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LE STRATEGIE DI DIVERSIFICAZIONE

2.1. CENNI STORIC

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Fonte: Lauenstein M. C. (1985), “Diversification – the hidden explanation of succes” in <<Sloan Management Review>>, primavera, pp. 49-55.

73Obiettivo di queste strategie è l’ottimizzazione delle risorse aziendali e l’acquisizione di una crescente

forza nei confronti di clienti, fornitori, concorrenti, distributori ecc. possiamo affermare che tale tipo di strategia si divide in : integrazione orizzontale che si ha quando l’impresa espande l’attività a prodotti, processi e know-how affini alla filiera tecnologico-produttiva già esistente, con l’unico obiettivo di aumentare la quota di mercato già esistente rafforzando così il proprio potere di mercato; integrazione

verticale che consiste in un processo di “internalizzazione sequenziale o verticale” delle fasi della filiera

tecnologico produttiva immediatamente collegate a quelle in cui già opera l’impresa con l’obiettivo di aumentare il valore aggiunto e di un maggior controllo sul ciclo produttivo. (Lambin J.J., (1991) “Market- driven management. Marketing strategico e operativo”, Mc-Graw-Hill p. 188 e ss.)

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Ansoff, 1968 e Sicca 1969, coerentemente a quanto esposto da Penrose, "The teory of the growth of the firm" (2009), Oxford University Press pag 110

46 Andando indietro nel tempo possiamo notare come ci siano stati periodi in cui la diversificazione era cosiddetta di “moda” ed altri in cui si poteva riscontare la situazione contraria. È stato il diciannovesimo secolo che ha portato la diversificazione ad essere conosciuta dagli operatori del settore: quelli, infatti, sono stati gli anni in cui le più grandi imprese hanno iniziato ad ampliare la propria portata geografica estendendo le attività svolte all’interno della propria organizzazione. Ma è solo dopo la seconda guerra mondiale che si registra l’affermazione delle strategie di diversificazione come strumento, che viene preferito dalle aziende medio-grandi, per la loro crescita. Dagli anni ’50 agli ’70 vi è stato il cosiddetto “boom” che si è prolungato fino alle crisi petrolifiche degli anni ’70-’80: in questi anni lo strumento preferito utilizzato dalle imprese sono le acquisizioni che presentano un andamento ciclico nel tempo (molto

simile alla diversificazione)75. Verrà quindi molto spontaneo chiedersi: quali sono stati i

fattori che hanno contribuito nel rendere la strategia di diversificazione lo strumento di crescita preferito dalle imprese di medio-grandi dimensioni? Per rispondere a questa domanda non esiste un’unica spiegazione ma ne esistono molte che agiscono in modo simultaneo. Per prima cosa intorno a quegl’anni si diffuse la struttura organizzativa multi-divisionale che rendeva possibile andare ad aggiungere nuove divisioni senza sovraccaricare molto il management; questo fatto andò a rafforzare l’idea che all’attività manageriale competesse l’applicazione di regole di carattere generale e la gestione di attività che risultassero non molto lontane le une dalle altre, in quanto si pensava che questo non portasse dei gravi problemi gestionali. Le decisioni di fondo erano condivise da tutti i settori e l’attività manageriale risultava, quindi, slegata dal settore di appartenenza e diventava adattabile ad ogni attività che il management volesse portare

avanti76. Tale evoluzione portò la Mc Kinsey in collaborazione con la Boston

Consulting Group ad elaborare una famosa matrice “Tasso di crescita/quota di mercato77 relativa” particolarmente utile all’analisi portafoglio prodotti il cui obiettivo

75 Le acquisizioni potrebbero quindi essere osservate in relazione con la diversificazione; già nel 1959 la

Penrose dichiarava << Molti autori si propongono di parlare di diversificazione e parlano di acquisizioni>>.

76 Penrose E. (2009), “The theory of the growth of the firm”, Oxford university press 77

Il “tasso di crescita del mercato” ha come linea di demarcazione la distinzione tra i mercati in forte crescita e quelli a crescita ridotta corrispondente al tasso di crescita del prodotto nazionale lordo (PIL) in termini reali o alla media semplice o ponderata dei tassi di crescita previsti dei vari mercati in cui il prodotto compete e solitamente si posiziona tra l’1 e i 10 punti sia in crescita che in decrescita. La “quota di mercato” ha una linea di demarcazione che si posiziona su un valore pari a 1 o 1,5. (Lambin J.J. Op. Cit. p. 264)

47 principale è sicuramente quello di aiutare un’impresa multi business a decidere come allocare risorse fra i diversi prodotti-mercato in cui opera.

Figura (10). Matrice “crescita-quota di mercato relativa” del BCG.

