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Ceramica con “imprese”: gli esemplari esposti nei musei ferrares

Ancora oggi, diversi esemplari di ceramica ingobbiata graffita ferrarese della metà del XV secolo sono conservati presso i Civici Musei di Arte Antica di Ferrara, ed alcuni di essi presentano una decorazione caratterizzata da “imprese” o motivi tipici dell’emblematica estense.

347 R. M

AGNANI, 2002, p. 80. 348 I

Nei locali di Palazzo Schifanoia, sono attualmente esposte numerose opere, provenienti dagli scavi intorno al complesso, ma anche da altri nuclei cittadini, come la Collezione Pasetti e la Collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara. Le opere che costituiscono il nucleo della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara provengono, invece, dal mercato antiquario: la loro selezione è dunque stata determinata dalla cultura e dal gusto dei collezionisti, ed assai poco si conosce sul contesto di provenienza. Si tratta di un insieme di pezzi caratterizzati da un’alta qualità formale ed un buono stato conservativo, le cui particolarità meritano una considerazione più approfondita: è attualmente in fase di progettazione, infatti, un lavoro di catalogazione e descrizione finalizzato ad un migliore studio della cultura materiale e delle produzioni del tempo.

Per quel che riguarda gli ornati, essi «interpretano tutti gli aspetti della vita del tempo, unioni di famiglie […], stemmi gentilizi, fidanzamenti e matrimoni, simboli religiosi e conventuali, rappresentazioni strettamente legate ad una complessa simbologia di carattere sia araldico che amatorio»349.

La siepe di graticcio è sicuramente l’immagine che compare più di frequente all’interno del campionario locale: essa allude all’azione di bonifica sul territorio intrapresa da Borso, ma si lega pure al concetto di hortus conclusus, il giardino d’amore e delizia350. Per questo motivo, la sua presenza è costante nei piatti e nei boccali amatòri, oggetti cioè che costituiscono doni di nozze, ornati dal ritratto degli amanti e da simboli di fertilità. Esempi di tale tipologia sono i frammenti di piatti della Collezione Pasetti inventariati come OA 177351, OA 178352, OA 179353, OA 180354,

349 Ceramiche nelle civiche collezioni, 1972, s.n.p. 350 Fig. 75, p. 305.

351

Ceramiche nelle civiche collezioni, 1972, scheda n. 80, s.n.p.; fig. 76, p. 305.

352 I BID., scheda n. 81, s.n.p. 353 I BID., scheda n. 77, s.n.p. 354 I BID., scheda n. 78, s.n.p.

OA 186355, caratterizzati da figure di cortigiani accanto alla siepe, ed il boccale OA 149356 che mostra un profilo femminile con il medesimo sfondo. Ancora, nella Collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara, i pezzi catalogati con INV. 142, INV. 146, INV. 159, INV. 164, INV. 178, INV. 201357 ed INV. 255 riprendono la figura della siepe. Interessante è soprattutto la scodella con inventario 178: qui è rappresentata una figura femminile seduta, forse l’allegoria di una Virtù, che regge una colonna ed un cartiglio con la scritta AMORE MIO, come nella migliore tradizione della ceramica amatoria358.

Spesso, la siepe è associata a due alberi e a ciuffi di fiori stilizzati, che possono essere fronzuti o secchi, e simboleggerebbero, secondo Virgilio Ferrari, l’Albero della Vita e quello della Scienza359.

Romolo Magnani, invece, non considera l’insegna della “siepe di graticcio” come un simbolo prettamente ferrarese, ma preferisce collegarla ad «un elemento di valore, diciamo, universale e più propriamente di ispirazione biblica e di riproposizione mitteleuropea»360.

