IPOTESI PROGETTUALE DI MUSEALIZZAZIONE DELL’ATELIER DI GAVINO TILOCCA
4.2. La proposta progettuale: da spazio privato a istituzione pubblica
Nell’ottica di tutelare, conservare e valorizzare lo studio di Gavino Tilocca e alla luce delle analisi precedentemente effettuate su alcune tra le principali esperienze di musealizzazione degli studi d’artista, si intende ora tracciare un’ipotesi progettuale di musealizzazione dello studio dello scultore sassarese. La proposta nasce dal riconoscimento di un potenziale di interesse dato principalmente dall’individuazione di cinque punti di forza:
1) l’artista: Gavino Tilocca è stato uno dei protagonisti della scena artistica sarda del secondo dopoguerra, nonché una figura di spicco nel mondo della ceramica italiana tra gli anni Cinquanta e Sessanta;
2) la collezione: all’interno dell’atelier è conservata la più ampia raccolta di opere di Gavino Tilocca unitamente al materiale documentale (disegni, progetti, foto d’epoca e rassegna stampa) e agli attrezzi impiegati dall’artista per la realizzazione dei suoi lavori;
3) il contenitore: l’atelier, utilizzato per quasi trent’anni da Gavino Tilocca rappresenta la cornice ideale per la fruizione delle sue opere, e ancora oggi si
430 A causa di alcune infiltrazioni d’acqua, alla fine del 2014 vengono disposti alcuni interventi di
manutenzione dello stabile che obbligano a imballare e spostare alcune delle opere presenti nello studio. I lavori vengono attentamente sorvegliati da Angelo Tilocca. Il protrarsi delle operazioni dopo la morte del figlio dell’artista portò tuttavia a modificare la collocazione originaria delle opere, in seguito in parte ripristinata con l’ausilio di alcune foto realizzate in studio durante i preparativi della mostra Gavino
presenta pressoché intatto. Il museo costituirebbe inoltre un unicum in ambito regionale e potrebbe fungere da modello per eventuali esperienze future; 4) la localizzazione: sito in viale Adua a Sassari, il museo andrebbe a inserirsi all’interno di un’ideale rete dei luoghi della cultura presenti in città (Museo Sanna, Pinacoteca Mus’a, Museo della Città, Padiglione per l’Artigianato e il Design, Palazzo della Frumentaria) arricchendo in questo modo l’offerta culturale del territorio e soprattutto instaurando rapporti di reciproca collaborazione tra le varie realtà;
5) una nuova attenzione internazionale verso le tematiche relative alla salvaguardia e alla valorizzazione delle dimore storiche e dei luoghi di produzione creativa.
Fondato a partire dalla collezione permanente custodita all’interno del laboratorio dell’artista, il museo affiancherebbe all’esposizione dell’opera di Tilocca una programmazione di mostre ed eventi di arte contemporanea. L’obiettivo è dunque dare vita a un centro pubblico di studio e ricerca, educazione e intrattenimento (elementi fondamentali dell’istituzione museale sanciti dall’ICOM)431 e allo stesso tempo creare un luogo d’affezione per la
comunità locale, un riferimento per il territorio regionale e una realtà capace di emergere a livello nazionale.
L’ipotesi che si propone è, sulla base della classificazione esaminata nel secondo capitolo, quella della musealizzazione in situ. Data la specificità del bene occorre effettuare alcune riflessioni circa la metodologia d’intervento.
Dall’analisi dei casi studio è emerso come tra gli elementi ricorrenti della musealizzazione degli atelier ci sia la volontà dei progettisti di creare degli spazi espositivi capaci di comunicare la visione degli artisti rimanendo il più possibile fedeli alle condizioni originarie dello studio. Il senso di autenticità del luogo risulta infatti uno degli aspetti fondamentali da restituire al pubblico, il quale, come si è visto, si aspetta di vivere un’esperienza che lo riconduca all’interno della quotidianità dell’artista di cui l’atelier è stato teatro. A questo scopo la logica alla base del percorso punta al mantenimento integrale degli spazi e della disposizione delle opere e degli oggetti che coralmente partecipano alla restituzione di questa dimensione.
Questa ricerca di “autenticità” solleva tuttavia delle interessanti questioni. Se infatti si prende come elemento assodato che la disposizione degli oggetti e di tutti gli elementi d’arredo presenti nello studio debba mantenerne la collocazione originaria viene da chiedersi come, a partire da questa esigenza di conservazione totale, il racconto circa la vita e il percorso dell’artista possa essere correttamente comunicato. A tal proposito le analisi condotte hanno messo in evidenza come, il più delle volte, i progettisti abbiano applicato gli stessi canoni museografici relativi ai musei d’arte, creando di conseguenza una sensibile alterazione del luogo di produzione, tale da comprometterne il senso di veridicità. In particolare si è visto come la logica del white cube sia risultata particolarmente inadatta a comunicare lo spazio di lavoro e di produzione dell’artista, in quanto il principio che sta alla base di questo formato espositivo è quello di decontestualizzare le opere dalla realtà e di presentarle in uno spazio asettico, rarefatto e minimale, privo cioè di tutti quegli elementi suscettibili di
entrare in conflitto con le opere esposte. Viceversa, l’obiettivo della musealizzazione degli studi d’artista dovrebbe essere la contestualizzazione totale, secondo un principio d’ensemble riconducibile a quello delle period
rooms.
Anche la musealizzazione fondata su logiche di conservazione integrale presenta tuttavia alcune criticità, soprattutto relative allo sviluppo di un “racconto” continuo e uniforme. Se il fatto di operare all’interno di un contenitore neutro dà la possibilità di sviluppare liberamente un percorso espositivo di tipo cronologico o tematico, questo non avviene nel caso della musealizzazione dei luoghi di produzione creativa, in quanto lo spazio risulta “vincolato” dalle scelte di allestimento effettuate dall’artista. In tutti i casi, non bisogna scordare che è proprio l’allestimento predisposto dall’artista a costituire uno degli elementi principali, se non addirittura la ragione d’essere, della musealizzazione del bene. Tuttavia la trasformazione da luogo privato a istituzione pubblica comporta necessariamente la riqualificazione dello spazio attraverso la creazione di un percorso espositivo che sia accessibile dal punto di vista fisico432 come da quello intellettuale,433 in quanto tra le funzioni principali del
museo vi è quella educativa.
432 Il progetto prevede l’accessibilità di tutti gli spazi da parte di persone su sedia a ruote, pertanto gli
spazi sono studiati al fine del superamento delle barriere architettoniche in base alla legge 13/89, al D.M. 236/89, legge 104 del 1992 e D.P.R. 503 del 1996. Nel dettaglio si prevede l’adeguamento dei servizi igienici e l’inserimento di una servoscala da collocare all’ingresso della seconda sala dedicata alle ceramiche.
433 L’attenzione alla tematica delle pari opportunità di accesso alla cultura si sviluppa in Europa intorno
agli anni Cinquanta e Sessanta. Accanto infatti alle politiche relative all’accessibilità fisica ed economica si inizia a percepire la necessità di “democratizzare la cultura” attraverso la realizzazione di strumenti che garantiscano l’accesso anche culturale dei beni (audioguide, audiovisivi, visite guidate, etc.). Cfr.