• Non ci sono risultati.

Il linguaggio, ovvero la virtualizzazione del movimento

Nella sua accezione più semplice e ampia il linguaggio è un mezzo per lo scambio di informazione: come sostituto semiotico di un concetto, segno di qualcosa che sia un oggetto, un evento o una relazione, un pensiero. L’uso del linguaggio prevede la funzione simbolica, grazie alla quale siamo in grado di rievocare attraverso il segno linguistico realtà assenti, infatti, Piaget afferma che esso si manifesta con la comparsa dell’intelligenza rappresentativa, successiva a quella sensomotoria che permetteva solo un’azione diretta sulla realtà. In termini evolutivi il linguaggio sarebbe, infatti, il risultato dell'affinamento e potenziamento di varie attività cognitive già coinvolte nelle funzioni sensoriali, motorie, nella memoria, nella comunicazione: “anziché essere un sistema estremamente specifico ed autonomo, quello del linguaggio fa capo a complessi coordinamenti con altri sistemi ed aree del cervello legate alla rappresentazione di oggetti, alla percezione, alla motricità: esistono insomma interazioni tra le aree prettamente linguistiche e quelle che si riferiscono al corpo, all'ambiente e al contesto in cui esso opera”80.

La capacità rappresentativa della mente permette che pensiero e azione si differenzino progressivamente, grazie all’interiorizzazione degli schemi sensomotori che dà origine ai significati. Il rappresentare implica una distinzione tra significati e significanti, ossia una produzione, creazione di qualcosa di ‘altro’ che ‘sta per’. In questa capacità di ‘produrre’, di ‘creare’, il linguaggio è, una techne, ossia uno

80 A. Oliverio Ferraris, A. Oliverio, Corpo, cervello e linguaggio, X Congresso Nazionale GISCEL,

Università di Roma “La Sapienza”, Ischia, marzo 2000. Il corpo ha un peso talmente fondamentale nel contesto della nostra mente che si potrebbe quasi invertire l'usuale rappresentazione della mente che pianifica i movimenti del corpo in un'immagine della mente formata dai movimenti. L’agire sull’ambiente perturba la mente che, percependo l’effetto di tale alterazione, invia istruzioni per un'ulteriore azione. Il linguaggio non è un fatto puramente mentale o astratto, ma coinvolge anche il corpo. Anche colui che parla accompagna il linguaggio con dei micromovimenti (mimici e del corpo) che rendono le sue verbalizzazioni significative, ‘calde’, tali da motivare l'ascoltatore a partecipare alla ‘danza’.

strumento, una tecnica attraverso cui l’uomo costruisce quegli universi culturali che per Gehlen assumono, per l’uomo, la funzione che l’ambiente ha per l’animale.

Nella parola, si esprime la volontà dell’uomo di imprimere un ordine al mondo, consentendo il passaggio dal caos percettivo a una rudimentale organizzazione gerarchica, in virtù di una connessione relazionale, la quale è propria della parola come capacità di significare, “l'evento per il quale la parola nasce come emergenza da uno sfondo comporta l’esistenza di un legame relazionale con altro perché significhi, ha bisogno di indicare l'altro per potersi giustificare come segno. […] questo reciproco richiamarsi delle parole nell'atto del significare costituisce una delle condizioni donde nasce l’ordine dalla parola. L'altra, e più profonda, è dettata dal carattere ‘visivo’ della parola, costituita nella sua genesi da un atto di distinzione rispetto ad altro da sé, ma la distinzione comporta l'esclusione”81. La parola, come la tecnica, impone un ordine al mondo, in un certo senso lo controlla; indica il percorso al mondo e al reale82. Il linguaggio che, come l’utensile, costituisce il carattere distintivo della specie umana, è il modo attraverso cui diamo esistenza e costruiamo il mondo: nominare equivale a trarre fuori il nominato dal perenne flusso della realtà.

Il nostro rapportarci con il mondo, è, infatti, sempre mediato dal linguaggio, che pertanto assume un ruolo fondamentale e non neutrale rispetto alla conoscenza. Esso, assumendo la valenza di forma culturale, si delinea come una tecnologia a cui l’uomo ricorre per mantenere o per ripristinare quella stabilità del mondo a lui vantaggiosa quando l'inatteso turba il corso degli eventi83.

La valenza mediatica del linguaggio è pienamente osservata da Postman che definisce il linguaggio un’ideologia, un’ideologia invisibile, ma fortemente condizionante, che opera come schema interpretativo vincolante della realtà: “se definiamo un'ideologia come un insieme di presupposti di cui siamo vagamente coscienti, ma che tuttavia guidano i nostri sforzi per dare forma e con al mondo, allora il nostro strumento ideologico più potente della tecnologia del linguaggio. Il linguaggio pura ideologia: non solo ci insegnano che le cose ma, cosa più importante quali cose possono aver un nome divide il mondo in soggetti oggetti; denota quali avvenimenti devono essere considerati come processi e quali invece come cose”84.

