LA VALORIZZAZIONE MUSEOGRAFICA DELLE DIMORE STORICHE E DEGLI STUDI D’ARTISTA
2.1. Le case museo e le dimore storiche
Il grande interesse suscitato dalle dimore storiche e dagli atelier degli artisti è dovuto in larga misura alla loro capacità intrinseca di raccontare storie che consentono di rintracciare i segni del passato. L’architetto Aldo De Poli sottolinea, a tale proposito, come case, studi di artista, paesaggi e altri luoghi, che oggi rappresentano un immenso patrimonio culturale, siano universalmente ritenuti dei veri e propri templi o teatri della memoria.120 Le dimore storiche infatti una volta rese accessibili «[…] vengono
considerate un bene culturale storico a disposizione di tutti, e tutte assieme rappresentano un patrimonio di manufatti unici, che non sono stati conservati per meriti artistici riconoscibili fin dall’origine, ma, prevalentemente, perché sono state teatro di alterne vicende della storia, privata e pubblica, in grado di esprimere valori storici collettivi da tutti condivisi».121 La casa inoltre, come osserva la studiosa Antonella
Tarpino, «[…] contiene la vita nei suoi tratti essenziali […] [tanto da essere paragonata] a un laboratorio in cui il ciclo dell’esistenza si rinnova quotidianamente. […] La si porta con sé, anche quando non c’è più, perché una parte di noi vi continua ad aderire».122
Sono queste dunque le premesse che hanno portato alla nascita delle case-museo, le cui radici storiche affondano nelle attività di collezionismo condotte dagli esponenti della media e alta borghesia del XIX secolo i quali erano soliti accumulare oggetti all’interno delle proprie abitazioni secondo precisi i canoni stilistici.123 Si tratta di una
particolare inclinazione verso la raccolta che ha dato vita alle cosiddette period rooms,
120 A. De Poli, M. Piccinelli, N. Poggi, Dalla casa atelier al museo. La valorizzazione dei luoghi dell’artista
e del collezionista, p. 15.
121 Ibidem
122 A. Tarpino, Geografie della memoria. Case, rovine, oggetti quotidiani, Einaudi, Torino, 2008, pp. 42-
43.
123 Cfr. A. Mottola Molfino, “Case-museo intoccabili: istruzioni per l’uso”, in G. Kannes (a cura di), Case
museo ed allestimenti d’epoca: interventi di recupero museografico a confronto, atti del Convegno di studi, Saluzzo, Biblioteca Civica, 13-14 settembre 1996, Centro Studi Piemontesi, Torino, 2003.
sorte dapprima in Europa e diffuse successivamente negli Stati Uniti.124 La categoria
delle period rooms si riferisce a quei luoghi in cui ogni ambiente della residenza è dedicato a riprodurre uno stile o un dato periodo storico con l’intento di riprodurre un progetto abitativo unitario.125 Uno degli esempi più emblematici è quello del Kaiser
Friedrich Museum, inaugurato nel 1904 a Berlino, in cui dipinti, sculture, mobili, oggetti di arte decorativa sono disposti secondo una visione unitaria che richiama le sale dei palazzi rinascimentali.126
Nonostante questo modello espositivo sia rimasto in auge per numerosi decenni, a partire dalla metà degli anni Settanta è stato soppiantato dal white cube che si è affermato in maniera predominante in ambito museale.127 Tuttavia si registra oggi una
crescente attenzione per i formati espositivi del passato come per l’appunto la period
room, al centro delle riflessioni di diversi studiosi.128 A questo proposito Benno
Schubiger, direttore della Fondation Sophie et Karl Binding e, dal 2011, presidente
124 Cfr. P. Sparke, B. Martin, T. Keeble (eds), The Modern Period Room: The Construction of the
Exhibited Interior 1870-1950, Routledge, London and New York, 2006.
125 R. Pavoni, “Case Museo: prospettive per un nuovo ruolo nella cultura e nella società”, in Casas
museo: museología y gestión, Secretaría General Técnica, Centro de Publicaciones del Ministerio de
Educación, Cultura y Deporte, Madrid, 2013, pp. 8-9. http://casemuseoitalia.it/pdf/Case-museo- MADRID.pdf (scaricato il 10 giugno 2015).
