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L’esigenza di un’indagine parallela di colpa ed omissione nel segno della dominabilità.

Nel documento La colpa nei reati omissivi impropi (pagine 60-63)

A D IMPOSSIBILIA NEMO TENETUR: LA “DOMINABILITÀ” NELL’OMISSIONE E LA “DOMINABILITÀ” NELLA COLPA

1. L’esigenza di un’indagine parallela di colpa ed omissione nel segno della dominabilità.

«Tra i buoni risultati della tecnica giuridica credo che si possa annoverare quello di aver posto in luce che il dovere presuppone sempre nel soggetto che se ne afferma titolare un potere di fatto sul risultato che da lui si attende, perché a rigore non si deve se non ciò che si può: in diritto dovere l’impossibile è assurdo»1.

Le considerazioni in questione, efficacemente riassunte dall’insegnamento per cui ad impossibilia nemo tenetur, svolgono un’insostituibile funzione di orientamento e, al contempo, di limite, nello studio dell’omissione e della colpa. Come già anticipato, in effetti, se gli istituti in questione risultano modellati, rispettivamente, attorno all’obbligo giuridico di impedire l’evento e all’obbligo di diligenza, la loro ricostruzione autonoma e il loro coordinamento reciproco passano attraverso la ricostruzione di un fitto reticolo di poteri (in senso giuridico e in senso naturalistico) e di doveri, la cui esatta definizione consente di riempire di contenuto l’altrimenti inconcludente requisito della “dominabilità”.

A tal fine, e considerate le indiscutibili affinità riscontrabili sul piano dell’evoluzione storica e su quello della ricostruzione sistematica tra condotta omissiva e colpa, sembra utile condurre un’indagine simmetricamente parallela dei due istituti che ne evidenzi i segmenti comuni ma soprattutto la diversa struttura,

      

1 M. GALLO, La legittimità costituzionale dell’art. 57 n. 1 c.p., e un problema di efficacia delle pronunce di rigetto, in Riv. it. dir. pen., 1956, p. 460.

per poi pervenire ad una loro efficace ricomposizione unitaria all’interno dello schema del reato omissivo colposo.

La finalità che si intende perseguire è dunque duplice: da un lato si tratta di evidenziare le tematiche comuni alla colpa e all’omissione, anche al fine di isolare i punti in cui il confine tra elemento oggettivo ed elemento soggettivo diviene di più incerta definizione; dall’altro si tratta di evitare che dall’indiscutibile vicinanza di piani derivi un’inammissibile confusione sul piano sistematico che apra il varco, come necessaria conseguenza, a delle vere e proprie “semplificazioni” (rectius: “amputazioni”) sul versante probatorio.

Un’indagine parallela, in definitiva, che non mira a trasferire sul piano della colpa i risultati interpretativi raggiunti in tema di omissione (o viceversa2), ma,

piuttosto, che cerchi di individuare i casi in cui il sistema impone di pervenire a soluzioni differenziate, anche quando la ricostruzione e l’accertamento di colpa ed omissione si “sommano” entro i confini del reato omissivo colposo.

Il “filo di Arianna” al quale sembra si possa fare valido affidamento in una simile ricerca è– come anticipato – quello della “dominabilità”, da parte dell’omittente, della situazione da cui deriva il risultato vietato dall’ordinamento e, quindi, del risultato stesso.

Nell’ambito di un tentativo di ricostruzione sostanzialistico-funzionale della c.d. posizione di garanzia nei reati omissivi impropri, si è autorevolmente ritenuto che, comunque si intenda individuare la fonte della Garantenstellung, essa richiede pur sempre «un potere di signoria su alcune condizioni essenziali del verificarsi dell’evento tipico»3. Di più: «tanto nel caso dell’agire che in quello dell’omettere, il

fondamento dell’imputazione (obiettiva) consiste, a ben vedere, nella signoria del soggetto su alcune condizioni che concorrono alla produzione del risultato»4.

Si è obbiettato che il concetto di “signoria dell’uomo su alcune condizioni essenziali del verificarsi dell’evento tipico” sarebbe troppo generico per poter assurgere al ruolo di Oberbegriff al quale ricondurre tanto la causazione di un evento quanto il suo mancato impedimento5; con particolare riferimento ai reati omissivi

impropri, poi, il concetto in questione riuscirebbe a dar conto solo delle posizioni di garanzia che si sostanziano nel controllo di una fonte di pericolo, non anche di quelle

      

2 Si veda per esempio la ricostruzione proposta da F .SGUBBI, Responsabilità penale, cit., passim,

su cui infra, § 2.

3 G.FIANDACA, Il reato commissivo, cit., p. 162.

4 Con la sola differenza per cui in caso di condotta attiva l’agente padroneggia la catena causale

che si sprigiona dal movimento del proprio corpo, mentre in caso di condotta omissiva il soggetto influenza processi casuali che traggono origine da forze esterne, naturali facenti capo ad diverso soggetto: G.FIANDACA, Il reato commissivo, cit., p. 167.

