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Lo status giuridico delle ONG

La posizione delle ONG, sul piano della soggettività internazionale, è stata oggetto di ampia discussione in campo dottrinale.

11 TRAMONTANA E. (2014, p. 7 ss), “Organizzazioni non governative e ordinamento internazionale”, CEDAM 12 ZAMAGNI S. (2012), “Organizzazione Non Governativa (ONG)”, in Dizionario di Economia e Finanza, Treccani, in http://www.treccani.it/enciclopedia/organizzazione-non-governativa_%28Dizionario-di-Economia-e-Finanza%29/ consultato nel maggio 2020

La personalità giuridica internazionale “comporta l’attitudine dell’organizzazione ad essere un centro di imputazione di diritti ed obblighi propri nei rapporti internazionali” (GIOIA A., “Diritto internazionale. Manuale breve”). Storicamente, la personalità giuridica internazionale è stata attribuita agli Stati, che rappresentano il nucleo sociale più significativo della Comunità internazionale.13

Oltre ad essi, l’ordinamento internazionale attribuisce personalità giuridica anche alle organizzazioni internazionali, destinatarie di obblighi ma anche di un trattamento privilegiato. Storicamente, la cooperazione tra Stati è stata realizzata mediante accordi di natura prevalentemente bilaterale, per il tramite di canali diplomatici. Le organizzazioni internazionali, invece, sono il prodotto più avanzato del multilateralismo14, ovvero di una modalità di negoziare accordi e gestire

rapporti tra Stati a livello plurilaterale e collettivo, al fine di perseguire valori internazionalmente rilevanti. Tale fenomeno, timidamente manifestatosi nel XIX secolo, si è affermato alla fine della II Guerra Mondiale. Le organizzazioni internazionali non detengono competenza generale, come quella degli Stati, ma sono governate dal “principio di specialità”15: ad esse sono attribuiti “diritti, obblighi

e poteri parametrati in funzione del perseguimento degli specifici interessi comuni che gli Stati hanno loro affidato nei limiti delle attribuzioni e dei poteri che tali Stati hanno loro assegnato” (CARBONE S. M., in Istituzioni di diritto internazionale, p. 26). L’ormai pacifica inclusione16 delle

Organizzazioni Internazionali nella panoramica dei soggetti del diritto internazionale, seppur con “capacità ristretta”, si deve al noto parere consultivo dell’11 aprile 1949 nel caso sulla “Riparazione dei danni subiti al servizio delle Nazioni Unite”17. La Corte internazionale di giustizia, oltre ad

affermare, per la prima volta, la soggettività internazionale delle Nazioni Unite, ha chiarito che “[c]iò non equivale a dire che [tale Organizzazione] sia uno Stato, che certamente non è, o che la sua personalità giuridica, i suoi diritti e i suoi doveri, siano gli stessi di quelli di uno Stato. Meno ancora ciò equivale a dire che essa sia un super-Stato”. Punto di svolta è, dunque, che l’Organizzazione sia

13 CARBONE S. M. (2016, p. 2), “I soggetti e gli attori nella comunità internazionale”, in “Istituzioni di diritto

internazionale”, Giappichelli

14 ROSSI L. S. (2006, p. 1), “Le organizzazioni internazionali come strumenti di governo multilaterale”, Giuffrè 15 CIG, 8 luglio 1996, Parere sulla Legittimità dell’uso di armi nucleari in un conflitto armato

16 FOCARELLI C. (2002, p. 5), “Lezioni di storia del diritto internazionale”, Morlacchi

17 Reparation for Injuries Suffered in the Service of the United Nations (Advisory Opinion), 1949, ICJ Reports pp. 174 - 178.

“soggetto di diritto internazionale, capace di possedere diritti e doveri internazionali” e che abbia la “capacità di far valere i suoi diritti avanzando reclami internazionali”.

In diritto internazionale, soltanto enti ed organizzazioni parrebbero destinatari della disciplina di diritto comune. Ciò escluderebbe, dunque, l’attribuzione di personalità giuridica agli individui. Durante gli anni Venti, il caso Danzig Railway Officials18 si rese foriero di un graduale

cambio di paradigma. La Corte Permanente di Giustizia Internazionale stabilì, in tale circostanza, che, se sussisteva l’intenzione degli Stati di conferire diritti e obblighi sul piano internazionale agli individui, il diritto internazionale non poneva nessun ostacolo oggettivo in tal senso. Ne consegue che le norme che ineriscono a situazioni giuridiche individuali possono essere fatte valere a condizione che derivino dalla volontà degli Stati contraenti e che siano poste in essere in esecuzione dei corrispondenti obblighi internazionali. Peraltro, l’affermazione di una responsabilità penale nei confronti degli individui che commettono crimina iuris gentium e la previsione di obblighi di tutela a favore dei singoli attraverso specifiche tutele internazionali, hanno fatto emergere una concezione individualistica della società.

Quanto detto finora circa l’ampliamento della base soggettiva della comunità internazionale, è di primaria importanza per comprendere la comparsa di ulteriori soggetti privi di una completa personalità giuridica, ma comunque in grado di incidere nell’attuazione delle norme internazionali. Significativa, al riguardo, è la funzione delle Organizzazioni non governative, particolarmente rappresentative degli “interessi pubblicistici” della società civile. Anche queste sono destinatarie di diritti e obblighi sul piano internazionale, e sono titolari del potere di presentare ricorso davanti a organi giurisdizionali19. Contrariamente alle OI, però, le ONG nascono dall’iniziativa privata, non

sono frutto del multilateralismo statuale di cui si è parlato. Date le divergenze esistenti, quanto statuito dalla Corte nel caso “Reparations for Injuries” non può estendersi interamente alle ONG, con la conseguenza che, finora, queste non hanno avuto un esplicito riconoscimento come soggetti di diritto internazionale.

