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UNA STELE PER RIFLETTERE

Nel documento Sandro Pertini (pagine 82-87)

Ma mai ci fu rassegnazione, mai venne meno la solidarietà e l’altruismo tra quanti condivisero le privazioni e gli stenti di quei giorni, di quei mesi.

Era il 9 settembre del 43, quando i tedeschi occuparono i comandi militari di Sabaudia, Lit-toria, Gaeta e le località strategicamente più importanti della provincia, Cisterna compresa.

Tre giorni dopo, ecco il primo ordine di evacuazione per le popolazioni di Minturno, Formia e Gaeta, il 20 settembre sarebbe stata la volta di Sperlonga e Terracina, il 4 ottobre di Leno-la, il 17 ottobre di Castelforte cui era unito Santi Cosma e Damiano, il 10 gennaio 1944 di Campodimele, il 9, 10 e 11 febbraio l’ordine sarebbe scattato per Littoria, Cisterna, Aprilia, Cori, Norma, Sermoneta, Bassiano, Sezze, Pontinia fino al confine di Terracina. E così di seguito. Gli uomini validi vennero chiamati a presentarsi ai comandi militari per essere avviati nei lager in Germania al fine di sopperire alla mancanza di braccia o per partecipare ai lavori di fortificazione in corso sulla Linea Gustav, pena gravi provvedimenti. Furono in moltissimi a disubbidire e a prendere la via dei monti insieme alle proprie famiglie per sottrarsi alla cattura e ai bombardamenti, ma non sarebbe durato molto: dinanzi ad un inverno così rigido, vivere in improvvisate casupole, nelle capanne, negli stazzi, in rifugi di fortuna, senza cibo e assistenza, risultò presto impossibile.

Tra l’11 settembre e il 25 ottobre 1943 i tedeschi effettuarono i primi rastrellamenti a Gaeta, Formia, Castelforte, Lenola, Campodimele, Priverno Roccagorga, Littoria, Cori e gli altri pa-esi dei Monti Lepini. Fu il primo, grande esodo forzato. Sarebbe successo anche dopo, quando le battaglie per sfondare la Gustav e il fronte del Nord sarebbe diventate più cruente e sanguinose sia per i combattenti, che per la popolazione civile.

La gente dei centri del sud venne trasportata nei paesi dell’Italia Settentrionale, mentre quei pochi che riuscirono a superare i campi minati trovarono rifugio in città della Lucania, Calabria e Sicilia.

Il 17 gennaio ’44 è la data del primo grande e fallito attacco Alleato alla Gustav. Cinque giorni dopo, ecco lo sbarco americano ad Anzio e la perdita di tempo prezioso che consentirà ai Tedeschi di consolidare e rafforzare le posizioni nell’area Nord della Provincia, facendo di Cisterna una vera e propria Fortezza, l’epicentro di una linea di difesa che, prima dell’assalto decisivo del 23 maggio 1944, riuscì a contrastare efficacemente, nonostante le pesanti perdite da ambo le parti, le offensive del 29-31 gennaio precedente, del 3-12 febbraio, del 16-22 febbraio, del 29-4 marzo. Per rendere l’immagine di questa Fortezza, è sufficiente ricordare

N

ell’esprimere alle Autorità civili, religiose e militari presenti, il saluto della Provincia e mio personale, desidero testimoniare Loro l’apprezzamento sincero per aver voluto an-cora una volta sottolineare – intervenendo oggi a Cisterna – la propria sensibilità nei confronti di iniziative che, superando il pur rilevante aspetto celebrativo della Medaglia d’Oro conferita al nostro Gonfalone, aspirano a far riflettere, ad alimentare la fiamma della Memoria perché la sua luce ed il suo tepore impediscano alla Ragione nuove ed orrende stagioni di buio e di freddo nei rapporti tra gli uomini e le Nazioni.

E perché questa Medaglia d’Oro, così come lo furono i fatti e la tragedia che più di 60 anni avvolsero i nostri paesi e la nostra gente, possa essere colta come il simbolo dal quale partire per affermare e consolidare l’Unità presente e futura del territorio e della comunità che su di essa vive, lavora, edifica l’avvenire per sé e per gli altri che verranno.

Così non è un caso che, estendendo il saluto a tutti i cittadini, scolari e studenti intervenuti per la testimonianza d’affetto e di calore che la Provincia e i suoi Comuni portano oggi a Cisterna, io mi rivolga prevalentemente ai più giovani richiamandone l’attenzione per l’importanza della storia patria come momento formativo di un impegno nella vita d’ogni giorno volto a rendere giusta la società del presente, costruire la Pace nella tolleranza, rendere robusta equa e solidale la nostra Democrazia, concreta l’uguaglianza e la fraternità tra gli uomini.

Sono felice e consapevole di esporre queste considerazioni in una città che non ha sepolto la memoria ed ha eretto il 19 marzo a momento di ricordo e riflessione collettiva perché ciò che accadde 63 anni fa non si ripeta mai più né per Cisterna, né per tutti gli altri comuni che con Cisterna condivisero, nei mesi tra il 1943-1944, un esodo che non è retorico definire di di-mensioni bibliche.

