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LA DIMENSIONE CREATIVA DELLE POLITICHE PUBBLICHE DI INNOVAZIONE TERRITORIALE

Nel documento Introduzione (pagine 141-145)

1. INTRODUZIONE

Dinamica, mutevole, imprevedibile, ma parimenti esplicita rappresentazione delle società che la produce, la cultura si rivela efficace indicatore della capacità creativa di una collettività e della sua intelligenza compositiva attraverso il tempo.

Nel processo evolutivo d’innovazione territoriale, il fattore culturale assume peculiare rilievo in quanto prodotto della capacità realizzatrice dell’individuo trasferita nel più complessivo contesto sociale, da cui discende la stessa trasformabilità e nuova costruzione dello spazio geografico. A seconda del modello culturale, aperto ad intersezioni virtuose con l’esterno, il gruppo sociale riceve input critici e apporti incrementativi delle conoscenze che, stimolandone reazioni ed azioni, si trasformano in fattori di sviluppo dell’economia e del benessere sociale.

La flessibilità del modello culturale, quale vettore di crescita, innovazione e sviluppo, al fine dell’evidenza di un’esplicita efficacia attrattiva dei territori creativi, congiuntamente all’interazione che si stabilisce tra cultura e sviluppo economico, costituiscono paradigmi decisamente acquisiti, sia nella letteratura scientifica, sia nel lessico delle iniziative programmatiche che coinvolgono gli spazi europeo e nazionale.

È del tutto nota la circostanza che tra le più dinamiche realtà europee emerga una particolare attenzione nei confronti del settore culturale e delle attività creative, interpretate in prospettiva anticiclica, in funzione di una nuova concezione che travalica la tradizionale percezione del valore della cultura relegato ad una posizione ancillare e strumentale nei confronti di attività, apparentemente, di più immediata accumulazione di valore aggiunto. La cultura, in tale ottica, assume la consistenza e la concretezza di un’«infrastruttura immateriale» capace di valorizzare l’immagine territoriale e di attivare molteplici filiere all’interno dello spazio geografico.

Tuttavia gli asimmetrici effetti territoriali indotti dalle politiche culturali già operative e l’imponente fase di cambiamento imposta ai consolidati modelli strategici dallo shock finanziario e indotto dalla crisi materializzatasi in Europa dal 2008, hanno comportato la necessità di approfondire la riflessione in merito ad una concreta valutazione del contributo attribuibile alle politiche culturali nei confronti dello sviluppo territoriale e alla reale consistenza che assume il relativo impatto, in rapporto all’implementazione di processi di rigenerazione urbana, alla redistribuzione di opportunità di crescita e alla stessa riduzione delle disparità territoriali.

L’orientamento politico, a fronte di tale particolare condizione di contesto, sembra essere più propenso a limitare i danni piuttosto che a trovare soluzioni innovative, focalizzando l’attenzione sul mantenimento delle posizioni acquisite e su strategie di intervento dettate da logiche di immediatezza e visibilità degli effetti. Tale approccio si è trasformato in una ridefinizione dei compiti istituzionali assolvibili in conseguenza di un ridimensionamento dei progetti avviati a seguito di un ricorrente ridimensionamento, per lo più indiscriminato, dell’aliquota assegnata alla componente culturale nei bilanci nazionali e in quelli degli enti locali.

Questa poco condivisibile realtà si rivela in tutta la sua incoerenza nella prassi consolidatasi nel nostro Paese negli anni più recenti come dimostra il fatto che, dal 2008 ad oggi, il settore culturale italiano ha perso circa 1,3 miliardi di euro di risorse e il budget ministeriale ha subito nell’ultimo decennio una contrazione di circa il 30% del suo valore. Conseguentemente, analoga contrazione si è prodotta a scala locale, influendo negativamente sulla dimensione delle risorse destinate alla cultura, alle erogazioni liberali e alle sponsorizzazioni (GROSSI, 2013).

