Tra il 1885 e il 1890 Giuseppe Sacchi dà alle stampe due testi che ritroviamo, insie- me a quello di Claus, nella biblioteca magistrale allestita dalla commissione degli asili di carità per l’infanzia di Cremona e che hanno una certa diffusione a livello nazionale. Lo testimonierà, tra gli altri, Pietro Cavazzuti, che, nel 1888, citerà ripetutamente Il
primo ammaestramento di Giuseppe Sacchi (come del resto il testo di Claus), con-
siderandolo una «Guida» di riferimento per il genere al quale vorrà iscrivere il suo manuale53.
Rievocando l’opera di Gian Domenico Romagnosi e di Ferrante Aporti, Sacchi in-
48 N. Claus, Manuale per le istitutrici degli asili infantili italiani cit., p. 48. 49 Ivi, p. 56.
50 Ivi, p. 66. 51 Ivi, pp. 82-83. 52 Ivi, p. 166.
53 Per un’analisi dettagliata del testo di Cavazzuti del 1888 e delle sue fonti si rimanda al saggio M. Ferrari, Il bam-
bino contadino nella manualistica pedagogica per gli asili rurali: il testo di Pietro Cavazzuti (1888), in corso di stampa
in un volume, già ricordato, dedicato a Formare alle professioni. I saperi della cascina, a cura di M. Ferrari, G. Fumi e M. Morandi, originato da un convegno svoltosi a Pavia, presso il Collegio Ghislieri, nel 2015. Nell’edizione del 1900 il Cavazzuti introdurrà modifiche e aggiunte e muterà anche il titolo del suo Manuale, sottolineandone le nuove finalità. Su Cavazzuti (1855-1919) si rimanda ai già citati DBE. Dizionario Biografico dell’Educazione, diretto da G. Chiosso e R. Sani, e all’Enciclopedia pedagogica, diretta da M. Laeng, ad vocem.
dividua nella «tristizia dei tempi» e nell’insipienza delle educatrici la decadenza della proposta aportiana e presenta quello che a suo avviso è il «metodo» educativo messo in pratica negli asili milanesi. Sottolineando l’importanza di un metodo «auto-didat- tico» e «sperimentale» per cui il bambino può «conoscere» e «provare» in relazione con l’ambiente «oggettivo» della sua casa e della sua scuola54, Sacchi ricorda poi che:
l’ultima parte della Guida è tutta consacrata ad offrire le primizie del lavoro applicabile alla prima età, e ciò in riguardo a quella classe del popolo che deve dal lavoro ritrarre la pro- pria sussistenza e la propria dignità55.
Si tratta di parole eloquenti ai fini di una riflessione sull’ideologia e l’etica del lavoro nelle scuole infantili: è il lavoro a dare dignità all’uomo, secondo Sacchi, e pertanto bisogna costruire un habitus che educhi al lavoro il futuro cittadino fino dalla prima età, specie se appartiene alla classe che più ha bisogno di lavorare per vivere.
La circolare ministeriale del 27 gennaio 1889 con la quale «il Ministero della Pub- blica Istruzione annunziava di avere assunta l’alta soprintendenza didattica di ogni Opera applicata in Italia all’educazione della prima età» è il pre-testo dell’opera che Sacchi pubblica poi nel 1890, come egli stesso afferma nella dedica al consiglio diret- tivo degli asili di carità di Milano. Qui si esplicitano le ragioni di un metodo speri- mentale capace di indurre il bambino a «trovare da sé stesso il vero»56, individuando
una serie di tappe nei processi educativi che, dalle proposte di Pestalozzi e di Fröbel, conduca poi ad applicare «le prove già fatte dalla scuola sperimentale italiana che sono quelle di invogliare i parvoli a qualche modesto lavoro manuale sopra oggetti di semplice e ad un tempo di utile applicazione pratica»57. Anche in questo caso l’abi-
tudine della mano al lavoro è, sulla scorta di una letteratura coeva, il primo passo per la formazione di cittadini operosi, secondo Sacchi, e il canto è visto in una funzione applicativa rispetto al lavoro, infatti:
il popolo suole già fare un uso quasi istintivo del canto quando issa le vele, quando lavora al battipalo, quando batte la incudine, quando pesta il mortajo, quando batte col martello il cuojo, e la fogliuzza dell’oro, quando rastrella il fieno, quando pigia le uve e quando attende al- le opere del setificio. Nelle scuole infantili ed in ispecie in quelle ove si accolgono di preferenza i figli del contadino, del bracciante o dell’artiere, è ottimo esercizio quello di addestrare i bam- bini ad opere di mano che imitino alcuni utili lavori associando alla parte mimica il canto58.
