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IPOTESI PROGETTUALE DI MUSEALIZZAZIONE DELL’ATELIER DI GAVINO TILOCCA

4.1. Lo studio di Gavino Tilocca

Gli studi principalmente utilizzati da Tilocca nella sua carriera sono due: la bottega ceramica di Viale Umberto a Sassari, aperta nel 1955 in seguito al successo delle piccole plastiche, e lo studio di Viale Adua sempre a Sassari,

dove a partire dal 1971 Tilocca si trasferisce in maniera definitiva. 422

All’interno della bottega ceramica l’artista avvia una produzione di oggettistica e tiene, sempre a partire dal 1955, un corso d’istruzione professionale finanziato

dall’ENAPI (Ente Nazionale Artigianato e Piccole Industrie).423 Tilocca svolge il

ruolo di docente, assistito per la cottura e la smaltatura delle opere dal giovane collaboratore Claudio Pulli. È in questo laboratorio che l’artista esegue, nel 1956, il rilievo decorativo per il Padiglione dell’Artigianato di Sassari, come testimoniano le foto di Mario De Biasi che lo mostrano nel suo studio con accanto le sculture raffiguranti i mestieri artigiani.

La sua produzione riscuote notevole interesse e, anche grazie all’I.S.O.L.A., viene distribuita nel mercato nazionale e internazionale. In Sardegna il favore del pubblico, specialmente di quello turistico, è tale che lo studio, nel giro di

422 Del primo studio dell’artista a Cagliari si ha traccia in un testo di Marcello Serra scritto nel 1973 in

occasione della mostra personale Tilocca. Scultore alla Galleria 23: «[…] andava a rinchiudersi come un eremita nel suo studiolo disadorno proprio come una cella conventuale”. Cfr. Tilocca. Scultore, Chiarella, Sassari, 1973, p. 17 Tilocca utilizzerà lo studio cagliaritano, di cui si ignora l’ubicazione, fino al 1937, anno in cui verrà chiamato a insegnare Disegno al Liceo Scientifico di Iglesias. Nell’archivio dell’artista sono altresì conservate diverse foto scattate negli spazi della bottega di viale Umberto, grazie ai quali è stato possibile identificare e datare alcune opere.

423 Organo statale istituito nel 1925 che vede dal 1951 come commissari regionali Eugenio Tavolara e

pochi anni, diventa una tappa irrinunciabile per gruppi di visitatori in cerca di

souvenirs.424

È solo quando l’artista incomincerà ad allontanarsi dal mezzo ceramico che deciderà di aprire un nuovo atelier in viale Adua. È l’inizio di una nuova fase della sua carriera. Abbandonata la bottega, l’artista dà vita a uno studio interamente progettato e arredato da lui stesso, dal portone d’ingresso ai mobili. Il trasferimento nel nuovo studio coincide con un periodo caratterizzato da un ritrovato interesse per la scultura, il quale finirà per influenzare anche la suddivisione degli ambienti di produzione.

Una volta varcato l’ingresso ci si trova davanti a un piccolo ambiente, circoscritto dalla presenza di una libreria, nel quale l’artista tiene la sua collezione di libri d’arte. Qui Tilocca riceve i suoi clienti e amici nei momenti di riposo. La grande libreria funge da barriera visiva, così che stando nel primo ambiente il visitatore non ha la possibilità di vedere il luogo di lavoro dell’artista. Superato questo primo spazio si accede alla zona destinata alla produzione scultorea. L’artista era solito lavorare sul lato destro della sala, il più esposto alla luce naturale grazie ai grandi finestroni che aprono quasi per intero la parete. Dietro la libreria invece è collocata una grande scrivania utilizzata principalmente per la realizzazione dei progetti relativi alle commissioni pubbliche e per l’esecuzione

dei disegni preparatori, soprattutto relativi alla produzione in ceramica.425 Sul

424 Le figurine di donne in abito tradizionale venivano vendute al prezzo di 4000 lire, poco più di 50 euro

odierni, e rappresentavano gli oggetti più richiesti dai turisti. Cfr. G. Altea, “Gavino Tilocca ceramista”, in G. Altea (a cura di), Gavino Tilocca. Ceramiche, op. cit., pp. 25-26.

425 Dai sopralluoghi effettuati sono stati ritrovati una serie di questi disegni preparatori, qui riprodotti per

lato sinistro si trovano alcuni mobili destinati a custodire documenti, foto e

materiali d’archivio.426 In fondo alla sala si trova l’accesso al secondo ambiente

di produzione, quello dedicato alla ceramica. In questa seconda stanza, di dimensioni nettamente inferiori rispetto alla prima, l’artista eseguiva principalmente il modellato delle sue ceramiche. Una serie di grandi scaffali metallici, disposti sul lato frontale, contengono le piccole plastiche in ceramica, organizzate a seconda del soggetto, un ripiano di sole figure femminili, uno di piccoli cinghiali, uno di cavalieri, ecc. L’artista per la produzione delle ceramiche si serviva di un piano collocato al centro dell’ambiente e di un piccolo lavabo posto sulla parete destra.