[Fonte: Nostra elaborazione personale tratta da Lambin J.J. (1991) “Market-driven management. Marketing strategico e operativo” Mc-Graw-Hill p. 265

]

Dalla figura emerge chiaramente come alla base di questa matrice ci sono due punti fondamentali: il primo riguarda l’effetto esperienza il secondo il ciclo di vita del prodotto. Grazie, infatti, all’effetto esperienza, un’elevata quota di mercato relativa implica un vantaggio competitivo di costo rispetto ai concorrenti diretti (dove si applica il concetto di curva di esperienza, il concorrente più forte avrà una migliore redditività ai prezzi correnti del mercato)78. Viceversa, una scarsa quota di mercato implica uno svantaggio di costo. In ogni caso essere inseriti in un mercato a rapida crescita implicherà sicuramente un elevato bisogno di liquidità per andare a finanziare l’ampliamento di produzione. All’interno della matrice troviamo le seguenti tipologie di business: “star” o “stella” (si posiziona nel quadrante alta crescita/alta quota di mercato) al cui interno troviamo i prodotti “leader” che attraversano una rapida espansione e che richiedono mezzi finanziari notevoli per mantenere nel tempo la crescita: tuttavia grazie alla loro posizione ottimale generano anche molti profitti che molto spesso servono per mantenere la quota di mercato; “question mark” o “dilemmi” (alta crescita/bassa quota di mercato) sono quei prodotti posti in un mercato in rapida crescita ma con una quota di mercato bassa: nonostante il loro handicap questi prodotti

48 possono vedere la propria quota di mercato espandersi grazie a ingenti mezzi finanziari in quanto il mercato è continuamente mutevole; “cash cow” o “mucche da mungere” (bassa crescita/alta quota di mercato) in cui si trovano quei prodotti che dovrebbero generare liquidità maggiore rispetto a quella di cui hanno bisogno per mantenere la propria posizione e rappresentano una fonte di finanziamento per altri prodotti; “dog” o “cani” (bassa crescita/bassa quota di mercato) vi si trovano quei prodotti ormai giunti alla fine del loro ciclo di vita che inevitabilmente dovranno essere tolti dal mercato perché assorbono troppe fonti finanziare che potrebbero essere utilizzate per scopi migliori.

Tale strumento è risultato molto utile per prendere delle decisioni relative alla diversificazione prima e al disinvestimento poi, nonché all’allocazione delle risorse e all’inseguimento di strategie di business. Tale contesto ha avuto molto sviluppo perché in quegli anni era molto facile avere dei rendimenti superiori alla media il che rendeva gli azionisti meno vigili sul comportamento dei manager. La corsa alla diversificazione rallenta quando, intorno agli anni ’70-’80 cambia lo scenario politico ed economico in cui le impennate inflazionistiche dei tassi di interesse portarono gli azionisti ad avere un maggior controllo sui manager ponendo l’accento sulla creazione di valore per i vari stakeholder e non per loro stessi. Le imprese che in questi periodi perdevano di più erano quelle multi-business: questo ha messo in luce la minore efficienza e redditività delle imprese diversificate causata dal miglioramento del mercato dei capitali. Dopo aver registrato il fallimento delle tecniche manageriali a business diversi l’attenzione va spostandosi sulle risorse interne e sui punti di forza che possono portare al vantaggio competitivo79.

La manifestazione più saliente delle strategie aziendali è rappresentata, senza dubbio, a livello corporate, dalla gestione del portafoglio dell’area strategica d’affari (ASA), cioè dalle opzioni strategiche che ha un’impresa circa la dismissione, il consolidamento, lo sviluppo o l’acquisizione di ASA. Un importante punto di partenza per andare ad

individuare questo tipo di strategia ci è dato da Ansoff (1968)80 tramite una matrice che

va a raffigurare la direzione verso cui si muove l’impresa rispetto alle attuali combinazioni prodotto-mercato.

La matrice rappresenta quattro opzioni per la gestione strategica delle proprie ASA. Qualora ci si concentri su combinazioni prodotto-mercato esistenti, le opzioni

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Penrose E. (2009) Op. Cit. p. 100

49 strategiche disponibili spazieranno dall’abbandono al ridimensionamento dell’ASA (strategie di sopravvivenza) al mantenimento dello status-quo (strategie di consolidamento) o all’espansione (strategie di penetrazione). Lo sviluppo dei prodotti è, invece, il caso in cui l’impresa presenta nuovi prodotti sui mercati tradizionali, mentre lo sviluppo del mercato è il caso in cui l’impresa introduce i prodotti da essi già realizzati in nuovi mercati. Infine si ha la diversificazione che si caratterizza per il fatto che tanto i prodotti quanto i mercati sono nuovi per l’impresa e rappresenta il tipo di

sviluppo più innovativo81.

Figura (11). Matrice di Igor Ansoff (1968).

