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Soccorso in mare e non-refoulement

In materia di soccorso in mare, è sorto un importante problema interpretativo in riferimento alla sfera di applicazione territoriale del principio di non-refoulement. È di primaria importanza, infatti, indagare se il principio si applichi solo al superamento dei confini nazionali ovvero anche al di fuori delle frontiere e, nello specifico, in acque internazionali (cfr. 1.7).

Se la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) risulta essere molto esaustiva in tema di espulsioni di soggetti facenti ingresso nel territorio nazionale, lo stesso non accade per i respingimenti in alto mare.

Particolarmente significativa è la sentenza della Corte di Strasburgo relativa al caso Hirsi Jamaa e altri c. Italia22. La sentenza della Grande Camera, che è definitiva, è una di

quelle destinate a restare nella memoria per la sua portata. Persino Amnesty International, dopo la pubblicazione della sentenza, affermò: "La sentenza di oggi è una pietra militare perché rafforza e favorisce il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Europa e pone fine alle misure extraterritoriali di controllo delle migrazioni che non contemplano l'identificazione delle persone che gli stati sono invece obbligati a proteggere".23 Il 6 maggio

21 op. cit. EPISCOPO M.

22 Corte EDU, Hirsi Jamaa e altri c. Italia, [GC], n. 27765/09, 23 febbraio 2012

23 POLCHI V. (2012), “Strasburgo, l'Italia condannata per i respingimenti verso la Libia”, la Repubblica, in https://www.repubblica.it/solidarieta/immigrazione/2012/02/23/news/l_italia_condannata_per_i_respingimen ti-30366965/, consultato nel giugno 2020

2009, circa 200 persone, su tre barche dirette in Italia, furono intercettate da motovedette italiane in acque internazionali, all’interno della zona SAR di competenza maltese. In conformità agli accordi bilaterali vigenti con il governo libico, le autorità italiane trasferirono i naufraghi su proprie navi per ricondurli in Libia. Circostanza rilevante fu, anche, lo svolgimento dell’operazione senza procedere all’identificazione delle persone tratte in salvo, senza informarle dell’imminente trasferimento verso il Paese d’origine e senza che fosse stata loro offerta la possibilità di fare domanda per la protezione internazionale.24 La

sentenza è sintomatica dell’avvio della “politica dei respingimenti” nella lotta contro l’immigrazione irregolare. Il governo italiano, nel tentativo di difendere gli accordi con la Libia, nelle sedi interne, affermò che le operazioni di riconsegna alla Libia dei “clandestini” erano avvenute “in conformità con il principio del non-refoulement, perché non è stata negata a nessuno dei clandestini intercettati la possibilità di chiedere asilo”.25 La Corte

giunse, all’unanimità, ad una sentenza netta di condanna dell’Italia, avvalendosi di quanto disposto dal codice della navigazione italiano e dal diritto internazionale. Partendo dalla considerazione che sulle navi militari in alto mare si applica la giurisdizione dello Stato di bandiera, ai sensi dell’art. 4 del codice della navigazione26 e degli artt. 92 e 94 UNCLOS27,

24 MACIOCCHI P. (2019), “Tribunale di Roma: danni morali ai migranti respinti illegittimamente”, Il Sole 24 Ore, in https://www.ilsole24ore.com/art/tribunale-roma-danni-morali-migranti-respinti-illegittimamente- ACUzN32, consultato nel giugno 2020

25 Intervento del ministro dell’interno Maroni nella discussione congiunta sulla Risoluzione (Doc. XVIII, n. 16) della 3a Commissione permanente sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Rafforzare l’approccio globale

in materia di migrazione: aumentare il coordinamento, la coerenza e le sinergie (COM (2008) 611 def.) (atto

comunitario n. 17) e delle mozioni 1-00190, 1-00245, 1-00246, 1-00247 e 1-00250, tenutasi al Senato nella seduta n. 343 del 2 marzo 2010

26 Recita: “Le navi italiane in alto mare e gli aeromobili italiani in luogo o spazio non soggetto alla sovranità

di alcuno Stato sono considerati come territorio italiano”

27 L’art. 92 dispone che: “Le navi battono la bandiera di un solo Stato e, salvo casi eccezionali specificamente

previsti da trattati internazionali o dalla presente Convenzione, nell'alto mare sono sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva”; l’art. 94 dispone che: “Ogni Stato esercita efficacemente la propria giurisdizione e il proprio controllo su questioni di carattere amministrativo, tecnico e sociale sulle navi che battono la sua bandiera”

la sentenza CEDU ha riconosciuto un esercizio extraterritoriale della giurisdizione statale e ricondotto, pertanto, le violazioni alla giurisdizione italiana.28 Per la Corte, l’Italia ha violato

l’art. 3 della CEDU poiché ha esposto i ricorrenti al rischio di trattamenti inumani o degradanti in Libia, nonché al rischio di essere rinviati nei rispettivi Paesi di origine. L’Italia è stata condannata a versare un risarcimento di 15mila euro più le spese a 22 delle 24 vittime, in quanto due ricorsi non sono stati giudicati ammissibili.29 Secondo la Corte, l’Italia ha

violato anche l’articolo 4 del Protocollo n. 4 della Convenzione, che proibisce i respingimenti collettivi. La portata innovativa di questa sentenza si rinviene nell’aver statuito, per la prima volta, che il divieto di espulsioni collettive si applica anche a casi di rinvio verso Paesi terzi avvenuti al di fuori del territorio nazionale. Infatti, secondo la Corte di Strasburgo,

“lo scopo dell’articolo 4 del Protocollo n. 4 è evitare che gli Stati possano allontanare un certo numero di stranieri senza esaminare la loro situazione personale e, di conseguenza, senza permettere loro di esporre le loro argomentazioni per contestare il provvedimento adottato dall’autorità competente. Se dunque l’articolo 4 del Protocollo n. 4 dovesse applicarsi soltanto alle espulsioni collettive eseguite a partire dal territorio nazionale degli Stati parte alla Convenzione, una parte importante dei fenomeni migratori contemporanei verrebbe sottratta a tale disposizione, sebbene le manovre che essa intende vietare possano avvenire fuori dal territorio nazionale e, in particolare, come nel caso di specie, in alto mare. L’articolo 4 verrebbe così privato di qualsiasi effetto utile rispetto a tali fenomeni, che tendono pertanto a moltiplicarsi. Da ciò deriverebbe che dei migranti che sono partiti via mare, spesso mettendo a rischio la loro vita, e che non sono riusciti a raggiungere le frontiere di uno Stato, non avrebbero diritto a un esame della loro situazione personale prima di essere espulsi, contrariamente a quelli che sono partiti via terra” (paragrafo 177 del Ricorso n. 27765/09).

28 Ai sensi dell’art. 1 CEDU

29 Il Fatto Quotidiano (2012), “Libia, Italia condannata per i respingimenti Monti: «Sentenza peserà su