Dalla configurazione degli spazi di lavoro del nuovo atelier si desume come nei primi anni Settanta l’interesse di Tilocca per la ceramica rivestisse un ruolo piuttosto marginale, soprattutto se lo si confronta con lo studio-bottega precedente. Tuttavia l’artista continuerà per tutto il decennio successivo a produrre piccoli oggetti di arredamento, rimanendo legato al mezzo soprattutto a livello affettivo, come testimonia la presenza del pannello decorativo posto sopra un camino, in cui è raffigurata una scena che allude al lavoro del ceramista (1971, fig. 351), che può essere considerata come una sorta di autorappresentazione. Se si osserva l’opera si nota come nella composizione siano presenti dei dettagli relativi a un luogo di produzione, e non è da escludere che nel realizzarli Tilocca avesse in mente il precedente studio-bottega nel quale aveva operato per oltre quindici anni. Posto all’ingresso della prima sala,

426 La disposizione delle opere non era fissa ed è presumibile che cambiasse in base alle anche vendite

il pannello rappresenta il ricordo di una fase felice del percorso dell’artista; questi si rappresenta nel pannello come un maestro al lavoro insieme ad un aiutante, proprio come accaduto per anni nella bottega in di viale Umberto. Il nuovo studio viene dunque organizzato per rispondere a nuove ambizioni. Nel 1973 infatti Tilocca si ripresenta al pubblico nella sua città con una personale di

sole sculture «tutte tradotte nel nobile bronzo e nel marmo».427 Dopo aver

diradato e poi interrotto la sua presenza a premi e rassegne di ceramica, l’artista si disfa del più grande dei forni presenti nello studio e praticamente abbandona l’attività di ceramista.

Nei primi anni Ottanta Tilocca si dedica principalmente alla produzione di opere su commissione e inizia nuovamente ad interessarsi alla pittura, mentre gli ultimi dieci anni di carriera appaiono caratterizzati da quello che può essere considerato come un processo di rielaborazione della sua poetica; un itinerario che svolgerà in maniera quasi appartata nell’atelier di viale Adua. Ridotti al minimo gli impegni espositivi, anche per via dell’età avanzata, l’artista continua a frequentare lo studio che col tempo si trasforma sempre più da luogo di produzione in luogo di memoria. È lì infatti che Tilocca conserva le sue opere allestite secondo un percorso capace di restituire un quadro complessivo della sua lunga carriera. Accanto alle opere, si trovano i modelli, le prove, i bozzetti e gli strumenti di lavoro che in maniera corale danno vita a quello che si potrebbe definire una sorta di museo personale. L’uscita pubblica più significativa di questo periodo è la mostra Tilocca. Sculture realizzata nel 1997, inaugurata

dapprima a Cagliari e riproposta dopo alcuni mesi a Sassari. Si tratta dell’ultima mostra dello scultore, che muore il 1 dicembre del 1999.

Dopo la sua morte, il figlio Angelo inizia a prendersi cura dello studio con l’intento di mantenere intatta, per quanto possibile, la visione del padre. Ogni cosa viene dunque lasciata al suo posto rendendo di fatto il luogo una sorta di “macchina del tempo”. Nonostante l’iniziale volontà da parte del figlio di trasformare lo spazio in un’istituzione pubblica dedicata alla memoria dell’artista, lo studio continuerà a rimanere un luogo privato visitato per lo più da conoscenti e addetti ai lavori.428

Nel 2009, a dieci anni dalla scomparsa dell’artista, al Teatro Civico di Sassari viene organizzato un convegno per ricordare l’attività dello scultore e vengono esposte, nel foyer del teatro, una serie di foto scattate per l’occasione che mostrano lo studio dell’artista.429

In seguito all’improvvisa morte di Angelo Tilocca, avvenuta nel febbraio del 2015, lo studio passa in eredità ai figli i quali ancora oggi contribuiscono a conservare e custodire il laboratorio che, nonostante abbia subito alcune modifiche relative all’assetto interno per via di alcuni lavori di manutenzione

428 Angelo Tilocca ha dichiarato a chi scrive di aver più volte pensato di costituire una fondazione in

memoria dell’opera del padre, che potesse gestire e amministrare un museo a lui dedicato ma di aver in seguito abbandonato l’idea per via degli eccessivi vincoli e complicazioni burocratiche.

429 Il convegno, organizzato dai Lions Club Sassari, si tiene il 20 maggio 2009 e vede gli interventi di

Giuliana Altea, Antonella Camarda e Gianni Murtas, mentre la mostra “Lo studio di uno scultore” è curata da Camarda e si compone di una raccolta di immagini fotografiche realizzate da Simone Carta nello

studio dell’artista in quello stesso anno, oggi disperse. Cfr.

http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sitoMiBAC/Contenuti/MibacUnif/Eventi/visualizza_asset .html_2026823008.html

dello stabile,430 si presenta ancora pressoché intatto nella disposizione degli

ambienti.