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Codice di condotta per le ONG impegnate nelle operazioni d

Il timore che le attività poste in essere dalle ONG alimentassero nuovi corridoi di immigrazione irregolare, incarnato ad opera di una certa narrativa nella figura dei “taxi del mare” (cfr. 3.5), ha indotto il Governo italiano, con l’appoggio dei Ministri dell’interno UE riunitisi a Tallinn il 6.7.2017, a stilare un “Codice di condotta per le ONG impegnate nelle operazioni di salvataggio in mare”77,

recante una serie di impegni che le organizzazioni dovrebbero assumere volontariamente con la sua sottoscrizione.78

In sintesi79, il Codice prevede di:

76 La storia della nascita e la visione dell’AOI è consultabile su https://www.ong.it/chi-siamo/

77 Il testo integrale è consultabile sul sito del Ministero dell’Interno, su

https://www.interno.gov.it/sites/default/files/codice_condotta_ong.pdf

78 ZIRULIA S. (2019), “Immigrazione illegale e attività di soccorso”, Treccani, Il libro dell anno del diritto 2019, in http://www.treccani.it/enciclopedia/immigrazione-illegale-e-attivita-di-soccorso_%28altro%29/, consultato nel maggio 2020

79 Sintesi elaborata da AOI, LINK 2017 e CONCORD ne “I salvataggi in mare, le Ong e il codice di condotta. Qualche

necessaria precisazione” in http://www.ong.it/wordpress/wp-content/uploads/2017/08/documento-codice-condotta.pdf,

• non entrare nelle acque libiche, “salvo in situazioni di grave ed imminente pericolo” e non ostacolare l'attività della Guardia costiera libica;

non spegnere o ritardare la trasmissione dei segnali di identificazione e non fare comunicazioni per agevolare la partenza delle barche che trasportano migranti;

• attestare l'idoneità tecnica e l’addestramento dell’equipaggio per le attività di soccorso; • informare il proprio Stato di bandiera quando un soccorso avviene al di fuori di una zona di

ricerca istituita;

• tenere aggiornato il competente Centro di coordinamento marittimo sull'andamento dei soccorsi;

• non trasferire le persone soccorse su altre navi, eccetto in caso di richiesta del competente Centro di coordinamento per il soccorso marittimo;

ricevere a bordo, su richiesta delle autorità nazionali competenti, eventualmente e per il tempo strettamente necessario, funzionari di polizia giudiziaria che possano raccogliere prove finalizzate alle indagini sul traffico criminale;

• dichiarare le fonti di finanziamento per le attività di salvataggio in mare;

cooperare lealmente con le autorità di pubblica sicurezza del luogo di sbarco dei migranti, anche trasmettendo informazioni utili alle investigazioni;

• impegno, dopo i salvataggi, a recuperare nei limiti del possibile le imbarcazioni ed i motori fuori bordo, informando le autorità di coordinamento.

D’altra parte, le ONG hanno tenuto a precisare che le regole e procedure adottate nell’attività di salvataggio sono ormai consolidate, non vi sarebbe “nulla di improvvisato”.80 Quanto prospettato

dal testo ricalcherebbe, inoltre, quanto già si verifica quotidianamente in termini di esercizio dei poteri da parte delle pubbliche amministrazioni e di attività da parte delle Organizzazioni. Ciò, a detta dell’AOI, sarebbe una prova incontrovertibile dell’efficacia attribuita alla campagna denigratoria perpetrata nei confronti delle Organizzazioni non Governative.

Alcune ONG si sono, tuttavia, astenute dal firmare, rifiutando l’impostazione generale del

80 SERGI N. (2017b), “I salvataggi in mare, le Ong e il codice di condotta”, in http://www.nino- sergi.it/migrazioni/salvataggi-mare-le-ong-codice-condotta-qualche-necessaria-precisazione/, consultato nel maggio 2020

Codice, che tenderebbe a snaturarne l’identità. In primo luogo, il Codice non affermerebbe con sufficiente chiarezza la priorità del salvataggio in mare, mettendo in primo piano, invece, il contributo alle attività investigative e di polizia. In questi termini, verrebbe meno la distinzione tra l’attività di polizia e l’attività umanitaria, a scapito dell’indipendenza e dell’imparzialità. La presenza a bordo di funzionari armati sarebbe contraria ai codici della maggior parte delle ONG, che non prevedono l’uso di armi. Anche questo tratto vorrebbe essere segno “dell’imparzialità, della neutralità ed è anche una garanzia di sicurezza per il personale”. Avrebbe dovuto essere contemplata, dunque, la consegna delle armi al capitano al momento dell’imbarco, per poi riprenderle all’uscita. Altro punto controverso sarebbe la “proibizione del trasbordo da una nave più piccola ad un’altra più grande e più attrezzata per il soccorso e le cure mediche”. Agli occhi delle navi umanitarie, questa apparirebbe come una mera limitazione ai salvataggi, mettendo in realtà a rischio la vita delle persone. Scetticismo è stato espresso, inoltre, relativamente alla collaborazione con le autorità libiche. Nella lettera82 inviata da

Medici senza frontiere al ministro Marco Minniti, il Direttore generale ha affermato che “la Libia non è un posto sicuro dove riportare le persone in fuga, né dal territorio europeo né dal mare”.

