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I FLUSSI COMMERCIALI INTRA EUROPE

Nel documento Introduzione (pagine 99-103)

RESILIENZA E COMPETITIVITÀ COMMERCIALE DELL’UNIONE EUROPEA: INTEGRAZIONE O ENTROPIA?

3. I FLUSSI COMMERCIALI INTRA EUROPE

Come accennato nell’introduzione, il presente paragrafo tenta di verificare se l’integrazione commerciale europea è proceduta di pari passo rispetto a quella col resto del mondo. Gli studi econometrici tendono ad evidenziare lo stimolo degli scambi bilaterali fra Paesi membri connesso all’ampliamento dell’UE (GIL et al., 2008). Tali effetti positivi sembrano però controbilanciati dal contemporaneo ampliamento dei mercati internazionali.

Come si evince dalla tabella II i Paesi europei, con la sola eccezione di Cipro, hanno diminuito la quota delle proprie esportazioni di beni all’interno dell’UE, in modo particolare verso la UE-15. Si tratta di un indicatore eloquente: significa che per la Polonia, ad esempio, la UE-15 è un partner commerciale meno importante nel 2011 di quanto non lo fosse precedentemente all’allargamento del 2004. Anche per le importazioni la quota di traffico intra-UE è diminuita nella maggior parte dei casi, specialmente a carico dell’UE-15. Il fatto che la diminuzione di esportazioni e importazioni sia meno sensibile considerando la UE-27 indica che vi è stata una moderata intensificazione degli scambi confinata all’area centro-orientale. Un caso plateale di progressivo estraniamento dal mercato europeo è rappresentato dalla Grecia, il cui commercio di beni con l’UE è passato dal 70% degli anni Novanta all’attuale 50%.

Ci si potrebbe domandare se la diminuita centralità dell’UE-15 sia da imputarsi principalmente alla sua minor attrattività come mercato di sbocco e/o alla minore competitività come mercato di fornitura. L’analisi delle variazioni percentuali di tali mercati per i singoli Paesi non fornisce però una risposta univoca, bensì diversa caso per caso.

Considerando, anziché il commercio dei beni, quello dei servizi, di crescente importanza per un’economia avanzata, si evidenziano alcune controtendenze. Non sistematiche, esse appaiono poco influenti anche a motivo del peso commerciale modesto dei servizi rispetto ai beni. Più proficua si rivela invece la scomposizione delle bilance commerciali (beni più servizi)(2) a seconda dell’area

geografica in cui sono originate. Possiamo così identificare i ruoli diversificati che i vari Paesi membri svolgono nell’ambito del commercio UE.

Ciò che ha caratterizzato l’andamento della bilancia commerciale europea degli ultimi anni è stata una prossimità al pareggio risultante dalla somma algebrica di saldi nazionali fortemente divergenti. Tale tendenza è generalmente ascritta agli effetti inflativi asimmetrici derivanti dall’introduzione dell’euro, che avrebbe depresso i tassi d’interesse nella periferia stimolando la domanda con un conseguente aumento dei salari e una perdita di competitività (EEAG, 2012), assieme alla ristrutturazione del sistema produttivo tedesco (GUERRIERI edESPOSITO, 2012). A prescindere dalle cause, ne è risultata una struttura interna all’UE particolarmente disomogenea. Possiamo infatti distinguere fra esportatori netti il cui avanzo di bilancia si forma principalmente sui mercati europei (Germania, Olanda, Belgio), esportatori netti il cui avanzo è realizzato invece sui mercati esterni all’UE (Danimarca, Svezia), importatori netti il cui deficit è originato in Europa (Francia, Regno Unito, Grecia,

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Portogallo) e una periferia di Paesi dell’Est che si divide fra esportatori (Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria) e importatori (Bulgaria, Romania, Lituania, Lettonia). I limiti di spazio impediscono una trattazione approfondita del tema: ci limitiamo pertanto ad accennare ai casi più interessanti. Innanzitutto vi è un produttore industriale fortemente integrato con la periferia orientale, la Germania. Essa, a partire dal 2001 si è trasformata da Paese quasi in pareggio nel maggior esportatore netto mondiale. La caratteristica principale del saldo tedesco è la sua dipendenza dal mercato europeo: l’avanzo nei Paesi UE-15 ha infatti coperto una quota pari al 80-90% del saldo di bilancia. Il modello commerciale della Germania in un certo senso è semplice: un importatore netto dalla periferia orientale (Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria) e globale (Cina, Indonesia, Malesia, a cui andrebbe aggiunto almeno parte del saldo negativo con l’Olanda, ri-esportatrice di merce asiatica) che riesce però a rifarsi abbondantemente negli scambi con tutti gli altri singoli stati UE. La recessione che ha colpito recentemente l’Europa ha portato però a una contrazione percentuale del saldo europeo. Ciò fa riflettere: la Germania infatti si ritrova ora nella situazione paradossale di essere un’economia mercantilista fortemente dipendente dai mercati di sbocco europei che ciò nonostante promuove politiche di risanamento nei Paesi colpiti dalla crisi dagli effetti potenzialmente recessivi, condannandosi così a dipendere in misura crescente dai mercati extra-europei per perpetuare il proprio modello di sviluppo

export-driven.

