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Alcuni studiosi hanno accentuato il carattere soggettivo della competenza sugge- rendo l’espressione “competenza personale” ed evidenziando la natura in qualche modo irripetibile di ogni competenza, quanto è irripetibile ogni persona. A sostegno di tale po- sizione si critica la tendenza a prefigurare quasi una loro reificazione: “l’idea che la com- petenza indichi «qualcosa» da apprendere; un «oggetto» precostituito e altro rispetto al soggetto che lo deve poi incontrare e assumere [...]. impadronirsi di una «competenza» significherebbe, dunque, anzitutto, trovarla in un luogo e in un tempo determinati che sa- rebbero altri da noi” (Bertagna, 2010, 6-7). e viene prospettato: “un discorso affatto di- verso, tuttavia, se la «competenza» non è più concepita come reificata o reificabile, ma da qualità di un «oggetto» che avrebbe una sua consistenza autonoma («qualcosa» di di- verso separato dal «soggetto» che quest’ultimo sarebbe chiamato ad acquisire o vedere o cogliere fuori di sé per poterlo portare in sé), si presentasse, invece, come lo stesso modo di essere di un «soggetto autonomo», cioè libero e responsabile, nell’affrontare i proble- mi della sua vita umana personale e sociale («qualcuno in azione»)” (Ibidem, 12-13).

Da questa premessa deriverebbe come conseguenza l’impossibilità di definire rife- rimenti generali per le competenze personali, perché queste non possono essere formu- late a priori e quindi diventare né obiettivi formativi comuni, né oggetto di valutazione sulla base di standard prefissati: “Dato il carattere sempre contestuale, situato e distri- buito delle competenze [...] certificare il raggiungimento di competenze uguali per tutti [...] vuol dire, quindi, trascurare questa circostanza e procedere a semplificazioni inac- cettabili della complessità dell’esperienza di ciascuno” (Bertagna, 2004, 48).

Se però il carattere relazionale, che emerge tra soggetto e situazione specifica che lo sfida, si rapporta con la pratica vissuta nella propria attività didattica, pratica che è soggetta, soprattutto oggi, a forti sollecitazioni di innovazioni sia di natura tecnologica, sia metodologica, si evidenzia un quadro relazionale nel quale si debbono individuare

competenze tecniche e pratiche competenze culturali e tecnologiche competenze generali e personali

almeno tre grandi riferimenti e relative relazioni reciproche: il docente che agisce, le tecnologie digitali, la pratica didattica. il carattere soggettivo della competenza rimane, soprattutto al suo livello centrale, quello valoriale e motivazionale, ma se ne deve rico- noscere anche l’aspetto oggettivo e intersoggettivo, che può essere descritto e valutato attraverso le manifestazioni esterne, sia per quanto riguarda le componenti cognitive, sia per quelle tecniche.

docente

tecnologie digitali pratica didattica

Figura n. 2 - Sistema relazionale che sta alla base della natura della competenza professionale

tale prospettiva relazionale aiuta a precisare molti aspetti fondamentali del con- cetto di competenza professionale del docente nel quadro di una integrazione delle tec- nologie digitali nell’insegnamento (Cfr. Fig. n. 2).

La prima relazione è tra il soggetto e l’attività didattica da svolgere tenendo, conto sia del contenuto d’insegnamento, sia delle caratteristiche peculiari dei suoi stu- denti. Si attiva in tale relazione il processo che il soggetto deve essere in grado di ge- stire, nel quale entrano in gioco sia le sue caratteristiche personali, sia quelle del com- pito da svolgere, sia quelle della situazione presente. Si tratti di interpretare una situa- zione, di risolvere un problema, di realizzare un prodotto, di affrontare una situazione di relazione sociale, la competenza si evidenzia nell’essere in grado di attivare, gui- dare, sostenere, controllare, valutare il processo che permette di conseguire i risultati attesi. Si avvia un tipo di conversazione che si svolge sia all’interno del soggetto, sia al suo esterno. Si tratta di un’attività che è tanto più sentita e significativa, quanto più il docente ne è coinvolto e motivato; tanto più sfidante, quanto più essa è percepita come complessa e poco consueta; tanto più agevole, quanto più egli pensa di possedere le ri- sorse in termini di conoscenze, abilità ed esperienza necessari per affrontarla. la capa- cità di progettazione didattica entra in gioco in maniera essenziale in questa prima re- lazione. D’altra parte, la generazione dell’intenzione di agire, di impegnare le proprie energie in una direzione, deriva dall’interazione tra il sistema del sé (conoscenze con- cettuali e operative; motivi, valori e convinzioni; attribuzioni di valore nei riguardi di sé, degli altri e del contesto lavorativo, ecc.) e la percezione della situazione specifica o del compito da affrontare e delle sue caratteristiche (nuttin, 1983). in questo ha un ruolo del tutto rilevante una componente della competenza che possiamo denominare interpretativa, in quanto si tratta di dare senso a una situazione (o a un problema), co- gliendone gli aspetti che implicano un intervento che la modifichi secondo un obiet- tivo preciso e, contemporaneamente percepire se si è in grado di affrontare tale situa- zione in maniera valida ed efficace.