Un comunicato83 del Ministero dell’Interno lasciava intendere che le organizzazioni non

firmatarie sarebbero incorse in conseguenze molto severe. Sul sito del Viminale si legge: “l’aver rifiutato l’accettazione e la firma del codice di condotta pone quelle organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare, con tutte le conseguenze del caso concreto che potranno determinarsi a partire dalla sicurezza delle imbarcazioni stesse”. Il Codice, tuttavia, non prevede sanzioni in tal senso.

L’analisi del Codice risulta meritoria anche per quanto attiene alla presunta “torsione autoritaria che esso impone alla governance delle migrazioni in Italia” (CALABRÒ A. R., “Quaderni del Master in "Immigrazione, Genere, Modelli Familiari e Strategie di Integrazione" n. 4”, Ledizioni, 2018). Il valore giuridico del documento, infatti, non sarebbe del tutto chiaro. Nonostante la dizione

81 CAMILLI A. (2017b), “Le ong boicottano il codice di condotta voluto dal governo”, Internazionale, in https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2017/08/01/ong-codice-condotta, consultato nel maggio 2020 82 EMINENTE G. (2017), “Codice di condotta: la lettera di MSF al Ministro dell’Interno”, Medici senza Frontiere, in https://www.medicisenzafrontiere.it/news-e-storie/news/codice-di-condotta-la-lettera-di-msf-al-ministro-dellinterno/, consultato nel maggio 2020

83 Ministero dell’Interno (2017), “Codice di condotta per le Ong, oggi terzo incontro al Viminale”, in https://www.interno.gov.it/it/sala-stampa/comunicati-stampa/codice-condotta-ong-oggi-terzo-incontro-viminale, consultato nel maggio 2020

di “codice” adoperata, infatti, esso non sarebbe in grado di produrre norme aventi forza cogente e di irradiare una validità erga omnes. Sarebbe, invece, una semplice circolare amministrativa e, in quanto tale, incapace di produrre effetti giuridici. Alla luce di ciò, le conseguenze prospettate per le ONG non firmatarie del Codice perdono qualunque consistenza. L’unica validità che si potrebbe erigere sarebbe di tipo sociologico, attribuitagli dai soggetti chiamati all’applicazione. Essa sarebbe suffragata anche da una legittimazione di tipo istituzionale, para-legale: ingredienti fondamentali che hanno concorso alla stesura sono stati la partecipazione della Commissione europea ed il consenso dei Ministri rappresentanti degli Stati membri. Non da ultima, l’ampia mediatizzazione dell’iniziativa ha concorso a favorirne la diffusione capillare.

Le ONG che non hanno firmato si sono, comunque, impegnate a continuare a svolgere le operazioni in mare sotto l’egida del comando della Guardia costiera ed in piena conformità alle norme nazionali e internazionali. L’Unicef, per voce del vice direttore esecutivo Justin Forsyth, ha rilevato84

nella formulazione normativa “cambiamenti che potrebbero inavvertitamente ostacolare i soccorsi e provocare la perdita di vite umane”. Questa riflessione si aggiunge alle molte richieste volte ad intavolare un più approfondito dialogo con il Ministro, al fine di realizzare un Codice veramente condiviso, rispettoso dei principi di tutti gli attori chiamati in causa. Dinanzi al dovere di tutela, da parte di istituzioni e privati, dei valori fondamentali del nostro vivere comune, quali la vita, risulta di vitale importanza non acuire le divisioni, ma occorre, invece, sanarle nel nome di una congiunta azione per il bene del Paese.

