L’interesse storiografico per i consumi è cresciuto in maniera più evidente di pari passo all’emergere della cosiddetta società affluente, affermandosi quindi anzitutto negli Stati Uniti per poi propagarsi in Europa e più di recente anche in altre zone ge- ografiche del mondo. John Kenneth Galbraith già nel 1958 pubblicò infatti, per usare un esempio su tutti, la sua celebre analisi critica sulla evoluzione della società america- na, The affluent society appunto5, società sempre più incentrata su una produzione os- la recentissima bibliografia pubblicata da Frank Trentmann nel suo ultimo libro Empire of Things. How we became a
world of consumers, from the Fifteenth Century to the Twenty-First, Allen Lane, Penguin, 2016, bibliografia disponibile
anche on line, http://www.bbk.ac.uk/history/our-staff/academic-staff/professor-frank trentmann/BibliographyEm- pireOfThingsDec2015.pdf, 09/03/16.
3 F. Trentmann, Introduction, in F. Trentmann (ed. by), The Oxford handbook of the history of consumption,
Oxford, Oxford University Press, 2012, p. 1.
4 P. Capuzzo, Storia dei consumi. Nuove prospettive storiografiche, in «Contemporanea», II, n. 4, ottobre 1999,
p. 771.
sessiva dovuta ad una domanda, di beni materiali o immateriali, spesso nata non spon- taneamente ma sostenuta da bisogni creati ad hoc dalla pubblicità. Negli stessi anni uscì poi The stages of economic growth: A non-communist manifesto, di Walt Whitman Rostow, altra pietra miliare, nel quale lo storico dell’economia illustrò la celeberrima teoria degli stadi di sviluppo, osannando la produzione di massa in quanto generatrice di maggiori consumi e dunque di maggiore benessere6. Oltre ad offrire una visione dei
consumi, che avrà lunga vita, senza dubbio ancorata alla riflessione sulla produzione di massa, entrambi, seppur in maniera diversa e con giudizi per certi versi opposti, fra le altre cose contribuirono a consolidare quella che poi diventerà una costante dei lavori storici di questo filone, ovvero il concetto di ‘americanizzazione’ della società come sinonimo dell’espansione delle culture consumistiche (più che di consumo). Un paradigma oggi ormai tramontato, con la centralità del mondo asiatico, che però ha segnato a lungo il dibattito storiografico e che possiamo trovare appunto perfino, per certi versi, in lavori assai attenti all’ibridazione dell’American way of life con l’Europa, come l’ottimo Irresistible Empire di Victoria de Grazia7. In ogni modo il binomio
società dei consumi e produzione di massa ha prevalso anche grazie all’influenza del marxismo e della Scuola di Francoforte, pensiamo ad esempio all’impatto dell’Uomo
a una dimensione di Herbert Marcuse8.
Tuttavia nel corso degli anni Settanta iniziarono a comparire analisi storiche su que- sto tema anche in Europa e con prospettive differenti come quella di Joan Thirsk,
Economic policy and projects: the development of a consumer society in early modern En- gland9 oppure, pochi anni dopo, ancora sull’Inghilterra, con il volume di Neil McKen-
drick, John Brewer e John H. Plumb, The birth of a consumer society. The commercia-
lization of eighteenth-century England10, mentre sulla Francia (e non solo) possiamo
ricordare i lavori di Fernand Braudel11. Si apre così una fase nuova per le ricerche
storiche sul consumo, indagato in epoche pre-industriali e quindi non più come ri- sultato della produzione di massa, ma come fattore che in certi casi avrebbe potuto concorrere a crearla e non averla solo preceduta. Il paradigma dell’americanizzazione, che per inciso in parte ha pure una sua validità, sembrerebbe quindi bypassato in fa- vore però di una prospettiva centrata sulla storia dell’Europa o meglio di una parte del continente investita in misura talvolta eccezionale, come per l’Inghilterra, dai processi di commercializzazione, civilizzazione e industrializzazione, visione tuttavia ormai am- piamente superata dai numerosi lavori sull’Asia o su altre zone del mondo12. D’altro
6 W.W. Rostow, The stages of economic growth: a non-communist manifesto, Cambridge, Cambridge University
Press, 1960.
