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CHARLES S PEIRCE

Nel documento Semiotica (pagine 163-167)

Charles Sanders Peirce (1839-1914) è considerato non solo uno dei maggiori filosofi, logici e matematici americani ma soprattutto il fondatore della semiotica. I suoi scritti sono rimasti a lungo inediti. Le due maggiori raccolte delle sue opere sono The Collected Papers

of Charles Sanders Peirce e Writings of Charles Sanders Peirce. Quelle che seguono sono al-

cune delle pagine più famose dei Collected Papers. Dopo aver definito che cos’è un segno e specificato che cos’è l’interpretante (da non confondere con l’interprete), Peirce formula le tre celebri tricotomie dei segni, delle quali la più importante è senz’altro la seconda, in cui si distinguono icona, indice e simbolo.

1. Il segno e le tre tricotomie

2.228. Un segno, o representamen, è qualcosa che sta a qualcuno per qualcosa sotto qualche rispetto o capacità. Si rivolge a qualcuno, cioè crea nella mente di quella persona un segno equivalente, o forse un segno più sviluppato. Questo segno che esso crea lo chiamo in-

terpretante del primo segno. Il segno sta per qualcosa: il suo oggetto. Sta per quell’oggetto

non sotto tutti i rispetti, ma in riferimento a una sorta di idea che io ho talvolta chiamato la

base del representamen. [...]

2.229. In conseguenza del fatto che ogni representamen è così connesso a tre elementi, la base, l’oggetto, e l’interpretante, la scienza della semiotica ha tre branche. La prima [...] possiamo chiamarla grammatica pura: il suo compito è di accertare che cosa deve essere ve- ro dei representamen usati da ogni intelletto scientifico affinché essi siano atti a veicolare qualsiasi significato. La seconda branca della semiotica è la logica in senso stretto: è la scien- za di ciò che è quasi necessariamente vero per i representamen usabili da ogni intelletto scientifico affinché possano essere validi per qualsiasi oggetto, cioè possano essere veri; ov- vero la logica in senso proprio è la scienza formale delle condizioni di verità delle rappre- sentazioni. La terza branca della semiotica [...] la chiamerò retorica pura: il suo compito è

di accertare le leggi mediante le quali in ogni intelletto scientifico un segno dà origine a un altro, e specialmente un pensiero ne fa emergere un altro.

[...]

2.243. I segni sono divisibili secondo tre tricotomie: in primo luogo, secondo che il se- gno in se stesso sia una pura qualità, o un esistente effettivo, o una legge generale; in secon- do luogo, secondo che la relazione del segno con il suo oggetto consista nel fatto che il se- gno ha qualche carattere in se stesso, o consista in qualche relazione esistenziale con quel- l’oggetto, oppure nella sua relazione con un interpretante; in terzo luogo, secondo che il suo Interpretante lo rappresenti come un segno di possibilità, o come un segno di fatto, oppure infine come un segno di ragione.

1.1. Prima tricotomia

2.244. In base alla prima suddivisione un Segno può essere detto Qualisegno, o Sinse-

gno, o Legisegno.

Un Qualisegno è una qualità che è un Segno. Essa non può effettivamente avere la fun- zione di un segno finché non è messa in atto; ma la sua messa in atto o realizzazione non ha niente a che fare con il suo carattere di segno.

2.245. Un Sinsegno (dove la sillaba sin è intesa significare “esistente una sola volta”, co- me in singolo, semplice, nel latino semel, ecc.) è una cosa o un evento effettivamente esi- stente che è un segno. Può essere così soltanto attraverso le sue qualità; cosicché implica un qualisegno, o piuttosto diversi qualisegni. Ma questi qualisegni sono di una specie particola- re e formano un segno soltanto per il fatto di essere effettivamente messi in atto.

2.246. Un Legisegno è una legge che è un Segno. Questa legge è usualmente stabilita da- gli uomini. Ogni segno convenzionale è un legisegno. Non è un oggetto singolo, ma un tipo generale che è significante in base a quanto convenuto. Ogni legisegno significa quando è applicato in una occorrenza, che può essere detta una sua Replica. Così, la parola «il» ricor- rerà una decina di volte in una pagina. Ebbene, in tutte queste ricorrenze si tratta dell’unica e stessa parola, dello stesso legisegno. Ogni singolo esempio di essa è una Replica. La Re- plica è un Sinsegno. Così, ogni Legisegno richiede Sinsegni. Ma questi non sono Sinsegni ordinari, come sono invece quelle occorrenze peculiari che sono immediatamente signifi- canti. E infatti la Replica non sarebbe significante se non ci fosse la legge che la rende tale.