Specie il figlio del popolo si deve abituare, secondo Sacchi, al lavoro, riformatore dei costumi, attraverso un processo graduale che lo conduce a interiorizzare condotte e rituali. Non si esclude tuttavia l’importanza della frequenza dell’asilo infantile da parte dei figli delle famiglie agiate: anche in quel caso si parla di «inclinazioni viziate»
54 G. Sacchi, Il primo ammaestramento cit., pp. IX-XI.
55 Ivi, p. XI. Su infanzia e lavoro nell’opera di G. Sacchi cfr. A. Luppi, Educazione e asili: “Il primo ammae-
stramento dell’infanzia e della puerizia” di Giuseppe Sacchi, in G. Genovesi (a cura di), Formazione nell’Italia unita: strumenti, propaganda e miti, III, Milano, FrancoAngeli, 2002, pp. 71-84.
56 G. Sacchi, I processi ed i metodi cit., p. 9. 57 Ivi, p. 12.
che solo «la vita nell’ordine morale» può combattere59. Il «metodo sperimentale»
italiano, per Sacchi, sta alla base di un percorso formativo che condusse gli allievi già a quindici anni sulle barricate del quarantotto, «affettuosamente indirizzati» dalla nuova scuola infantile «ad amar Dio, la famiglia e la patria»60. Questi bambini che
sperimentarono il metodo «autodidattico», che vennero indotti a scoprir da sé «le nozioni di vero, di bello, di bene», furono gli artefici del Risorgimento nazionale e la base delle nuove famiglie italiane, per Sacchi61. In questo metodo i lavori manuali e
collettivi hanno largo spazio. Infatti, scrive Giuseppe Sacchi:
Quando in alcuni Asili s’intraprendono lavori collettivi per il panificio, pel linificio od il lanificio, per i prodotti in pelle, per il cartonaggio, per il traforo in legno e per altre arti fab- brili o industriali, si associano al lavoro i bambini e le bambine, e possono in tal guisa metter- si in grado di conoscere i benefici del lavoro associato, in cui sta tutto il tesoro delle industrie ora attivate su grande scala62.
Secondo Sacchi, insomma, è nell’asilo che si preparano le operaie e gli operai di domani, tanto è vero che nella nota corrispondente a quanto sopra citato si legge:
Quando nell’anno 1886 si celebrò la ricorrenza del cinquantesimo anniversario della fon- dazione degli Asili di Milano, si fece, da una rappresentanza generale dei bambini di dieci Asili, porre in atto trentasei generi diversi di lavoro manuale.
Su questo tema insisterà nel 1888 Pietro Cavazzuti nella sua opera dedicata agli asili rurali italiani, dove ci si confronta con allievi sui generis, spesso dipinti anche da altri (penso a Claus ad esempio) come più bisognosi di stimoli intellettuali rispetto ai bambini di città.
I giudizi e pre-giudizi nei confronti del bambino contadino influenzano Cavazzuti, autore del fortunato manuale (riedito poi agli esordi del 1900 con notevoli variazioni e con aggiunte) e presentato come un testo utile non solo per formare le maestre de- gli asili di campagna, ma soprattutto per sottolineare la missione educativa dell’asilo secondo l’autore. A Cavazzuti sta a cuore una certa idea di «democrazia», come sot- tolinea nelle pagine introduttive del suo testo63. Egli crede che asilo e scuola elemen-
tare, se saldati l’uno all’altra, possano combattere l’analfabetismo ancora imperante in Italia, causa prima, a suo avviso, dell’impossibilità di realizzare il miraggio democratico che egli ha in mente. L’Asilo rurale, pensato da Cavazzuti per le classi popolari, deve preparare il bambino alla scuola elementare, non deve costituirsi come una prescuola, volta all’apprendimento della lettura e della scrittura, ma l’asilo sperimentale italiano di impianto rurale deve, a suo avviso, sviluppare un suo «carattere»64. Tale carattere deve
rampollare [...] dalla condizione speciale dei bimbi di campagna, e dal fine che si propone l’asilo, e deve dare il colore e l’intonazione a tutti gli esercizi didattici. Ora questo fine specia-
59 Ivi, p. 31.
60 G. Sacchi, I processi ed i metodi cit., p. 11. 61 Ibidem.
62 Ivi, p. 26.
63 P. Cavazzuti, Manuale per gli asili infantili di campagna cit., p. 33. 64 Ivi, p. 41.
le non può esser altro che quello di affezionare i bambini alla vita e ai lavori dei campi, adu- sandoli per tempo e famigliarizzandoli alle buone pratiche agricole e gettando i primi germi della razionale coltura del terreno65.
Il manuale del Cavazzuti partecipa del rinnovamento delle tecniche agricole tanto quanto i volumi del Sacchi, qui discussi, del cambiamento dei meccanismi di produ- zione nelle nuove fabbriche delle città italiane; certamente, in entrambi i casi, «l’edu- cazione morale de’ bambini è lo scopo più nobile ed alto che possa proporsi l’asilo»66,
portando ordine, disciplina e virtù nella vita altrimenti disordinata, secondo gli autori qui discussi, dei più piccini.