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LUIS J PRIETO

Nel documento Semiotica (pagine 185-188)

Alla base del pensiero semiotico dell’argentino Luis J. Prieto (1926-1996) c’è il con- cetto di “doppia articolazione” che, dal suo àmbito strettamente linguistico, viene trasferi- to e applicato ai codici non linguistici. Prieto ci presenta una definizione alquanto diversa della comunicazione, o meglio della semiosi, e distingue fra informazione, domanda e ordi- ne, quasi anticipando la teoria degli atti linguistici e le massime conversazionali. Si potreb- be dunque parlare di una visione pragmatica della semiosi, perché Prieto lascia ben tra- sparire il concetto di intenzionalità dell’atto semico.

1. L’atto semico

1. Quando si pronuncia o si scrive una frase, o si scrive sulla lavagna una formula ma- tematica, o si aziona la freccia di un’automobile, o si usa il bastone bianco dei ciechi, o si is- sano bandiere sull’albero di una nave, o si bussa a una porta; quando si suona il clacson a un incrocio, o si porta un bracciale della Croce Rossa, o anche quando si annota un appunta- mento nell’agenda, si producono segnali. [...] un segnale è uno strumento che serve a tra- smettere messaggi. Ora, trasmettere un messaggio vuol dire stabilire un rapporto sociale, che chiamiamo “informazione”, “domanda” o “ordine”: l’emittente di un segnale, cioè chi lo produce e dà luogo così a ciò che si chiama un “atto semico”, lo fa per informare un rice- vente di qualche cosa, o per interrogarlo circa qualcosa o infine per ordinargli qualcosa; e quest’informazione, questa domanda o quest’ordine costituisce il messaggio che l’emittente cerca di trasmettere servendosi del segnale. Ad esempio, mettendo la freccia e diventando così emittente di un atto semico, un automobilista cerca di informare gli automobilisti che lo seguono – i riceventi di tale atto – che sta per cambiare direzione di marcia. Attraverso il se- gnale fonico [ke ora e?], prodotto pronunciando la frase Che ora è?, una persona vuol chie- dere a un’altra l’ora. [...] Per mezzo di un segnale l’emittente può anche cercare di impedire qualcosa al ricevente. Ma in realtà [...] si tratta allora [...] semplicemente di un ordine nega- tivo [...].

Bisogna notare, d’altra parte, che usiamo qui il termine “ordine” in riferimento a un rap- porto sociale che si trovi a un livello qualsiasi tra la supplica più umile e la più informale in- giunzione.

2. Perché la trasmissione del messaggio che l’emittente vuole trasmettere abbia effetti- vamente luogo, vale a dire perché il fine che si propone producendo l’atto semico sia rag- giunto, è necessario – e sufficiente – da una parte che il ricevente si accorga che l’emittente vuol trasmettergli un determinato messaggio e, dall’altra, che identifichi quale sia questo de- terminato messaggio. Supponiamo, per esempio, che l’emittente si proponga di informare il ricevente che sta piovendo: è necessario e sufficiente, perché la trasmissione del messaggio “informazione che sta piovendo” abbia realmente luogo: 1. che il ricevente si renda conto del proposito dell’emittente di trasmettergli un determinato messaggio, e 2. che il ricevente iden- tifichi quel messaggio come “informazione che sta piovendo”. Dunque, se il segnale deve servire a trasmettere un messaggio, bisogna che permetta al ricevente, da una parte, di ac- corgersi che l’emittente si propone di trasmettere un determinato messaggio, e, dall’altra, di selezionare, tra tutte le informazioni, tutte le domande e tutti gli ordini immaginabili, una de- terminata informazione, una determinata domanda, o un determinato ordine, che il riceven- te interpreti come il messaggio trasmessogli dall’emittente. Il problema che qui ci proponia- mo è determinare come il segnale adempia a tale compito. Possiamo, quindi, dividere il no- stro problema in due parti.

3. Una di queste parti consiste nel chiedersi: come si configura il segnale per permette- re al ricevente di accorgersi che l’emittente si propone di trasmettergli un messaggio? La ri- sposta è molto semplice: il segnale indica al ricevente tale proposito dell’emittente per il fat- to stesso che è prodotto.

La seconda parte del nostro problema richiede, invece, una considerazione più lunga. Si tratta di mostrare come il segnale permetta al ricevente di identificare quel determinato mes- saggio che l’emittente gli vuole trasmettere. [...] il messaggio che il ricevente interpreta co- me quello che l’emittente vuol trasmettergli è “attribuito” dal ricevente al segnale:il proble- ma che ci poniamo è dunque quello di determinare come il ricevente selezioni il messaggio che attribuisce al segnale.

Ora, dato un certo segnale, ci sono alcuni messaggi che esso “ammette” e altri, invece, che “esclude”. Ciò significa che ci sono alcuni messaggi che possono essere quello che l’emittente, usando il segnale in questione, vuole trasmettere ed altri, invece, che non po- trebbero mai esserlo. [...]

4. L’indicazione che il ricevente trae dal segnale riguardo al messaggio che l’emittente vuole trasmettergli non basta evidentemente perché egli possa attribuire al segnale un mes- saggio determinato: il numero di messaggi diversi ammessi da un segnale, infatti, è pratica- mente infinito. Se dunque il ricevente riesce ugualmente a selezionare un determinato mes- saggio, che attribuisce al segnale, ciò accade perché il segnale viene sempre prodotto in rap-

porto a determinate “circostanze” e queste, dal canto loro, offrono al ricevente un’indicazio- ne supplementare. Con “circostanze” occorre intendere tutti i fatti noti al ricevente nel mo- mento in cui avviene l’atto semico e indipendentemente da quest’ultimo. Supponiamo, ad esempio, che uno stia scrivendo sul quaderno con una matita nera che gli appartiene, che possieda anche una matita rossa, che quest’ultima si trovi nel cassetto della scrivania, ecc., e che in quel momento un altro emetta il segnale [datemi la vɔstra matita]: colui che scrive, e che è diventato il ricevente dell’atto semico che ha luogo con la produzione di questo se- gnale, sa, nel momento in cui lo ode, che sta scrivendo, che lo fa sul suo quaderno, che lo fa con una matita nera, che questa matita è sua, che ne possiede anche una rossa, che questa è nel cassetto, ecc. Questi fatti, poiché il ricevente li conosce indipendentemente dall’atto se- mico che sta svolgendosi, costituiscono alcune delle circostanze in rapporto alle quali il se- gnale in questione è prodotto. [...]

Le circostanze “favoriscono” in misura diversa i vari messaggi ammessi dal segnale, cioè lo presentano più o meno direttamente all’attenzione del ricevente, e quest’ultimo, co- me è logico, ne conclude che il messaggio che l’emittente vuole trasmettergli è, tra quelli ammessi dal segnale, il più favorito dalle circostanze. Le circostanze che abbiamo or ora sup- poste in rapporto alla produzione del segnale [datemi la vostra matita], ad esempio, favori- scono più di ogni altro messaggio egualmente ammesso il messaggio “ordine di dare al- l’emittente la matita nera del ricevente” (in particolare, più del messaggio “ordine di dare al- l’emittente la matita rossa del ricevente”) e, in tal modo, indicano al ricevente che appunto questo è il messaggio trasmessogli dall’emittente.

(Tratto da L.J. Prieto, Lineamenti di semiologia. Messaggi e segnali (1966), tr. it. di L. Ferrara degli Uberti, Laterza, Bari, 1971, pp. 31-35, con alcune modifiche)

Nel documento Semiotica (pagine 185-188)