La seconda relazione è tra il soggetto e la tecnologia digitale, o l’insieme delle tecnologie digitali, che si intende valorizzare nel contesto del suo insegnamento, pra- tica lavorativa e/o professionale nella quale si è inseriti. in questo caso emergono pro- blematiche spesso assai complesse di rapporto tra soggetto tecnologia in generale e tecnologie informatiche e digitali in particolare. Si passa da esperti coinvolti anche emotivamente nella loro fruizione e nel cercare di aggiornarsi a mano a mano che queste evolvono e nuovi strumenti si rendono disponibili, a soggetti del tutto refrattari sia in generale nell’avvalersi di tecnologie della comunicazione che non siano libri, sia specificatamente per quanto riguarda quelle digitali. Superare tale diffidenza e repul- sione spesso è assai complesso e di fatto con pochi risultati. Un possibile percorso che può essere sviluppato riguarda l’attivazione di forme di apprendistato pratico e l’espe- rienza di un gruppo di lavoro nel quale più esperti aiutano soggetti principianti o meno esperti. potrebbero essere qui ricordati i suggerimenti che provengono da quanto de- scritto da e. Wenger e collaboratori (Wenger, 2006; Wenger, McDermott, Snyder, 2007) circa le comunità di pratica.

La terza relazione si evidenzia se teniamo presente come sia il docente che agisce, sia il compito di insegnamento da svolgere, sia l’eventuale gruppo di do- centi che collabora, sono inseriti in un contesto sociale, culturale, tecnologico e pratico che caratterizza la propria istituzione scolastica o formativa. la singola azione si inscrive in tale pratica e il suo valore può essere colto solo a partire dal senso e valore che la pratica stessa ha nel contesto della comunità umana nella quale si attua. Di conseguenza, la qualità della competenza di una persona non può essere riferibile solo alla sua manifestazione in caso specifico e isolato, bensì entro una cornice assai più complessa di criteri di riferimento presenti nella comunità scolastica di appartenenza. Un compito, una sfida non può essere colta solo in rife- rimento a se stessi, bensì tenendo conto anche del contesto pratico, sociale e cultu- rale nel quale tale compito o sfida si colloca. Basti pensare a un docente che si in- serisce la prima volta in una scuola, che ha già sviluppato un progetto assai ambi- zioso di integrazione delle tecnologie digitali nella comunicazione interna e esterna, nella sua organizzazione generale, nell’attività didattica quotidiana e valu- tativa degli studenti.

tutto ciò porta a considerare attentamente il fatto che una competenza didat- tica è legata certamente a riscontri sociali, pubblici di prestazioni che permettono di inserire la competenza di una personaz ed eventualmente un suo livello di eccel- lenza, in un contesto di pratica, ma anche che quest’ultima subisce nel tempo anche sostanziali evoluzioni. Basti pensare alle trasformazioni che sempre più rapida- mente caratterizzano le tecnologie e le forme organizzative anche scolastiche e for- mative.

Sesto capitolo

Il mobile learning e i problemi metodologici connessi

La diffusione delle tecnologie mobili che progressivamente va sviluppandosi anche nei contesti scolastici e formativi sembra aver sollecitato contemporaneamente una prospettiva metodologica ispirata al costruttivismo sociale. Il pericolo sta anche in questo caso in una rilettura un po’ ideologica del ruolo di un particolare approccio metodologico nel favorire i processi di apprendimento. A questo fine, prima viene pre- sentata una analisi della tecnologia mobile quale è ora disponibile in maniera diffusa anche nella popolazione scolastica, poi viene esaminato criticamente un troppo sem- plice collegamento tra essa e le azioni didattiche da mettere in campo. Se la prospet- tiva ibrida dal punto di vista comunicativo sembra fondamentale, ciò è tanto più vero dal punto di vista della scelta dei metodi di insegnamento.

1. Le tecnologie mobili e le condizioni per una loro valorizzazione nei pro-

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