3.9 Conclusioni

I fenomeni migratori del Mediterraneo hanno messo in discussione la struttura interstatale della Comunità internazionale. In tale contesto, è emersa la partecipazione di attori non ancora dotati di personalità giuridica internazionale, ma il cui contributo nello scenario è innegabile: le Organizzazioni non governative. Esse sono associazioni private, senza fini di lucro, foraggiate con donazioni esterne, che rappresentano particolari istanze della società civile. Il loro operato rileva non solo in riferimento all’elaborazione ed attuazione del diritto internazionale, ma anche nell’ambito di

84 Lettera43, “Migranti, Unicef e Msf contro il codice di condotta”, in https://www.lettera43.it/migranti-unicef-e-msf- contro-il-codice-di-condotta/, consultato nel maggio 2020

procedimenti giurisdizionali, arbitrali e para-giurisdizionali.

L’operato delle Ong in tema di soccorso in mare, che si uniforma alle prescrizioni delle Convenzioni SOLAS e UNCLOS, non ha, tuttavia, specifici riferimenti normativi, con la conseguenza che risulta assente qualunque rapporto strutturato con le autorità preposte al soccorso.

Verso le Organizzazioni non governative sono state mosse varie accuse: che le navi delle ONG si spingono troppo vicino alle coste libiche, rappresentando un fattore di attrazione per i migranti; che alle missioni di soccorso sia attribuibile un aumento delle morti e dei naufragi; che le ONG si finanziano in maniera opaca; che portino, in collegamento con i trafficanti, i migranti in Italia per alimentare il business dell’accoglienza. L’insussistenza delle inchieste condotte e la rigorosa analisi dei dati ufficiali, tuttavia, hanno smentito qualunque accusa.

Nonostante ciò, la campagna di discredito nei confronti delle Organizzazioni ha fatto presa sull’opinione pubblica, alimentando un forte clima di sospetto. Da quest’ultimo hanno tratto impulso anche provvedimenti normativi volti a limitare l’operato delle ONG; in questa logica è nato il “Codice di condotta per le ONG impegnate nelle operazioni di salvataggio in mare”, che ha posto serie problematiche giuridiche relativamente all’obbligo di garantire lo sbarco in un porto sicuro alle persone salvate e agli obblighi derivanti dal diritto internazionale in materia di asilo. La convergenza delle parti è mancata clamorosamente, spingendo il Governo italiano a rivedere la propria linea politica. Un più ampio dialogo, tuttavia, è ancora possibile, al fine di addivenire ad un Codice davvero condiviso da tutti.

Capitolo quarto

PRINCIPIO DI NON-REFOULEMENT IN MARE

4.1 Introduzione

Nonostante stia diventando sempre più comune vedere i termini “rifugiato” e “migrante” usati in modo intercambiabile nei media e nei dibattiti pubblici, vi è, tra i due, una differenza fondamentale dal punto di vista legale.1

Con il termine rifugiato, infatti, si fa riferimento a soggetti che si trovano al di fuori del loro Paese di origine a causa di persecuzioni, conflitti, violenze o altre circostanze che minacciano l’ordine pubblico. Tali circostanze di pericolo li rendono, dunque, destinatari di “protezione internazionale” e di assistenza da parte degli Stati, dell’UNHCR2 e delle

organizzazione competenti. Si tratta di persone per le quali il rifiuto della domanda di asilo ha conseguenze potenzialmente mortali.

Per quanto riguarda, invece, il termine “migrante”, non esiste, a livello internazionale, una definizione giuridica uniforme. Esso viene spesso usato come un termine “ombrello”3, ovvero atto a comprendere genericamente migranti e rifugiati. La parola

“migrazione” si applica solitamente alle persone che decidono di spostarsi liberamente allo scopo di migliorare le proprie condizioni materiali e sociali, le loro prospettive future e quelle delle loro famiglie.

Diventa chiara, dunque, la distinzione tra “rifugiati” e “migranti”. Distinzione che motiva le specifiche misure di tutela legale richieste per i primi. Tra queste, la protezione dal refoulement (respingimento) e dalla penalizzazione per aver attraversato frontiere senza

1 The UN Refugee Agency (2016), “«Rifugiati» e «Migranti» (FAQs)”, in https://www.unhcr.it/news/rifugiati- e-migranti-faqs.html, consultato nel giugno 2020

2 Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati

3 Il Post (2015), “Migranti, rifugiati, profughi, richiedenti asilo”, in

autorizzazione in cerca di sicurezza. Se le persone soccorse in mare dovessero rendere nota l’intenzione di chiedere asilo, i soccorritori non potranno esimersi dall’applicare i principi fondamentali sanciti dal diritto internazionale dei rifugiati.

I migranti sono tutelati dalla normativa internazionale sui diritti umani. Un rifugiato non smette di essere tale, per divenire “migrante”, quando lascia un Paese in cui è stato accolto per spostarsi in un altro. Lo spostamento verso un altro Paese di asilo non incide sullo status della persona come rifugiata.