come tecnologia
7. LA SCRITTURA: ‘VEDER’ I SUON
7.4. Il soggetto e la sua anima
Secondo Havelock la nascita del concetto di ‘Io’ nasce con la pratica della scrittura, cioè quando il linguaggio prese ad essere separato visivamente dalla persona che lo pronunciava, così che, anche, la persona, autore del testo, venne ad assumere maggiore rilievo. Nell'oralità il discorso scorre come un fiume e il parlante fa corpo con esso; mentre la scrittura lo traduce in un oggetto, in una cosa visibile e fissa. “scagliandosi di contro a esso, il parlante acquista un rilievo proprio e separato. Diviene letteralmente un ‘Io’”233. Il culmine di questo processo accadde in Platone con la sua strategia dell'anima, che è la nascita stessa della filosofia.
La fusione totale fra il soggetto e l’oggetto della conoscenza in un’esperienza olistica, rituale, rendeva, infatti, impossibile ogni sviluppo programmatico del pensiero astratto. Isolando gli elementi e sezionando gli oggetti, la scrittura permette lo sguardo analitico e oggettivante, capace di staccarsi dalle situazioni concrete e di pensare per categorie astratte, secondo quell'atteggiamento contemplativo, theorein che è alla base della filosofia e della scienza. Possiamo dedurne che logica e razionalità non appartengono all'uomo tout court, ma vanno piuttosto considerate come disposizioni sorte da quelle particolare tecnologia, che è la scrittura.
Verso la fine del V secolo, i Greci cominciarono a parlare della loro psyche come se possedessero identità o personalità autonome, e non fossero semplici frammenti di un fluire cosmico-vitale. Psyche non è più l'ombra o respiro dell'uomo, il ricordo evanescente della vita corporea, ma lo spirito che pensa ed è capace di decisioni morali e di conoscenza scientifica.
Col venir meno della tradizione orale e l’imporsi della scrittura, non solo viene meno l'antico uso della memoria produttiva e creatrice, sostituita da una memoria riproduttiva che semplicemente manda a memoria lo scritto, ma l'importanza del ritmo in generale della poesia si attenua di molto divenendo essenzialmente gioco estetico, questo consente l'affermazione della prosa. Il passaggio alla prosa, ovvero ad un mondo di fatti e di teorie, costituisce per Havelock. una liberazione della mente, oltre che del linguaggio. In Aristofane, in cui la pratica della scrittura ormai si è affermata, l'uomo è diventato soggetto collegato a una serie di predicati che descrivono una proprietà e non un'azione: “il verbo essere viene usato per significare non già una presenza o un'esistenza vigorosa, bensì un semplice collegamento richiesto da un'operazione concettuale. Ora questo stesso collegare è 'pensare', così come noi lo intendiamo. La pratica narrativa si è trasformata in una pratica logica”234.
L'avvento della prosa determinò la creazione della storia che è perfettamente esemplificato da Tucidide, e con la storia, per Sini, nasce tutta la mentalità scientifica dell'Occidente: l'innovazione della scrittura, come provocò la nascita della storia, così pure creò la filosofia della scienza. Sono queste le radici della formazione della verità pubblica inesauribilmente in cammino nella ricerca, che segnò la nascita dell'uomo teoretico: “c'è una storia, la cui pratica determina la formazione di un soggetto prosaico astratto che cerca, attraverso i documenti, di creare una prospettiva esterna rispetto agli eventi di cui tratta.[…] Poi c'è una filosofia, la cui pratica determina la nascita di un soggetto panoramico e teoretico che definisce la verità in sé di tutte le cose, cioè che traduce le cose dal loro vissuto esperienziale alla loro definizione logica astratta. […] Infine c'è la scienza, che è la messa fuoco
233 ivi , pp. 31-32. 234 ivi, pp.29-30.
metodologica del soggetto teorico e storico”235. L'idea della verità pubblica si traduce in qualcosa di concreto, effettuale, e si realizza nella realtà dei nostri progetti tecnici, informandone la stessa nostra percezione dell'esperienza.
Riportare concetti come Dio e anima nell'ambito di un mutamento tecnologico quale la scrittura, dice Sini, mette in crisi tutta la nostra fede nell'individualità personale, ma anche per quello che riguarda le procedure della logica, che smettono di essere entità sopra-storiche radicate nella natura umana, bensì si trovano connesse a un determinato momento storico-culturale e tecnologico; dunque divengono qualcosa di contingente e non di universale, in cui l'universale diviene solo una particolarità di contenuto, verso cui la storia dell’evoluzione dell’Occidente ha, tuttavia, intrapreso il suo cammino.
In conclusione, non vi è stato un atto di pensiero o un’acquisizione della conoscenza alla ‘radice’ dell'opera logico-matematica, quanto una forma concreta dell’esperienza, una pratica, attraverso la quale la visione, assumeva una connotazione, una organizzazione interna che nessun’altra tecnologia del comunicare –fosse questa identificata con il medium dell’oralità, o con quello di forme di scrittura diverse da quella alfabetica– avrebbe consentito.
Possiamo azzardare a concludere che il ‘computer’ simbolo della cultura contemporanea, ha origini lontane che si rintracciano nella civiltà greca. Si ritrovano nella sua antropologia, nell’insorgere di quella ‘macchina’ potentissima che fu fin dall’inizio la mente alfabetizzata dell’uomo occidentale: così, avendo a disposizione un mondo esterno potenzialmente illimitato su cui ‘leggere/scrivere’ segni e muoversi liberamente, la mente ha potuto strutturarsi come una macchina complessa.
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235 ivi, p. 31. Quanto detto ci sa comprendere come si sia creata quella spartiacque tra aletheia
(presenza) e veritas (giudizio logico), cioè come lo sguardo teoretico in quanto sguardo panoramico e dottrina dell'essere e il punto di arrivo di questo salto. Ma questo fu possibile proprio perché la pratica del logos avviene sempre di più all'interno del codice scrittorio.