126 A. Mottola Molfino, “Case-museo intoccabili: istruzioni per l’uso”, in G. Kannes (a cura di), Case
museo ed allestimenti d’epoca: interventi di recupero museografico a confronto, atti del Convegno di studi, op. cit, p. 29. Per quanto riguarda gli Stati Uniti un caso emblematico è rappresentato dal
Metropolitan Museum di New York. Si veda A. Peck (eds), Period Rooms in the Metropolitan Museum
of Art, Yale University Press, New Haven and London, 1996.
127 Cfr. B. O’ Doherty, Inside the White Cube. L’ideologia dello spazio espositivo [1976], Johan & Levi,
Milano, 2012.
128 Il crescente interesse verso le period rooms è testimoniato dal recente convegno di studi “Period
rooms: intérieurs d’époque entre art, goût et pratique de la collection” svoltosi a Bologna dal 18 al 19 aprile 2016 e organizzato da Hautes études Sorbonne Arts et métiers, Confluence program e la sezione Co.Me del Dipartimento delle Arti dell’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna. Al centro del convegno la presenza della period room all’interno del museo e le nuove interpretazioni di questo modello espositivo anche da parte degli artisti contemporanei.
della Société d'histoire de l'art svizzera, elenca quattro diverse esigenze cui attualmente risponde l’uso della period room:
1) Collezionare e proteggere. I musei, fungendo un po’ da “Arca di Noè”, preservano oggetti relativi a determinate epoche storiche che altrimenti sarebbero andati perduti o deteriorati;
2) Permettere di conoscere e mostrare differenti stili (gotico, classico, moderno ecc.), ognuno accolto nelle rispettive stanze;
3) Adempiere a una funzione pedagogica nei confronti di figure professionali che hanno necessità di conoscere gli stili e gli elementi del passato;
4) Mettere in scena gli oggetti della quotidianità.129
La casa museo si presenta dunque come una categoria specifica in quanto il suo obiettivo, oltre a quello di esporre e conservare i manufatti e le opere, è quello di ricostruire delle atmosfere capaci di restituire un determinato stile o un periodo storico secondo una visione d’insieme che tenga conto del legame tra la struttura e gli oggetti in essa contenuti.130
Ad ogni modo, per quanto riguarda i processi di musealizzazione, occorre considerare due ambiti distinti: il primo relativo alle dinamiche istituzionali, propriamente connesse alla gestione delle case, e il secondo inerente gli aspetti dell’organizzazione spaziale e quindi gli allestimenti e gli interventi architettonici.131
129 B. Schubiger, “Les «period rooms» dans les musées. La mémoire de la vie quotidienne”, in
Heimatschutz Patrimoine, n° 3/10, 2010, pp. 14-15.
130 G. Pinna, “Introduction to historic house museums”, in Museum International, Vol. 53, n.
2, Unesco, Paris, 2001, p.4.
131 A. De Poli, M. Piccinelli, N. Poggi, Dalla casa atelier al museo. La valorizzazione dei luoghi dell’artista
Non si può parlare di musealizzazione senza prima considerare la definizione stessa di museo fornita dall’International Council of Museum (ICOM) 132 secondo cui «Un
museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente: le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto».133
Il comitato ICOM che si occupa della tutela delle case e delle dimore storiche, con riferimento agli aspetti della comunicazione, del restauro degli edifici, del rapporto col pubblico e della sostenibilità economica degli interventi, è il DEMHIST.134
132L’ International Council of Museum, fondato nel 1946, è un’organizzazione internazionale no-profit
che conta 172 Comitati, 35.000 associati e 20.000 musei in tutto il mondo. L’ICOM è inoltre un organo consultivo presso il consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite e fa parte dell’UNESCO. Il suo statuto prevede la promozione e la gestione professionale dei musei, la divulgazione della conoscenza e del loro ruolo sociale, l’incentivazione alla cooperazione, e la tutela degli interessi professionali di tutti gli operatori museali. Cfr. http://icom.museum/the-organisation/history/
133 Il Codice etico professionale dell’ICOM è stato adottato all’unanimità dalla 15^ Assemblea Generale
dell’ICOM a Buenos Aires (Argentina) il 4 novembre 1986. È stato modificato dalla 20^ Assemblea Generale a Barcellona (Spagna) il 6 luglio 2001, che lo ha rinominato Codice etico dell’ICOM per i Musei, ed infine revisionato dalla 21^ Assemblea Generale a Seoul (Repubblica di Corea) l’8 ottobre 2004. http://archives.icom.museum/codes/italy.pdf (scaricato il 9 maggio 2015).