7 F. Trentmann, Introduction, cit., p. 6; V. de Grazia, L’impero irresistibile. La società dei consumi americana alla
conquista del mondo, Torino, Einaudi, 2006.
8 H. Marcuse, L’uomo a una dimensione. L’ideologia della società industriale avanzata, Torino Einaudi, 1967. 9 J. Thirsk, Economic policy and projects. The development of a consumer society in early modern England,
Oxford, Clarendon, 1978.
10 N. McKendrick, J. Brewer, J.H. Plumb, The birth of a consumer society. The commercialization of eighteenth-
century England, Bloomington, Indiana University Press, 1982.
11 F. Braudel, Civiltà materiale, economia e capitalismo. Le strutture del quotidiano (secoli XV-XVIII), Torino,
Einaudi, 1982.
12 A. Hulme, The changing landscape of China’s consumerism, Oxford, Chandos Publishing, 2014; K. Gerth,
canto la storiografia relativa ai consumi, sulla scia delle aperture avvenute fra gli anni Ottanta e Novanta, ha avuto nel nuovo millennio un’esplosione floreale con lavori assai eterogenei nel taglio, nella periodizzazione e nel contesto geografico indagato (spesso corrispondente a quello nazionale). Ad esempio possiamo segnalare ricerche che han- no ripreso e ampliato il filone sugli oggetti e sulla cultura materiale, stimolati anche dalle riflessioni sull’attualità come quelle di taglio antropologico di Daniel Miller13; ma
ancora lavori sulla quotidianità, sulle donne14, oppure volumi come Soviet Consumer Culture in the Brezhnev Era di Natalya Chernyshova e il recentissimo Communism and Consumerism. The Soviet Alternative to the Affluent Society curato da Timo Vihavainen
e Elena Bogdanova, che nascono anche dalla rottura delle categorie ideologiche della guerra fredda a cui anche le indagini storiche erano costrette15.
E in Italia?
In Italia invece il consumo ha impiegato molto, soprattutto nell’ambito storico so- ciale, a guadagnare un posto in prima fila nel dibattito storiografico e si può dire che non abbia ancora concluso il suo posizionamento. Senza dubbio questo lungo cammi- no, oltre ai noti motivi legati alla lenta evoluzione generale della storia sociale italiana che qua non abbiamo modo di affrontare, è dovuto anche al ritardo con cui la società dei consumi si è affermata nel nostro paese, come pure al repentino, seppur graduale, passaggio da società rurale a società industriale e poi dei consumi, passaggio compiu- tosi appunto nell’arco di pochi anni con la cesura del Miracolo economico (aspetto di cui peraltro occorre tener conto anche per la disattenzione per i consumi nella lettera- tura pedagogica). Non a caso i lavori che hanno volto lo sguardo agli anni del boom o all’universo giovanile, legato come è noto a filo doppio con il consumo di massa, non hanno mancato di lasciare spazio al tema dei consumi16 che d’altro canto è ampiamen- Dikötter, Things Modern: Material Culture and Everyday Life in China, London, Hurst & Company, 2006; T. Burke,
Lifebuoy Men, Lux Women. Commodification, Consumption, and Cleanliness in Modern Zimbabwe, Durham, Duke
University Press, 1996. B. Orlove (ed.), The Allure of the Foreign. Imported Goods in Postcolonial Latin America, Michigan, The University of Michigan Press, 1997; S. Garon and P.L. Maclachlan (eds.), The Ambivalent Consumer.
Questioning Consumption in East Asia and the West, Ithaca, Cornell University Press, 2006; L.C. Nelson, Measured Excess: Status, Gender, and Consumer Nationalism in South Korea, New York, Columbia University Press, 2000; K.
Gerth, As China Goes, So Goes the World. How Chinese Consumers Are Transforming Everything, New York, Mac- millan Publisher, 2010; J. Prestholdt, Domesticating the World. African Consumerism and the Genealogies of Global-
ization, Berkeley, University of California Press, 2008.
