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Le Scuole serali e festive durante il ventennio fascista

L’occupazione di Palazzo Marino nell’agosto del 1922 da parte delle camicie nere e la vittoria della coalizione formata da liberali, nazionalisti, popolari e fascisti nelle elezioni del dicembre di quell’anno decretavano la conquista, sul piano amministrativo, da parte dei fascisti della socialista Milano25. L’avvicendamento tra la Giunta di Angelo

Filippetti, espressione del massimalismo socialista, e quella guidata da Luigi Mangiagalli alla fine del 1922 non si traduceva, nell’immediato, in un cambiamento dell’assetto delle Scuole serali e festive superiori. Se, infatti, l’assessore Giuseppe Gallavresi procedeva a una revisione dei programmi vigenti, al fine di epurarli dai contenuti che rinviavano all’ideologia socialista, nondimeno egli confermava l’ordinamento delle due istituzioni. I Regolamenti varati nel 1925, infatti, consolidavano e razionalizzavano quanto fatto dalla Giunta Caldara, senza mettere in discussione la specificità dell’offerta formativa di queste Scuole che continuavano a avere il consenso delle famiglie26.

Sul finire degli anni Venti e in modo più deciso negli anni Trenta, sulla scorta dei ritocchi alla scuola gentiliana e in specie del passaggio dell’istruzione tecnica e professionale dal Ministero dell’Economia a quello dell’Istruzione nel 1928, anche queste Scuole conobbero importanti cambiamenti27. Possiamo dividere questa fase,

che giunge fino alla guerra, in due periodi, separati fra di loro dalla nomina di Bottai a Ministro dell’Educazione Nazionale.

Nel primo periodo, coincidente con la prima metà degli anni Trenta, il Comune, mentre con incalzanti provvedimenti si preoccupava dell’inquadramento delle alunne e degli alunni delle Festive e Serali superiori nelle organizzazioni giovanili del regime

23 Analoghe preoccupazioni si colgono nella proposta formativa presentata in quel periodo dall’«Asilo Mariuc-

cia» alle proprie ospiti, ovvero minorenni provenienti da situazioni di forte disagio familiare, e espressione del fem- minismo laico e socialista: A. Buttafuoco, Le mariuccine. Storia di un’istituzione laica. L’Asilo Mariuccia (1902-1933), Milano, Franco Angeli, 1985. Sull’attrattiva esercitata dal lavoro d’ufficio, percepito socialmente come migliore, su una parte sempre più numerosa della popolazione giovanile femminile tra guerra e dopoguerra, si veda B. Curli, Ita-

liane al lavoro. 1914-1920, Venezia, Marsilio, 1998, pp. 181 sgg.

24 Comune di Milano, Regolamento per le Scuole Festive Superiori, Milano, Stucchi Ceretti e C., 1919.

25 I. Granata, L’avvento del fascismo a Milano. Le Giunte Filippetti e Mangiagalli, in Storia di Milano, vol. XVIII:

Il Novecento, cit., tomo I, pp. 600-623.

26 Cfr. Comune di Milano, Regolamento per le Scuole Serali Superiori, Milano, Stucchi Ceretti e C., 1925; Id.,

Regolamento per le Scuole Festive Superiori, Milano, Stucchi, Ceretti e C., 1925.

27 Ci si limita a ricordare l’opera di J. Charnitzky, Fascismo e scuola. La politica scolastica del Regime (1922-1943),

e nell’Opera Nazionale Dopolavoro28, agiva secondo le seguenti direzioni: avvicinare

tali istituti al modello delle scuole di avviamento professionale e elevarne la qualità degli studi affinché gli iscritti potessero presentarsi agli esami delle scuole suddette. Si nota cioè, in coincidenza con l’avocazione dell’istruzione professionale allo Stato e l’accentramento dei processi di professionalizzazione nella scuola, un adeguamento delle istituzioni milanesi al modello governativo, anche se, come si vedrà, la specificità didattica di questo sistema scolastico non sarebbe venuta meno. Emerge poi in questi anni una questione che fin dagli inizi del Novecento si era palesata e era stata posta in modo esplicito da Osimo: fare in modo che gli studenti-lavoratori interessati, e che ne avevano le capacità, potessero proseguire gli studi nell’ordine secondario. Ma, se durante l’età giolittiana, l’idea dell’accesso dei giovani del popolo ai più alti livelli dell’istruzione traeva origine dalle istanze di giustizia sociale del socialismo, ora essa rinviava al mito della gioventù tipico del fascismo e alla volontà di consolidare il con- senso dei ceti medi e medio-bassi.

