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LA QUALITÀ E LA TRASPARENZA DELLA FILIERA DEGLI OLI DI OLIVA VERGINI: LA C.D LEGGE «SALVA

3. ciclo economico e scelta di nuove sanzion

Dobbiamo, in realtà, guardare ad un provvedimento che aggrega una plura- lità di norme in base alla particolarità degli interessi - e, naturalmente, dei sog-

5 La fattispecie ricorda l’approvazione della legge 3 agosto 1998, n. 313, «Disposizioni per l’etichet- tatura d’origine dell’olio extravergine di oliva e dell’olio di oliva» disapplicata in esito all’intervento della Corte di giustizia delle Comunità europee, sentenza 26 settembre 2000, causa C-443/98, Uni- lever Italia S.p.a. c. Central Food S.p.a., in Riv. dir. intern., 2001, 153, che ha dichiarato l’inadempi- mento dello Stato dell’obbligo di notifica. Sulla procedura dello stand still si veda anche Germanò in questo stesso volume.

6 Come si legge nella richiesta di informazioni della Commissione europea, Direzione generale dell’agricoltura e dello sviluppo rurale del 28 febbraio 2012 avente ad oggetto «Legge italiana re- cante “Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini” - Violazione del diritto dell’Unione»: «i punti relativi all’indicazione dell’origine dell’olio di oliva, in particolare per quanto riguarda le dimensioni dei caratteri e il campo visivo, e al sistema di apertura delle confe- zioni sono oggetto di un documento di lavoro relativo a modifiche del Regolamento di esecuzione (UE) n. 29/2012 della Commissione, attualmente all’esame del comitato di gestione per l’organiz- zazione comune dei mercati agricoli». A seguito del voto (previsto nell’aprile 2013) «le modifiche sarebbero state adottate dalla Commissione come modifiche del regolamento (UE) n. 29/2012 in conformità all’art. 195, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1234/2007 (regolamento unico OCM)».

getti portatori degli stessi - distinguendo: la classificazione degli oli e la relativa presentazione sul mercato; la tutela del consumatore nella comunicazione com- merciale e nelle modalità di offerta al pubblico; il funzionamento del mercato e le limitazioni della concorrenza e, infine, il contrasto delle frodi e la risistemazione delle sanzioni.

Poiché la trattazione separata e puntuale dei singoli ambiti non risulta am- missibile nei limiti di tempo della relazione, mi si perdoni l’arbitrarietà della scelta di riservare qualche considerazione al contrasto della criminalità economica, non fosse altro perché: «questo fenomeno deprime ogni incentivo al miglioramento della produzione, disorienta i consumatori e, in ultima istanza, impedisce alla con- correnza di espletare i suoi benefici tipici: incremento qualitativo e quantitativo nella gamma dei prodotti e servizi offerti, tendenziale abbassamento dei prezzi, crescita economica» (Savona, 2001, p. 92).

La consapevolezza della diffusa incidenza di frodi nel settore ha portato, così, il legislatore ad una risposta originale e articolata sul piano della definizione degli strumenti oltre che efficace per lo studio e l’inquadramento dei comporta- menti illegali da rimuovere attraverso disincentivi penali e reputazionali, così come suggerito, in sede di audizione dal Procuratore nazionale antimafia nel corso dei lavori preparatori della relazione sulla contraffazione nel settore agroalimentare7.

In questi termini, sembra che l’impegno del legislatore sia stato, proprio, quello di interrogarsi su quel che resta del così detto diritto penale alimentare e, soprattutto, se le poche condotte violatrici delle norme in materia di sostanze alimentari, pur rimaste penalmente sanzionate, conservino, tuttora, un idoneo ca- rattere di afflittività e non occorra, per tanto, operare alla stregua delle accertate disfunzioni e lacune.

È noto, del resto, il precedente e reiterato intervento inteso alla radicale degradazione ad illeciti amministrativi delle diverse figure di reato, delittuose e contravvenzionali, punite con la sola pena pecuniaria, con la conseguenza di am- mettere, in una logica aperta di mercato segnata dalla centralità della finanza e dall’enorme potenza delle grandi corporations, il calcolo delle utilità che si pensi di ricavare dall’illecito rispetto alle diseconomie conseguenti all’eventuale appli- cazione delle sanzioni.

