• Non ci sono risultati.

Il caso Sea Watch 3

La vicenda della nave Sea Watch 3 rappresenta uno dei casi più controversi e maggiormente interessati da copertura mediatica scaturiti dall’adozione della politica dei “porti chiusi” da parte del governo italiano.

Il 12 giugno 2019, la nave Sea Watch 3, appartenente alla ONG tedesca Sea Watch e battente bandiera olandese, ha soccorso 53 migranti in acque internazionali, a 47 miglia dalle

62 ZINITI A. (2019), “Circolare Salvini, tensione tra il Viminale e la Difesa sulla direttiva anti migranti”, in La

Repubblica, in https://www.repubblica.it/cronaca/2019/04/16/news/migranti_rischio_terrorismo_libia_direttiva_viminale_m

aro_ionio-224173393/, consultato nel giugno 2020

63 Huffington Post (2019), “L'ira dei vertici militari contro la circolare sui migranti di Salvini: «Ingerenza,

roba da regime». Il retroscena dell'Adnkronos”, in https://www.huffingtonpost.it/2019/04/16/lira-dei-vertici-

militari-contro-la-circolare-sui-migranti-di-salvini-ingerenza-roba-da-regime-il-retroscena- delladnkronos_a_23712770/, consultato nel giugno 2020

64 Rai News (2019), “Migranti, la direttiva di Salvini apre uno scontro istituzionale”, in https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Migranti-la-direttiva-di-Salvini-apre-uno-scontro-istituzionale-ira- della-Difesa-5a133fa7-a57a-483a-89e6-866d4e4a3149.html, consultato nel giugno 2020

65 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello

coste della Libia.65 Ignorando le direttive della Guardia costiera libica di attraccare nel porto

di Tripoli, la Sea Watch 3 ha fatto rotta verso Lampedusa e fatto richiesta per un porto di sbarco al governo italiano, che ne ha vietato l’ingresso persino nel mare territoriale.66 Le

unità militari italiane sono intervenute unicamente per condurre sulla terraferma alcuni migranti bisognosi di cure mediche, ma l’imbarcazione ha continuato a stazionare, per oltre dieci giorni, ai limiti delle acque territoriali.67 La Corte europea dei Diritti dell'Uomo di

Strasburgo ha deciso68 di non applicare le "misure provvisorie" che la nave Sea Watch 3

aveva richiesto al fine di far autorizzare l’ingresso in porto e lo sbarco.69 Nonostante il

perdurare del divieto proveniente dal ministero dell’Interno, la Sea Watch 3 ha oltrepassato il limite delle acque territoriali italiane, invocandone la revoca “per ragioni umanitarie che supererebbero le motivazioni della direttiva del ministero dell’Interno”.70 Essa ha poi,

contravvenendo agli ordini e speronando una motovedetta delle Fiamme Gialle nel tentativo di arrivare in banchina, ormeggiato nel porto di Lampedusa. La comandante della Sea Watch, Carola Rackete, è stata arrestata per i reati di resistenza a una nave da guerra (ex art. 1100 del Codice Navigazione) e resistenza a pubblico ufficiale (ex art. 337 c.p.), che le sono stati

65 ALBANESE F. (2019), “La Sea Watch salva altri 53 migranti. Salvini: «Nave pirata»”, La Stampa, in https://www.lastampa.it/cultura/e20/cronaca/2019/06/25/news/la-sea-watch-salva-altri-53-migranti-salvini- nave-pirata-1.36543690, consultato nel giugno 2020

66 Il Post (2019), “La situazione della Sea Watch 3”, in https://www.ilpost.it/2019/05/16/sea-watch-migranti- situazione/, consultato nel giugno 2020

67 Il Post (2019), “Le famiglie sono scese dalla Sea Watch 3, ma 47 persone restano al largo”, in https://www.ilpost.it/2019/05/18/situazione-migranti-sea-watch/, consultato nel giugno 2020

68 Il testo integrale del comunicato stampa della CEDU è reperibile su https://hudoc.echr.coe.int/eng- press#{%22itemid%22:[%22003-6443361-8477507%22]}

69 Rai News (2019), “Sea Watch, Corte europea dei Diritti dell'uomo non chiede sbarco migranti”, in https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/sea-watch-Corte-europea-diritti-non-chiede-sbarco-migranti- a76a3394-6762-41f1-9df4-

89d19a489e8c.html#:~:text=25%20giugno%202019%20La%20Corte,stato%20impedito%20di%20entrare% 20nel, consultato nel giugno 2020