L’uomo ha sempre attribuito un carattere esclusivo al linguaggio, in quanto criterio identificativo dell’humanitas stessa. Il linguaggio ha costituito il modello sulla base del quale l'uomo ha orientato e orienta la sua vicenda di specie.

La dimensione culturale dell’umanità si è sviluppata, e continua a svilupparsi, in funzione del linguaggio, che materializza, archivia e trasmette l’esperienza conoscitiva. Le organizzazioni umane, in base a una convinzione ormai comune, sono il risultato di un agire comunicativo che sviluppa linguaggi e metalinguaggi ai quali è conferito il compito di razionalizzare il sistema di relazioni e scambio tra i viventi. Secondo Damasio il linguaggio è nato e si è conservato proprio perché si è dimostrato un potente ed efficace strumento di comunicazione, in modo particolare quando dobbiamo esprimere concetti astratti. Ma il linguaggio svolge anche quella che Churchland definisce compressione cognitiva. Questa aiuta “a categorizzare il mondo e a ridurre la complessità delle strutture concettuali a una scala gestibile […]

81 B. Lorè, Educazione Lingua Culture, Roma, Seam 1998, p. 101.

82 L'estremizzazione del potere ordinatore della parola si estrinseca poi nella fissità del numero. 83 La capacità del linguaggio di ricondurre alla norma di fronte all’emergere dell’eccezionale si

esplica, come vedremo, secondo Bruner, nella sua funzione narrativa.

le economie cognitive del linguaggio (la sua capacità di riunire molti concetti sotto un unico simbolo) rendono possibili agli esseri umani la formulazione di concetti ancora più complessi e il loro impiego per elaborare pensieri ai massimi livelli di astrazione”85.

Ma grazie al linguaggio è possibile anche la narrazione di sé e questa è, per effetto dell’io narrante, il fondamento della identità della persona. Scrive De Mauro: “Le parole circondano il presente, ogni istante del nostro presente […] e dal presente più immediato si distendono verso il passato e si protendono verso il futuro, coinvolgendo anche pensieri, volontà e coscienze umane […] le parole impegnano la capacità di memoria degli esseri umani e attraverso essa legano il presente al passato[…]Le parole nascono dalle esperienze reali e possibili, dal convergere delle capacità di emozione, azione, intelligenza di cui ogni essere umano è dotato e rioperano potentemente su queste capacità, le consolidano, le strutturano, le rendono comunicabili e comuni”86. In tal modo, attraverso la parola, l’uomo ricompone quell’unità di corpo e spirito.

Se l’uso delle parole come funzione interattiva si configura come un agire, l’agire usando parole si potrebbe considerare un agire poietico. La parola ci esonera dall’azione e ci introduce nel mondo libero dalla contingenza, del possibile, del virtuale.

Rorty parla di svolta linguistica per interpretare la filosofia contemporanea per la quale il linguaggio viene considerato come l'unico vero reperto per studiare l'uomo e le sue manifestazioni. Heideggerianamente, la comprensione del mondo è, in realtà, sempre e in ogni caso, una interpretazione, perchè il mondo è il luogo di una nostra tensione intenzionale, nonché il luogo di un nostro progetto magari inconsapevole: non esiste, cioè, uno sguardo vergine sul mondo. Ogni forma di pensiero, a modo suo, è un interpretazioni del mondo e il nostro interrogarci su esso avviene attraverso una tradizione, un sistema di valori e aspettative, che si dà e si rivela a noi attraverso il linguaggio. Il linguaggio, cioè, rappresenta l'elemento positivo, assolutamente non prescindibile, nel quale le manifestazioni umane trovano un loro riflesso ed un loro rispecchiamento. È proprio il linguaggio, cioè, a costituire il nucleo propulsore di tutto l'agire razionale dell'uomo le cui manifestazioni, tutte immerse e condizionate dal linguaggio, si traducono e si esprimono, appunto, in comportamenti produttori delle diverse forme di ‘linguaggio’. Wittgenstein scrive: “i limiti del mio mondo sono i limiti del mio linguaggio”, a significare che il mondo si dà attraverso il linguaggio e che ogni ipotesi sulla realtà o trova un linguaggio con la quale essere formulata, o resta sospesa in una sorta di “limbo di impotenza”.

85 A. e H. Damasio, Cervello e linguaggio, in “Le Scienze. Quaderni”, n. 108, giugno 1999, p. 7. I

concetti salgono da piani molto concreti a livelli estremamente astratti , e l’astrazione, livello dopo livello, richiede l’intervento di una sintesi, di una compressione. Così la parola ‘albero’ può evocare esperienze vissute direttamente, mentre la frase “la democrazia richiede una partecipazione informata” ha bisogno, per essere ben compresa, dell’intervento della capacità del pensiero di riunire molti concetti sotto un unico simbolo (e parallelamente molte immagini in un’unica rappresentazione) e su quell’unico simbolo operare ancora nello stesso modo, riunendolo ad altri fino ad arrivare ai massimi gradi dell’astrazione.