L’unico accordo internazionale in vigore20 relativo alle ONG è la “Convenzione europea sul

18 Permanent Court of Justice, Jurisdiction of the Courts of Danzig (Pecuniary Claims of Danzig Railway Officials who have Passed into the Polish Service, against the Polish Railways Administration), Advisory Opinion, 3 marzo 1928, in Permanent Court of International Justice Series B, n. 15, pp. 17-18

19 Ad esempio sono titolari, in base all’art. 34 CEDU, del potere di presentare un ricorso alla Corte 20 MARCHISIO S. (2014, p. 296), “Corso di diritto internazionale”, Giappichelli

riconoscimento della personalità giuridica delle organizzazioni internazionali non governative”, adottata nell’ambito del Consiglio d’Europa il 24 aprile 1986 ed entrata in vigore nel 1991. Lo sforzo definitorio21 di tale strumento è evidente sin dal Preambolo, ove si precisa che sono Organizzazioni

non Governative quelle che “esercitano una attività utile alla comunità internazionale, specialmente nei campi scientifico, culturale, caritatevole, filantropico, della salute e dell’educazione e contribuiscono alla realizzazione degli scopi e dei principi della Carta delle Nazioni Unite e dello Statuto del Consiglio d’Europa”. Neanche questa Convenzione, però, ha dato impulso al riconoscimento della personalità internazionale delle ONG, relegandolo all’interno dei singoli Stati. Le Organizzazioni, dunque, restano enti creati privatamente mediante atti di diritto interno, e assumono la nazionalità del Paese in cui sono costituite e la forma prevista dalla legge dello Stato di costituzione.

Lo scenario muta, invece, in riferimento all’atteggiamento delle OI nei confronti dello status giuridico delle ONG. Risulta sempre più pregnante il ruolo che queste ricoprono nei lavori delle suddette organizzazioni internazionali, merito di trasversali competenze specifiche e della capacità di rappresentare la società civile a livello sovranazionale. Esempio emblematico è il riconoscimento di un ruolo consultivo alle ONG in seno alle Nazioni Unite, disciplinato ai sensi della Risoluzione ECOSOC 1996/31. Al fine di essere ammesse con status consultivo, le Organizzazioni Non Governative devono possedere alcuni requisiti22: perseguire fini conformi allo spirito, ai propositi e

ai principi della Carta delle Nazioni Unite impegnarsi a sostenere l’attività dell’Organizzazione; occuparsi di materie rientranti nella competenza dell’ECOSOC e avere una reputazione internazionale nel proprio campo di attività; trarre le principali risorse economiche da fonti private; possedere una sede stabile, un atto istitutivo adottato democraticamente, e rappresentanti autorizzati a esprimersi a nome dei membri. Gli status consultivi si dividono in tre categorie23: lo status

consultivo generale, per le ONG che operano in tutti i settori di attività dell’ECOSOC; lo status consultivo speciale, per quelle con competenze in specifici settori; l’iscrizione nel registro del Segretario generale per le ONG, che contribuisce ai lavori solo occasionalmente. La ratio del regime di status consultivo è quella di riconoscere alle ONG una soggettività internazionale funzionale, ma

21 DRAETTA U. (2010, p. 25), “Principi di diritto delle organizzazioni internazionali”, Giuffrè 22 op. cit. TRAMONTANA E. (p. 50)

non anche la personalità giuridica internazionale.24 Ulteriori disposizioni furono, poi, redatte sul

modello della Carta delle Nazioni Unite e fatte confluire negli Statuti di diverse Agenzie specializzate25. Punto di arrivo di questa lenta progressione è stata l’attribuzione di uno status

partecipativo ad organizzazioni “che siano particolarmente rappresentative nei rispettivi settori di competenza, rientranti a loro volta nel campo di azione del Consiglio d’Europa, che abbiano membri all’interno di un significativo numero di Stati europei e siano in grado di partecipare attivamente alle deliberazioni e alle attività del Consiglio, di promuovere l’obbiettivo di una maggiore unità tra i suoi Stati Membri e far conoscere l’operato dell’Organizzazione ai cittadini europei”. 26

Al di là delle classificazioni in termini di personalità giuridica, non può essere ignorato il ruolo di rilievo che le Organizzazioni Non Governative rivestono all'interno del sistema giuridico internazionale, a garanzia dell’edificazione di un ordine pubblico mondiale che pone al centro la dignità umana. Ciò è reso possibile attraverso molteplici attività finalizzate ad influenzare l'agenda politica internazionale, assistere gli Stati nel recepimento delle norme internazionali, denunciare illeciti agli organi internazionali e condizionare la condotta delle multinazionali con campagne di “naming and shaming"27. Non da ultimo, si segnala il forte impegno per prestare soccorso alle

migliaia di persone che rischiano la loro vita in mare, in quella che più volte è stata definita come la “crisi del Mediterraneo”, dinnanzi alla quale i governi hanno spesso esitato ad adottare politiche migratorie univoche.