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L’articolo 18, primo comma, della Costituzione dice che:

“I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione,

per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale”.

In definitiva, la Costituzione italiana sancisce un vero e proprio “diritto di associazione”, seppur entro i limiti del diritto penale.

Tuttavia, se agli articoli 29 e 39 e 40, in merito alla famiglia, ai sindacati, e ai partiti politici la nostra Carta Costituzionale risulta essere chiara e dogmatica, nei riguardi dell’associazionismo sportivo rifugge ogni precisazione di principio.

In sostanza la Costituzione non determina un “diritto all’associazionismo sportivo” e ciò dimostra il deficit di interesse del nostro legislatore del 1948.

Lo Sport è da sempre considerato esclusivamente come uno dei tanti contesti sociologici; tuttavia la relativa capacità di saper unire e trasportare le masse è rimasta per lungo tempo taciuta.

Non a caso in epoca fascista, e dei similari regimi dittatoriali, venne utilizzato sia per distogliere i popoli dalle tensioni causate dal governo e dall’imminente conflitto mondiale, sia per accrescere lo spirito patriottico, attraverso la presenza di sportivi coinvolti in ogni specialità fisica, nonché simbolo di forza, di superiorità fisica e frequentemente impiegati come pacieri.

Di fatti atleti di paesi diversi rappresentavano culture e ideali altrettanto diversi: il loro ruolo era quello di vincere l’avversario sul campo da gioco, al fine di evitare lo scontro sul fronte politico.

Per quanto riguarda l’Italia della prima metà del Novecento, l’attenzione per il fenomeno sportivo crebbe man mano che i rapporti di politica internazionale si fecero più intensi, tant’è che venne fatto largo uso sia dell’inno che del Tricolore.

A partire dalla liberazione da parte degli Alleati si iniziò a parlare di “diplomazia sportiva”35, vale a dire una forma di politica estera, esercitata

da ogni Istituzione sportiva nazionale per propri fini, pur sotto l’egida dell’organo di governo centrale ( il Ministero degli Esteri); si ammettono meccanismi di delega alle competenti sfere sportive: in senso più ampio, è lo strumento analogo a quella diplomazia tradizionale esercitata da

consoli e ambasciatori.

L’obiettivo fu quello di far sì che il nostro Paese potesse rientrare sulla scena sportiva internazionale e di fatto fu raggiunto con l’assegnazione dei Giochi Olimpici estivi di Roma 1960, in virtù della dedizione di alcuni ex dirigenti sportivi fascisti, il cui incarico venne conservato per ragioni di continuità e per le credenziali acquisite nel corso dei decenni: Alberto Bonacossa36 e Giulio Onesti37.

35 N. Sbetti, La “diplomazia sportiva” italiana del secondo dopoguerra: attori e istituzioni (1943-

1955)”, in Rivista del Diritto dello Sport, a.2016, vo.1, p.p. 27 e ss.

36 Alberto. Bonacossa (Vigevano 1883 – Roma 1953), a lui si devono numerose iniziative pionieristiche a favore dello sport nazionale.

Fondò la prima società italiana di pattinaggio artistico su ghiaccio (1914), fu tra i promotori della costruzione del Palazzo del ghiaccio a Milano (1932); analoga opera fu da lui svolta per il tennis e per altri impianti sportivi.

Nel 1914, pubblicò a Milano, insieme con G. Porro Lambertenghi, il primo manuale italiano di tennis e, assieme al fratello Aldo, noto alpinista, due buone guide alpine.

Partecipò a numerosi congressi all'estero e Pierre de Coubertin lo ebbe tra i suoi più apprezzati collaboratori.

37 Giulio Onesti (Incisa Scapaccino, Asti, 1912 - Roma 1981), avvocato e dirigente sportivo presidente del Comitato olimpico nazionale italiano (1946-78) e membro di quello internazionale dal 1964.

Per essere precisi, l’Italia riuscì a partecipare ai Giochi estivi di Londra nel 1948 e, nonostante fosse considerata un paese sconfitto, già nel 1949 ottenne l’assegnazione dei Giochi invernali di Cortina d’Ampezzo 1956.

Per concludere su questo tema, un ulteriore ed esplicito riferimento di rango costituzionale si rinviene nell’articolo 117, terzo comma Costituzione, nel quale viene sancito che:

“Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: […]

“ordinamento sportivo”.

Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.

In questo frangente il Costituente effettua un passo in avanti: vi è

l’abbandono del concetto di singola associazione/organizzazione sportiva a vantaggio di quello di ordinamento giuridico, il quale sarà oggetto di studio nel paragrafo che segue.

