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CAPPELLO PIUMATO

Nel documento Sandro Pertini (pagine 87-91)

l’Italia unendo al resto del territorio Roma, i valori di ardimento, di semplicità, di altruismo che sono valsi a loro la simpatia e l’affetto di un popolo intero: Il Tenente dei Bersaglieri Mario Musco, ieri; i fanti piumati della Brigata Bersaglieri “Garibaldi” oggi.

Aveva appena due anni Mario Musco, quando la giovane mamma, Lucia Di Rienzo, affacciata al balcone della casa sul porto, poco lontano da Punta Bianca, vide transitare sulla via sottostante, un gio-vane ufficiale dei Bersaglieri dall’andatura marziale e le piume al vento. Piena di ammirazione, mamma Lucia disse che un giorno avrebbe desiderato vedere così quel suo figliolo. Quella donna esemplare e degna compagna di Nazzareno Musco, uomo dai nobili principi e forte senso dello Stato, non avrebbe provato la gioia del figlio bersagliere, né la disperazione per la sua perdita in battaglia: un brutto male la rapì alla vita, quando Mario era ancora un bambino. Fu la signora Rosina Fiacco, donna altrettanto colta e virtuosa, a prenderne il posto accanto a Nazzareno, trasferitosi a Roma negli anni dell’adolescenza di Mario, a colmare d’affetto e sani insegnamenti in eguale misura lo stesso Mario e i suoi fratelli Arturo, Iolanda, Ugo Corrado, Gabriele e Laura, tutti distintisi nella vita e nella professione intrapresa.

Il giovane crebbe nella serenità, affermandosi presto “per vivacità d’ingegno, serietà di studi, auste-rità di costumi, fermezza di carattere ed elevato senso del dovere in ogni suo compito”. Terminate le medie superiori in quel Liceo <Torquato Tasso> che intitolò alla sua memoria la sala di ginnastica, Mario Musco intraprese gli studi universitari di giurisprudenza per laurearsi a pieni voti ad appena 21 anni. Nel frattempo, il giovane isolano non aveva trascurato il servizio militare. A lui non dissero mai del desiderio di mamma Lucia, ma appena dopo la Scuola Allievi Ufficiali di Complemento a Milano, eccolo, quasi fosse predestinato, al 2° Reggimento Bersaglieri. Era il 17 novembre 1932.

Due anni di leva, il congedo, richiamato per l’addestramento il 29 settembre 1935 presso il 1°

Reggimento Bersaglieri, ancora in congedo, di nuovo alle armi presso il 5° reggimento Bersaglieri in Siena con il grado di tenente. Era il primo giugno del 1940, ancora nove giorni e “gli otto milioni di baionette” sarebbero finite nel vortice della seconda tragedia del Novecento: un’altra Guerra Mon-diale, ancor più crudele e devastante della prima. Il 28 settembre di quell’anno, ecco il dispaccio del Ministero della Guerra con l’ordine di raggiungere il 5° reggimento sul fronte greco-albanese.

Per Mario, appena il tempo di salutare i genitori e i fratelli, l’imbarco a Bari il 5 ottobre, l’arrivo a Durazzo il giorno successivo, il ricongiungimento ai suoi bersaglieri il 7 ottobre.

Tra il servizio militare universitario, il servizio di complemento e i frequenti richiami per l’ad-destramento, Mario Musco ebbe il tempo di vincere due concorsi indetti dal Ministero dell’Interno:

come vice commissario di Polizia a Roma nel 1935, poi come funzionario di prefettura a Firenze dove conseguì, ad appena 26 anni, il grado di Primo Segretario.

O

norevole Sottosegretario di Stato, (On. MarcoVerzaschi)

Bentornato tra noi! Per la seconda volta nell’ambito delle celebrazioni per il conferimento della Medaglia d’Oro al Gonfalone della Provincia, ho il piacere di porgere a Lei il saluto caloroso dell’Ente e mio personale, rinnovando con esso, quello dei Sindaci di tutti i Comuni del territorio.

Con altrettanto calore, estendo a ciascuno delle Autorità religiose, civili e militari, ai cittadini presenti un sincero benvenuto e un apprezzamento profondo per essere oggi a Ponza – isola d’incanto e dalla storia intensa e sofferta – per testimoniare con quanta sensibilità essi seguano, sostengano ed alimentino la fiac-cola della Memoria che, lungo questo tragitto, abbiamo acceso perché il ricordo di ciò che avvenne più di mezzo secolo fa, quando gli uomini persero la ragione, aiuti la Democrazia e la Pace ad essere più solide e la strada della fraternità e dell’eguaglianza non conosca ritorni verso stagioni che, nel Novecento appena concluso, hanno già sconvolto e devastato il mondo per due volte, unendolo in una lunga, interminabile scia di sangue, riducendo a macerie e polvere città e paesi, segnando per sempre esistenze e rapporti.

