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I L CASO I TALIA : SPESA PUBBLICA , SHADOW ECONOMY E PRESSIONE FISCALE

Nel documento Introduzione (pagine 93-97)

LA SHADOW ECONOMY: RESILIENZA O CONVENIENZA? L’ITALIA NELLA DIMENSIONE EUROPEA

2. I L CASO I TALIA : SPESA PUBBLICA , SHADOW ECONOMY E PRESSIONE FISCALE

2.1. Dinamiche della spesa pubblica in Europa ed in Italia

Nell’approccio al sommerso, non si può prescindere da quanto «Stato» ci sia all’interno del sistema economico anche perché l’evidenza empirica chiarisce che la dimensione delle pretese fiscali della pubblica amministrazione è determinata, nel medio lungo termine, dall’ampiezza della spesa pubblica.

In linea generale, se maggiori esigenze generano maggiori imposte necessarie, ciò non implica che tali imposte siano realmente versate. Maggiori esigenze della pubblica amministrazione implicano maggiori vantaggi nell’adottare un’opzione di uscita dal sistema dell’economia legale per rifugiarsi nel

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sommerso con la conseguenza che lo Stato aumenterà le pretese fiscali sui contribuenti che per qualche ragione non possono o non riescono ad evadere. Ma anche questi ultimi, a parità di altre condizioni, avranno meno voglia di partecipare all’attività produttiva, visto che minori ne risulteranno i vantaggi economici.

Uscite totali in % del PIL v.m.a. % del PIL reale

1970 1980 1990 2000 2007 2008 2009 2010 2011 1971-2007 2008-2011 Austria 40,1 50,0 51,5 51,9 48,6 49,3 52,9 52,5 51,5 2,7 0,7 Belgio 40,2 54,9 52,3 49,1 48,3 49,9 53,8 52,9 52,4 2,4 0,6 Danimarca 41,4 52,7 55,4 53,7 50,8 51,9 58,4 58,5 2,2 -0,9 Finlandia 30,7 40,1 48,1 48,3 47,2 49,1 55,6 55,1 54,5 3,1 -0,2 Francia 38,7 46,0 49,6 51,7 52,6 53,3 56,7 56,6 56,6 2,5 0,1 Germania 38,9 47,4 44,2 45,1 43,5 44,0 48,1 47,9 45,7 2,2 0,6 Grecia 22,2 26,9 45,2 47,1 47,6 50,6 53,8 50,2 50,3 2,8 -3,1 Irlanda 37,1 50,1 42,8 31,2 36,6 42,8 48,9 66,8 45,7 5,1 -2,4 Italia 31,0 40,9 53,0 45,9 48,2 49,3 52,5 51,2 50,5 2,3 -1,1 Lussemburgo 28,8 48,1 37,7 37,6 36,3 37,1 43,0 42,5 43,2 4,2 -0,1 Olanda 43,2 55,2 54,9 44,2 45,3 46,2 51,5 51,2 50,3 2,7 0,4 Portogallo 18,6 32,4 38,6 41,1 44,4 44,8 49,9 51,3 49,1 3,3 -0,8 Regno Unito 42,0 47,6 41,1 36,8 43,9 47,8 51,5 50,6 49,9 2,5 -0,8 Spagna 20,1 30,5 41,3 39,2 39,2 41,5 46,3 45,6 43,0 3,1 -0,6 Svezia 45,1 64,4 63,4 55,1 51,0 51,7 55,0 52,9 51,5 2,3 0,9 Stati Uniti 32,5 34,2 37,2 33,9 36,8 39,1 42,7 42,5 42,1 3,1 0,2 Giappone 19,5 32,9 31,6 39,0 35,9 37,2 42,0 41,1 42,8 3,1 -1,0

Tab. II - Uscite totali delle amministrazioni pubbliche e crescita economica.

Fonte: elaborazione su dati EUROSTAT.