13 D. Miller, Material Culture and Mass Consumption, Oxford, Blackwell, 1987; D. Miller, Per un’antropologia
delle cose, Milano, Ledizioni, 2013; J. Brewer, R. Porter (eds.), Consumption and the World of Goods, London and
New York, Routledge, 1993.
14 R.R Wilk, F. Trentmann, E. Shove, Time, consumption and everyday life: practice, materiality and culture, Oxford,
Berg, 2009; M. Jayne, Cities and consumption, London, Routledge, 2006; V. de Grazia, E. Furlough, The sex of things:
gender and consumption in historical perspective, Berkeley, University of California Press, 1996; M. Russell, Creating the New Egyptian Woman: Consumerism, Education, and National Identity, 1863-1922, Palgrave, Macmillan, 2004.
15 N. Chernyshova, Soviet Consumer Culture in the Brezhnev Era, Abingdon, Routledge, 2013; T. Vihavainen, E.
Bogdanova (eds.), Communism and Consumerism. The Soviet Alternative to the Affluent Society, Leiden-Boston, Brill, 2015; cfr. anche D. Crew, Consuming Germany and the Cold War, Oxford, Berg, 2003.
16 Cfr. S. Piccone Stella, La prima generazione: ragazze e ragazzi nel miracolo economico italiano, Milano, FrancoAn-
te presente anche nei più attenti volumi di sintesi, a cominciare dalla fine degli anni Ottanta con la Storia d’Italia di Paul Ginsborg, ma anche con quella di Silvio Lanaro o la Storia del Miracolo di Guido Crainz, fino al recente L’Italia contemporanea dagli
anni Ottanta ad oggi17 edito da Carocci e curato da vari autori.
Il consumo in ogni modo è entrato da poco, con il nuovo millennio, negli studi storici italiani (o sull’Italia), specialmente in quelli sull’età contemporanea; studi che spaziano su svariati argomenti, riflettendo peraltro l’eterogeneità di questo filone, ma comunque costruiti sullo sfondo dell’avanzamento della società e della produzione di massa. Ricordiamo, solo per portare qualche esempio, il libro di Forgacs e Gundle sulla cultura di massa fra gli anni Trenta e Cinquanta, la Storia sociale della lavatrice e la Storia intima dei ceti medi di Enrica Asquer, la storia sociale degli anni Cinquanta di Luca Gorgolini, gli Anni di novità e di grandi cose di Patrizia Gabrielli, la parabola della virilità di Sandro Bellassai, nonché la storia sociale dell’Eni di Elisabetta Bini18.
Rari invece i casi concentrati su altre epoche e su altri contesti geografici come Culture
del consumo di Paolo Capuzzo, sull’Europa fra la metà del Seicento e primi del No-
vecento, e I consumi: questione di genere curato da Maria Stella e Angiolina Arru, con saggi che spaziano dal XII al XX secolo e su diverse nazioni19.
Sempre più ricco e foriero di novità invece il filone di ricerca storica italiano che ha fatto dei consumi il suo tema principale. Prima fra tutti Emanuela Scarpellini con L’Ita-
lia dei consumi e con Il Secolo dei consumi e La rivoluzione dei consumi: società di massa e benessere in Europa curati invece insieme a Stefano Cavazza o il collettaneo Genere, generazione, consumi curato da Paolo Capuzzo20. Tutti usciti negli ultimi anni21.
Ancora legati a quei paradigmi di grande influenza in questo campo di ricerca, ovvero la società e la produzione di massa oppure l’americanizzazione, ma senza dub- bio assai più liberi e creativi nelle loro analisi, i quattro volumi ‘gemelli’ (eterozigoti)
17 P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, Torino, Einaudi, 1989; S. Lanaro, Storia dell’Italia repubbli-
cana: l’economia, la politica, la cultura, la società dal dopoguerra agli anni ’90, Venezia, Marsilio, 2001; G. Crainz, Storia del miracolo italiano: culture, identità, trasformazioni fra anni Cinquanta e Sessanta, Roma, Donzelli, 2005; de L’Italia contemporanea dagli anni ottanta ad oggi. Cfr. specialmente il vol. 2 curato da C. Fumian, E. Bernardi, E. Asquer, Il mutamento sociale, Roma, Carocci, 2014.