Sono personalmente convinto che i reportage di guerra ed i manuali di storia non abbiamo sufficientemente evidenziato che la provincia di Littoria, oggi Latina, è stata l’originale, tragico scenario di due grandi fronti e che ha pagato un enorme tributo di sangue e di rovine. Allo stesso modo sono convinto che non abbia avuto adeguata attenzione da parte degli studiosi il dramma della sua popolazione improvvisamente tra due fuochi: la Linea Gustav al Sud e il fronte An-zio-Nettuno-Littoria-Cisterna-Aprilia al Nord.

Parlare di ciò che visse e patì, giorno dopo giorno, per otto lunghi mesi, la gente comune signi-fica parlare di persone che conobbero il terrore e lo smarrimento, il dolore e la disperazione, lo scoramento e la speranza, la fame e la miseria, il freddo e la morte, la razzìa e lo sciacallaggio.

conferita al Gonfalone della Città l’8 luglio 1959. Ma, oggi, nella storia contemporanea di Cisterna si aggiunge un nuovo capitolo. Essa diventa per la Provincia di Latina, il simbolo dell’esodo che investì tutto il territorio, perché quella della comunità cisternese è, in una, la rappresentazione di una, tante diaspore provocate dalla guerra che i giovani devono conoscere per capire quali beni immensi siano la Libertà e la Democrazia.

Questa stele in bronzo concepita e forgiata nelle antiche officine della Pontificia Fonderia Marinelli di Agnone sublima il sacrificio di Cisterna e invita a riflettere perché il messaggio di Pace e di speranza che da essa promana, possa tradursi in un impegno delle giovani generazioni teso ad impedire nuove e devastanti avventure dell’uomo contro altri uomini.

Noi tutti avevamo un debito verso Cisterna e la sua gente. Siamo felici di averlo onorato proprio oggi.

il dato complessivo dei campi minati esistenti in questa zona riportato in <Cronache da due fronti>

di Pier Giacomo Sottoriva: 966, 385 dei quali realizzati dagli alleati con 121 mila mine an-ti-uomo e anti-carro e 581 da parte tedesca con 73 mila mine. Senza contare tutto il resto degli armamenti. Un’immensa e devastante polveriera creata mentre dal 23 gennaio Cisterna era sottoposta a bombardamenti che avrebbero ridotto in polvere e macerie il 90 per cento delle case in venticinque giorni.

Sessantatré anni fa, in questo giorno, l’ennesimo ordine di evacuazione. La gente che per quat-tro interminabili mesi aveva vissuto in grotte illuminate da lumini a pequat-trolio e dall’aria umida, fu costretta a lasciarle e nello spazio di due ore quattromila abitanti di Cisterna furono avviati verso Velletri lasciandosi alle spalle i tratti spettrali della loro città e promettendo a se stessi che l’avrebbero ricostruita pietra su pietra, mattone dopo mattone, impastando la calce con le mani se fosse stato necessario.

Padre Eugenio Caldarazzo, il frate cappuccino che si prodigò così tanto per dare aiuto e conforto ai cisternesi, ha ricostruito in un diario postumo la storia di quei 125 giorni vissuti dalla popolazione nelle cave scavate nella pozzolana e nel tufo. Sono pagine di straordinaria semplicità, ma intense e profonde sono la storia e le storie che in esse si raccontano perché stra-ordinari e profondi ne sono stati i protagonisti di ogni giorno, pur tra il terrore per i bombar-damenti e il fuoco delle mitraglie, lo sgomento e la disperazione dinanzi al corpo insanguinato o esanime di un amico o di un parente, l’angustia dei pidocchi e delle malattie in uno scenario in cui una comunità senza più lacrime per i suoi 500 morti, al pari di quelle degli altri, nostri pa-esi investiti dal fronte, seppe stringere i denti e rendersi protagonista di un’esemplare rpa-esistenza civile contro tutto e tutti.

Queste persone sono state gli <eroi> d’ogni giorno, <eroi> senza armi se non quelle della fede e della solidarietà con altri come loro che, avvolti in un fazzoletto pochi averi, affrontarono con sublime dignità la deportazione verso altri luoghi e, poi, tornarono per ricostruire città e paesi o iniziare un nuovo esodo, stavolta volontario, verso i paesi d’Oltreoceano, per ricomin-ciare un’esistenza dove non mancasse più il pane e in cui la parola odio e la parola vendetta fossero bandite per sempre.

Agli <eroi> d’ogni giorno di Cisterna, a questa straordinaria città rasa al suolo è stata re-centemente negata la Medaglia d’Oro. Comprendo e faccio mia la vostra amarezza ed esprimo l’auspicio che tempi migliori consentano la revisione della Medaglia d’Argento al Valor Civile

UNA STELE E UNA MOSTRA

Nel documento Sandro Pertini (pagine 82-87)