Il riferimento ad una ripartizione delle sfere di rischio o al rischio consentito non ha dunque, almeno nei casi in questione, nessuna reale portata euristica, limitandosi, al più, ad evidenziare la

l’implacabile rasoio di Ockam. Sia concesso in ogni caso rilevare come il riferimento alla “nascita”146 dell’imputazione oggettiva o alla “scoperta” del tema di rischio147

possieda senza dubbio una suggestiva portata evocativa, quasi che i luoghi sistematici in questione rappresentino una sorta di Minerva nata dalla testa di Giove, in grado di rischiarare ciò che prima era avvolto dalle nebbie di una sistematica “tradizionale”. A ben vedere tuttavia, per restare alla dottrina italiana, già Grispigni, nel 1935, aveva sottolineato con forza la necessità di ricorrere ad un concetto normativo di causa, il quale implica il necessario riferimento «alla natura e alla funzione delle norme»: «per stabilire quale sia il concetto di causa secondo le norme, bisogna riferirsi al momento in cui è posta la norma, ovvero a quello in cui la norma deve agire sulla psiche del destinatario per indurlo ad agire od omettere (momento della minaccia), perché è soltanto in questo momento che, tenendo presente la funzione di essa, si può comprendere quale sia il significato che la norma stessa dà al concetto di causa»148. Del resto, malgrado la pervicace critica alla

costruzione antoliseiana della causalità umana abbia ormai assunto la dignità di

topos nelle trattazioni in tema di imputazione oggettiva, additando, tra l’altro, la sua

responsabilità per aver affidato nelle mani del giudice l’incerto ed inefficace strumento del “fattore eccezionale”149, quando si tenta di dotare i criteri teleologici,

su cui si fonda la imputazione oggettiva, di contenuti dotati di maggiore concretezza, si finisce per concludere che lo “scopo della norma” si specifica in due criteri, entrambi necessari per il suo accertamento: prevedibilità e dominabilità. L’affinità, non solo terminologica, rispetto al fattore eccezionale e alla sfera di signoria di antoliseiana memoria è troppo evidente per essere ulteriormente rimarcata.

Il limite più evidente del “nesso di rischio”, almeno nelle ricostruzioni proposte nella nostra letteratura e con specifico riferimento al tema dei reati colposi, sembrerebbe il suo atteggiarsi a mero concetto riepilogativo di principi già ricavabili

aliunde e la sua incapacità a fornire autentici criteri guida dotati di validità generale,

che riescano ad andare oltre la logica del “caso per caso”150.

Del resto se al “fattore eccezionale” di Antolisei è stata spesso rimproverata la sua inafferrabile vaghezza, neppure il “nesso di rischio” conduce a risultati applicativi univoci. Si pensi al celeberrimo caso dell’emofiliaco. Si tratta di una di quelle ipotesi in cui, ravvisandosi un continuum logico, ma anche cronologico, tra la condotta e l’evento, sembrerebbe doversi ravvisare la sussistenza del nesso di

      

146 M.DONINI, Imputazione oggettiva dell’evento,cit., p. 23. 147 M.DONINI, Imputazione oggettiva dell’evento,cit., p. 26. 148 F.GRISPIGNI, Il nesso causale nel diritto penale, cit., p. 18.

149 Per tutti R.BLAIOTTA, La causalità giuridica, cit., p. 370. M.DONINI, Imputazione oggettiva dell’evento,cit., p. 7, nota n. 11, individua invece in Antolisei «il primo sostenitore dell’imputazione oggettiva in Italia» (anche pp. 1-2), pur non sottolineando l’esigenza di affrontare la tematica del nesso di rischio liberi dalle pastoie della tradizione.

150 H. J. HIRSCH, Sulla dottrina dell’imputazione oggettiva, cit., pp. 759 e ss.. Contra, G.

causalità, mentre la conoscenza o la conoscibilità della preesistente malattia del soggetto passivo rileveranno in sede di ricostruzione dell’elemento soggettivo; ciò anche in considerazione del fatto che l’art. 41, secondo comma c.p. attribuisce rilevanza “interruttiva” alle sole cause sopravvenute, alle quali certo non appartiene una condizione della vittima antecedente rispetto alla condotta151. Muovendo da

un’analisi teleologicamente orientata, parrebbe giocoforza ritenere che la morte del soggetto passivo è avvenuta a causa della condotta dell’agente, ma non come specifica estrinsecazione del pericolo connesso a tale atto e che la norma mirava ad evitare152. Ma anche tra i teorici della imputazione oggettiva non si è mancato di

rilevare che le cause simultanee e preesistenti “anomale” non interrompono l’imputazione causale, in quanto oggettivamente esistenti al momento della condotta e, dunque, potenzialmente conoscibili: la loro conoscenza e conoscibilità è dunque una questione di elemento soggettivo153.

Concludendo: la teorica dell’imputazione oggettiva nei suoi aspetti realmente innovativi non sembra fornire sicuri criteri orientativi e non sempre risulta agevolmente ricavabile dal dato normativo vigente. Ciò non toglie, ovviamente, l’interesse dei risultati cui la stessa è prevenuta e la possibilità di tenerne conto in una prospettiva de iure condendo; sempreché si sia realmente convinti di trovare nel “nesso di rischio” risposte soddisfacenti alle delicate esigenze che si pongono – si perdoni la terminologia “fuori moda” – in sede di accertamento della causalità e della colpevolezza.

      

151 Sul punto, per tutti, M.GALLO, Appunti di diritto penale, Vol. II, Parte I, cit., p. 124 che,

proprio esemplificando mediante il caso dell’emofiliaco, mostra di condividere la scelta operata dal legislatore con il cpv. dell’art. 41 c.p.: visto che l’accertamento del rapporto causale è uno dei momenti dell’accertamento del fatto oggettivo, «il fattore non prevedibile deve essere tale per chiunque: la non prevedibilità che agisce sulla causalità è un dato che tende a presentarsi come assoluto. Stando così le cose, il fattore eccezionale per definizione, su cui non possono sorgere dubbi, è quello sopravvenuto». In senso contrario F.ANTOLISEI, Il rapporto di causalità nel diritto penale, cit.,

p. 250, in base alla nota tesi dell’applicabilità dell’art. 41, secondo comma c.p. anche alle cause precedenti e concomitanti.

152 In questo senso A.R.CASTALDO, L’imputazione oggettiva nel delitto colposo d’evento, cit., pp.

194-195.

CAPITOLO IV

LA RESPONSABILITÀ COLPOSA PER OMESSO IMPEDIMENTO DEL REATO ALTRUI:

Nel documento La colpa nei reati omissivi impropi (pagine 192-198)

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