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questa impostazione oggi tende a sposarsi con una visione della progettazione didattica che valorizza una specie di circolo virtuoso tra scelta della metodologie di insegnamento e risultati di apprendimento ottenuti. questi costituiscono una fonte informativa di ritorno, feedback, essenziale per calibrare con continuità la propria azione didattica. Un impulso assai forte è venuto dalle ricerche sul rapporto tra me- todologie didattiche e risultati di apprendimento avviate negli Anni ottanta da molti studiosi, che si avvalgono di metodologie cosiddette di meta-analisi. Un esempio ben conosciuto è quello di John Hattie, a cui abbiamo fatto riferimento in precedenza. l’impostazione prevalente del movimento evidence based education, cioè istruzione basata su prove di efficacia, ha favorito tale orientamento, anche se certe posizioni estremiste possono far perdere di vista alcune questioni educative di

fondo. infatti, la natura e qualità dei risultati da prendere in considerazione deriva da assunzioni di tipo educativo che stanno alla base dell’identità stessa delle istitu- zioni formative. inoltre, ricerche ormai consolidate hanno evidenziato come lo stato di preparazione con cui gli studenti affrontano un percorso di apprendimento è responsabile almeno della metà del successo che si può raggiungere. È quanto già a suo tempo aveva segnalato D. p. Ausubel sul piano del patrimonio conoscitivo già posseduto in maniera stabile e significativa. Ma accanto a ciò vanno tenute presenti le variabili affettive, motivazionali e volitive. Secondo gli studi considerati da B. Bloom si può attribuire soltanto il 40% dell’influsso che hanno sui risultati di ap- prendimento le metodologie didattiche adottate (Bloom, 1979).

proprio per questo la scelta metodologica insita nel processo di progettazione di- dattica deve rapportarsi con chiarezza allo stato di preparazione dei soggetti da una parte, agli obiettivi educativi e didattici da conseguire dall’altra, alla natura stessa dei contenuti di apprendimento e al loro statuto epistemologico riletto dal punto di vista educativo. la scelta delle tecnologie informatiche mobili rientra in tale processo e certamente su di essa influiscono tutti gli elementi presi in considerazione. Circa lo stato di preparazione degli studenti risulta chiaro non solo l’apporto da tenere pre- sente e derivante dalla qualità delle conoscenze già possedute in uno specifico ambito del sapere, ma anche lo sviluppo raggiunto nelle capacità di gestire tali tecnologie in maniera produttiva sul piano degli apprendimenti piuttosto che soltanto su quello del divertimento e della comunicazione informale. più profondamente riguarda il livello di competenza raggiunto nell’autoregolarsi nell’attività di studio e di lavoro, di colla- borare in maniera valida e produttiva con i propri compagni, nel concentrarsi a un li- vello adeguato di focalizzazione sui compiti ai quali si deve attendere. Sul piano degli obiettivi educativi e didattici emerge accanto all’acquisizione delle conoscenze e delle competenze intese sul piano dei contenuti lo sviluppo delle conoscenze e competenze connesse proprio con tali tecnologie informatiche. tutto ciò influisce sulle scelte che il docente, o il gruppo dei docenti, è chiamato a privilegiare, inte- grando le tecnologie mobili e la valorizzazione tramite esse della rete e della comuni- cazione mediale con le forme tradizionali di insegnamento.

tenendo conto di questo quadro di riferimento, le modalità di attivazione di sperimentazioni nel secondo ciclo di istruzione e formazione possono, a volte de- vono, seguire strade diverse. A questo proposito si può delineare un continuo che va da due estremi. il primo comprende forme di presenza delle tecnologia mobili di tipo occasionale e chiaramente finalizzate nel processo didattico. tali modalità pre- vedono attività collaterali alle lezioni tradizionali, che si basano sull’uso di testi stampati o digitali in pdf, promuovendo gruppi di approfondimento, di recupero, di consolidamento o di ricerca, organizzati intorno a tematiche o argomenti precisi oppure diretto alla realizzazione di prodotti chiaramente delineati. All’altro estremo si collocano modalità didattiche che prevedono la eliminazione di testi stampati e che si basano esclusivamente su testi digitali, quaderni di lavoro digitali, intera- zioni insegnante-studenti basata su comunicazioni digitali, valutazione che racco-

glie su dossier o portfolio digitali gli elaborati e i risultati delle prove di valutazione dei singoli, ecc. Si tratta di un ambiente di apprendimento che in una presentazione giornalistica è stato definito: “qui solo lezioni hi-tech”. tra questi due estremi si possono collocare le scelte possibili degli insegnanti, che devono tener conto da una parte delle suggestioni e buone pratiche a disposizione e, dall’altra, dei reali progressi nell’apprendimento degli studenti. il pericolo è quello di centrare l’atten- zione solo sulla presenza diffusa e penetrante delle tecnologie, più che sui processi di apprendimento fondamentali che l’istituzione deve promuovere che certo com- prende le competenze digitali, ma queste al servizio delle altre conoscenze e com- petenze che devono costituire il quadro di riferimento formativo.

