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Chizzolini e le scuole per giovani lavoratori e adult

Il Gruppo pedagogico di Scuola Italiana Moderna stava incubando da tempo un’i- dea ‘allargata’ di educazione popolare, come suggerito dal fatto che uno dei primi interventi di Chizzolini sul tema risale a prima dell’avvio dell’Inchiesta nazionale per la riforma della scuola e del suo coinvolgimento nell’Ufficio Studi del Ministero. Si trattò di una relazione dal titolo Scuole per i giovani lavoratori19, presentata al Con-

vegno di Studi di Assistenza Sociale promosso a Tremezzo (CO) dal 16 settembre al 6 ottobre 1946, dal Ministero dell’Assistenza post-bellica in collaborazione con la Delegazione del Governo italiano per i rapporti con l’UNRRA e la Missione Italiana UNRRA. Chizzolini vi partecipò in rappresentanza del Gruppo pedagogico, che da poco aveva istituito presso la sede dell’editrice La Scuola un Segretariato per le Scuole

dei lavoratori.

In nome di un apostolato sociale di ispirazione cristiana, il Segretariato si propone- va di promuovere una concezione di scuola per lavoratori, volta a valorizzare il lavoro manuale come espressione della piena dignità umana ed occasione formativa per ogni persona. Era ferma convinzione che la rinascita dell’Italia sarebbe passata dalla scuola e dal lavoro: garantire una preparazione ai giovani lavoratori equivaleva a soddisfare un «desiderio di vera democrazia». Tale idea di educazione popolare si discostava, in

toto, dalla concezione ottocentesca di educazione popolare come minimo di cultura

per tutti, a favore, invece, dell’affermazione di un’educazione popolare come «bene sociale», in grado di garantire a tutti il diritto ad avere il massimo di cultura, secondo la migliore lezione di Sergej Hessen. Quest’ultimo fu fra gli autori maggiormente stu- diati dal Gruppo pedagogico bresciano nel secondo dopoguerra, grazie alla mediazio- ne di Luigi Volpicelli e Armando Armando20.

La scuola per giovani lavoratori illustrata da Chizzolini avrebbe potuto interessare circa 3 o 4 milioni di italiani in età dell’obbligo scolastico, che avevano appena con- cluso le scuole elementari senza poter proseguire gli studi medi, o che non avevano frequentato alcuna scuola. Offrire loro la possibilità di frequentare una scuola del popolo, affidata esclusivamente all’insegnamento dei maestri, avrebbe rappresentato un’«ancora di salvezza» per il loro percorso personale e, per l’Italia, una prima vittoria nella battaglia per la democrazia21. Essa avrebbe dovuto assumere, come sua principa-

le forma, quella di un percorso triennale post-elementare a carattere unitario, non spe-

19 V. Chizzolini, Scuole per i giovani lavoratori, in Atti del convegno per studi di assistenza sociale, Tremezzo, 16

settembre-6 ottobre 1946, Milano, Marzorati, 1947, pp. 463-470. Chizzolini tenne il suo intervento nella II settimana del convegno (23-28 settembre 1946, diretta da Michael Schapiro e Franco Ambroso), dedicata al tema dell’Assistenza

all’infanzia ed ai minori.

20 Sulla diffusione del pensiero di Sergej Hessen nel Gruppo pedagogico bresciano, si veda: G. Bertagna, «Scuola

e Didattica» e la riforma della scuola media, in G. Vico (a cura di), La scuola media tra passato e futuro, Brescia, La

Scuola, 1993, pp. 180-182.

21 V. Chizzolini, Scuole per i giovani lavoratori, in Atti del convegno per studi di assistenza sociale cit., pp. 464-465.