In virtù del Regolamento comunale del 1931 era decisa la soppressione della sezio- ne industriale, i cui iscritti erano progressivamente diminuiti. Continuavano a esistere i corsi a indirizzo commerciale, di durata quadriennale, sia per le Festive che per le Serali superiori, e il tradizionale corso triennale di lingue per il ramo femminile. Le Scuole, si legge nel testo normativo, trasmettevano una «cultura complementare, con indirizzo essenzialmente pratico […] ai giovani ed alle giovani, che, usciti dalla scuola elementare, [intendevano] perfezionare la preparazione intellettuale per migliorare la loro attività»29.

Non è un caso che in questi anni le Serali venissero adattate al modello delle scuole secondarie di avviamento professionale, nello specifico del tipo commerciale, pro- mosse dal Ministro Giuliano nel 1930. Tali scuole, oltre a consentire l’assolvimento dell’obbligo scolastico, fornivano «un primo insegnamento di carattere secondario per la preparazione ai mestieri»30. Questo processo evolutivo fu gestito essenzialmen-

te da Arturo Bandini, preside dell’istituto magistrale «Rosa Maltoni Mussolini», diret- tore capo delle Serali e Festive superiori e, di lì a poco, fiduciario nazionale dell’Asso- ciazione Fascista della Scuola, sezione scuola media31. Egli voleva che la scuola serale

milanese divenisse «palestra di addestramento spirituale e culturale» in quanto, come auspicava il fascismo, «in qualsiasi categoria di impiego, in qualsiasi specie di lavoro si [era] decisamente incamminati ad una oculata selezione, tanto da avvalersi dell’opera dei migliori»32. Le Serali superiori adottavano i programmi delle scuole di avviamento

28 Cfr. Relazione finale dell’anno scolastico 1933-34 delle Scuole Serali e Festive Superiori e di disegno del direttore

capo Arturo Bandini, 20 settembre 1934, in ACCMi, Fondo Storico, Istruzione Pubblica, c. 51, f. 20.

29 Regolamento per le scuole serali e festive superiori, delibera del Podestà, 12 agosto 1931, in ACCMi, 1931,

Educazione.

30 Legge 22 aprile 1932, n. 490. Conversione in legge del R. decreto-legge 6 ottobre 1930, concernente il riordina-

mento della scuola secondaria di avviamento al lavoro, in «Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia», 20-5-1932, n. 116.

31 Cfr. Incarico di direttore capo nelle civiche scuole serali e festive secondarie e medie annessi, delibera del Podestà,

22 febbraio 1937, in ACCMi, 1937, Educazione.

32 Relazione finale dell’anno scolastico 1933-34,cit.; Riapertura delle civiche scuole serali e festive superiori e delle

scuole serali e festive di disegno, per l’anno scolastico 1933-34, delibera del Podestà, 22 novembre 1933, in ACCMi,

e, dal 1933-34, si attrezzavano per preparare gli iscritti a sostenerne gli esami.

Secondo Bandini analogo discorso poteva essere fatto per le Festive, convinto che il fascismo non dovesse trascurare l’elevazione culturale delle donne. A suo dire era necessario «dare anche all’elemento femminile la possibilità di completare la propria istruzione tecnica commerciale», come si stava facendo per i maschi, e tenere conto del fatto che le organizzazioni giovanili del regime richiedevano di dedicare le ore libere della domenica a attività sportive e allo «svago educativo»33. Di qui, nel 1935, la

creazione, a fianco delle Festive tradizionali, di una Scuola superiore femminile serale, che poteva contare su più ore di lezione34.