Dalla tabella II è desumibile una tendenza di lungo periodo, che vede un costante aumento della quota delle uscite totali in rapporto al PIL. Ciò risulta vero, con maggiore o minore intensità, per quasi tutte le più importanti economie europee. Nell’ambito di quest’analisi descrittiva, si è volutamente separato il periodo 1970-2007 da quello successivo 2008-2011 per distinguere l’incremento della spesa pubblica, intesa nella sua dimensione più ampia, realizzatosi nella fase pre-recessiva da quello originato dai consistenti interventi a carico dei bilanci pubblici dei diversi Paesi per fronteggiare la crisi internazionale originata dai subprimes e poi sfociata nella recessione economica.

Tra il 2008 ed il 2011, infatti, in oltre la metà dei 15 Paesi oggetto del confronto, la quota delle uscite totali in rapporto al PIL ha raggiunto livelli tra il 50% ed il 55%, a fronte di tassi medi annui di crescita in gran parte negativi o appena positivi per qualche decimo di punto. Relativamente alle tendenze di lungo periodo 1970-2007, si è assistito ad un graduale processo di convergenza nell’ambito dei Paesi europei, che ha portato i sistemi economici caratterizzati da quote di spesa pubblica in rapporto al PIL tra il 20% ed il 30% (come Grecia, Spagna, Italia, Lussemburgo, Finlandia e Portogallo), su quote prossime al 50%, vicine a quelle tradizionalmente elevate, per le peculiari caratteristiche del modello socioeconomico, dei Paesi scandinavi.

Nell’arco di un quarantennio circa, anche probabilmente per i processi via via più spinti di integrazione europea, i Paesi a minore impatto di spesa pubblica hanno colmato il divario che li separava da quelli tradizionalmente orientati ad un’economia di mercato più fortemente intermediata dall’intervento pubblico.

Tra il 1970 ed il 2007 e, ancora, negli anni successivi al 2008, la geografia della spesa pubblica è evoluta con dinamiche differenti tra i Paesi, riconducibili sia ai differenti modi di interpretare il ruolo del settore pubblico come agente economico, sia alla composizione stessa della spesa. Anche sotto questo profilo, è possibile individuare tratti comuni che riflettono le differenze tra Paesi latino- mediterranei, Paesi ad elevata efficienza amministrativa e Paesi a prevalente orientamento sociale (modello scandinavo). Il gruppo dei Paesi mediterranei ha esibito nel lungo periodo un tasso medio annuo di crescita delle uscite totali superiore al 10%, con punte di oltre il 17% per Grecia e Portogallo. La spesa pubblica, nella sua accezione più ampia, è cresciuta ad un ritmo medio annuo più sostenuto del corrispondente tasso del PIL nominale, a dimostrazione che per un lungo periodo di tempo la spesa pubblica ha rappresentato, nelle scelte del policy maker, una variabile non vincolata

alla capacità di produrre ricchezza. Una seconda peculiarità che distingue i Paesi mediterranei dagli altri Paesi europei è che la convergenza del livello delle uscite totali in rapporto al PIL su valori prossimi e/o nell’intorno del 50%, si è verificato essenzialmente a danno degli equilibri di finanza pubblica, come denotano i livelli assoluti superiori al 100% per Italia e Grecia, o anche il triplicarsi o quadruplicarsi, nel corso di quattro decenni, del livello iniziale debito/PIL dei primi anni settanta per Portogallo e Spagna. Naturalmente, gli incrementi dello stock del debito sono stati alimentati dai disavanzi di bilancio cumulatisi nel tempo.

2.2. Il ruolo della shadow economy nell’entità della pressione fiscale

In Italia, come di è visto in tabella I, la frazione di PIL dovuta alla SE è sostanzialmente ascrivibile al 20% mentre la pressione fiscale apparente (ovvero data dal rapporto tra gettito e PIL, così come queste grandezze vengono osservate e cioè ci appaiono) secondo le stime dello stesso Governo contenute nel DEF sarebbe attestata al 45,2%.