1.2. Seconda tricotomia

2.247. In base alla seconda tricotomia, un Segno può essere detto Icona, o Indice, o Sim-

bolo.

Un’Icona è un segno che si riferisce all’Oggetto che essa denota semplicemente in vir-

tù di caratteri suoi propri, e che essa possiede nello stesso identico modo sia che un tale Og- getto esista effettivamente, sia che non esista. È vero che, a meno che vi sia realmente un ta- le Oggetto, l’Icona non agisce come segno; ma questo non ha nulla a che fare con il suo ca- rattere di segno. Una cosa qualsiasi, sia essa qualità, o individuo esistente, o legge, è un’Ico- na di qualcosa, nella misura in cui è simile a quella cosa ed è usata come segno di essa.

2.248. Un Indice è un segno che si riferisce all’Oggetto che esso denota in virtù del fat- to che è realmente determinato da quell’Oggetto. Quindi esso non può essere un Qualisegno, perché le qualità sono quel che sono indipendentemente da qualsiasi altra cosa. Nella misu- ra in cui l’Oggetto agisce sull’Indice, l’Indice ha necessariamente qualche Qualità in comu- ne con l’Oggetto, ed è rispetto a queste qualità che l’Indice si riferisce all’Oggetto. L’Indi- ce, perciò, implica una specie di Icona, sebbene un’Icona di un tipo peculiare; e non è la pu- ra somiglianza al suo Oggetto che lo rende segno, ma è l’effettiva modificazione subita da parte dell’Oggetto che lo rende tale.

2.249. Un Simbolo è un segno che si riferisce all’Oggetto che esso denota in virtù di una legge, di solito un’associazione di idee generali, che opera in modo che il Simbolo sia inter- pretato come riferentesi a quell’Oggetto. È insomma esso stesso un tipo generale di legge, cioè è un Legisegno. Come tale agisce attraverso una Replica. Non soltanto il simbolo stes- so è generale, ma anche l’Oggetto al quale esso si riferisce è di natura generale. Ora, ciò che è generale ha la sua esistenza nelle occorrenze da esso determinate. Quindi devono esservi occorrenze esistenti di ciò che il Simbolo denota, sebbene dobbiamo qui intendere con «esi- stenti», esistenti nel possibile universo immaginario al quale il Simbolo può riferirsi. Il Sim- bolo, attraverso l’associazione o altra legge, sarà indirettamente determinato da queste oc- correnze. Così il Simbolo implicherà una sorta di Indice, sebbene un Indice di un tipo pecu- liare. Tuttavia non sarà mai vero che il lieve effetto di queste occorrenze sul Simbolo renda conto del carattere significante del Simbolo.

1.3. Terza tricotomia

2.250. In base alla terza tricotomia un Segno può essere detto Rema, o Dicisegno ossia

Segno Dicente (cioè una proposizione o quasi-proposizione), oppure Argomento.

Un Rema è un Segno che, per il suo Interpretante, è un Segno di Possibilità qualitativa, cioè è inteso rappresentare un determinato genere di Oggetto possibile. Un Rema, forse, da- rà una qualche informazione; ma non è interpretato come avente questa funzione.

2.251. Un Segno Dicente è un Segno che, per il suo Interpretante, è un Segno di esistenza effettiva. Non può dunque essere un’Icona, perché un’Icona non fornisce alcuna base per in- terpretarla come riferentesi a un’esistenza effettiva. Un Dicisegno implica necessariamente, per descrivere il fatto che è interpretato indicare, un Rema come sua parte. Ma questo Rema è di un tipo peculiare, essenziale sì per il Dicisegno, ma in nessun modo costitutivo di esso.

2.252. Un Argomento è un Segno che, per il suo Interpretante, è un Segno di legge. Ov- vero, possiamo dire che un Rema è un segno che è inteso rappresentare il suo oggetto sol- tanto nei suoi caratteri; che un Dicisegno è un segno che è inteso rappresentare il suo ogget- to rispetto all’esistenza effettiva; e che un Argomento è un Segno che è inteso rappresentare il suo Oggetto nel suo carattere di Segno.

(Tratto da Ch. S. Peirce, Semiotica, a cura di M.A. Bonfantini, L. Grassi, R. Grazia, Einaudi, Torino, 1980, pp. 132-141, con qualche modifica).

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