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I L PROBLEMA METODOLOGICO

Nel documento Introduzione (pagine 194-196)

IL CASO DEL LITORALE AUSTRO-ILLIRICO

3. I L PROBLEMA METODOLOGICO

Com’è noto, la legge rango-dimensione (acronimo inglese: RSR) nasce come metodologia di analisi della concentrazione della popolazione. Non distingue quindi la natura degli insediamenti (se di tipo urbano o meno) né la loro funzione.

La RSR è usata solitamente per indagare la struttura dei sistemi insediativi, in quanto consente di identificarne la tipologia. Questa è funzione dell’evoluzione interna del sistema, di cui monitora pertanto il cambiamento strutturale (CORI, 1979). A nostro avviso, ancora più interessante appare la possibilità di evidenziare le conseguenze sistemiche delle modificazioni intercorse nelle circoscrizioni di riferimento. Questo tema sta alla base della riflessione di JEFFERSON (1939), che non si limita ad evidenziare una nuova tipologia urbana (la c.d. «città primaziale»). Anch’egli infatti, come già Christaller, rifletteva sulle conseguenze provocate dai cambiamenti confinari successivi alla Grande Guerra (e non solo).

Giova rilevare come il modello della RSR sia stato sottoposto negli ultimi decenni ad una critica serrata, tanto dal punto di vista della formulazione matematica che da quello della rispondenza alla realtà attuale di un’intuizione maturata negli anni Trenta e Quaranta dello scorso secolo (FONSECA, 1988; TONG SOO, 2004). Al riguardo siamo dell’opinione che tale modello si presti tuttora all’esame di strutture territoriali di tipo tradizionale, mentre non possa utilizzarsi se non dopo significativi aggiustamenti allo studio di aree investite da un’urbanizzazione a macchia d’olio. Il presente lavoro

si appoggia infatti su tale convinzione, non essendo riconosciuti dagli studiosi nell’area considerata fenomeni di diffusione urbana di portata analoga a quella di altre regioni(1).

L’ultimo problema a questo punto concerne la scelta dell’indicatore statistico da assumere per i diversi insediamenti esaminati. Considerato l’intervallo temporale piuttosto lungo, l’inevitabile manifestarsi di fenomeni conurbativi ha comportato anche qui alterazioni significative della struttura insediativa. Nel tentativo (certamente non completamente risolto) di evitare confronti tra strutture spaziali non omogenee, si è ritenuto di assumere, anziché la popolazione complessiva dei diversi comuni, quella dei relativi insediamenti centrali. Ciò comporta evidentemente una sottostima dell’entità demografica, soprattutto per gli agglomerati maggiori, che assume significatività nel caso in cui altri insediamenti abbiano ampliato tale circoscrizione. Questa circostanza appare peraltro alquanto rara, essendo generalmente le amministrazioni locali interessate semmai a modificare il perimetro esterno del comune, per inglobare ulteriori spazi edificabili. Con tale precauzione si ritiene di poter superare le perplessità emerse nella letteratura circa l’utilizzabilità attuale della RSR.

Se si guarda al contesto politico internazionale, l’area in questione sembra aver percorso nell’ultimo secolo tutto intero un ciclo di trasformazioni e nel 2013 – con l’entrata della Croazia nell’UE – sia ritornata nell’alveo di una costruzione che garantisce nuovamente la libertà di circolazione e di stabilimento come avveniva per gli italiani ed austriaci all’interno della Triplice Alleanza. Ad un secolo dallo scoppio della prima guerra mondiale le fratture si vanno dunque ricomponendo. Questa circostanza sottolinea l’utilità di una riflessione circa la validità di una circoscrizioni storicamente defunta, tanto oggi quanto al momento della sua scomparsa.

Questa struttura appare fortemente polarizzata sul centro portuale di Trieste, la cui popolazione (al censimento 1910) è circa quattro volte quella del secondo abitato, Pola. A prima vista si potrebbe ipotizzare l’esistenza di una rete insediativa di tipo primaziale, anche se in questo caso non siamo di fronte agli effetti «statistici» diretti di una modifica della carta geopolitica, bensì delle risultanze di un processo di sviluppo accelerato, legato solo indirettamente ad un evento geopolitico quale la caduta di Venezia (BATTISTI, 1986).

Sorprendentemente, ad un secolo di distanza i rapporti dimensionali fra i primi due centri rimangono sostanzialmente immutati, nonostante tutto il contesto (interno ed esterno) sia cambiato. Lo dimostrano i mutamenti demografici registrati dal resto della rete insediativa, al di qua e al di là degli attuali confini internazionali. Nei 100 anni successivi all’ultimo censimento austriaco si assiste infatti a ripetuti processi di selezione degli insediamenti, che privilegiano gli uni a scapito degli altri, nel solco di una tendenza alla compattazione amministrativa delle sedi minori che, iniziata con l’amministrazione italiana (SCHIFFRER, 1953), proseguirà con quella jugoslava (VALUSSI, 1971) per poi subire un’inversione in seguito all’indipendenza della Slovenia e della Croazia.

Sarà utile ricordare in sintesi i principali eventi traumatici che si sono abbattuti su quest’area: a) dissoluzione dell’impero austriaco; b) riorganizzazione della rete amministrativa e sviluppo economico nel periodo italiano; c) separazione in due tronconi grosso modo secondo linee etniche dopo la seconda guerra mondiale; d) sviluppo socioeconomico duale durante la «guerra fredda»; e) dissoluzione (non pacifica) della Jugoslavia e nascita di un inedito confine internazionale tra Slovenia e Croazia; f) deregolamentazione e riorganizzazione locale in un contesto di globalizzazione (fase attuale).

Seguire ciascuno di questi eventi comporterebbe l’analisi della documentazione (soprattutto statistica) per l’intera serie dei censimenti postbellici (1948, 1951-1953, 1961, 1971, 1981, 1991, 2001- 2002 e 2011-2012) per i tre Paesi considerati. Un’impresa considerevole, che eccede i termini di questo lavoro che intende porsi come semplice indagine preliminare in materia. Si è optato pertanto per un confronto della situazione ai due estremi temporali, utilizzando le risultanze della rilevazione del 1910 e quella, in corso di elaborazione, del 2011-2012.

Un tale confronto solleva indubbi problemi di compatibilità dei dati raccolti. Più che la ridotta non corrispondenza temporale tra le diverse rilevazioni ciò che preoccupa sono le discordanze metodologiche, che rendono non del tutto confrontabili gli aggregati numerici. Il censimento italiano e quello croato sono infatti frutto di una rilevazione individuale, mentre quello sloveno è un censimento amministrativo, vale a dire condotto «a tavolino» sulla base delle risultanze amministrative in possesso degli enti pubblici. Per giunta quello croato (non comparabile con quello del 2001) adotta una definizione di popolazione residente che desta una certa perplessità. Se a ciò si aggiunge la non disponibilità delle risultanze del censimento italiano 2011, l’unica soluzione praticabile al momento

(1) Il fatto è invero discutibile: sull’argomento, v. il nostro saggio «Equilibri in mutamento nell’Europa del Terzo Millennio. Il caso del confine orientale d’Italia» (contributo al 31° Congresso Geografico Italiano, in corso di pubblicazione).

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consiste in un confronto 1910-2001, che se non tiene conto dell’ultimo degli eventi traumatici dianzi ricordati, evidenzia comunque la sommatoria di tutti quelli precedenti.

Nel documento Introduzione (pagine 194-196)