Il fatto che la materia sportiva rientri tra quelle di legislazione concorrente con le Regioni38, dimostra quanto i particolarismi locali di singoli gruppi di sportivi possano essere gestiti con maggior efficacia dall’ente pubblico territoriale più autorevole e più vicino agli stessi, in un’ottica di

imprescindibile sussidiarietà.

38 F. Lascio, L’ordinamento sportivo nelle recenti leggi regionali, Giornale Dir. Amm”, (2007, 7, 702 (dottrina))

Lo Stato impone le linee di principio, le Regioni compongono la normativa di dettaglio.

E questa è l’immagine da tenere sempre presente quando si parla di “ordinamento sportivo”: esso è autonomo laddove “autonomia” significa sì “capacità di darsi legge da soli”, pur tuttavia è necessario tenere sempre presente il rapporto con l’organizzazione sociale gerarchicamente

superiore, lo Stato.

Ma quali i confini entro cui possa legittimamente esplicarsi l'esercizio della potestà legislativa statale e quello della potestà regionale? Quali gli spazi per una regolamentazione sportiva interna?

Alcuni profili39 dell'ordinamento sportivo sono regolati di concerto tra l’ordinamento statale e le Regioni, quali la sicurezza, l’ordine pubblico durante le manifestazioni sportive e la realizzazione degli impianti sportivi in linea con le normative sull’edilizia e sull’urbanistica; altri sono disciplinati soltanto da norme dette “tecniche” o interne, adottate dall’ordinamento sportivo quali le regole dei giochi o, i profili di ammissione alle singole associazioni sportive;

altri ancora sono oggetto di provvedimenti emanati da entrambi gli ordinamenti giuridici considerati.

Dunque le sovrapposizioni in materia, nel caso in cui il medesimo profilo sia regolato da disposizioni statali e/o regionali e, allo stesso tempo, da disposizioni adottate dagli organi sportivi, sono frequenti.

39 M. Sanino – F. Verde, Il Diritto Sportivo (Quarta edizione) CEDAM – L’ordinamento sportivo in

Questo solitamente si verifica quando lo Stato e la Regione intendono rafforzare la tutela di situazioni soggettive riconosciute, le quali vengono messe in discussione a causa dell’estremo tecnicismo che caratterizza il mondo sportivo.

Il settore da portare ad esempio, è quello dei controlli antidoping, effettuati periodicamente per la tutela della salute degli atleti e per la veridicità delle prestazioni.

Si noti come il diritto inviolabile alla Salute si intrecci con le regole tecniche e i limiti di tolleranza posti dalle singole Federazioni sportive nazionali per ciascuna disciplina sportiva, ai fini dell’assunzione di certe sostanze e/o medicinali; ad ogni modo è necessario non perdere di vista il livello minimo di tutela della Salute richiesto in via di principio dalla Costituzione.

In definitiva le Regioni hanno il compito primario di promuovere, di sostenere le attività sportive sul territorio e per raggiungere questo obiettivo si sono servite della produzione legislativa secondaria e di testi unici.

In particolare l’idea è stata quella di far rientrare lo Sport nell’alveo di materie già oggetto di disciplina legislativa piena e completa e, altresì, che presentino una qualche attinenza con gli interessi sportivi, quali la sanità, il turismo, l’urbanistica e i lavori pubblici di interesse regionale.

Inoltre, con il d.P.R del 24 Luglio 1977, n°616 vi è stata l’assegnazione in capo alle Regioni, e delle funzioni amministrative di promozione

dell’attività sportiva e ricreativa, con la realizzazione dei relativi impianti e attrezzature, e delle funzioni concernenti la tutela della salute, pur sempre sotto il coordinamento del C.O.N.I e della Federazione italiana medico sportiva.

In virtù dell’l’articolo 157 del d.lgs del 1998, n°112, le Regioni devono occuparsi della procedura di approvazione dei programmi per la

realizzazione, ampliamento e ristrutturazione degli impianti sportivi locali, al fine di perseguire un progetto univoco tra centro e periferie.

Da ultimo e per completezza, l’articolo 3 della legge costituzionale del 18 Ottobre del 2001 n°3, stabilisce ufficialmente che l’ordinamento sportivo rientri tra le materie di legislazione concorrente.

L’obiettivo di queste riforme è stato quello di rafforzare la collaborazione tra Stato e Regioni, in un’ottica di semplificazione dei procedimenti legislativi e di maggior chiarezza delle rispettive funzioni in materia sportiva.