UE-27 UE-15 AE-17 USA Giappone Cina Russia

E I E I E I E I E I E I E I UE-15 Austria -7,8 -7,4 -9,3 -9,9 -6,7 -9,7 0,4 -2,6 -0,2 -1,2 1,8 3,2 1,5 0,2 Belgio -4,1 -2,9 -5,9 -3,9 -2,8 -0,9 -0,9 -1,7 -0,2 -0,9 1,5 2,3 0,9 1,7 Danimarca -6,3 -2,2 -8,1 -5,5 -6,7 -3,1 -0,6 -1,2 -1,6 -0,9 1,4 4,0 0,9 0,7 Finlandia -8,0 4,0 -8,7 1,9 -6,5 2,3 -2,9 -4,7 -0,3 -4,6 1,8 0,7 5,1 7,9 Francia -4,7 -3,1 -6,5 -6,0 -2,7 -1,4 -3,2 -3,0 -0,1 -1,9 2,2 4,9 1,2 1,1 Germania -4,9 -2,5 -8,0 -6,7 -5,1 -5,4 -3,2 -2,8 -0,7 -2,1 4,6 5,6 2,2 1,2 Grecia -6,4 -6,7 -8,2 -11,4 -5,3 -6,6 -0,2 -1,5 -0,8 -3,1 1,0 3,6 -0,3 5,0 Irlanda -5,4 5,7 -5,9 4,9 1,2 2,8 5,9 -4,1 -1,9 -3,1 1,6 3,7 0,3 0,0 Italia -5,6 -7,2 -8,7 -10,4 -5,3 -8,6 -4,1 -2,0 -0,4 -1,4 1,8 4,6 1,5 2,5 Lussemburgo -6,6 -11,9 -8,9 -13,9 -4,1 -12,7 -0,3 -1,1 -0,3 0,5 0,7 1,1 0,8 0,0 Olanda -1,1 1,8 -4,2 -0,4 -2,1 2,8 -0,3 -4,1 -0,1 -1,6 1,3 5,2 1,0 2,8 Portogallo -9,0 -3,7 -10,7 -4,7 -3,3 -1,5 -2,3 -1,1 0,0 -1,9 0,7 1,7 0,2 -1,1 Regno Unito -6,3 -0,9 -7,7 -4,0 -7,1 -3,7 -2,7 -4,8 -0,4 -2,5 2,2 5,0 1,3 0,7 Spagna -4,4 -10,6 -6,2 -13,5 -3,7 -10,1 -1,5 -1,1 -0,2 -1,4 1,0 5,1 0,6 0,0 Svezia -6,2 -2,0 -7,8 -5,8 -4,8 -1,4 -3,5 -3,6 -1,5 -1,6 1,1 2,6 1,6 4,7

Nuovi stati membri

Bulgaria 6,3 6,2 -4,1 -1,0 -3,8 1,3 -2,6 -2,1 -0,3 -0,7 1,2 1,9 0,1 -6,7 Cipro 12,2 15,5 11,0 13,6 18,1 17,2 -0,9 -8,9 -0,1 -4,9 1,3 1,3 -6,4 -3,7 Estonia -21,6 28,5 -22,9 13,4 -17,7 8,0 4,8 -0,6 0,1 -3,5 1,5 4,3 8,9 -2,7 Lettonia -19,0 4,2 -32,8 -13,1 -2,9 -6,3 -2,6 -1,3 0,0 0,0 0,4 1,7 0,0 -3,7 Lituania -10,2 4,4 -11,7 -7,0 0,0 -2,6 -2,3 -1,2 -0,2 -1,7 0,2 0,5 9,4 5,5 Malta -1,4 ,1 -2,2 -0,4 1,3 -1,4 -22,9 -6,4 -1,2 -1,3 1,8 1,2 0,0 5,4 Polonia -3,0 -10,2 -8,2 -11,4 -7,7 -8,0 -1,0 -2,0 0,1 -0,3 0,7 6,1 2,1 3,2 Rep. Ceca -3,2 -9,7 -5,8 -13,7 -5,4 -11,3 -3,1 -2,5 0,0 0,2 0,8 10,4 1,9 -1,1 Romania -1,6 1,2 -8,6 -4,8 -5,0 -1,4 -1,9 -1,8 0,2 -0,8 0,0 3,3 1,4 -4,8 Slovacchia -4,9 -17,6 -4,2 -16,9 -8,1 -15,8 0,2 -1,1 0,0 -0,2 2,6 4,7 2,8 -5,7 Slovenia -1,0 -9,6 -5,2 -11,7 -4,8 -8,3 -1,6 0,1 0,0 -0,8 0,3 3,6 0,5 -0,3 Ungheria -8,0 9,5 -20,3 -6,5 -16,5 -2,1 -3,2 -1,9 0,0 -3,7 1,4 3,1 1,6 0,7