70 Il Post (2019), “I 47 migranti della Sea Watch sono sbarcati”, in https://www.ilpost.it/2019/05/19/sea-watch- sbarco-lampedusa/, consultato nel giugno 2020

contestati dalla procura di Agrigento.71 Il Giudice per le indagini preliminari di Agrigento,

però, non ha convalidato l’arresto72, escludendo la sussistenza dell’ipotesi di cui all’art. 1100

Codice Navigazione sulla base del fatto che “le unità navali della Guardia di Finanza sono considerate navi da guerra solo quando operano fuori dalle acque territoriali ovvero in porti esteri ove non vi sia una autorità consolare mentre in questo caso la nave della Guardia di Finanza operava in acque territoriali, all’interno del Porto di Lampedusa”.73

Quanto alla contestazione di cui all’art. 337 c.p., “il fatto deve essere di molto dimensionato rispetto alla prospettazione accusatoria”, risultando “scriminato, ai sensi dell’art. 51 c.p., per avere l’indagata agito in adempimento di un dovere: l’attività del capitano della Sea Watch 3, di salvataggio in mare di soggetti naufraghi, deve, infatti, considerarsi adempimento degli obblighi derivanti dal quadro normativo”. La procura ha fatto ricorso contro la decisione del GIP, ma la Cassazione ha dato ragione74 a quest’ultimo, affermando

che “l’obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro”.75

Una questione che ha animato notevolmente il dibattito è se la Sea Watch 3 abbia operato correttamente nel rifiutarsi di ricondurre i migranti in Libia. Le Convenzioni SOLAS

71 Il Fatto quotidiano (2019), “Sea Watch, di cosa è accusata e cosa rischia la capitana Carola Rackete: fino a ventidue anni di carcere per due reati”, in https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/29/sea-watch-di-cosa-e- accusata-e-cosa-rischia-la-capitana-carola-rackete-fino-a-ventidue-anni-di-carcere-per-due-reati/5290811/, consultato nel giugno 2020

72 Il testo integrale dell’ordinanza è consultabile su https://www.giurisprudenzapenale.com/wp- content/uploads/2019/07/Rachete-Carola-Ordinanza-sulla-richiesta-di-convalida-di-arresto.pdf

73 Giurisprudenza Penale (2019), “L’ordinanza del GIP del Tribunale di Agrigento nei confronti di Carola

Rackete (Sea Watch 3)”, in https://www.giurisprudenzapenale.com/2019/07/04/lordinanza-del-gip-del-

tribunale-di-agrigento-nei-confronti-di-carola-rackete-sea-watch-3/, consultata nel giugno 2020

74 Giurisprudenza Penale (2020), “Le motivazioni della Cassazione sulla mancata convalida dell’arresto di

Carola Rackete nella vicenda Sea Watch 3”, in https://www.giurisprudenzapenale.com/2020/02/21/le-

motivazioni-della-cassazione-sulla-mancata-convalida-dellarresto-carola-rackete-nella-vicenda-sea-watch-3/, consultato nel giugno 2020

75 Il Post (2020), “Perché fu giusto revocare l’arresto di Carola Rackete”, in

e SAR (cfr. 2.2) prevedono che lo Stato responsabile dell’area nella quale ha luogo l’operazione di soccorso realizzi il coordinamento necessario ai fini dello sbarco e della collocazione presso luogo sicuro dei soggetti tratti in salvo. Nel caso in questione, la Guardia costiera libica, assunto il coordinamento dell’evento SAR, ha individuato nel porto di Tripoli il place of safety presso cui fare sbarcare i migranti soccorsi. La Sea Watch 3 ha rifiutato, però, l’indicazione delle autorità libiche, asserendo che Tripoli non può considerarsi un porto sicuro. Di tutt’altro avviso sarebbe stato il Ministro dell’Interno Salvini76, corroborando la

tesi dell’affidabilità dello Stato africano con l’atto di iscrizione della zona SAR libica nel registro dell’Organizzazione marittima internazionale, atto conclusivo del processo di ratifica della Convenzione di Amburgo avviato nel 2005.77 La lettura proposta dal Ministro,

tuttavia, ha incontrato forti critiche, motivate dalla definizione stessa di place of safety rinvenibile nella Convenzione di Amburgo: “Un luogo sicuro è una località dove le operazioni di soccorso si considerano concluse, e dove: la sicurezza dei sopravvissuti o la loro vita non è più minacciata; le necessità umane primarie (come cibo, alloggio e cure mediche) possono essere soddisfatte; e può essere organizzato il trasporto dei sopravvissuti nella destinazione vicina o finale”. Il nucleo centrale delle perplessità riguarda il rispetto dei diritti umani: la Libia non ha mai sottoscritto la Convenzione di Ginevra del 1951 e, dal 2011, vive una guerra civile78 senza soluzione di continuità. Un rapporto delle Nazioni

