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IPOTESI PROGETTUALE DI MUSEALIZZAZIONE DELL’ATELIER DI GAVINO TILOCCA

4.3. Ipotesi di percorso espositivo

Lo studio di Gavino Tilocca, come abbiamo visto, si compone di due ambienti principali, dedicati rispettivamente alla produzione di sculture in gesso e marmo e di ceramiche. Sebbene le opere non siano disposte secondo un ordine cronologico, questa prima suddivisione degli ambienti di produzione ben si presta a costituire la base per lo sviluppo di un percorso espositivo dal quale far emergere i momenti più significativi della carriera dell’artista.

A questa embrionale suddivisione del percorso occorre affiancare una narrazione che offra al visitatore tutti gli elementi utili alla comprensione dell’opera dell’artista, tramite un sistema comunicativo coordinato,

comprendente segnaletica interna, didascalie e pannelli didattici.434

Nel nostro caso “l’impronta dell’artista” risulta particolarmente presente in quanto Tilocca aveva provveduto personalmente a progettare e arredare lo spazio. Inoltre, come si è detto, il fatto che lo scultore abbia continuato a frequentare lo studio anche negli ultimi anni della sua vita ha contribuito a trasformarlo, già a partire dalla metà degli anni Novanta, in una sorta di museo personale. Per questo motivo la disposizione delle opere non è casuale ma costituisce piuttosto l’autorappresentazione di un itinerario artistico concepito senza distinzioni cronologiche. Al fine di chiarire le articolazioni interne del

Decreto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali del 10 maggio 2001, Atto di Indirizzo sui criteri

tecnico–scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei (art. 150, comma 6, D.L. n.

112/1998).

434 Cfr. C. Da Milano, E. Sciacchitano, Linee guida per la comunicazione nei musei: segnaletica interna,

percorso dello scultore, il museo dovrà dotarsi di apparati discorsivi, non soltanto tramite la comunicazione scritta ma anche attraverso interventi multimediali; strumenti che in tutti i casi non dovranno interferire con il protagonismo degli oggetti e delle opere, ma che al contrario dovranno

agevolare la comprensione del loro significato storico, culturale e identitario.435

Di seguito si riporta la struttura del percorso espositivo e degli apparati

didattici436 (pannelli, didascalie, video e QR codes) previsti lungo le sale (fig.

473).

Ingresso / accoglienza

1. Video introduttivo (5:00 min.)

Posto all’ingresso del museo, il video avrà la funzione di raccontare al visitatore i momenti più significativi della vicenda dell’artista: dall’esordio alle mostre Sindacali, alle commissioni pubbliche per giungere ai numerosi premi e i riconoscimenti ottenuti nell’ambito della produzione ceramica e scultorea.

435 «La tecnologia – come giustamente osservato dalla studiosa Anne Fahy – è un mezzo per

raggiungere un fine, non un fine a sé stante». Ad ogni modo, si ritiene che la scelta migliore per l’istituzione culturale sia quella relativa a un basso contenuto tecnologico in quanto un approccio eccessivamente tecnico potrebbe rivelarsi difficilmente sostenibile a livello economico. Cfr. A. Fahy, “Leggibilità e accesso: le tecnologie dell’informazione e della comunicazione al servizio del museo d’arte”, in S. Bodo (a cura di), Il museo relazionale. Riflessioni ed esperienze Europee, ed. Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 2003, p.83.

436 Si ipotizza che i pannelli didattici siano costituiti da un massimo di 250 parole ciascuno e le didascalie

identificative delle opere o gruppi di opere siano di un massimo di 150 parole. Nel percorso si prevede di utilizzare anche dei QR codes grazie ai quali i visitatori potranno accedere e scaricare dei contenuti extra (gallerie di immagini, file audio e video). I pannelli e le didascalie saranno altresì presenti in italiano e inglese. Cfr. C. Da Milano, E. Sciacchitano, Linee guida per la comunicazione nei musei: segnaletica

Realizzato con materiali d’archivio perlopiù inediti, il video risulta un elemento centrale del percorso espositivo e allo stesso tempo propedeutico alla visita del museo. Nel filmato saranno altresì presenti le immagini relative alle operazioni di musealizzazione dello studio in modo da mostrare anche la trasformazione da luogo privato a istituzione pubblica, attraverso un confronto del “prima e dopo”.