A fronte di tale contrazione, tuttavia, cresce la spesa annua delle famiglie italiane per cultura e ricreazione (+2,6%) e, più in generale, la partecipazione culturale rappresentata dai visitatori dei siti culturali. A sostenere tale domanda, così come riporta il Rapporto Symbola-Unioncamere 2013, si sta sviluppando sempre di più l’intero sistema produttivo culturale che, nel 2012, ha prodotto un valore

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aggiunto superiore ad 80 miliardi di euro pari al 5,8% di quello prodotto complessivamente dalla nostra economia. Analoghi valori positivi sono registrabili con riferimento all’export italiano di beni creativi.

2. LO SPAZIO PUBBLICO DELLA CULTURA

Nell’attuale congiuntura economica le scelte politiche, e, più in generale, l’orientamento sociale che ne deriva, sono orientate in funzione di strategie basate su comprovate esigenze collettive, in ragione di priorità espresse da un’insopprimibile combinazione costi-benefici. Tale approccio deriva sicuramente da una crescente esigenza di trasparenza, sollecitata dalla consapevolezza dell’irrinunciabilità di una rinnovata istanza di partecipazione sociale, intimamente correlata ad una nuova maturità espressa dalle collettività territoriali. I cittadini chiedono prove dell’efficacia della spesa pubblica e, di conseguenza, i decisori politici hanno necessità di individuare obiettivi chiaramente definiti e conseguire risultati direttamente misurabili in termini di consenso sociale. Tuttavia, con la drastica contrazione delle rimesse pubbliche, gli enti locali hanno dovuto adattare il modello di erogazione dei servizi essenziali, e in particolare il segmento delle prestazioni garantite ai cittadini, alle sopravvenute esigenze di riduzione delle spese. Ne è conseguita una non agevole revisione dei modelli di welfare, con gravose conseguenze sulla qualità e quantità dell’offerta, in un contesto, per giunta, di complessa scelta della scala di priorità da adottare.

Del resto, la cultura difficilmente può essere sottoposta ad una misurazione di efficacia e ad una valutazione puramente basata su parametri di mera entità economica; così come, parimenti, alquanto difficile si rivela determinarne la propensione, immediata e diretta, alla generazione di ricchezza aggiuntiva. Un simile approccio si palesa decisamente incongruo, così come riduttivi appaiono quegli indicatori di natura econometrica che si riferiscono esclusivamente alla capacità moltiplicatrice della spesa erogata, per l’evidente ragione che tali misure trascurano fattori egualmente importanti, sebbene più difficilmente pesabili, quali la partecipazione, il benessere, la coesione sociale, e la stessa valenza collettiva dell’identità nazionale.

La cultura, nello stesso tempo, non può restare solo una dichiarazione ideale, un moloch immateriale, i cui benefici effetti vanno accolti in assoluta certezza fideistica. In altri termini, qualcosa alla quale, in astratto, si deve comunque credere, senza farsi carico di responsabili acquisizioni di opportuni strumenti di analisi e prospezione dei relativi effetti in termini di puntuali proiezioni nello spazio geopolitico. Diversamente, gli operatori del settore, di concerto con i decision maker politici, devono poter individuare nuove modalità di approccio, nuovi percorsi e acquisire puntuali informazioni sui singoli step di un progetto condivisibile all’interno del quale il fattore di propagazione dello sviluppo possa essere opportunamente movimentato da un sistema di interventi incentrati sul fattore «cultura».

Un approccio che aiuta a meglio intendere il senso delle precedenti affermazioni sembra potersi ricavare dalla logica perseguita dal Dipartimento per lo Sviluppo e la coesione economica, attraverso l’attivazione del progetto «Sensi contemporanei»(1), col quale, superando la logica di investimenti a

pioggia, indifferenziati e introducendovi un forte elemento di cooperazione istituzionale, ha promosso la realizzazione di progetti intensamente integrati, ruotanti intorno al principio del coinvolgimento territoriale della risorsa cultura, in differenti e varie forme di concreta operatività. L’aspetto sia innovativo, sia esemplare del programma scaturisce dalla concezione che individua nel binomio cultura e sviluppo un fattore propulsivo in grado di riposizionare il ruolo della componente culturale nella formulazione di un’equazione del tutto innovativa, proprio perché caratterizzata da elevata valenza esponenziale di quel fattore primo.