[Fonte: Ansoff Igor, (1968), “Strategia aziendale”, Etas Kompass p. 122]

Possiamo adesso vedere più nello specifico le quattro opzioni a disposizione delle imprese82:

Strategie di sopravvivenza: in determinati periodi aziendali ciò che interessa di

più alle imprese non è tanto andare ad aumentare la propria quota di mercato, ma recuperare al massimo la loro capacità di stare sul mercato cercando di evitare il fallimento della stessa impresa o la cessazione del’attività produttiva. Si tratta di strategie pro tempore in quanto è possibile che superata la fase critica le imprese

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Ansoff I. (1968), Op. Cit. p. p. 120 e ss.

50 tornino sul mercato con strategie di crescita anche quantitativa83. Strategie di sopravvivenza sono: abbandono, rinuncia dell’autonomia, riconversione, ridimensionamento e focalizzazione, ristrutturazione.

Strategie di consolidamento e penetrazione: la prima opzione prevede un

cambiamento nel modo in cui l’azienda opera all’interno dei propri prodotti- mercati, che restano, quindi, immutati. Questa strategie si traduce nella continua difesa dello status quo, attraverso l’adattamento delle strutture aziendali e delle attività per allinearsi al mutare del contesto competitivo84. La strategie di

penetrazione del mercato strettamente fondata sui prodotti viene seguita proprio

in fase di maturità o declino quando cioè le condizioni esterne consigliano di migliorare la qualità produttiva e gestionale. Questa opzione può essere raggiunta anche tramite l’incorporazione di imprese già esistenti assumendo il carattere di crescita con gli altri prodotti ma dall’esterno. Altra modalità di penetrazione consiste nel ricercare l’aumento dimensionale dell’impresa attraverso l’aumento delle quote prodotte e vendute a condizione che l’impresa riesca a sfruttare un vantaggio competitivo che le assicuri un aumento dei ricavi tale da mantenere alto il margine di guadagno.

Entrata in nuovi mercati: è una strategia spesso adottata in conseguenza delle precedenti, quando il tasso di variazione della domanda sul mercato, in cui l’impresa ha iniziato l’attività, non fa più collimare la crescita del fatturato e degli altri indicatori con il piano di sviluppo dell’impresa stessa. Con il termine “nuovo mercato” si può andare ad indicare un’altra area del mercato in cui già si opera, o un nuovo uso per il prodotto, oppure uno o più mercati esteri nei quali l’impresa si presenta per la prima volta. Le ragioni che spingono l’impresa ad allargare il raggio d’azione possono essere molteplici come l’esigenza di risolvere alcuni problemi di assetto dell’impresa o l’incapacità del mercato in cui opera di rispondere alle esigenze di crescita della stessa, l’individuazione di

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In questi casi il concetto di sviluppo non sarà più legato soltanto alla dimensione del processo produttivo, sia in senso orizzontale che verticale, ma sarà legato anche alla dimensione relativa ai diversi anelli della catena del valore cioè a quelle attività e funzione dell’impresa che ne caratterizzano l’estensione operativa.

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La strategie di consolidamento assume forme diverse a seconda che il contesto sia di crescita, maturità o declino: consolidare la propria posizione di mercato in una fase di sviluppo significa poter disporre di risorse finanziarie, umane e tecniche sufficienti per assecondare la crescita conservando la propria posizione di mercato. Perseguire un consolidamento in un’ASA in una fase di declino significa ridimensionare le risorse impiegate e la produzione.

51 mercati che permettono alla stessa di aumentare la sua redditività puntando su mercati che si caratterizzano per condizioni di domanda e offerta più elevati.

Sviluppo del nuovo prodotto: si ha una strategia di modernizzazione della linea

in cui vengono inseriti nuovi prodotti in sostituzione ad altri, di cui possono costituire un’evoluzione. Le innovazioni possono mostrare basi tecnologiche rilevanti e fondersi su investimenti in ricerca e sviluppo. in questo modo l’impresa cerca di avvicinarsi il più possibile alle esigenze di sviluppo e alle richieste dei consumatori cercando di distanziarsi il più possibile dai prodotti che sono offerti dalla concorrenza. Lo sviluppo di un nuovo prodotto può far si che tutta l’organizzazione si adegui a quanto deciso per evitare un ritorno d’immagine pessimo, in quanto l’immagine rimane sempre il fulcro delle vendite dei prodotti.

Diversificazione: si intende la crescita dell’impresa mediante l’inserimento di

linee produttive addizionali in nuovi mercati e il conseguente avvio di nuove ASA. In linea generale i motivi che più vengono associati a questo tipo di strategia si riassumono nella possibilità di crescita e miglioramento del rendimento medio del capitale investito nelle attività produttive, nella ripartizione del rischio, nella ricerca di maggior potere di mercato ecc.; alla diversificazione vengono attribuiti tre obiettivi strategici: la crescita dimensionale, la stabilizzazione del flusso di vendite, la flessibilità di fronte ai mutamenti ambientali.