18 D. Forgacs, S. Gundle, Cultura di massa e società italiana: 1936-1954, Bologna, il Mulino, 2007; E. Asquer, La
rivoluzione candida: storia sociale della lavatrice in Italia (1945-1970), Roma, Carocci, 2007; E. Asquer, Storia intima dei ceti medi: una capitale e una periferia nell’Italia del miracolo economico, Roma-Bari, Laterza, 2011; L. Gorgolini, L’Italia in movimento: storia sociale degli anni Cinquanta, Milano, Bruno Mondadori, 2013; P. Gabrielli, Anni di novità e di grandi cose: il boom economico fra tradizione e cambiamento, Bologna, il Mulino, 2011; S. Bellassai, L’invenzione della virilità: politica e immaginario maschile nell’Italia contemporanea, Roma, Carocci, 2011; E. Bini, La potente benzina italiana. Guerra Fredda e consumi di massa tra Italia, Stati Uniti e Terzo mondo (1945-1973), Roma, Carocci, 2013.
19 P. Capuzzo, Culture del consumo, Bologna, il Mulino, 2006; M. Stella, A. Arru, I consumi: una questione di
genere, Roma, Carocci, 2003.
20 E. Scarpellini, L’Italia dei consumi: dalla Belle Epoque al nuovo millennio, Roma-Bari, Laterza, 2008; E. Scar-
pellini, S. Cavazza, Il secolo dei consumi: dinamiche sociali nell’Europa del Novecento, Roma, Carocci, 2006; E. Scar- pellini, S. Cavazza, La rivoluzione dei consumi: società di massa e benessere in Europa, Bologna, il Mulino, 2010; P. Capuzzo, Genere, generazione e consumi: l’Italia degli anni Sessanta, Roma, Carocci, 2003; cfr. anche E. Scarpel- lini, Comprare all’americana: le origini della rivoluzione commerciale in Italia, 1945-1971, Bologna, il Mulino, 2001; E. Scarpellini, La spesa è uguale per tutti: l’avventura dei supermercati in Italia, Venezia, Marsilio, 2007.
21 Per un approfondimento e per altre riflessioni sul dibattito storiografico, principalmente italiano, cfr. P. Ca-
puzzo, Storia dei consumi. Nuove prospettive storiografiche, cit., pp. 771-789; E. Scarpellini, Consumi e storiografia, in «Contemporanea», X, n. 4, ottobre 2007, pp. 731-738 e S. Colafranceschi, La storiografia sui consumi in Italia e lo
usciti nel 2013, risultato di un progetto di ricerca di interesse nazionale (Prin) av- viato nel 2008 intitolato Consumi, benessere e legittimazione politica in Italia negli
anni Sessanta-Novanta coordinato da Emanuela Scarpellini22. La quotidianità, i mass
media, la politica e il welfare sono i quattro macro temi osservati dai vari studiosi con la lente dei consumi, un modo anzitutto per rinnovare, come sostiene proprio Ema- nuela Scarpellini, la tradizione storiografica italiana (e pure il suo immaginario) spesso incentrata sui grandi cambiamenti politici, economici, sociali… ma non sui consumi, sebbene siano il tramite con cui le persone sperimentano le grandi trasformazioni e quindi altrettanto utili a misurare la distanza con il passato23. Tra i numerosi saggi che
popolano i volumi, di particolare interesse nell’economia del nostro discorso, quelli sul consumo del welfare, i quali in sostanza slegano la produzione diretta dai consu- mi, ovvero il lavoro dall’uso dei servizi sociali, educativi o sanitari, ai quali si accede indipendentemente dal reddito individuale perché «risultato di un meccanismo di raccolta delle tasse e di redistribuzione»24.