134 Il DEMHIST ha sede a Parigi ed è nato in seno alla conferenza Living History. Historic House
Museums organizzata nel 1997 a Genova dalle Soprintendenze dei Beni Ambientali e Architettonici e
per i Beni Artistici e Storici della Liguria, nell’ambito della quale è sorta, per la prima volta, la necessità di tutelare in maniera specifica questa tipologia di strutture. In quell’occasione fu firmata infatti una petizione indetta da ICOM Italia e ratificata durante la Conferenza Generale dell’ICOM tenutasi a Melbourne nel 1998, con cui venne coniata la denominazione DEMHIST. Cfr. Giovanni Pinna, “Dopo ‘Abitare la storia’” in L. Leoncini, F. Simonetti (a cura di), Abitare la storia. Le dimore storiche-museo.
Restauro. Sicurezza. Didattica. Comunicazione, Acts of the International Conference, Genova, 20-22
November, 1997, Umberto Allemandi & Co., Torino, 1998, pp. 200-201; G. Pinna, “DEMHIST: The Genesis of a Committee”, in R. Pavoni, Historic House Museums Speak to the Public: Spectacular
Exhibits versus a Philological Interpretation of History, Acts of the Annual Conference, Genoa 1-4
Questo organismo si pone al centro di numerose riflessioni relative alle questioni interpretative che interessano la musealizzazione delle case storiche, e la sua attività è resa nota attraverso le varie conferenze organizzate a cadenza annuale.135
Durante il convegno Living History. Historic House Museums, tenutosi a Genova nel 1997, si è iniziato a delineare il concetto di casa museo, fornendone una prima definizione: «Museum-homes which are open to the public as such, that is, with their
135 http://demhist.icom.museum/shop/shop.php?detail=1255432597. Di seguto si riporta l’elenco
completo delle conferenze organizzate dal DEMHIST dalla sua fondazione a oggi: nel 2000 la prima conferenza si tiene a Genova, con ill convegno dal titolo “Historic House Museums Speak to the Public:
Spectacular Exhibits versus a Philological Interpretation of History”; nel 2001 si svolge a Barcellona la
conferenza intitolata “New forms of Management for Historic House Museums?”; nel 2002 si tiene ad Amsterdam la conferenza avente per oggetto “Historic House Museums as witness of National and
Local Identities”; nel 2003 hanno luogo le giornate di studio a Lentzburg, in Svizzera, sul tema “Facing and solving problems of Historic House Museums, examples and models”; nel 2004 viene trattata a
Berlino la questione delle “Rooms with a view. Historic House Museums and their surroundings”; nel 2005 si svolge a Lisbona la conferenza dal titolo “Safe Keepers of memory: Conservation of buildings
and their collections”; nel 2006 si tiene a La Valletta, nell’isola di Malta, il convegno dal titolo “Managing the Past for the Future. Sustaining Historic House Museums in the 21st Century”; nel 2007 si tiene una
conferenza a Vienna dal titolo “A Kingdom for a House! Historic House Museums as Local, Regional
and Universal Heritage” in cui si giunge ad un articolata classificazione delle case museo inquadrate in
nove categorie; nel 2008 si svolge a Bogotà, in Colombia, il convegno intitolato “Historic House
Museums as a Bridge between Individual and Community”; nel 2009 la città di Stavanger, in Norvegia,
ospita la conferenza dal titolo “Historic Houses as Documents of Social Life and Traditional Skills”; nel 2010 a Brno, nella Repubblica Ceca, si tiene il convegno intitolato “National - International. Art and
politics in houses and interiors of the 20th century”; nel 2010 a Shanghai ha luogo il convegno dal titolo “From Silk Road to Container Ship. Artefacts, environment and cultural transfer”; nel 2011 a Antwerp,
in Belgio, si svolge il convegno “Catching the Spirit. Managing and communicating the theatrical assets
of Historic Houses”; nel 2012 a Perugia il titolo della conferenza annuale è “House Museums. The Owners and their Art Collections”; sempre nel 2012 si è tenuta una seconda conferenza nella città di