Se lo scopo pratico che la riforma si è posta è stato quello di smaltire il fun-

7 Spunti, in questa direzione, si rinvengono nella Relazione sulla contraffazione nel settore agroali- mentare, Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazio- ne e della pirateria in campo commerciale (Doc. XXII-bis n. 2), approvato dalla Commissione nella seduta del 6 dicembre 2011, XVI legislatura, Camera dei Deputati, 2012.

zionamento della giustizia penale (Flick, 2011), va detto che l’affievolimento delle conseguenze che le varie leggi speciali - oggi in adesione al principio di libera circolazione delle merci ordinate all’attuazione di fonti europee - ha finito con il va- nificare, nel settore qui indagato, gli sforzi produttivi indirizzati alla qualità almeno alla scala dimensionale delle piccole e medie imprese agricole.

La diversa valutazione della responsabilità per la generica violazione delle regole poste a tutela delle due tipologie di beni giuridici affatto diverse - la salute (dei consumatori) e l’interesse economico (di produttori, commercianti ed acqui- renti) - ma ugualmente ancorati alla inedita rilevanza di valori che attengono all’in- telaiatura della società ha, così, richiesto la prova di una significativa creatività nel forgiare diverse tecniche di tutela anche sotto la spinta di pressanti e diffuse sollecitazioni politiche.

L’obiettivo dichiarato è stato, prima di tutto, quello di colpire attraverso la separazione dei vari livelli decisionali, i soggetti effettivamente responsabili in modo da affiancare alla responsabilità penale personale quella dell’ente dipen- dente da scelte di politica di impresa.

Al fine di risolvere il problema relativo all’immissione in commercio di un prodotto in grado di determinare un effettivo pericolo per la salute pubblica o, co- munque, pregiudizio agli interessi dei consumatori e, nel caso in cui l’operatore economico non sia una persona fisica, ma un ente, dotato o meno di personalità giuridica, è previsto, infatti, dall’art. 12 («Responsabilità degli enti per gli illeci- ti amministrativi dipendenti da reato») della legge salva olio, il rinvio al D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 «Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300».

Risulta, pertanto, estesa la responsabilità amministrativa degli enti collet- tivi per i reati contro la fede pubblica (artt. 473 e 474 cod. pen.) nonché contro l’e- conomia pubblica (artt. 515, 516 e 517 quater) commessi nel loro interesse o a loro vantaggio, da parte di dirigenti, funzionari o dipendenti, nel caso in cui non abbiano anticipatamente adottato un adeguato modello di organizzazione e di controllo del processo produttivo.

Tra le pene accessorie riconosciute in un’ottica di prevenzione piuttosto che di repressione è, ancora, prevista dall’art. 13 («Sanzioni accessorie alla condan- na per il delitto di contraffazione di indicazioni geografiche o denominazione di origine dei prodotti alimentari») la pubblicazione della sentenza di condanna per la violazione dell’art. 517 quater cod. pen. su almeno due quotidiani a diffusione nazionale.

In precedenza, commentando il meccanismo di applicazione di questa ca- tegoria di sanzioni e, con specifico riguardo alla chiusura definitiva dello stabi- limento o dell’esercizio, si è osservato come esse siano dirette a colpire «la vita aziendale e quindi costituiscano un valido strumento per prevenire spregiudicate politiche imprenditoriali in campo alimentare» in esito ad una «strategia tendente a coinvolgere direttamente l’impresa o l’ente nella responsabilità sanzionatoria, aggirando così in qualche modo l’insuperabile principio costituzionale societas de- linquere non potest, vieppiù vacillante» (Grillo, 2003).

Tuttavia, una volta caduto tale paradigma, nell’immaginario penalistico8

viene, addirittura, esteso per un ulteriore arco di cinque anni dalla condanna com- minata per le condotte sopra richiamate, il divieto di instaurare modalità o pratiche di comunicazione commerciale o di attività pubblicitaria preordinate anche indiret- tamente alla promozione degli oli di oliva vergini, arrestando il rilancio dell’imma- gine dell’impresa avviata a conquistare quote di mercato in base ad una rinnovata ricerca di fiducia.

Significativa risulta, ancora, la particolare connotazione del sodalizio crimi- noso in quanto indirizzato alla realizzazione di reati di adulterazione e di frode di oli di oliva vergini tramite una condotta sistematicamente organizzata che ha por- tato, in base all’art. 14 («Rafforzamento degli istituti processuali e investigativi»), a sfruttare tutte le possibilità di intervento riconducibili all’applicazione dell’art. 416 bis cod. pen.