Chizzolini aveva in mente l’esortazione formulata da papa Pio XII nell’enciclica Quemadmodum del 1946, a favore dell’educazione delle nuove generazioni uscite sbandate dal secondo conflitto mondiale. Per un’interpretazione della prospettiva sviluppata da Chizzolini in tema di educazione popolare, si veda: P. Todeschini, I maestri e la scuola del

popolo. Vittorino Chizzolini a «Scuola Italiana Moderna» (1929-1958), in E. Damiano (Ed.), La centralità dell’amore. Esplorazioni sulla pedagogia di Vittorino Chizzolini cit., pp. 76-86.

cificamente professionale o tecnico, in cui la formazione del carattere morale sarebbe andata di pari passo con la formazione della coscienza civica, mediante l’incontro di due culture (quella «del popolo» e quella «riflessa»).

Chizzolini auspicava la possibilità di istituire anche altre forme di scuola per gio- vani lavoratori, così configurate: scuole serali e scuole festive che accompagnassero le tradizionali modalità di apprendistato in campo agricolo, artigianale o edile; corsi spe- ciali complementari per ragazzi analfabeti di età compresa fra i 9 e i 14 anni; corsi di avviamento al lavoro in base alle attitudini dimostrate e corsi di abilitazione al lavoro per ragazzi «immaturi»; corsi di rieducazione «per fanciulli moralmente danneggiati dalla guerra»; corsi di economia domestica e di lavoro muliebre per ragazze; scuole differenziate per i «minorati psichici»; qualsiasi altra forma di provvidenza contro la diserzione scolastica e la disoccupazione giovanile, come la formazione dei disoc- cupati in apposite «scuole aziendali», l’introduzione dei «mezzi tempi» (per mezza giornata si lavora e per l’altra mezza si va a scuola) e corsi di preparazione tecnica e culturale per chi intendeva emigrare all’estero22.

Le proposte di Chizzolini mostravano diversi punti di contatto con il profilo della scuola popolare che Gonella avrebbe istituito l’anno successivo, con il D.Lgs. n. 1559 del 17 dicembre 1947, alla quale vennero affidati molteplici compiti: favorire il con- seguimento della licenza elementare per chi ancora non l’aveva o il consolidamento dell’istruzione primaria; orientare gli allievi alle attività artigiane o al proseguimento degli studi; promuovere la crescita della cultura del popolo mediante centri di lettura ed attività ad hoc. Altri elementi di convergenza erano la fiducia nell’imprescindibilità della ‘formula scolastica’ per realizzare tali obiettivi, lo svolgimento da parte della scuola di svariate funzioni (assistenza, educazione, orientamento e addestramento al lavoro) e il riconoscimento della costante centralità della persona umana nei processi educativi, ancor più se in età adolescenziale o adulta.

Vittorino Chizzolini avrebbe ripreso le linee portanti della sua proposta, corredan- dola di un’ampia analisi sul piano pedagogico-didattico, in occasione del primo Con- gresso nazionale dell’educazione popolare, organizzato dal Ministero della Pubblica Istruzione a Roma dal 2 al 5 maggio 1948, in concomitanza della nascita del Comitato

centrale per l’educazione popolare23. La prospettiva ‘emergenziale’ che aveva spinto

Gonella, pochi mesi prima, a istituire la scuola popolare doveva ora lasciare spazio alla delineazione di un piano organico per l’educazione popolare, in cui trovasse attuazio- ne concreta il trinomio «educazione-popolo-democrazia»24. Anche l’AIMC, da parte

sua, si sarebbe attivata in tal senso con l’istituzione di un Ufficio centrale per l’Educa-

zione Popolare, con il compito di coordinare le iniziative di studio e azione intraprese

dai centri aperti dall’AIMC in diverse regioni italiane25.

22 V. Chizzolini, Scuole per i giovani lavoratori, in Atti del convegno per studi di assistenza sociale cit., pp. 466-468. 23 Cfr. Ministero della Pubblica Istruzione, L’educazione popolare, I Congresso nazionale dell’educazione popo-

lare, Roma 2-5 maggio 1948, pubblicazione a cura dell’Ufficio studi, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1948; Id.,

L’educazione popolare in Italia. Atti del Primo Congresso Nazionale dell’Educazione Popolare, 2-5 maggio 1948, Roma,

Istituto Poligrafico dello Stato, 1948 (si trattò di un fascicolo monografico de «La riforma della scuola», II, 1948, n. 4-5).