5 G.GRASSO, Il reato omissivo, cit., p. 240, il quale fa in proposito l’esempio del padre che non

impedisce l’aggressione e l’uccisione del proprio figlio da parte di un terzo: tanto il genitore quanto l’aggressore sarebbero titolari di un potere di signoria sulle condizioni dell’evento, ma la stessa espressione verrebbe utilizzata in due significati completamente differenti.

che hanno ad oggetto la protezione di un interesse o l’impedimento di reati da parte di terzi. A sostegno di quest’ultimo rilievo si porta il seguente esempio: se un bambino che non sa nuotare cade in piscina, le posizioni del padre, del bagnino e di un estraneo sarebbero perfettamente equivalenti quanto alla signoria sulla catena causale, anche se solo in capo al padre e al bagnino l’ordinamento individua una posizione di garanzia e, dunque, un obbligo di impedimento dell’evento6.

A ben vedere, tuttavia, proprio la sua genericità rende il “potere di signoria” perfettamente idoneo allo scopo di funzionare quale concetto di genere o, rectius, quale filo conduttore in grado di guidare un’indagine che attraversi trasversalmente l’elemento oggettivo e quello soggettivo del reato. Anzi. Se una critica può essere mossa alla ricostruzione cui in precedenza si è fatto cenno, essa dovrebbe riguardare, a nostro avviso, non l’ampiezza eccessiva del concetto di “signoria”, ma al contrario, la sua limitazione al mero “potere di fatto” e nei soli confini dell’equivalenza tra il non impedire e il cagionare7; per contro, si ripete, la sfera di signoria dell’uomo sugli

accadimenti del mondo esterno ha un significato più ampio, che si estende anche all’elemento soggettivo del reato, con particolare riferimento, per quel che qui interessa, a quella particolare forma di elemento soggettivo rappresentata dalla colpa.

Posto che il concetto di “potere di signoria” o quello, equivalente, di “dominabilità” sono in grado di tracciare la via da seguire nella ricostruzione del reato omissivo colposo, si tratta di ricavare dal genere tutte le sue possibili specificazioni, proprio per evitare semplificazioni e fraintendimenti. Si è già chiarito che il concetto di “dominabilità” è un concetto di sintesi, la cui pratica servibilità a fini di ricostruzione sistematica dipende dalla possibilità di specificarne il contenuto in relazione all’elemento del reato che di volta venga in considerazione.

      

6 G.GRASSO, Il reato omissivo, cit., p. 241.

7 Tra le applicazioni del concetto di “sfera di signoria” che più hanno avuto successo nella nostra

letteratura non può non ricordarsi la teorizzazione della “causalità umana” proposta da F. ANTOLISEI, Il rapporto di causalità, cit., spec. pp. 209 e ss. e, dunque, l’impiego del criterio in

questione a fini risolutori della questione giuridica del rapporto di causalità penalmente rilevante: «l’uomo ha un campo in cui può dominare in forza dei suoi poteri conoscitivi e volitivi. Esiste indubbiamente una sfera di signoria dell’uomo, la quale si estende sul mondo esteriore, abbracciando un notevole numero di elementi che ivi si trovano» (corsivo originale). Lo stesso Antolisei mette in relazione il concetto di “dominabilità” a fini di imputazione causale con quello di “conoscibilità” («il dominio dell’uomo sui fattori esterni si può verificare i due modi: arrestando o deviando il corso causale, oppure sottraendosi all’efficacia dei fattori stessi. In un caso e nell’altro è presupposta la possibilità di conoscere la presenza dell’elemento o di prevederne il concorso, poiché, se questa possibilità manca, l’uomo non è in grado di singoreggiarlo»): del resto la commistione tra elemento oggettivo ed elemento soggettivo diventerà un autentico topos nelle critiche alla causalità umana che, peraltro, il suo stesso propositore non aveva mancato di prevedere (infra, Cap. III, nota n. 95). Al di là del merito della questione, ciò che in questa sede si vuole sottolineare è che il concetto di “dominabilità” si presta, verrebbe da dire “strutturalmente”, ad essere impiegato in riferimento tanto all’elemento oggettivo quanto a quello soggettivo del reato; anche se la sua concreta praticabilità deriva dalla possibilità di andare oltre le mere clausole di stile e di individuare, in riferimento ad ogni elemento del reato, in cosa la “dominabilità” effettivamente si sostanzi.

Con particolare riferimento alla tematica dell’omissione, si torni per un momento all’esempio del bambino che cade in piscina e necessita di salvataggio. Le posizioni del padre, del bagnino e del terzo estraneo, posto che tutti e tre sappiano nuotare, risultano equivalenti solo se messe a confronto sotto il profilo del “potere naturalistico” di intervento: dal punto di vista più strettamente “giuridico”, al contrario, la posizione dei tre soggetti appare perfettamente diversificabile8. Il

concetto di dominabilità, in altri termini, si sviluppa attraverso una fitta rete di poteri e di doveri, tanto giuridici quanto naturalistici, la cui esatta definizione è in grado di fornire i punti fermi attorno ai quali ricostruire gli istituti dell’omissione e della colpa9.

Prima però di ritenere che la dominabilità rappresenti il canale d’accesso per l’accoglimento di criteri “sostanziali”, in grado di correggere possibili eccessi di tipo “formale” (emblematico in tema di omissione il ricorso alla c.d. posizione di garanzia), è necessario verificare se già nel dato positivo siano ravvisabili strumenti che assicurino una riferibilità oggettiva e soggettiva del fatto al soggetto attivo.

2. La dominabilità nell’omissione. A) La predeterminazione della fonte

Nel documento La colpa nei reati omissivi impropi (pagine 60-63)

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