Più nello specifico, l’approccio seguito, alimenta l’affermazione di una forte integrazione di fattori culturali e formativi che, scaturenti da un diverso sentire e da una diversa interpretazione della funzione della cultura, pur tradizionalmente estranei al perimetro di competenza e alle consuete metodiche perseguite da un’istituzione di natura prevalentemente economicistica, esprimono un’innovazione significativa sul piano delle politiche pubbliche, ponendo le basi per innovare radicalmente l’approccio pregresso e la stessa articolazione della strumentazione finanziaria sottesa al modello classico di sviluppo locale.

(1) Sensi Contemporanei è stato avviato nel 2004 dal Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica – DPS del Ministero dello Sviluppo Economico, dalla Direzione Generale Paesaggio, Belle Arti, Architettura e Arte Contemporanee, PaBAAC del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e da sette Regioni del Sud Italia.

La realizzazione di tali progettualità opera in un sistema di cooperazione e di partnership in un ottica non sostitutiva dell’intervento locale ma sussidiaria; la qual cosa è conseguibile grazie ad un modello operativo che, avvalendosi di expertise e di reti di competenza rinvenibili sia all’interno del Dipartimento che sul piano locale, suggerisce interessanti ipotesi di proiezione localistica intorno ad investimenti legati alla dimensione dell’immaginario, alla comunicazione culturale, alla valorizzazione e all’ampliamento dell’offerta e, quindi, dell’attrattività del territorio.

Ulteriore aspetto peculiare della programmazione attivata da «Sensi Contemporanei», oltre l’esplicito riferimento alla leva dell’arte contemporanea quale aggregante di inesplorate forme espressive, è la concentrazione della relativa disponibilità finanziaria verso le regioni Centro Meridionali intesa come fattore riequilibrante rispetto all’attuale distribuzione della spesa culturale italiana, per il 70% ricadente nelle regioni Settentrionali.

3. LA SPERIMENTAZIONE REGIONALE: IL CASO DELLA REGIONE CALABRIA

Le regioni che più di ogni altra hanno sottoscritto accordi significativi in termini economici e finanziari e che, conseguentemente, si presentano come maggiormente attive, risultano essere la Sicilia e la Calabria seguite, a non poca distanza, per impegno finanziario, dalla Puglia mentre tutte le altre regioni meridionali partecipano ad accordi di programma per importi piuttosto limitati(2). In

questo scenario, una posizione assolutamente incongrua compete alla Campania, che si caratterizza per una spesa in cultura (sia con riferimento agli Accordi di programma quadro sia con riferimento alla spesa pubblica per tale settore) alquanto modesta. Realtà del tutto ingiustificabile, nonostante un numero di visitatori dei musei, e quindi la partecipazione anche «esterna» all’offerta culturale, caratterizzata da valori particolarmente elevati.

Interessante, invece, il caso della Calabria che, pur avendo intercettato risorse significative nell’ambito del progetto Sensi Contemporanei, non si rivela in grado di acquisire risorse pubbliche nel settore cultura, concentrando a mala pena solo il 9% del totale di spesa realizzato nell’intero Mezzogiorno. Tale «incapacità» è ancor più, amplificata da ulteriori dati, quali il valore pro capite (pari ad appena 88 euro, il più basso a scala nazionale), l’indice di dotazione infrastrutturale in ambito culturale e quello, ad esso strettamente connesso, che misura la partecipazione culturale della popolazione, sempre ai livelli inferiori del Mezzogiorno e dell’intera Penisola(3).

L’impiego di risorse pubbliche nel settore, inoltre, ha certamente contribuito a sostenere l’incremento di nuove attività imprenditoriali, nei comparti dello svago, ricreazione e cultura che hanno prodotto, complessivamente, oltre un miliardo di euro. Si tratta di azioni di notevole incidenza sul piano sociale, in particolar modo per la condizione di generalizzata carenza di investimenti di cui soffre la Calabria che hanno comportato variazioni positive per il contesto regionale, seconde solo alle performances conseguite dalle imprese del settore Energia gas e acqua (UNIONCAMERE CALABRIA, 2013).