24 Ministero della Pubblica Istruzione, L’educazione popolare cit., p. 4.

Come affermato da Alcide De Gasperi nel discorso introduttivo al congresso, l’e- ducazione popolare rappresentava un «aspetto particolare dell’educazione naziona- le», nel duplice significato di educazione civica e di educazione sociale26. In linea con

quanto dichiarato dall’art. 34 della neonata Costituzione italiana, essa era chiamata a porre ciascun cittadino italiano nelle condizioni culturali indispensabili per sviluppare al meglio le sue potenzialità personali e, nel contempo, inserirsi appieno nella collet- tività nazionale.

Sotto la presidenza del pedagogista Giovanni Calò27, che in quel frangente rivestiva

un ruolo di rilievo in tre sottocommissioni della Commissione nazionale d’inchiesta per la riforma della scuola, il congresso vide la presenza di studiosi del calibro di Luigi Volpicelli, Fausto Materno Bongioanni, Guido Calogero, Mario Ponzo, Carleton W. Washburne, che approfondirono il tema dell’educazione popolare nella dimensione individuale (legata al riconoscimento dell’esistenza di una psicologia dell’adulto) e in quella sociale (per promuovere il riadattamento continuo della persona ai nuovi bisogni sociali). Tre furono legrandi questioni: la lotta all’analfabetismo e al semi-anal- fabetismo degli adulti; l’istruzione dell’adulto; l’educazione dell’adulto indipendente- mente e al di fuori dei corsi e dei programmi di regolamentazione scolastica ufficiale28.

Chizzolini presentò la sua relazione, dal titolo Scuole e corsi per l’istruzione degli

adulti: finalità, organizzazione, fisionomia, tipi29, nella seduta antimeridiana del 4 mag-

gio 1948. L’intervento si concentrò su una teoria della scuola popolare come scuola «plurima», «polivalente e mobile per eccellenza», «differenziale», «duttile», «aperta» a rispondere alla pluralità di esigenze della fascia d’età post-scolastica (dal recupero dall’analfabetismo assoluto, alla formazione per tutto il corso della vita, all’acquisizio- ne degli ‘alfabeti’ della scienza e del progresso tecnico)30.

Sul piano didattico, una scuola popolare così configurata avrebbe puntato «verso la maggior individualizzazione possibile sia nel programma che nel metodo»31, per

venire incontro alla duplice finalità (personale e sociale) dell’educazione popolare, pensata in vista della costruzione di una societas fondata sulla democrazia e sul lavoro, secondo quanto affermato dall’art. 1 della Costituzione. Chizzolini individuò come altri caratteri specifici della didattica per le scuole degli adulti la concretezza, la glo- balità, l’essenzialità e la cooperazione, per favorire una migliore interconnessione fra i

26 A. De Gasperi, Il discorso del presidente De Gasperi, in Ministero della Pubblica Istruzione, L’educazione popo-

lare in Italia. Atti del Primo Congresso Nazionale dell’Educazione Popolare cit., pp. 20-21.

27 Sul ruolo svolto da Giovanni Calò negli anni della riforma Gonella, rimando al mio: Giovanni Calò nella peda-

gogia italiana del Novecento, Brescia, La Scuola, 2013, pp. 229-261.

28 G. Calò, [Illustrazione dei lavori del I Congresso Nazionale dell’Educazione Popolare, Roma, Palazzo Venezia,

2-3 maggio 1948], in Ministero della Pubblica Istruzione, L’educazione popolare in Italia. Atti del Primo Congresso Nazionale dell’Educazione Popolare cit., pp. 8-9.

29 V. Chizzolini, Scuole e corsi per l’istruzione degli adulti: finalità, organizzazione, fisionomia, tipi, in Ministero

della Pubblica Istruzione, L’educazione popolare in Italia. Atti del Primo Congresso Nazionale dell’Educazione Popolare cit., pp. 59-61.

30 Chizzolini si rifece a quanto avviato con l’istituzione della scuola popolare ai sensi del D.Lgs. n. 1559 del 17

dicembre 1947, con l’apertura di tre tipi di classi: per analfabeti; per semi-analfabeti; di aggiornamento.