Se, oggi, il percorso della Medaglia d’Oro raggiunge Ponza, dopo aver toccato i luoghi simbolo dove cadde la Linea Gustav e più cruenti e impietosi furono i combattimenti sul fronte Anzio-Littoria-Cister-na-Aprilia, non è un caso. In questo giorno, Ponza rappresenta le isole in cui portiamo una Medaglia d’Oro che appartiene anche alle comunità che su di esse vivono e lavorano. Ponza è il luogo che con Ven-totene ha diviso il lungo e angusto primato del confino e la presenza di sinceri democratici come Sandro Pertini, Pietro Nenni, Giorgio Amendola, Lelio Basso, Giuseppe Romita finché la legge del contrappasso non impose a Benito Mussolini di esservi destinato, anche se per breve periodo, all’indomani del 25 luglio 1943 e del suo arresto. Ponza è il luogo dal quale partì alla volta di Ventotene il piroscafo “Santa Lucia”

spezzato in due da un siluro e affondato in pochi minuti con il suo carico di umanità e di speranze, an-nunciando alla nostra comunità che la guerra immaginata lontana era in realtà alle porte e nell’arco di un anno non avrebbe risparmiato nessuno dei centri della provincia, radendone al suolo totalmente alcuni, per il 90 per cento molti altri, parzialmente la parte restante. Ma Ponza è, oggi, soprattutto l’esempio di personaggi di storia patria che, in questo percorso del ricordo e della testimonianza, abbiamo a lungo cercato e trovato per indicare ai giovani stili di vita e patrimoni di valori che aiutino loro a comprendere e a radicare nell’animo cosa siano il senso del dovere e dell’onore personale, la lealtà verso gli altri e lo Stato, l’amore per l’Italia, quali diritti, quali doveri abbia un cittadino dinanzi al Paese in cui è nato e come quel personaggio di storia patria in realtà esprima significati e valori che non sono andati perduti nella società del profitto e della comunicazione frettolosa o distratta e che trovi rinnovati in quanti di quel giovane, nato a Ponza nel 1912, proseguono nel presente, sul suolo nazionale o sullo scacchiere internazionale dove sono stati spesso impiegati e continueranno ad esserlo nell’immediato futuro, il senso dell’appartenenza allo storico corpo che a Porta Pia fece

tratti caratteriali, gli ideali in cui credeva: lo Stato, il dovere,l’onestà, l’onore, la cultura, la fami-glia, il rispetto e la difesa degli altri e in particolare dei deboli. Lui era come vorresti tuo figlio. Lui era come vorresti il più stretto dei collaboratori. Lui era come vorresti il tuo amico più caro. Lui era come vorresti essere tu. Lui era come questi fanti piumati della Brigata “Garibaldi”. Questi ragazzi sono i testimoni nel presente dei valori e della tradizione di coraggio e lealtà verso l’Italia espressa dal Tenente Mario Musco, si sono formati e sono diventati uomini e donne in un Paese dove la Demo-crazia è fortemente radicata. Sono soldati molto preparati e altamente professionali, ma sono anche i soldati dalla mano tesa e dal sorriso verso il bisogno, verso i bambini, le donne, gli anziani di Bosnia, del Kosovo, dell’Iraq, soldati che mai hanno sparato senza prima pensare: me ne compiaccio con Lei, Generale Iannuccelli, a nome della Provincia, di ciascuno dei presenti e mio personale!

Loro che sono stati a sud di Bagdad, Loro che sono stati e nel futuro saranno, nei luoghi dove Pace non c’è, ma perché Pace ci sia, hanno contribuito ad accrescere il prestigio del nostro Paese sul piano internazionale. Come i loro colleghi dei carabinieri, della “Sassari” e di altri Corpi che a Nassiriya hanno perso la vita e ai quali vorrei rivolgere insieme a voi, un affettuoso, deferente pensiero.