Los Angeles dal titolo “The Artifact, its Context and their Narrative. Multidisciplinary Conservation in
Historic House Museums”; nel 2013 il convegno che si è tenuto a Rio de Janeiro, in Brasile, ha avuto
come titolo “Places for Reflection. Historic House Museums as Connectors of Cultures, Times, People
and Social Groups”; la conferenza del 2014 si è svolta a Compiègne, in Francia, e ha avuto come titolo “Authenticity in Conservation of Historic House Museums and Palaces”; la conferenza organizzata nel
2015 ha avuto come titolo “The legacy of House Museums promoting dialogue among Generations” e si è svolta a Città del Mexico; nel 2016 è stata Milano ad accogliere la conferenza avente ad oggetto
furnishings and collections, even if on successive occasions, which have characteristic colour schemes, and which have never been used to display collections of a different provenance, constitute a museographical category in every particular, and one that varies widely in typological respects. Briefly, the specific character of this type of building is the indissoluble link between container and contained, between palace/house/apartment and permanent collections/furnishings/ornamental fixtures».136
Questo tentativo di definizione, che poneva fortemente l’accento sul legame esistente tra contenuto e contenitore, rischiava tuttavia di tenere fuori da una possibile classificazione alcune tipologie di casa-museo non perfettamente coincidenti con i canoni indicati. Le caratteristiche delle case-museo non possono infatti essere ricondotte a un’unica fattispecie. La loro classificazione richiede un esercizio ulteriore di suddivisione in più tipologie, capaci di tenere conto di situazioni differenti. Già nel 1993 la studiosa Sherry Butcher-Younghans aveva proposto una prima ripartizione delle case museo in tre tipologie:
1) The Documentary Historic House Museums «commemorates a rich or famous
individual or family – a town’s founding father, a celebrated writer, a former U.S. President, or an industrial magnate»;
2) The Representative Historic House Museums «interpret a particular style of
architecture from a particular period»;
3) The Aesthetic Historic House Museums «serves as the setting for special collections,
where decorative and fine arts, furniture, and antiques from various period are displayed».137
136 R. Pavoni, “Towards a definition and typology of historic house museums” in Museum International
No. 210, Vol. 53, N. 2, Unesco, Paris, 2001, p. 16
137 S. Butcher-Younghans, Historic House Museums. A Practical Handbook for Their Care, Preservation,
Questa pionieristica classificazione, che mette in luce le diverse sfaccettature che una casa-museo può assumere in base ai diversi aspetti considerati, fungerà altresì da base per le ulteriori suddivisioni fornite successivamente; tra queste quella proposta nel 1997 da Rosanna Pavoni e Ornella Selvafolta, le quali ipotizzano otto tipologie differenti di case-museo:
1) Regge e palazzi reali;
2) Case degli uomini illustri o Musei monografici; 3) Case create dagli artisti;
4) Case dedicate a uno stile o a un’epoca; 5) Case di collezionisti;
6) Case che ospitano raccolte storiche; 7) Case di famiglia;
8) Case con una precisa individuazione socio-culturale.138
Questa classificazione, più articolata rispetto a quella proposto da Butcher- Younghans, è stata a sua volta sostituita dalla ripartizione delle case-museo in nove tipologie presentata durante l’assemblea del DEMHIST svolta a Vienna nel 2007:
1) Case di uomini illustri (Personality Houses) (scrittori, artisti, musicisti, politici, eroi, militari, etc);
2) Case di collezionisti (Collection Houses) (o case dove ora sono allestite collezioni); 3) Case della Bellezza (Houses of Beauty) (dimore dove la prima ragione per l’esistenza
del museo è la casa come opera d’arte);
4) Case dedicate a eventi storici (Historic Event Houses) (case che commemorano un evento che ha visto la casa come palcoscenico);