Oltre che per la creazione di ricchezza, il sistema produttivo culturale calabro fornisce un importante apporto in termini occupazionali generando, circa, 26.000 posti di lavoro. L’aspetto più rimarchevole, comunque, è riconducibile all’andamento anticiclico del settore che, pur se notevolmente variabile tra i diversi territori provinciali, a fronte di una performance regionale e nazionale caratterizzata prevalentemente dal segno negativo, ha manifestato una tenuta migliore rispetto alla media italiana.

La Calabria, pertanto, assume i connotati di un originale laboratorio, per più versi adeguato a fornire utili indicazioni per una sia pur sommaria misurazione delle reali capacità delle politiche culturali di favorire processi redistributivi delle disponibilità finanziarie che lo Stato, anche nel perdurare della crisi, attribuisce al relativo settore, consentendo di avanzare, inoltre, ipotesi e valutazioni circa una sorta di misurazione dell’efficacia dell’intervento pubblico a scala territoriale.

(2) Significativa la realtà siciliana Sicilia, per l’attitudine espressa nell’attrarre risorse ed investimenti. I valori di spesa pubblica nel settore «Cultura e servizi ricreativi», infatti, in Sicilia raggiungono livelli particolarmente elevati, pari al 34% della spesa di tutte le regioni del Mezzogiorno (Campania 27%, Puglia 18%, Calabria 9%, Abruzzo 7%, Molise 3%, Basilicata 3%) così come, parimenti, si verifica a livello pro capite, dove si raggiungono i 134 euro; livello tra i più alti del sud Italia e superiore alla stessa media nazionale (Molise € 163, Sardegna € 144, Basilicata 113, Puglia € 98, Campania € 93, Calabria € 88).

(3) Ciò nonostante la Regione usufruisce di una quota particolarmente significativa di finanziamenti relativi alla politica di coesione nello specifico di cultura e turismo con circa 358,8 milioni di euro della programmazione 2006-2013 che determina un indice pro capite di € 178, pari solo alla Val d’Aosta (745 progetti). Cfr. dati «Open coesione», Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica.

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Nello stesso tempo, a proposito delle considerazioni svolte, appare legittimo concludere che il progetto «Sensi Contemporanei» concepito dal Dipartimento per lo sviluppo economico, pur inserendosi in un processo più ampio, ha fattivamente contribuito all’attivazione di dinamiche endogene di sviluppo e favorito la realizzazione di obiettivi sociali attraverso la costruzione di opzioni accrescitive d’integrazione sociale che, oltre ai vantaggi diretti per l’intera collettività, rafforzano la coesione territoriale e consentono lo sviluppo di competenze innovative, la cui trasferibilità produce ulteriore valore aggiunto.

Pur consapevoli dell’esigenza di maggiori dati statistici e di una più ampia sedimentazione degli effetti indotti da simili forme programmatiche d’intervento della «promozione» e dell’«implementazione» della leva culturale, appare di tutta evidenza la circostanza che i territori regionali, nelle singole articolazioni geografiche, rappresentano il luogo privilegiato, prima di sperimentazione e, successivamente, di puntuale realizzazione per politiche virtuose finalizzate alla crescita e allo sviluppo locale.

BIBLIOGRAFIA

FONDAZIONE SYMBOLA-UNIONCAMERE, Io Sono Cultura. L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi, Rapporto 2013.

GROSSI R. (a cura di), Una strategia per la cultura. Una strategia per il Paese, IX Rapporto annuale Federculture, Milano, 24

Ore cultura, 2013.

KEA, L’economia della cultura in Europa, Studio preparato per la Commissione Europea (Direzione Generale per

L’Educazione e la Cultura), ottobre 2006.

SILVIA ARU E MARCO SANTANGELO

Nel documento Introduzione (pagine 141-145)