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Il cervello pensoso del corpo

al vissuto incorporeo

12. LA SENSUALITÀ DEL PENSIERO

12.2. Il cervello pensoso del corpo

Quando interagiamo con l’ambiente attraverso i nostri sensi partecipiamo sia con corpo che con il cervello: “L’organismo si modifica attivamente, in modo che l’interfaccia possa prodursi al meglio; il corpo non è passivo. […] L’organismo agisce di continuo sull’ambiente così da poter favorire le interazioni necessarie alla sopravvivenza. […] Percepire è tanto ricevere segnali dall’ambiente quanto agire su di esso”434. Per cui, le rappresentazioni che il cervello costruisce per descrivere una situazione, e i movimenti elaborati come risposta, dipendono da mutuo interazioni tra corpo e cervello. Gli eventi mentali sono il risultato dell'attività che si svolge nei neuroni del cervello; ma vi è una storia precedente e indispensabili che essi devono narrare: la storia del disegno e del funzionamento del corpo. In misura minore lo si ritrova anche dello sviluppo di ciascuno di noi in quanto individui: così che agli inizi vi furono, dapprima rappresentazione del corpo, e solo in seguito rappresentazioni relative al mondo esterno.

Fare scaturire la mente da un organismo, anziché, da un cervello staccato dal corpo, dice Damasio, è compatibile con un certo numero di ipotesi. Innanzitutto, quando nel corso dell'evoluzione furono selezionati cervelli abbastanza complessi da generare non solo risposte motorie, ma anche risposte mentali, ciò avvenne, con ogni probabilità, perché le risposte mentali rafforzavano la capacità di sopravvivenza dell'organismo fornendo diversi vantaggi: un miglior apprezzamento delle circostanze esterne (ad esempio percependo un maggior numero di particolari che l'oggetto, un affinamento delle risposte motorie e, non in ultimo, una previsione delle conseguenze future attraverso la formazione di scenari e la pianificazione di azioni che portassero a realizzare, tra gli scenari immaginati, quelli migliori.

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Nel pensiero platonico la natura di Eros e il suo rapporto con la filosofia. rende evidente che non vi è in Platone il tentativo di una riduzione del sensibile al metafisico. Nel Simposio, nel racconto di Socrate su ciò che la sacerdotessa Diotima ha detto sulla natura di Eros, emerge come mondo sensibile e mondo delle idee, in quanto realtà autonome e separate, si incontrano però su un piano intermedio, cioè nella dimensione “erotica” della bellezza: “ ‘Ma cosa sarebbe allora, esclamai, questo Amore?’ […] ‘Un demone grande, o Socrate. E difatti ogni essere demonico sta in mezzo tra il dio e il mortale’ ‘E qual è la sua funzione?’ domandai. ‘Di interpretare e di trasmettere agli dei qualunque cosa degli uomini, e agli uomini qualunque cosa degli dei […] In mezzo fra i due, colma l’intervallo sicché tutto risulti seco stesso unito. Attraverso di lui passa tutta la mantica, e l’arte sacerdotale […] e ogni specie di divinazione e di magia. Gli dei non si mischiano con l’uomo, ma per mezzo di Amore è loro possibile ogni comunione e colloquio con gli uomini, in veglia e in sonno’ ”. Platone, Simposio, in

Opere complete, vol. III, Roma-Bari, Laterza, 1979, pp. 189-190. Da questo discorso su Eros emerge

“un aspetto fondamentale del pensiero platonico e della sua concezione di filosofia: ciò che è la filosofia si può ben capire infatti partendo dalla natura di Eros, perché ‘Eros è filosofo’. Secondo Platone allora non si arriva alla contemplazione e alla comprensione della verità suprema solo attraverso il Logos, il pensiero, ma anche attraverso Eros, l’amore, la bellezza, l’entusiasmo, cioè attraverso un’operosità che comporta il contributo di tutte le componenti umane. Non è possibile dunque ridurre il pensiero platonico alla sola dimensione razionale”. N. Abbagnano, G. Forniero,

Protagonisti e testi della filosofia, vol. I, Paravia, Torino 1996, p. 254. La frattura storica, per cui

l’arte è divenuta mera espressione dei sentimenti del soggetto, sarà con il cristianesimo, che ha individuato nuove e superiori forme di esperienza di verità.

In secondo luogo, dato che la sopravvivenza così orientata da una mente era intesa alla sopravvivenza dell’intero organismo, ai primordi le rappresentazioni di quei cervelli, dovettero riguardare il corpo in termini di struttura e stati funzionali, ivi incluse le azioni interne ed esterne con le quali l’organismo rispondeva all’ambiente. Non sarebbe stato, possibile regolare e proteggere l’organismo senza rappresentarne l’anatomia e la fisiologia a un livello di dettaglio sia di base, che attuale. Lo sviluppo di una mente, che in realtà significa di rappresentazioni delle quali si possa acquisire coscienza come immagini, offriva agli organismi un nuovo modo di adattarsi a circostanze ambientali che non si sarebbero potute prevedere nel genoma. È probabile che la base di tale adattabilità abbia avuto inizio con la costruzione di immagini del corpo in funzione, cioè immagini del corpo che risponde all’ambiente esternamente e internamente.

Se il cervello si è evoluto in primo luogo per assicurare la sopravvivenza del corpo, allora, quando comparvero cervelli dotati di mente, questi cominciarono con il “por mente” al corpo. E per tutelare la sopravvivenza del corpo con la più grande efficacia possibile, la natura, scrive Damasio, “si imbatté in una soluzione molto potente: rappresentare il mondo esterno in termini di modificazioni che esso provoca nel corpo, cioè rappresentare l’ambiente modificando le rappresentazioni primordiali del corpo ogni volta che vi sia una interazione tra organismo e ambiente”435.

Questa mappa dinamica dell'intero organismo, ancorata al disegno del corpo e al confine di esso, attraverso la pelle in quanto “un’interfaccia rivolta sia all’interno dell’organismo sia all’ambiente con il quale l’organismo interagisce”, non sarebbe prodotto in una sola area cerebrale, ma piuttosto in diverse aree per mezzo di schemi di attività neurale coordinate nel tempo: “Un particolare senso, quando è impegnato, produce una doppia serie di segnali: la prima viene dal corpo, ha origine là dove è ubicato l’organo di senso e viene convogliata al complesso motorio e somatosensitivo che in modo dinamico rappresenta tutto il corpo come una mappa funzionale. La seconda serie viene dall’organo di senso e viene rappresentata nell’unità sensitive pertinenti a quella modalità sensoriale. Tale assetto avrebbe una conseguenza pratica: quando si vede, non ci si limita a vedere, ma si sente anche di

star vedendo qualcosa con i propri occhi. Il cervello elabora segnali riguardanti il

fatto che l’organismo è impegnato in un punto preciso della mappa di riferimento del corpo”436.

In realtà, si è assai più consapevoli dello stato complessivo del corpo di quanto si possa essere consapevoli. Le immagini dello stato corporeo stanno sullo sfondo, ma sempre lì. Esse costituiscono le impalcature della nostra mente sia in senso onto che filogenetico. Le rappresentazioni primitive del corpo in attività forniscono una cornice alla quale riportare le altre rappresenzioni: “C'è una realtà esterna, ma ciò che noi ne sappiamo giungerebbe per opera del corpo in attività, attraverso rappresentazioni delle sue perturbazioni.”437.

435 ivi, pp. 312-313. 436 ivi, p. 315. 437 ivi, pp. 319-20.