Unite79 definisce il trattamento dei rifugiati ospitati nei centri di detenzione libici come

76 Posizione formalizzata nella “Direttiva per il coordinamento unificato dell’attività di sorveglianza delle

frontiere marittime e per il contrasto all’immigrazione illegale ex articolo 11 del d.lgs. n. 286/1998 recante il Testo Unico in materia di Immigrazione”, il cui testo integrale è consultabile su

https://www.interno.gov.it/sites/default/files/direttiva_ministro_su_controllo_frontiere_marittime_18.03.201 9.pdf

77 FONTANA S. (2019), “Quindi la Libia è un «porto sicuro»?”, Wired, in

https://www.wired.it/attualita/2019/04/11/porto-sicuro-definizione-significato-libia/, consultato nel giugno 2020

78 MOSSETTI P. (2019), “La Libia è di nuovo nell'occhio del ciclone”, Wired, in

https://www.wired.it/attualita/politica/2019/04/08/libia-haftar-tripoli-cosa-succede/, consultato nel giugno 2020

79 “Desperate and Dangerous: Report on the human rights situation of migrants and refugees in Libya”, consultabile integralmente su https://www.ohchr.org/Documents/Countries/LY/LibyaMigrationReport.pdf

“orrori inimmaginabili”. Anche il direttore generale dell’Organizzazione marittima internazionale, António Vitorino, ha denunciato che “i migranti, compresi uomini, donne e bambini che sono detenuti in condizioni spesso subumane, la Libia non è un posto sicuro per rimpatriare i migranti che hanno tentato e fallito per raggiungere l’Europa”.80 A

distanza di quasi un anno da questa dichiarazione, Tripoli stessa si è dichiarata “porto non sicuro”, rifiutando l’ingresso in porto perfino a una sua motovedetta con 280 migranti catturati in mare.81 In tal senso viene in rilievo, dunque, il principio di non-refoulement (cap.

4), che vieta di respingere individui verso territori nei quali la loro incolumità sia a rischio e che, pur incombendo solo sugli Stati e non sul comandante di una nave privata, non può che orientare l’operato di quest’ultimo in merito allo sbarco di naufraghi soccorsi in mare.82

La vicenda della Sea Watch 3 ha anche sollevano il problema della compatibilità del divieto di ingresso nel mare territoriale con il diritto di passaggio inoffensivo, soprattutto con l’entrata in vigore del decreto sicurezza-bis (d.l. 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica, convertito con modificazioni dalla l. 8 agosto 2019 n. 77), che sarà oggetto di specifica trattazione (cfr. 5.6). La possibilità di impedire a navi straniere l’accesso al mare territoriale è disciplinata dall’art. 25, par. 3 della Convenzione di Montego Bay: lo “Stato costiero può, senza stabilire una discriminazione di diritto o di fatto tra le navi straniere, sospendere temporaneamente il passaggio inoffensivo di navi straniere in zone specifiche del suo mare territoriale quando tale sospensione sia indispensabile per la protezione della propria sicurezza, ivi comprese le esercitazioni con armi […]”. La vicenda che ha coinvolto la Sea Watch 3, invece, travalica le prescrizioni normative di cui si è detto. Il divieto, che non è stato né temporaneo né limitato ad aree specifiche del mare territoriale, è stato rivolto, in modo discriminatorio, alla specifica unità, ed è stato completamente avulso dall’esigenza di tutelare la sicurezza dello

80 Vita (2019), “OIM: la Libia non è un porto sicuro”, in http://www.vita.it/it/article/2019/04/05/oim-la-libia- non-e-un-porto-sicuro/151176/, consultato nel giugno 2020

81 SCAVO N. (2020), “Migranti. Tripoli si dichiara «porto non sicuro» e respinge una propria motovedetta”, Avvenire.it, in https://www.avvenire.it/attualita/pagine/tripoli-si-dichiara-porto-non-sicuro-e-respinge-una- propria-motovedetta-con-280-profughi, consultato nel giugno 2020

82 PAPASTAVRIDIS E. (2016, p. 40 ss), “The Forgotten Responsibilities of the Flag State to Save People at

Stato.