Anche l’unicorno viene spesso usato come decorazione di opere ceramiche: menzioniamo il piatto buccellato con unicorno al centro ed iscrizione IULIA BELA, inventariato nella Collezione Pasetti come OA 193361, ed il piatto frammentario con l’unicorno nell’atto di purificare le acque, a tutt’oggi esposto senza numero di inventario in una delle sale trecentesche di Palazzo Schifanoia. Il primo, tuttavia, non sembra essere di appartenenza estense: sul fondo del piede porta infatti uno stemma araldico che abbina le armi della famiglia Bentivoglio e della famiglia Rangoni, con

355 V.F ERRARI, 1990 (1960), p. 69 fig. 112. 356 I BID., p. 111 fig. 154. 357 Fig. 77, p. 306. 358 Fig. 78, p. 306. 359 V.F ERRARI, 1990 (1960), p. 19. 360 R.M AGNANI, 1981, vol. I, p. 168. 361 V.F ERRARI , 1990 (1960), p. 57 figg. 84-85.

riferimento alle «nozze tra Costanzo, primogenito d’Annibale Bentivoglio capostipite del ramo ferrarese, e Elena Rangoni»362, all’inizio del XVI secolo.

Se l’insegna del diamante è subito riconoscibile su un frammento di piatto della Collezione Pasetti (INV. OA 241), più enigmatica è la figura graffita sul piatto censito come OA 242: il Reggi, nel catalogo Ceramiche nelle civiche collezioni, del 1972, la interpreta come una «probabile raffigurazione della fiasca presente nell’arma della nobile ed antica famiglia Fiaschi o Del Fiasco, tra le più illustri di Ferrara»363, anche se non è improbabile che si tratti dell’ abbeveratoio per i colombi menzionato in precedenza364. Nell’attuale allestimento presso Palazzo Schifanoia, il simbolo viene genericamente descritto come “impresa estense”.

Soggetti araldici o rappresentanti “imprese” si ritrovano anche in alcuni esemplari della collezione esposta presso il Museo di Casa Romei: qui sono infatti conservati numerosi materiali rinvenuti durante gli scavi presso il monastero ferrarese di S. Antonio in Polesine, uno dei luoghi più antichi della città, che accoglieva religiose provenienti da famiglie nobiliari, nella cui dote erano inclusi molti utensili per l’arredamento o la cucina decorati con le insegne di famiglia.

Fra queste ceramiche, spiccano una ciotola rappresentante un cane «entro hortus

conclusus»365, in un paesaggio cioè caratterizzato dalla presenza della siepe, una che reca l’«impresa del diamante entro medaglione»366, e due bacili con siepe a graticcio, recanti entrambi uno scudo con lettera R, forse l’iniziale della famiglia Romei o di un’altra casata ferrarese367.

Tutti questi esempi sono testimonianza del fatto che le varie “imprese” non erano usate solo per la decorazione interna ed esterna dei palazzi, o all’interno di opere

362 A.M.V

ISSER TRAVAGLI, 1989, p. 51, scheda n. 25.

363 Ceramiche nelle Civiche Collezioni, 1972, scheda n. 113, s.n.p. 364

Cap. 3, p. 82-83.

365 S. Antonio in Polesine (…), 2006, scheda n. 116, p. 152; fig. 79 p. 307. 366 I

BID., scheda n. 143, p. 156; fig. 80, p. 307. 367 I

pittoriche e scultoree di rinomata importanza: anche la ceramica, cosiddetta arte minore, che produceva manufatti di uso domestico e quotidiano, riporta una serie di “imprese” analoghe a quelle utilizzate altrove, oltre ovviamente a stemmi delle famiglie cittadine: i temi araldici, nel XV e XVI secolo, erano infatti molto diffusi, soprattutto per ciò che riguarda la suppellettile dotale, in uso non solo presso le famiglie, ma anche nei conventi, ai quali giungeva unitamente ai corredi delle monache.

Il censimento qui presentato delle opere con “imprese” presenti a Ferrara non può certamente dirsi completo: in questa sede, non sono state infatti prese in esame né le ceramiche conservate presso collezioni private – compreso il gruppo acquistato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara attualmente non esposto presso una struttura pubblica, né debitamente catalogato – né molti dei manufatti emersi dagli scavi condotti negli anni ’80 e ’90 dai ricercatori dei Musei Civici di Arte Antica368, ed attualmente depositati nei locali di Palazzo Bonacossi.

Ci si augura che nel prossimo futuro questi reperti possano essere esaminati e catalogati, per aggiungere un altro tassello alla storia della ceramica estense ed alle varie tipologie iconografiche ritrovate nel centro urbano.

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