• Non ci sono risultati.

FERDINAND DE SAUSSURE

Nel documento Semiotica (pagine 170-174)

Ferdinand de Saussure (1857-1913) è da tutti considerato il padre della linguistica mo- derna. Profondo è stato il suo influsso sulla nascita e sullo sviluppo dello strutturalismo no- vecentesco e notevole è la sua importanza in semiotica (o “semiologia”, come lui stesso di- ceva), soprattutto per la sua concezione del segno linguistico. Vengono qui presentate alcune delle pagine più note del Corso di linguistica generale, in cui de Saussure, dopo aver defini- to la natura della semiologia, ne precisa il posto fra le altre scienze e ne stabilisce il rappor- to con la linguistica. Passa quindi a specificare la natura del segno linguistico, costituito dal rapporto inscindibile fra significante e significato, e a indicare le sue caratteristiche fonda- mentali, ossia l’arbitrarietà del segno (nella sua totalità) e la linearità del significante.

1. La semiologia e il segno linguistico

1.1. La semiologia

[...] la lingua è una istituzione sociale. Essa però si distingue per diversi tratti dalle altre istituzioni politiche, giuridiche ecc. [...]

La lingua è un sistema di segni esprimenti delle idee e, pertanto, è confrontabile con la scrittura, l’alfabeto dei sordomuti, i riti simbolici, le forme di cortesia, i segnali militari ecc. ecc. Essa è semplicemente il più importante di tali sistemi.

Si può dunque concepire una scienza che studia la vita dei segni nel quadro della vita so-

ciale; essa potrebbe formare una parte della psicologia sociale e, di conseguenza, della psicolo-

gia generale; noi la chiameremo semiologia [...]. Essa potrebbe dirci in che consistono i segni, quali leggi li regolano. Poiché essa non esiste ancora non possiamo dire che cosa sarà; essa ha tuttavia diritto ad esistere e il suo posto è determinato in partenza. La linguistica è solo una par- te di questa scienza generale, le leggi scoperte dalla semiologia saranno applicabili alla lingui- stica e questa si troverà collegata a un dominio ben definito nell’insieme dei fatti umani.

è definire ciò che fa della lingua un sistema speciale nell’insieme dei fatti semiologici. [...] Perché la semiologia non è ancora riconosciuta come una scienza autonoma, dotata come ogni altra d’un suo oggetto peculiare? Il fatto è che ci si aggira in un circolo: da una parte, niente è più adatto della lingua a far capire la natura del problema semiologico; ma, per por- lo in modo conveniente, bisognerebbe studiare la lingua in se stessa; senonché, fino ad ora, la si è esaminata quasi sempre in funzione di qualche altra cosa, sotto altri punti di vista.

(Tratto da F. de Saussure, Corso di linguistica generale (1916), a cura di T. De Mauro, Laterza, Bari, 1967, 19875, pp. 25-26)

2. Natura del segno linguistico

2.1. Segno, significato, significante

Per certe persone la lingua, ricondotta al suo principio essenziale, è una nomenclatura, vale a dire una lista di termini corrispondenti ad altrettante cose. [...]

Questa concezione è criticabile per molti aspetti. Essa suppone delle idee già fatte pree- sistenti alle parole [...]; non ci dice se il nome è di natura vocale o psichica, perché [il nome]

arbor può essere considerato sotto l’uno o l’altro aspetto; infine lascia supporre che il lega-

me che unisce il nome a una cosa sia un’operazione del tutto semplice, ciò che è assai lon- tano dall’esser vero. Tuttavia questa visione semplicistica può avvicinarci alla verità, mo- strandoci che l’unità linguistica è una cosa doppia, fatta del raccostamento di due termini.

Si è visto [...], a proposito del circuito della parole, che i termini implicati nel segno lin- guistico sono entrambi psichici ed uniti nel nostro cervello dal legame dell’associazione. In- sistiamo su questo punto.

Il segno linguistico unisce non una cosa e un nome, ma un concetto e un’immagine acu- stica. Quest’ultima non è il suono materiale, cosa puramente fisica, ma la traccia psichica di questo suono, la rappresentazione che ci viene data dalla testimonianza dei nostri sensi: es- sa è sensoriale, e se ci capita di chiamarla “materiale”, ciò avviene solo in tal senso e in op- posizione all’altro termine dell’associazione, il concetto, generalmente più astratto.

Il carattere psichico delle nostre immagini acustiche appare bene quando noi osservia- mo il nostro linguaggio. Senza muovere le labbra né la lingua possiamo parlare tra noi o re- citarci mentalmente un pezzo di poesia. Per il fatto che le parole della lingua sono per noi immagini acustiche occorre evitare di parlare dei “fonemi” di cui sono composte. Questo ter- mine, implicando una idea di azione vocale, può convenire solo alla parola parlata, alla rea- lizzazione dell’immagine interiore nel discorso. Parlando di suoni e di sillabe di una parola si evita il malinteso, purché ci si ricordi che si tratta di immagini acustiche.

