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Il caso Aquarius

L’incidente dell’Aquarius è emblematico della penuria di solidarietà tra gli Stati dell’UE nell’affrontare l’arrivo dei flussi migratori. Nella prima decade del mese di giugno 2018, oltre 600 persone sono state soccorse, nell’ambito di una operazione SAR (cfr. 2.2), a bordo dell’imbarcazione Aquarius, nave dell’ONG tedesca SOS Méditeranée e battente bandiera di Gibilterra.4 Le operazioni sono state coordinate, in conformità alla Convenzione di

Amburgo del 1979, dalla Centrale operativa di Roma della Guardia Costiera, che aveva indirizzato la nave verso le coste italiane, dopo aver ricevuto le richieste di soccorso. Il governo italiano, tuttavia, disponeva la chiusura dei porti e ordinava all’imbarcazione di non fare ingresso nel territorio.5 Dopo un lungo stallo tra i governi italiano e maltese, la soluzione

è stata formalizzata dalle autorità spagnole, che hanno concesso lo sbarco dei migranti nel porto sicuro di Valencia.6

4 PACCIONE G. (2018), “La vicenda della nave «Aquarius» e la questione migratoria sotto la lente del diritto

internazionale e dell’UE”, Diritto.it, in https://www.diritto.it/la-vicenda-della-nave-aquarius-la-questione-

migratoria-la-lente-del-diritto-internazionale-dellue/, consultato nel giugno 2020

5 VITIELLO D. (2018), “IL DIRITTO DI CERCARE ASILO AI TEMPI DELL’AQUARIUS”, SIDIBlog, in http://www.sidiblog.org/2018/06/29/il-diritto-di-cercare-asilo-ai-tempi-

dellaquarius/#:~:text=Il%20lungo%20peregrinare%20della%20nave,Valencia%20il%2017%20giugno%20sc orso., consultato nel giugno 2020

6 Il Fatto Quotidiano (2018), “Aquarius, lo sbarco al porto di Valencia tra canti e balli. Le storie: «Nell’inferno

della Libia ho sperato di morire»”, in https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/06/17/aquarius-lo-sbarco-al-

porto-di-valencia-tra-canti-e-balli-le-storie-nellinferno-della-libia-ho-sperato-di-morire/4432157/, consultato nel giugno 2020

Il salvataggio era avvenuto in una zona del mare Mediterraneo non eletta da alcuno Stato come di propria responsabilità ai fini del coordinamento SAR. Inoltre, la Libia, lo Stato più vicino, in un primo momento non aveva ancora statuito la propria area regionale di ricerca e soccorso, lacuna colmata dall’Italia. Quest’ultima, dunque, ai sensi della Convenzione SAR, avrebbe dovuto reperire un porto sicuro (cfr. 2.2), ma non essere vincolata a consentire lo sbarco sul proprio territorio.

Le previsioni del diritto internazionale incontrano limiti connessi alla sfera di norme che tutelano la persona umana. In tale ottica, il diniego di fare accedere le persone soccorse ai porti italiani o maltesi, configurerebbe, da parte degli Stati, una violazione del valore imperativo che concerne il diritto alla vita. Peraltro, gli Stati sono vincolati all’osservanza e al rispetto dei diritti dell’essere umano “verso solo quei soggetti che sono presenti nella giurisdizione di quello Stato. Gli Stati, in acque internazionali o mare aperto, che non può essere sottoposto alla sovranità di alcuna entità statale, possono esercitare la giurisdizione nel momento in cui gli organi statali erano fisicamente presenti a un particolare incidente e, in tal modo, esercitano il controllo effettivo sui migranti richiedenti protezione” (PACCIONE G., nota 4). Si rammenta, in proposito, quanto già affermato in riferimento all’affare Hirsi Jamaa e altri c. Italia (cfr. 4.2).