Ora, se da questo rapporto viene tolta la parte di PIL che non paga imposte – cioè si assume che sull’imponibile sommerso non venga pagata alcuna imposta – si ottiene la pressione fiscale effettiva o legale, cioè quella che mediamente è sopportata da un euro di prodotto legalmente e totalmente dichiarato in Italia. Tale valore è pari al 56,5% [(cioè 45,2/(1-0,20)]. Questo valore non solo è il più elevato nella nostra storia economica recente ma costituisce un record mondiale assoluto.

Moltiplicando il valore nominale del PIL stimato negli ultimi anni pari a circa 1600 miliardi di euro, per il tasso di sommerso economico (20%) per l’aliquota media legale o effettiva pari al 56,5%, l’imposta evasa sarebbe intorno ai 180 miliardi di euro (il 56,5% di 320 miliardi di imponibile evaso). Qualcosa di gigantesco. Un’enormità che ha portato anche illustri commentatori a valutazioni azzardate sull’ipotesi che un eventuale recupero di tale gettito potrebbe ridurre di un eguale ammontare il nostro debito pubblico o permetterci investimenti infrastrutturali faraonici.

Un altro pezzo della complessa storia sommerso-emerso è dato dalla pressione fiscale apparente, ovvero il rapporto tra gettito complessivamente introitato dalla pubblica amministrazione e PIL. Per il 2012, secondo le stime della Commissione europea, l’Italia si posiziona al quinto posto sui 35 Paesi considerati. La pressione apparente al 45,2% è la più elevata del periodo per il quale si dispone di statistiche attendibili. L’Italia supera anche molti Paesi nordici, quelli dello stato sociale funzionante. Si colloca sopra le medie europee comunque calcolate e stacca di cinque punti percentuali assoluti la Germania, di sette il Regno Unito, di dodici la Spagna, di quindici il Giappone e di quasi venti gli Stati Uniti.

Si può pertanto concludere che, sotto il profilo aritmetico, il record mondiale dell’Italia nella pressione fiscale effettiva dipende più dall’elevato livello di sommerso economico che dall’elevato livello delle aliquote legali.

BIBLIOGRAFIA

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Discussion Papers n. 2563, 2007, ftp.iza.org/dp2563.pdf .

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RIASSUNTO – Negli ultimi anni il dibattito relativo a ciò che la letteratura internazionale definisce come «Shadow Economy» si è fatto più intenso anche sotto la spinta della crisi prima finanziaria e poi economica innescatasi a partire dal 2007 e della conseguente necessità di garantire gettiti fiscali più elevati in ragione del riequilibrio dei conti pubblici. La tematica, particolarmente sentita in Italia a livello di opinione pubblica ma egualmente dibattuta ed analizzata sul piano scientifico, trova riscontro anche in tutte le economie avanzate a partire dall’insieme dei Paesi afferenti all’UE. In tale

contesto il contributo si propone, sulla scorta di dataset resisi recentemente disponibili, di analizzare sotto tale profilo la posizione dell’Italia nel contesto della geografia europea del fenomeno, tentando di verificare se si presentino delle analogie alla scala dei diversi Paesi nonché un’eventuale sensibilità ai fenomeni recessivi, configurandosi come risposta (resilienza) dei sistemi economici e sociali allo shock provocato dalla crisi.

SUMMARY – In recent years, the debate on what the international literature defines as «Shadow Economy» has become more intense even under the pressure of the crisis, first financial and then economic, which started from 2007 with the consequent need to ensure higher tax revenues because of fiscal consolidation. The issue, particularly strong in Italy in terms of public opinion, but also debated and analyzed on a scientific level, is also reflected in all the advanced economies starting from countries belonging to the European Union. In this context, the aim of the paper is, on the basis of recently available datasets, to analyze the position of Italy in this respect in the context of the European geography of the phenomenon, trying to see if they exist similarities at the scale of the of the various countries as well as a possible sensitivity to recessives phenomena, considered as response (resilience) of the economic and social systems to the shock caused by the crisis.

MARIA STELLA CHIARUTTINI

RESILIENZA E COMPETITIVITÀ COMMERCIALE DELL’UNIONE

Nel documento Introduzione (pagine 93-97)