Il segno linguistico è dunque un’entità psichica a due facce [ossia un concetto e una im-

Questi due elementi [ossia il concetto e l’immagine acustica] sono intimamente uniti e si richiamano l’un l’altro. Sia che cerchiamo il senso della parola latina arbor sia che cer- chiamo la parola con cui il latino designa il concetto “albero”, è chiaro che solo gli accosta- menti consacrati dalla lingua ci appaiono conformi alla realtà, e scartiamo tutti gli altri che potrebbero immaginarsi.

Questa definizione pone un importante problema di terminologia. Noi chiamiamo segno la combinazione del concetto e dell’immagine acustica: ma nell’uso corrente questo termine designa generalmente soltanto l’immagine acustica, per esempio una parola (arbor ecc.). Si dimentica che se arbor è chiamato segno, ciò è solo in quanto esso porta il concetto “albe- ro”, in modo che l’idea della parte sensoriale implica quella del totale.

L’ambiguità sparirebbe se si designassero le tre nozioni qui in questione con dei nomi che si richiamano l’un l’altro pur opponendosi. Noi proponiamo di conservare la parola se-

gno per designare il totale, e di rimpiazzare concetto e immagine acustica rispettivamente

con significato e significante: questi due ultimi termini hanno il vantaggio di rendere evi- dente l’opposizione che li separa sia tra di loro sia dal totale di cui fanno parte. Quanto a se-

gno, ce ne contentiamo per il fatto che non sappiamo come rimpiazzarlo, poiché la lingua

usuale non ce ne suggerisce nessun altro.

Il segno linguistico, così definito, possiede due caratteri primordiali. Enunziandoli por- remo i principi stessi d’ogni studio di quest’ordine.

2.1.1. Primo principio: l’arbitrarietà del segno

Il legame che unisce il significante al significato è arbitrario, o ancora, poiché intendia- mo con segno il totale risultante dall’associazione di un significante a un significato, possia- mo dire più semplicemente: il segno linguistico è arbitrario.

Così l’idea di “sorella” non è legata da alcun rapporto interno alla sequenza di suoni s-

ö-r che le serve in francese da significante; potrebbe anche esser rappresentata da una qua-

lunque altra sequenza: lo provano le differenze tra lingue e l’esistenza stessa di lingue diffe- renti: il significato “bue” ha per significante b-ö-f da un lato ed o-k-s (Ochs) dall’altro lato della frontiera.

[...] quando la semiologia sarà organizzata, dovrà chiedersi se i modi d’espressione che si fondano su segni interamente naturali, come la pantomima, le spettino di diritto. Suppo- nendo che li accolga, il suo oggetto principale sarà nondimeno l’insieme dei sistemi fondati sull’arbitrarietà del segno. In effetti, ogni modo d’espressione ereditato in una società pog- gia in linea di principio su una abitudine collettiva o, ciò che è lo stesso, sulla convenzione. I segni di cortesia, ad esempio, dotati spesso d’una certa espressività naturale [...] sono non- dimeno fissati da una regola: è questa regola che costringe a impiegarli, non il loro valore in- trinseco. Si può dunque dire che i segni interamente arbitrari realizzano meglio di altri l’idea- le del procedimento semiologico: è perciò che la lingua, il più complesso e diffuso tra i si-

stemi di espressione, è altresì il più caratteristico di tutti. In questo senso, la linguistica può diventare il modello generale di ogni semiologia, anche se la lingua non è che un sistema particolare.

Ci si è serviti della parola simbolo per designare il segno linguistico o più esattamente ciò che chiamiamo significante. Vi sono degli inconvenienti ad accoglierlo, appunto a causa del nostro primo principio. Il simbolo ha per carattere di non essere mai completamente ar- bitrario: non è vuoto, implica un rudimento di legame naturale tra il significante e il signifi- cato. Il simbolo della giustizia, la bilancia, non potrebbe essere sostituito da qualsiasi altra cosa, per esempio da un carro.

La parola arbitrarietà richiede anche un’osservazione. Essa non deve dare l’idea che il significante dipenda dalla libera scelta del soggetto parlante [...]; noi vogliamo dire che è im-

motivato, vale a dire arbitrario in rapporto al significato, col quale non ha nella realtà alcun

aggancio naturale. [...]

2.1.2. Secondo principio: carattere lineare del significante

Il significante, essendo di natura auditiva, si svolge soltanto nel tempo ed ha i caratteri che trae dal tempo: a) rappresenta una estensione, e b) tale estensione è misurabile in una

sola dimensione: è una linea.

[...] In opposizione ai significanti visivi (segnali marittimi ecc.) che possono offrire com- plicazioni simultanee su più dimensioni, i significanti acustici non dispongono che della li- nea del tempo: i loro elementi si presentano l’uno dopo l’altro; formano una catena. Tale ca- rattere appare immediatamente non appena li si rappresenti con la scrittura e si sostituisca la linea spaziale dei segni grafici alla successione nel tempo.

(Tratto da F. de Saussure, Corso di linguistica generale (1916), a cura di T. De Mauro, Laterza, Bari, 1967, 19875, pp. 83-88, con modifiche)

Nel documento Semiotica (pagine 170-174)