Dal rapido spaccato storiografico appena tracciato, appare dunque evidente come il consumo sia riconosciuto e indagato quale elemento definitorio delle identità sociali e culturali umane, individuali e collettive, dunque quanto abbia avuto (e abbia tutt’o- ra) anche valore e potere educativo: quanto insomma dovrebbe essere indagato anche nella storia dell’educazione.
Gli studi storico-educativi hanno invece ignorato il tema dei consumi tranne rari casi, o meglio rarissimi, come La pedagogia del consumismo e del letame di Antonio Santoni Rugiu, non a caso il primo a occuparsi approfonditamente della storia sociale dell’educazione nel nostro paese. Il volumetto uscì nel 2003, nato forse più dalla nota e inesauribile curiosità e perspicacia dell’uomo e del ricercatore, che da un confronto con il dibattito storiografico, dibattito poco presente, infatti, fra le pagine del libro il quale comunque, attraverso un discreto arco temporale attraversato a volo d’uccello, stigmatizza soprattutto la cesura tra i valori educativi del mondo rurale e quelli della società consumistica (più che dei consumi) moderna25.
Le ragioni di questo sostanziale disinteresse potrebbero comunque essere diverse e meriterebbero un ragionamento articolato e approfondito che andrebbe oltre questo articolo. Vediamone però intanto alcune, almeno in sintesi.
Anzitutto ci sono le questioni di carattere per così dire generale o di fondo riguardo
22 E. Scarpellini (a cura di), I consumi della vita quotidiana, Bologna, il Mulino, 2013; F. Anania (a cura di),
Consumi e mass media, Bologna, il Mulino, 2013; S. Cavazza (a cura di), Consumi e politica nell’Italia repubblicana,
Bologna, il Mulino, 2013; P. Battilani, C. Benassi (a cura di), Consumare il welfare. L’esperienza italiana del secondo
Novecento, Bologna, il Mulino, 2013.
23 E. Scarpellini, Introduzione, in E. Scarpellini (a cura di), I consumi della vita quotidiana, Bologna, il Mulino,
2013, p. 7.
24 P. Battilani, C. Benassi, Introduzione in C. Benassi (a cura di), Consumare il welfare. L’esperienza italiana del
secondo Novecento, Bologna, il Mulino, 2013, p. 15.
alla storia sociale dell’educazione.
Dopo il lungo predominio della cultura neo-idealista o comunque dell’impronta filosofica, la storia dell’educazione ha avuto di per sé difficoltà ad acquisire indipen- denza e autonomia, costretta talvolta a rifugiarsi nell’autoreferenzialità o impegnata a colmare lacune sui contenuti lasciati scoperti a causa della giovane età della disci- plina. Negli ultimi decenni poi l’indagine storico-sociale, s’intende sempre in campo educativo, è stata spesso evocata ma scarsamente praticata: «20-30 anni fa» scrisse infatti Santoni Rugiu nel 2010 «avevamo illuso questa donzella di essere molto corteg- giata dagli studiosi, oggi invece lasciata quasi sola, perfino discussa nella autonomia di disciplina»26. La storia sociale dell’educazione insomma, quella che più ha dato
spazio all’educazione informale abbandonando l’approccio teoretico e i contesti tra- dizionalmente oggetto degli studi storico-pedagogici, come la scuola o le istituzioni educative, anche se non ha mancato di disseminare pregevoli studi, ha senza dubbio sofferto di una mancata piena realizzazione, privando quindi i consumi del terreno in cui avrebbero potuto trovare opportuna cittadinanza27. D’altra parte il tema dei
consumi è appena accennato anche nel volume che forse più di tutti ha rappresentato la storia sociale dell’educazione, ovvero l’omonimo ponderoso e fortunato libro di Santoni Rugiu pubblicato nel 197928, lavoro come è noto fondamentale per quella che
Carmen Betti ha definito la svolta della storiografia pedagogica fino ad allora «prigio- niera dell’iperuranio delle idee»29. La storia sociale di Santoni probabilmente ispirata,
come ha notato Gianfranco Bandini, da pubblicazioni di oltre manica come quella di John Lawson e Harold Silver, A social history of education in England30, dedicò
ampio spazio al tema del lavoro, nei contesti formali e informali, mentre come accen- nato concesse solo poche battute ai consumi, riprendendo le riflessioni di Galbraith, all’interno di un paragrafo dedicato alla società fluente, poche battute come d’altro canto faceva anche la ‘cugina’ inglese, con un paragrafo intitolato Exspansion and the
affluent society concentrato sull’istruzione di massa.
Ma i consumi non troveranno spazio nel campo storico-educativo neanche negli anni successivi a quella svolta degli anni Ottanta ricordata poco fa, se non saltuaria- mente e comunque senza avere molto rilievo.
Ne troviamo traccia, ad esempio, in Chiesa e progetto educativo nell’Italia del se-
condo dopoguerra (atti di un convegno del 1986 ma pubblicato nel 1988) grazie ad un
lucido saggio di Pietro Scoppola sull’American way of life in Italia31 oppure nel volu-
me Archivi di Infanzia (del 2001), curato da Egle Becchi e Angelo Semeraro, in un in-
26 A. Santoni Rugiu, Piccolo dizionario per la storia sociale dell'educazione, Pisa, ETS, 2010, p. 14.
27 Per farsi un’idea delle ultime tendenze della ricerca storico-educativa cfr. H.A. Cavallera, La ricerca storico-
educativa oggi: un confronto di metodi, modelli e programmi di ricerca, Lecce, Pensa Multimedia, 2013.
28 A. Santoni Rugiu, Storia sociale dell’educazione, Milano, Principato, 1979.
29 C. Betti, Storia della pedagogia in C. Betti, G. di Bello, G. Bandini et al, Percorsi storici della formazione, Milano,
Apogeo, 2009, p. 22.
30 G. Bandini, Una questione dimenticata: la massoneria e l’impegno educativo, dimensione della laicità europea in
C. Betti, G. Bandini, S. Oliviero (a cura di), Educazione, laicità e democrazia: tra le pagine di Antonio Santoni Rugiu, Milano, FrancoAngeli, 2014, p. 112; J. Lawson, H. Silver, A social history of education in England, London, Methuen, 1973, pp. 420-424.
31 P. Scoppola, Le trasformazioni culturali e l’irrompere dell’American way of life, in Chiesa e progetto educativo
tervento di Heinz Hengst sulla mercificazione dell’infanzia, in cui però la dimensione storica è appena accennata32. Lo stesso Hengst l’anno successivo pubblicò un saggio
dove tracciava un breve excursus cronologico dell’educazione ai consumi in Italia, illustrando in particolare l’impegno della Coop, all’interno di un volume sulla pubbli- cità e i consumi sui banchi di scuola in Europa: pregevole iniziativa ma con il limite di leggere i consumi prevalentemente come distorsione della società contemporanea33.
Anche i lavori attenti alla cultura materiale, a cominciare da quelli di Egle Becchi e di Monica Ferrari, fino alle annotazioni storiografiche di Juri Meda34, oppure il ricco
filone sui libri di scuola, sebbene abbiano offerto un terreno florido per muovere un’a- nalisi con la lente dei consumi, non usano questo paradigma.
Infine una lettura dal punto di vista dei consumi latita pure nelle varie storie della scuola, generalmente costruite sull’evoluzione politico-legislativa, anche in quelle più attente ai fenomeni sociali.