Avvicinandosi l’appuntamento di Ponza, riflettevo con me stesso sulla promessa che feci al Presiden-te della Repubblica quando nel maggio di due anni fa venne a Latina. Dissi a lui che se le ragioni della Provincia nel richiedere la Medaglia d’Oro al proprio Gonfalone per gli eventi bellici del 1943-1944 fossero state riconosciute, avremmo fatto Memoria. Cosi è stato. Mario Musco e Ponza rappresenta-vano l’ultima tappa del programma intrapreso nel luglio dello scorso anno e la personale soddisfazione per aver onorato l’impegno promesso al Capo dello Stato. Non sarà così: Il debito etico contratto con il Capo dello Stato e la realtà di una provincia dove la metà dei suoi comuni ha, per gli eventi di guerra del 43-44, è decorata di medaglia d’oro, d’argento e di bronzo, impongono di continuare. Si, conti-nueremo il percorso del ricordo senza retorica anche in altre località della Provincia, perché il ricordo è testimonianza e la testimonianza aiuta a rendere più solidi la Pace e i messaggi che da essa derivano come l’uguaglianza e la fraternità tra gli uomini. E, ufficialmente, aggiungo che la Provincia nei luoghi e tra la gente che la guerra colpì e sconvolse, come per esempio la Linea Gustav, avvierà un progetto per un Parco della Memoria destinato a fermare per sempre ciò che avvenne nella nostra terra quando gli uomini spensero la luce della ragione e della pietà. Mario Musco e la sua storia esemplare ne faranno parte. Questo ufficiale dei bersaglieri, come tanti altri, è morto giovane. Non credo di sbagliarmi sui suoi ultimi pensieri, prima di reclinare il capo: la famiglia lontana; la speranza che il suo stile di vita, il suo senso dello Stato, del dovere e dell’onore, i valori di un’esistenza breve ma intensa non sarebbero morti con lui. Oggi, a Ponza, quasi settant’anni dopo, abbiano dato certezza alla speranza di Mario Musco che quei valori per i quali ha vissuto e offerto se stesso continueranno a vivere e da essi i giovani trarranno alimento e forza per rendere equa e solidale una società che tale ancora non è.

Il primo encomio ad appena 23 anni ed è del Comando di Polizia da quale egli dipendeva: “….

Di ottima condotta, disciplinato, dotato di ampia e superiore cultura generale e giuridica ….. è di carattere franco e leale, di animo mite ma fermo.. è molto serio ed ha tratto corretto e signorile … sa ben trattare, dirigere, indirizzare, istruire gli inferiori sui quali ha molto ascendente”. Tre anni più tardi – era il 20 maggio – il Prefetto di Firenze proponeva per lui la concessione dell’onorificenza di Cavaliere della Corona d’Italia, definendolo “ottimo funzionario ed un elemento prezioso sul quale si può contare moltissimo anche in circostanze eccezionali. Le sue qualità intellettuali e personali lo renderanno indubbiamente meritevole di ascendere presto ai maggiori gradi della carriera”.

Non sarebbe andata così. La follia totalitaria che il 10 giugno del 1940 coinvolse l’Italia nel secondo conflitto mondiale impose a Mario un dovere da compiere e in quel dovere egli incluse ri-schi, disagi, sacrifici, quello della vita compreso. Sul fronte greco-albanese, il Tenente Mario Musco si distinse subito nella battaglia al ponte di Kalamas e, poco più tardi, in quella sulla rotabile per Argirocastro: Stava in prima linea il giovane ufficiale di Ponza, ogni giorno, tutti i giorni. Fino al contrassalto fatale di quel 26 novembre 1940. Mario Musco era al comando della sesta compagnia dislocata su un caposaldo di Borgo Tellini, Cippo 33, considerato vitale per le sorti dell’intero 5°

Reggimento e in particolare di quel suo 24° Battaglione che il 4 novembre 1860 fu protagoni-sta della conquiprotagoni-sta di Mola di Gaeta, poche miglia da Ponza, meritando la Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Lui e i suoi bersaglieri si batterono lealmente e con coraggio contrattaccarono continuamente, ristabilendo un situazione decisamente compromessa. Mario Musco e i pochi Bersa-glieri rimasti l’avevano spuntata ancora una volta, ma proprio a battaglia finita, ecco quel colpo di bombarda sparato a freddo dai greci, la pioggia di schegge e Mario ne venne investito mortalmente.

Al Museo Storico dei Bersaglieri di Roma sono custoditi, con la medaglia d’oro al valor mili-tare, le due croci di guerra, di cui una tedesca, e quella di cavaliere, la sciabola, tante immagini e lettere. Lettere di Mario alla famiglia. Lettere su Mario a Papà Nazzareno di chi lo conobbe e visse accanto a lui ogni giorno come il bersagliere Zeghini, l’operaio del Genio militare Egidio Lavora-tori che apprese dai bersaglieri “che il Tenente Musco era l’ufficiale più amato di tutto il battaglio-ne, pianto da ufficiali e soldati, perché era un valoroso come ufficiale, un angelo come uomo”, il cappellano del reggimento, Don Bordignon che, nelle funzioni religiose indicava il giovane ufficiale di Ponza come “un Santo Eroe che aveva scritto una delle più belle pagine nella storia della Patria.

I suoi bersaglieri lo adoravano come un Dio”.

La mostra che sarà inaugurata più tardi e per la quale ringrazio l’Archivio di Stato di Latina, la famiglia Musco e il Museo Storico dei Bersaglieri, il libro che a Musco è stato dedicato dal Gene-rale Aldo Lisetti offriranno un quadro più ampio delle breve, ma intensa vita di un uomo, eroe suo malgrado. A me preme soprattutto sottolinearne ai giovani la testimonianza e lo stile di vita, i suoi

DUE SIMBOLI DI MARINAI

Nel documento Sandro Pertini (pagine 87-91)