A ben vedere, però, la formulazione normativa dell’art. 25, par. 3 della Convenzione di Montego Bay fa riferimento all’ipotesi di passaggio inoffensivo, invece il divieto di ingresso prospettato alla nave umanitaria è stato fondato sul suo carattere non inoffensivo. In particolare, si è fatto riferimento all’ipotesi di non inoffensività di cui all’art. 19 par. 2, lett. g) della Convenzione di Montego Bay: “[i]l passaggio di una nave straniera è considerato pregiudizievole per la pace, il buon ordine e la sicurezza dello Stato costiero se, nel mare territoriale, la nave è impegnata [nel] carico o [nel]lo scarico di […] persone in violazione delle leggi e dei regolamenti […] di immigrazione vigenti nello Stato costiero”. In tal senso, occorre allora definire se sia corretto ritenere il passaggio della Sea Watch 3 come non inoffensivo e se, in caso affermativo, tale circostanza giustifichi l’applicazione del divieto alla totalità del mare territoriale.

Sul punto dell’offensività occorre fare riferimento al diritto nazionale. Il limite ai poteri dello Stato costiero, rappresentato dal passaggio inoffensivo, non è applicabile in materia di immigrazione.83 Lo si ricava dal dettato normativo appena esposto, che utilizza la

violazione di leggi e regolamenti di immigrazione come metro per valutare l’offensività del passaggio. Tuttavia, il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ex art. 12, c. 1., T.U. immigrazione non sarebbe integrato dalla condotta di trasporto in territorio nazionale di individui soccorsi in mare. Questi ultimi, infatti, sarebbero da considerare come naufraghi e non come stranieri che attraversano illegalmente la frontiera.84 Dette

considerazioni non possono estendersi, chiaramente, al caso in cui lo straniero superi la frontiera a bordo di imbarcazioni gestite da trafficanti.85

Se si ritenesse il passaggio della Sea Watch 3 non inoffensivo, allora l’Italia avrebbe facoltà di vietarne l’ingresso in conformità a quanto stabilito dall’art. 25 della Convenzione

83 op. cit. ANTONUCCI A., PAPANICOLOPULU I., SCOVAZZI T. (p. 6)

84 PITEA C., ZIRULIA S. (2019), “«Friends, not foes»: qualificazione penalistica delle attività delle ong di

soccorso in mare alla luce del diritto internazionale e tipicità della condotta”, SIDIBlog, in

http://www.sidiblog.org/2019/07/26/friends-not-foes-qualificazione-penalistica-delle-attivita-delle-ong-di- soccorso-in-mare-alla-luce-del-diritto-internazionale-e-tipicita-della-condotta/, consultato nel giugno 2020 85 BERNARDI S. (2018, p. 134 ss.), “I (possibili) profili penalistici delle attività di ricerca e soccorso in

di Montego Bay, che consente allo Stato di adottare “le misure necessarie per impedire nel suo mare territoriale ogni passaggio che non sia inoffensivo”. Inoltre, lo stesso articolo prevede che “[n]el caso di navi dirette verso le acque interne […], lo Stato costiero ha anche il diritto di adottare le misure necessarie per prevenire ogni violazione delle condizioni alle quali è subordinata l’ammissione di tali navi nelle acque interne”.

Per quanto inerisce, infine, alla legittimità del divieto di ingresso nei porti italiani, va tenuto presente che il diritto internazionale, dà facoltà allo Stato di regolare l’accesso ai suoi porti. A garanzia di ciò, le convenzioni SAR e SOLAS non individuano un luogo di sbarco predeterminato, ma ne affidano la scelta alla cooperazione tra Stati. Forti criticità sono state manifestate, pertanto, in merito all’argomentazione addotta dal GIP di Agrigento, secondo cui le Convenzioni imporrebbero al comandante di sbarcare i naufraghi nel porto sicuro più vicino. Altri limiti prospettati al potere dello Stato costiero, consistenti nello stato di necessità e nel principio di non respingimento, non troverebbero applicazione nella circostanza di fatto. Si rammenta, in proposito, che le autorità italiane hanno garantito assistenza medica tanto in acque internazionali quanto in quelle territoriali, agendo in conseguenza dello stato di distress addotto, senza che questo, da solo, implichi necessariamente un diritto di sbarcare i passeggeri nel porto.