Tab. II – Variazione (2000-2011) delle esportazioni (E) e importazioni (I)di beni in percentuale sul totale nazionale

per grandi aree.

L’unico Paese a vantare una bilancia commerciale intra-europea paragonabile a quella della Germania è l’Olanda. Essa gioca un ruolo chiave nella sua qualità di ri-esportatore: generalmente in deficit nei confronti dei mercati extra-europei (USA, Asia, Russia) riesce però a realizzare un considerevole avanzo sul continente. Vi sono poi Danimarca e Svezia, esportatori netti il cui surplus origina da mercati esterni all’UE quali USA e Norvegia, mentre sono fortemente passivi nei confronti della Germania. Esiste poi una periferia industriale emergente composta da Paesi quali Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria e Polonia che realizzano saldi crescenti sui mercati europei, benché con margini ridotti dalla bilancia passiva nei confronti di Russia e Cina.

Fra gli importatori netti vi sono non solo alcuni Paesi in transizione (Bulgaria, Romania, Lituania e Lettonia) ma soprattutto alcune delle maggiori economie europee. Francia, Italia e Spagna negli ultimi dieci anni hanno visto il proprio saldo commerciale capovolgersi da attivo a passivo, deterioramento associato nei primi due casi a deficit crescenti dei confronti dell’UE, mentre le esportazioni nette spagnole stanno da poco aumentando almeno a livello europeo. Strutturalmente negative sono poi le bilance di Regno Unito, Portogallo e Grecia.

4. CONCLUSIONI

Dall’analisi dei dati di commercio e di investimento dei Paesi UE emerge uno scenario composito e dinamico che non corrisponde univocamente alle aspettative stereotipate spesso associate all’idea di mercato unico. Benché si osservi una concentrazione degli investimenti in Europa in concomitanza con l’introduzione dell’euro, le quote di commercio fra i Paesi UE e AE negli ultimi anni sono andate gradualmente declinando, mentre cresce l’importanza di Paesi extraeuropei come i BRIC o la Turchia. Il comportamento asimmetrico fra IDE e import/export potrebbe indicare l’instaurarsi di una relazione di sostituzione delle produzioni prevista dalla letteratura (FLAM, 2009) che qui per ragioni di spazio non è possibile sviluppare ma che potrebbe rappresentare uno sviluppo fisiologico. La vera sfida per la UE sembra piuttosto quella di coordinare gli interessi di Paesi fortemente dissimili a livello di competitività commerciale, promuovendone uno sviluppo armonico che non favorisca gli uni a danno degli altri. Solo così si potranno riformare strutture nazionali resilienti che assicurino la stabilità e il successo dell’Unione intera.

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VALLEGA A., Regione e territorio, Milano, Mursia, 1976.

Università degli Studi di Trieste; ms.chiaruttini@libero.it, maria.chiaruttini@econ.uzh.ch.

RIASSUNTOL’attuale crisi economica sta mettendo in discussione la resilienza di singoli Paesi europei e dell’UE in

generale. La resilienza in Europa è inscindibilmente connessa all’integrazione interna dell’area, tema quest’ultimo che il presente studio affronta sotto l’aspetto dei flussi commerciali e degli IDE.

SUMMARY– The current economic crisis is calling into question the resilience of the single European countries and of the

EU as a whole. EU’s resilience and its internal integration are inextricably linked. The latter issue is examined here from the

perspective of trade flows and FDI.

Parole chiave:Unione europea, sbilanci commerciali, globalizzazione.

MARIA LUISA FARAVELLI E MARIA ANTONIETTA CLERICI

CRISI ECONOMICA E STRATEGIA DELLE IMPRESE:

Nel documento Introduzione (pagine 99-103)