138 R. Pavoni, O. Selvafolta, “La diversità delle dimore-museo: opportunità di una riflessione”, in L.
Leoncini e F. Simonetti (a cura di), Abitare la storia: le dimore storiche/museo: restauro sicurezza
5) Case volute da una comunità (Local Society Houses) (case trasformate in museo non per ragioni storiche o artistiche ma perchè la comunità le ha viste come uno strumento in grado di raccontare la propria identità);
6) Dimore nobiliari (Ancestral homes) (Country Houses, ville e palazzi aperte al pubblico); 7) Palazzi reali e luoghi del potere (Power Houses) (che abbiano conservato o no questa
funzione, aperti al pubblico);
8) Case del clero (Clergy Houses) (monasteri, abbazie e alter residenze ecclesiastiche aperte al pubblico con un uso residenziale sia passato che attuale);
9) Case a carattere etno-antropologico (Humble Homes), documenti di un mondo e di una società scomparsa, come le case contadine in una società preindustrializzata.139
La trasformazione di una casa storica in museo segue delle logiche e dei canoni differenti rispetto a quelli messi in atto per i musei d’arte. Se questi ultimi infatti tendono a decontestualizzare le opere in mostra, inserendole in un ambiente asettico e artefatto, che segna di fatto un netto confine con la realtà e comunica verità relative capaci di produrre significati soggettivi,140 le case museo puntano al contrario a
restituire una visione d’insieme unitaria quanto mai aderente al contesto originario, non decontestualizzando gli oggetti ma collocandoli nella dimensione spaziale che gli è sempre appartenuta.
Occorre precisare che anche le case museo, per quanto il loro scopo sia quello di mettere in scena una rappresentazione il più possibile fedele di un dato ambiente storico, sono il risultato di scelte progettuali ed espositive derivanti dalle diverse professionalità messe in campo, le quali, seppur non universalmente percepite, producono inevitabilmente narrazioni soggettive. La produzione dei significati è infatti
139 R. Pavoni, “Case Museo: prospettive per un nuovo ruolo nella cultura e nella società”, in Casas
museo: museología y gestión, Secretaría General Técnica, Centro de Publicaciones del Ministerio de
Educación, Cultura y Deporte, Madrid, 2013, p. 5.
una questione complessa che spesso induce il visitatore a chiedersi se quella proposta sia una reale presentazione della dimora storica o al contrario una sua mera rappresentazione. Osserva la studiosa Mònica Risnicoff de Gorgas quanto sia difficile per i visitatori di una casa museo non essere catturati dal suo potere evocativo: «(…) The historic house which is converted to a museum calls up feelings and memories in visitors more than does any other type of museum. It possesses a special `atmosphere' which takes visitors back to other times and makes them wonder what other persons had transited through the same spaces they are now passing through. […] But this kind of sensitivity should not make us forget that, when objects are displayed in the context of an exhibition, they become transformed and acquire new meanings».141
Nei processi di musealizzazione delle antiche dimore occorre quindi tenere presente tali dinamiche fin dal principio della loro riqualificazione. Come chiarito da Begoña Torres González, direttrice del Nuovo Museo del Romanticismo di Madrid «la priorità delle case museo non è unicamente la riproduzione fedele di un determinato ambiente, bensì la conversione di spazi che furono ideati per essere abitati, dunque come spazi privati, in luoghi pubblici con finalità educative e didattiche».142
Si può dunque affermare che il ruolo di una casa museo non deve essere solo quello di conservare e mostrare una collezione, ma anche quello di fornire contenuti in grado di favorire la comprensione del presente.143
141 M. Rinsnicoff de Gorgas, “Reality as illusion, the historic houses that become museums” in Museum
International No. 210, Vol. 53, N. 2, Unesco, Paris, 2001, p.10.
142 R. Pavoni, “Case Museo: prospettive per un nuovo ruolo nella cultura e nella società”, in Casas
museo: museología y gestión, Secretaría General Técnica. Centro de Publicaciones del Ministerio de
Educación, Cultura y Deporte, Madrid, 2013, p. 1.
143 B. Torres González, “Algunas consideraciones acerca del nuevo Museo Nacional del Romanticismo”,
in Museo del Romanticismo, Revista de la Subdirección General de Museos Estatales, n. 5-6, Madrid, 2010, p. 188.