Nel quadro di questo riordino, volto a adeguare le scuole civiche milanesi in modo sempre più deciso all’assetto governativo specialmente per il ramo maschile, si colloca la creazione nel 1931 di un Istituto serale commerciale, di durata triennale, che inten- deva perfezionare la formazione di chi aveva concluso le Serali superiori o aveva una licenza di scuola secondaria35. Anche per questo istituto, Bandini predispose una pro-

gressiva trasformazione, con aumento della durata del corso e delle materie attivate, al fine di preparare gli alunni agli esami di abilitazione degli istituti tecnici commerciali statali36. Nella seconda metà degli anni Trenta, il progetto perseguito dall’ammini-

strazione municipale raggiungeva gli obiettivi sperati. Dall’anno scolastico 1936-37, le Scuole serali, ora denominate secondarie, ottenevano dal Ministero dell’Educazione Nazionale di essere sede legale di esame. Di lì a due anni, l’Istituto tecnico serale com- merciale comunale poteva contare sullo stesso riconoscimento37.

Il sistema delle Scuole serali superiori comunali modificava in parte forma e finalità. L’istruzione serale, per i giovani studenti-lavoratori, non costituiva più solo l’occa- sione di miglioramento della propria formazione culturale e professionale, ma rap- presentava anche l’opportunità di accedere ai titoli rilasciati dalla scuola secondaria inferiore e superiore. Tale cambiamento comportava sicuramente la perdita dell’au- tonomia organizzativa e didattica che l’aveva sempre contraddistinta, ma significava anche un’indubbia elevazione della qualità degli studi.

L’arrivo di Bottai al Ministero dell’Educazione Nazionale ebbe ripercussioni an- che sulle Scuole milanesi che conobbero un’ulteriore evoluzione. Come è noto, a suo giudizio la scuola era chiamata a porsi in relazione con la società e la sua crescita eco- nomica38. Essa era tenuta a preoccuparsi di assorbire, in modo sempre più aderente ai

bisogni del sistema produttivo, il crescente accesso dei giovani all’istruzione seconda- ria, selezionando e orientando in base alle attitudini. In virtù della Carta della Scuola, il lavoro entrava come materia nella scuola di ogni ordine e grado, non con un fine di

33 Relazione finale dell’anno scolastico 1933-34, cit.

34 Riapertura delle civiche scuole serali e festive secondarie e medie e corsi annessi per l’anno scolastico 1935-1936,

delibera del Podestà, 12 settembre 1935, in ACCMi, 1935, Educazione.

35 Cfr. Regolamento per le scuole serali e festive superiori, delibera del Podestà, 12 agosto 1931, cit.

36 Riapertura del civico istituto commerciale serale maschile per l’anno 1933-34, delibera del Podestà, 22 novembre

1933, in ACCMi, 1933, Educazione.

37 G.G. Gallarati Scotti a Ministero dell’Educazione Nazionale, 3 maggio 1939, in Archivio Storico Civico Milano,

Biblioteca Trivulziana, Archivietto Giuseppe Rivolta 1930-1946, c. 21 (d’ora in poi ASCMi, BT, Rivolta).

38 Si vedano R. Gentili, Giuseppe Bottai e la riforma fascista della scuola, Firenze, La Nuova Italia, 1979 e la voce

addestramento, ma quale via per il rafforzamento dell’unità nazionale e dell’integra- zione fra le classi, ovvero per il consolidamento dello Stato corporativo.

Il Piano di apertura delle Scuole secondarie festive e serali milanesi licenziato dal Comune nel settembre del 1937 rifletteva tali principi. Era previsto che, accanto alle scuole di avviamento professionale di tipo commerciale, ne fosse aperta una di tipo industriale, come auspicato, si legge nel Piano, dalle più alte gerarchie. Era stabilito inoltre, che, in collaborazione con esponenti della chimica lombarda, fosse istituita una scuola serale con indirizzo chimico-farmaceutico per formare tecnici «minori» che, oltre ad avere abilità manuali, fossero in grado di sorvegliare il buon andamento degli addetti alla preparazione dei prodotti farmaceutici39.