Pannello 1. Lo studio di Gavino Tilocca:

Pannello dedicato da una parte a comunicare il concept e la missione del museo, dall’altra raccontare la storia dello studio dell’artista (acquisizione dell’immobile, progettazione e arredo degli spazi, ecc.).

1° Sala

Pannello 2. Gavino Tilocca. Scultore e ceramista:

La prima sezione del percorso vede la presenza di un corpus di opere appartenenti a momenti differenti della produzione dell’artista (fig. 462), capaci di sintetizzare efficacemente alcune tappe e soprattutto tematiche ricorrenti nella sua opera, come i bronzi Testa di bimba (1943) e Adolescente (1949), la ceramica Cavalli e Cavaliere (1967) e una serie di ritratti in gesso di giovani adolescenti realizzati tra i primi anni Settanta e la metà degli anni Ottanta; sullo sfondo della parete si trovano inoltre due dipinti su tavola, Donna e Cavaliere e

Nudi femminili, della fine degli anni Sessanta. Per questo motivo si è scelto di

collocare in prossimità delle opere un pannello con una nota biografica dell’artista in modo da rafforzare le nozioni acquisite dalla visione del video.

Pannello 3. Classicismo e monumentalismo:

Il piccolo modello della statua della Santa Barbara (1938),437 situato sopra un

mobile nel lato sinistro della prima sala (fig. 463), costituisce la base per sviluppare il discorso relativo al momento classicista degli anni Trenta e l’arrivo dei primi incarichi pubblici, come quelli relativi alla Santa Barbara e al bassorilievo con I Dieci Comandamenti (1940), restituito nel percorso attraverso inedite immagini d’epoca che mostrano dei particolari dell’opera.

 QR code 1: posto in prossimità del modello della Santa Barbara permetterà di visionare una galleria di inedite foto d’epoca relative ai vari bozzetti dell’opera.

Pannello 4. Il ritratto:

Campo privilegiato della produzione dell’artista, che vi si dedica a più riprese lungo l’intero arco della sua carriera, il ritratto costituisce un ambito di rinnovamento costante del suo linguaggio, come testimoniano le opere Daniela (1967), Ritratto di Antonio Segni (1967), Busto di giovinetta (1972), Adolescente (1985) e Ritratto di Signora, della metà degli anni Ottanta, disposte sul lato destro a metà della prima sala (fig. 464).

437 Il modello è stato realizzato in seguito alla prima commissione pubblica dell’artista del 1938 relativa

alla realizzazione di una statua della Santa Barbara per la Parrocchiale di San Ponziano a Carbonia e, come risulta dalla foto pubblicata su L’Unione Sarda, venne esposto a Cagliari nella X Mostra Interprovinciale del Sindacato fascista del 1939. Si veda N. Ruffo, “Realizzazioni e promesse alla X Mostra Sindacale d’Arte”, in L’Unione Sarda, 15 giugno 1939.

 Didascalia 1. Universale e personale:

Collocata in prossimità dei ritratti, la didascalia avrà il ruolo di focalizzare l’attenzione sulla compresenza nei ritratti dell’artista di tendenza all’idealizzazione e gusto per il dato realistico.

 QR code 2: collegamento video composto da una voce narrante, che racconterà l’evoluzione formale del ritratto nell’opera dell’artista, e da una sequenza di immagini relative ad altre sue opere presenti in collezioni pubbliche e private.

Pannello 5. La ceramica per l’architettura:

L’interesse per la decorazione architettonica troverà spazio nel percorso espositivo a partire da una serie di bozzetti, piccoli pannelli ceramici e ingrandimenti fotografici, posti sul lato sinistro del primo ambiente in prossimità del camino, i quali testimoniano l’impegno dell’artista in questo ambito, sia per quanto riguarda le commissioni pubbliche (ad es. il rilievo per l’esterno del Padiglione dell’Artigianato a Sassari, 1956), che verranno documentate nel percorso attraverso foto d’epoca, sia per quanto riguarda gli interventi per edifici privati (come i pannelli Lavoro nei campi (1962), Notte e giorno, realizzato nella seconda metà anni Sessanta, e scena allusiva al lavoro del ceramista (1971) collocato sopra il camino).