partendo da queste osservazioni possono essere individuati alcuni principi di riferimento che possono aiutare nella scelta di un contesto di apprendimento, che si ispira a una concezione ibrida o blended, ma che mantengono come focus fonda- mentale del suo lavoro progettuale la qualità e la produttività dell’azione educativa e didattica da sviluppare.

Primo principio generale: le istanze provenienti dalla presenza di una, o più, tecnologia comunicativa nel contesto formativo non devono prevalere sulla prospettiva pedagogica fondamentale di una istituzione educativa, ma essere integrate in modo valido e produttivo in essa sulla base di una attenta analisi dei rischi e delle opportunità che essa (o esse) presenta. in particolare, in coe- renza con questo principio possiamo considerarne alcune conseguenze. a) occorre garantire la prevalenza di un rapporto diretto tra docente e discenti e

tra questi ultimi in modo di favorire una conversazione educativa e formativa protratta nel tempo e sensibile alle caratteristiche personali degli interlocutori. Gli ambienti educativi scolastici e formativi sono per loro natura ambienti di socializzazione. essi devono favorire lo sviluppo di quelle competenze relazio- nali e comunicative dirette faccia a faccia che stanno alla base della vita so- ciale e comunitaria. D’altra parte il dialogo educativo e il rapporto interperso- nale rimangono al cuore di ogni realtà di natura pedagogica.

b) nello sviluppo di una rete di rapporti interpersonali e sociali quale è possibile promuovere nel contesto del gruppo studentesco l’accostarsi di una rete vir- tuale basata su sistemi di comunicazione agevoli, come oggi WhatsApp o In- stagram, può favorirne il consolidamento e la permanenza nel tempo. questo vale non solo per le interazioni tra studenti, ma anche per quelle tra docenti e discenti e tra docenti.

c) il conteso culturale e comunicativo attuale comprende una molteplicità di tec- nologie comunicative che si collocano accanto, e qualche volte si sovrappon- gono eccessivamente, alla comunicazione diretta e interpersonale faccia a faccia. occorre che gli studenti vengano formati a valorizzarle nei loro pro- cessi di studio e di lavoro, andando oltre la tendenza a valorizzarle solo per di- vertimento, per comunicazioni informali tra amici, esplorazioni occasionali e talora pruriginose.

Secondo principio generale: le sollecitazioni attuali nei riguardi dell’integra- zione delle tecnologie comunicative informatiche, in particolare di quelle mobili, nel contesto scolastico e formativo ripropongono in maniera particolarmente urgente lo sviluppo di competenze progettuali didattiche da parte della comunità docente e del singolo insegnante. progettare un ambiente di apprendimento e di lavoro collettivo formativo, che integri tra loro le esigenze di una conversazione educativa diretta, con quelle dello sviluppo della capacità di valorizzazione delle diverse tecnologie dispo- nibili nel processo di apprendimento, implica la ricerca di una equilibrata soluzione tra sollecitazioni spesso contrastanti. la ricerca di una giusta integrazione di tali di- verse esigenze non è sempre una impresa agevole. più che dipendere da modelli pre- sentati spesso in maniera seducente, occorre cercare soluzioni direttamente collegate con la realtà istituzionale ed educativa presente. in questo vale ancora quanto sugge- riva a suo tempo Aristotele parlando di saggezza pratica: occorre cercare la giusta so- luzione tra due o più estremi. l’esempio più calzante da lui proposto diceva che tra una scarpa di 30 cm e una scarpa di 20 cm quella giusta non è una scarpa di 25 cm, ma quella che si adatta bene al piede, senza essere né troppo larga, né troppo stretta. il progetto deve adattarsi alla situazione e alle circostanze concrete con cui si ha a che fare, più che ad astratte prescrizioni metodologiche. queste possono suggerire possi- bili soluzioni, ma rimangono sempre come elementi che ci aiutano ad allargare le no- stre conoscenze progettuali. Vale sempre un principio di realtà al quale occorre rima- nere sempre fedeli. non è possibile imporre una soluzione preconfezionata a una si- tuazione problematica specifica.

3. Promuovere le competenze strategiche necessarie per una buona capacità

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