Si comprende, allora, quanto determinare l’ambito giurisdizionale dei diritti dell’essere umano risulti complesso, nella circostanza che gli organi dello Stato costiero non siano presenti nella zona di interesse delle acque internazionali. Si dibatte, in proposito, sull’idoneità di indicazioni e suggerimenti a concretizzare il coinvolgimento nella giurisdizione di uno Stato costiero.7

Gli Stati esercitano, sul mare territoriale (cfr. 1.3), piena sovranità. Essa si riverbera anche sui porti, con la conseguenza che nessuno Stato è obbligato a concedere l’ingresso a navi battenti diversa bandiera, se non nei casi di pericolo o di forza maggiore o per espressa previsione dei trattati. Si rammenta, in proposito, l’art. 98, paragrafo 1, della CNUDM, che, pur stabilendo l’obbligo per le navi di prestare sollecitamente assistenza alle imbarcazioni in pericolo nel limite delle possibilità, non prescrive alcun obbligo di intervento diretto in

7 GOMBEER K., FINK M. (2018, p.1 ss.), “Non-Governmental Organisations and Search and Rescue at Sea”, in Maritime Safety and Security Law Journal, 4/2018

capo allo Stato.8 L’obbligo di prestare soccorso è privo del carattere di assolutezza, poiché

condizionato dal fatto che la nave soccorritrice, il suo equipaggio e i suoi passeggeri non siano posti in pericolo.9 Nella circostanza concreta, lo stato di pericolo dell’imbarcazione

Aquarius, seppur invocato al di fuori del mare territoriale, assume rilevanza, alla stregua Convenzione SAR, che lo identifica “quale situazione nella quale vi è luogo di pensare che una persona, una nave o altro congegno sono minacciati e che hanno bisogno di soccorso immediato”10. Tuttavia, lo Stato italiano poteva ancora inibire l’ingresso dell’imbarcazione

nel proprio mare territoriale e, successivamente, nel porto, qualora avesse fornito assistenza sanitaria immediata agli individui a bordo, escludendo, dunque, lo stato di serio pericolo.

Alla luce delle precedenti considerazioni, gli Stati non avrebbero l’obbligo di portare direttamente soccorso, ma sarebbero vincolati da un obbligo di due diligence, spesso assunto per ricostruire, in dottrina, l’illecito omissivo nel diritto internazionale generale.11 Il

Tribunale Internazionale del diritto del mare, tuttavia, ne ha rilevato la variabilità concettuale.12

La vicenda dell’imbarcazione Acquarius, foriera di altre drammatiche circostanze e della cristallizzazione della politica dei “porti chiusi”, resta quale promemoria delle conseguenze derivanti dalla mancata osservanza del “principio di solidarietà” che dovrebbe vigere tra gli Stati membri dell’UE. In proposito, il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, statuisce13 che:

8 BATTAGLIA F. (2015, p. 125), “Sugli obblighi internazionali in materia di salvataggio di migranti in mare

e sulla necessità di adottare misure europee di solidarietà”, in Democrazia e Sicurezza, n.4/2015

9 op. cit. RONZITTI N. (2016, p. 134)

10 Come stabilito dall’Annesso alla Convenzione internazionale del 1979 sulla ricerca e salvataggio in mare emendato cap. 1.3.11

11 PUMA G. (2018, p. 77), “Complicità di Stati nell'illecito internazionale”, Giappichelli

12 Seabed Disputes Chamber of the International Tribunal for the Law Of The Sea, Responsibilities and

Obligations of States Sponsoring Persons and Entities with Respect to Activities in the Area, Advisory Opinion,

01.02.2001, par. 117

“le politiche dell’Unione di cui al presente capo e la loro attuazione sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario. Ogniqualvolta necessario, gli atti dell’Unione adottati in virtù del presente capo contengono misure appropriate ai fini dell’applicazione di tale principio”.

Il caso Aquarius ha, inoltre, sottolineato l’urgenza di alleggerire gli eccessivi oneri che gravano sugli Stati geograficamente collocati a ridosso del mare Mediterraneo, attraverso una revisione del dettato contenuto nel Regolamento di Dublino III14, che delega il compito

di protezione al primo Stato in cui arriva il rifugiato.15