 QR code 3: collegamento a una galleria di immagini d’epoca relativa ai vari interventi di decorazione architettonica eseguiti dall’artista, come quello per il Centro Antitubercolare di Tempio (1955), per il Padiglione dell’Artigianato a Sassari (1956), il rilievo I costruttori (1958) per la Banca Nazionale del Lavoro di Sassari e gli interventi decorativi esterni per la scuola media di Porto Torres (1961) e per quella di Thiesi (1963).

 Didascalia 2. Gli strumenti di lavoro:

Sul lato destro dello studio, in fondo al primo ambiente, si trovano numerosi strumenti e attrezzi di lavoro che l’artista impiegava per la realizzazione delle sue opere (figg. 465-467). Disposti su due piani, gli oggetti rafforzano l’identità del luogo di produzione e costituiscono un presupposto per un approfondimento in merito alle tecniche di lavorazione.

 QR code 4: collegamento a una galleria di foto d’epoca inedite che mostrano l’artista al lavoro nello studio.

 Didascalia 3. Il forno per la cottura delle ceramiche:

La didascalia riassume le tappe principali della vicenda di Tilocca nel campo della ceramica: gli inizi da autodidatta, la visita ad Albissola e l’incontro con Aligi Sassu, l’acquisto del forno ecc. Originariamente i forni presenti nello studio erano due, il più grande è stato rimosso dall’artista a metà degli anni

Settanta in seguito al suo progressivo disinteressamento nei confronti della ceramica.

 QRc5: video intervista in cui l’artista ripercorre l’inizio della sua vicenda di ceramista.

2° Sala

Pannello 6: la piccola plastica e gli oggetti per l’arredamento

La produzione di oggetti per l’arredamento, avviata anch’essa nel 1955, è custodita all’interno di una grande scaffalatura in metallo situata nella seconda sala dello studio (fig. 471). È in questo spazio infatti che l’artista dava forma alle piccole plastiche che, per quanto realizzate in serie, come suggerisce la stessa disposizione negli scaffali che li vede divisi per categorie tematiche, si distinguevano per la presenza di alcune variazioni nello stile e nella cromia, rendendo di fatto ogni esemplare un pezzo unico. Questa ricerca è ben rappresentata nella collezione attraverso numerosi esemplari che consentono di seguire le varie sperimentazioni formali.

 Didascalia 4. Cavalli e cavalieri:

Didascalia dedicata a uno dei temi centrali della produzione degli anni Settanta. L’artista, tenendo a mente la lezione di Marino Marini e di Henry Moore, sperimenta in questo periodo una notevole quantità di soluzioni formali basate principalmente sulla corrispondenza volumetrica dei vuoti e

dei pieni. Intorno alla metà degli anni Ottanta, realizza poi un’altra serie, dal grande formato, in terracotta dipinta a freddo e in marmi colorati.

 QR code 6: Posto in prossimità delle piccole plastiche, servirà a visualizzare una galleria di immagini relativa alle opere con le quali l’artista ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti. A partire dal 1957 si è visto infatti che Tilocca partecipa con regolarità ai Concorsi Nazionali di Ceramica di Faenza, in cui è premiato nel 1959 e nel 1960 con il premio per la ceramica dall’Ente Provinciale del Turismo di Ravenna, nel 1961 con il Premio del Ministero dell’industria e del Commercio e nel 1962 con il Premio Ballardini. Ulteriori riconoscimenti arrivano con la partecipazione alle Mostre Nazionali dell’Arredamento di Monza (1958, 1959), a quelle dell’artigianato di Firenze (1956, 1959, 1960) e alle rassegne ceramiche di Gubbio (1962), Cervia (1963, 1964) e Laveno Mombello (1965).

L’intento del percorso espositivo qui proposto è dunque quello di creare una narrazione parallela all’allestimento predisposto dall’artista, fornendo una sovrastruttura discorsiva volta a trasformare il percorso in racconto. Contrariamente infatti a quanto accade nei musei d’arte dove è il curatore a scegliere la disposizione delle opere sulla base della vicenda o della tematica che intende mettere in scena, nel caso della musealizzazione degli studi d’artista, affinché non si perda il senso di specificità del luogo di produzione, il processo si presenta capovolto. A partire dall’allestimento si dovrebbe pertanto progettare un percorso che risulti in grado di dare “voce” alle opere e a tutti gli elementi dello spazio.