31 V. Chizzolini, Scuole e corsi per l’istruzione degli adulti: finalità, organizzazione, fisionomia, tipi, in Ministero

della Pubblica Istruzione, L’educazione popolare in Italia. Atti del Primo Congresso Nazionale dell’Educazione Popolare cit., p. 59.

tratti psicologici tipici dell’età degli allievi e le metodologie didattiche a disposizione. Egli si rifece, a tal proposito, all’impianto didattico del Sistema dei reggenti di Mar- co Agosti, sperimentato negli anni Trenta in una classe di scuola elementare a Brescia come forma di autogoverno organizzativo e didattico affidato in toto agli scolari32.

Applicato in una scuola popolare per adulti, esso avrebbe condotto gli allievi ad av- viare un processo personale di auto-cultura, favorito dall’adozione di modalità di inse- gnamento-apprendimento che fossero le più naturali possibili (il cosiddetto «metodo naturale»). In questo modo, l’elevamento delle condizioni morali, sociali, economiche ed intellettuali dei ceti popolari sarebbe andato di pari passo con la maturazione di una loro autonomia di azione e di pensiero, attraverso l’esercizio di forme di collabo- razione fraterna fra pari, incarichi e attività di lavoro libero (letture, ricerche, relazio- ni). Sul lungo periodo, una scuola di questo tipo avrebbe contribuito a trasformare la forza collettiva delle masse popolari in una forza spirituale di personalità umane libere e responsabili, secondo i migliori insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa e le finalità assegnate nel programma politico della DC alla campagna per l’educazione popolare33.

L’opzione espressa da Chizzolini non nascondeva, in sé, l’intenzione di ‘elementa- rizzare’ l’istruzione popolare, bensì di trovare una prima soluzione al richiamo fatto dalla politica scolastica di Gonella alla fascia d’età compresa fra i 14 e i 21 anni. Un pe- riodo della vita nella quale gli italiani imparavano a diventare cittadini pleno iure e, in quanto tali, dovevano essere destinatari di un’educazione volta alla preparazione alla vita familiare e professionale, compresi l’apprendistato e l’istruzione professionale, che rientravano anch’essi nell’alveo dell’educazione popolare. Si trattava di questioni che Chizzolini ben conosceva, in quanto membro dell’Ufficio studi del Ministero della Pubblica Istruzione. Quest’ultimo, in quel frangente, stava vagliando il progetto ela- borato da Langevin e Wallon per la riorganizzazione della scuola francese e i contri- buti dell’Adult Education anglosassone di Washburne e Snodin, oltre che gli studi di Thorndike sulla mente degli adulti. L’assenza in Italia di una scienza dell’educazione degli adulti e di una didattica per l’insegnamento agli adulti aveva, infatti, indotto a guardare oltreconfine, al fine di superare una visione selettivo-economico della scuola a favore di una visione selettivo-sociale, che non disdegnasse il problema della riqua- lificazione professionale34.

32 Sull’esperienza del Sistema dei reggenti, si rimanda alle note originali pubblicate da Marco Agosti nella rivista

«Supplemento pedagogico a Scuola Italiana Moderna», fra il 1933 e il 1938. Esse vennero successivamente raccolte in: Magister, Verso la scuola integrale. (Il sistema italiano dei reggenti), Brescia, La Scuola, 1950. Utile anche quanto illustrato da sua figlia Adriana in: L’applicazione del metodo dei reggenti. (Indirizzi ed esperienze), Brescia, La Scuola, 1961.

33 Cfr. A. Gaudio, La politica scolastica dei cattolici: dai programmi all’azione di governo, 1943-1953 cit., pp. 113-

137; R. Sani, «Scuola Italiana Moderna» e il problema dell’educazione popolare negli anni del secondo dopoguerra, 1945-

1962, in M. Cattaneo, L. Pazzaglia (a cura di), Maestri, educazione popolare e società in «Scuola Italiana Moderna», 1893-1993 cit., pp. 265-301.

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