Tali provvedimenti, come altri che non è possibile illustrare in questa sede, docu- mentano lo sforzo compiuto dalle Scuole serali e festive milanesi, dalla seconda metà degli anni Trenta, volto non solo a consentire ai propri alunni di conseguire i titoli rilasciati dalla scuola statale, ma anche a irrobustire l’azione di formazione al lavoro in relazione ai bisogni dell’economia locale. Ciò doveva avvenire in sinergia con le altre istituzioni cittadine (l’Umanitaria, nel frattempo fascistizzata, o le Scuole statali presso le quali i corsi comunali sorgevano, usufruendo della strumentazione e dei laboratori esistenti).

Questo orientamento veniva rinforzato dalla nascita dell’Ente Nazionale per l’Inse- gnamento Medio (ENIM), istituito nel 1938 per assicurare unità pedagogica e didat- tica alle scuole private dell’ordine medio40. Il municipio di Milano espresse in merito

forti perplessità come attestano le lettere scritte dal Podestà, Gian Giacomo Gallarati Scotti, a Bottai e ai commissari dell’Ente G.A. Fanelli e P. Ceci. A suo giudizio il nuovo Ente non teneva in adeguata considerazione il ruolo pubblico dei comuni e il controllo già esercitato dagli organi provinciali e centrali sulle delibere municipali. Egli lamentava altresì i costi che l’associazione all’ENIM comportava, destinati a rica- dere o su tutta la popolazione o sugli studenti, già in molti casi in difficoltà a pagare la tassa di iscrizione che, ancorché esigua, era divisa in più rate mensili detratte dalla busta paga. Di qui la richiesta di non associare le Scuole serali e festive all’ENIM, ma di conservare il beneficio della sede legale di esame41. Come era prevedibile l’istanza

non fu accolta e Milano dovette adeguarsi alle direttive ministeriali42.

L’inquadramento nell’ENIM, osteggiato perché significava una perdita di autono- mia, ebbe tuttavia una ricaduta non del tutto negativa sulle Scuole civiche milanesi, in quanto costrinse il Comune a precisarne le finalità. Sorte per dare una risposta alla domanda di formazione culturale e professionale di giovani studenti-lavoratori, nel corso del tempo esse avevano cercato di perseguire entrambi gli scopi con esiti, come si è detto, non sempre brillanti. La divisione introdotta dalla legge 19 gennaio 1942, n.

39 Cfr. Riapertura delle civiche scuole serali e festive secondarie e medie e corsi annessi per l’anno scolastico 1937-

1938, delibera del Podestà, 10 settembre 1937, in ACCMi, 1937, Educazione.

40 Cfr. A Gaudio, Scuola, Chiesa e fascismo. La scuola cattolica in Italia durante il fascismo (1922-1943), Brescia,

La Scuola, 1995, pp. 110-132, 141-150.

41 G.G. Gallarati Scotti al Ministro dell’Educazione Nazionale, 4 gennaio 1939, in ASCMi, BT, Rivolta, c. 18; G.G.

Gallarati Scotti a G.A. Fanelli, 2 maggio 1939, ivi, c. 21; Pro-Memoria, [maggio 1939], ivi, c. 21.

86, relativa alle scuole non regie e agli esami di Stato, fra scuole vere e proprie, ovvero quelle che avevano «fini ed ordinamenti didattici conformi a quelli delle corrispon- denti istituzioni regie», e tutte le altre istituzioni scolastiche definite corsi, portava Milano a affidare alle prime il compito di dare agli studenti lavoratori una formazione culturale e ai secondi una migliore preparazione professionale, con un occhio attento al mercato del lavoro e al mondo produttivo. Tale progetto formativo veniva solo ab- bozzato durante il dramma del conflitto, ma fu ripreso nell’immediato dopoguerra in un contesto sociale, politico e culturale totalmente cambiato.

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