Sotto questo profilo, sembra che possa sconfinare nell’ambito del penal- mente rilevante la condotta di quelle aggregazioni che attraverso la formazione di stabili cartelli e la reiterazione di condotte progressive predispongano un pro- gramma delittuoso organizzato, in grado di tradursi in effettivo turbamento delle transazioni di mercato o, nei casi più gravi, in offensività della salute.

Dalla descrizione della condotta accompagnata dalla rilevanza di precisi re- quisiti strutturali idonei a realizzare gli obiettivi criminosi presi di mira, con conse- guenze estremamente dannose per l’ordine economico e a tutela dei consumatori, riceve legittimazione sia la sospensione dei termini delle indagini preliminari di- sposta dalla L. 7 ottobre 1969, n. 742 Sospensione dei termini processuali nel pe- riodo feriale sia la previsione della durata massima delle stesse indagini che non può, comunque, superare venti mesi in deroga all’art. 407 cod. proc. pen.

Il ritardo nel varo di una più generale tutela a presidio di interessi cristalliz-

8 In argomento, sia pure con limitato sguardo al settore agroalimentare, sia consentito il rinvio a Masini, 2012.

zati dal previgente schema di tutela costituito dalla serie di illeciti amministrativi e, tuttavia, sottoposti a nuove e più incisive forme di aggressione risulta, altresì, colmato dalla previsione di un efficace strumento ablativo dei beni e delle dispo- nibilità economiche finanziarie dei soggetti che siano condannati o che abbiano patteggiato la pena per gli stessi reati di adulterazione e di frode: la così detta confisca per sproporzione.

Prevista come misura di sicurezza patrimoniale dall’art. 12 sexies del D.L. 8 giugno 1992, n. 306 convertito, con modificazioni, con legge 7 agosto 1992, n. 356 «Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contra- sto alla criminalità organizzata», essa consiste in un provvedimento ablatorio con cui sono devolute allo Stato le somme di denaro e qualsiasi altra utilità materiale di cui il condannato non possa giustificare la provenienza o di cui, anche per inter- posta persona risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo, in misura sproporzionata riguardo al reddito percepito o all’attività economica svolta, tanto da far intendere che esista, comunque, una correlazione diretta con il reato accertato.

Al di fuori della specifica connotazione degli illeciti perseguiti nel settore della produzione e del commercio degli oli vergini di oliva viene, quindi, prevista l’inserzione, nell’elenco dell’art. 266 cod. proc. pen., dell’intera serie dei reati pre- visti dagli artt. 444, 473, 474, 515, 516 e 517 quater cod. pen., sinora esclusi in os- servanza al mero criterio quantitativo incentrato sull’entità della pena edittale ma che, sulla base della necessaria considerazione degli interessi offesi, sono tali da legittimare, in presenza di gravi indizi e dell’assoluta indispensabilità di acquisire elementi probatori in vista della prosecuzione delle indagini, il ricorso a più idonei strumenti di verifica circostanziale di eventi e situazioni.

In base all’esperienza delle più recenti tecniche di indagine (cfr. Filippi e Cortesi, 2003), l’ausilio delle intercettazioni di comunicazioni telefoniche risulta decisivo per la scoperta e il riscontro di elementi sicuri di prova anche in forza di un approccio complesso improntato all’interdisciplinarietà con riguardo alla raccolta, repertazione e condivisione dei dati inerenti alle condotte antigiuridiche conside- rate.

Sul piano politico-criminale si può, dunque, cogliere un orientamento con- trario alla tendenziale riduzione al minimo della risposta dello Stato, sia pure al- largando le tecniche di intervento oltre le tipologie sanzionatorie classiche.

In questa direzione, la parola d’ordine meno intervento punitivo - come ha intuito una precedente dottrina (Marinucci e Dolcini, 1999) - sarebbe stata diver- samente ritagliata sul bisogno di impunità della cosìddetta gente perbene a cui si

collega la criminalità dei colletti bianchi, con il risultato di deprivare di efficacia la risposta sanzionatoria nei confronti di fatti gravemente lesivi della fiducia per l’or- dinato svolgimento della vita economica e, in alcuni casi, del bene fondamentale della salute.

Contenuta nel capo II («Norme sulla trasparenza e sulla tutela del consu- matore») della legge salva olio, anche la sanzione penale riacquista, del resto, il suo ruolo pienamente retributivo sulla scorta di una riconosciuta oggettività di tutela in relazione alla violazione del Made in Italy.

L’art. 6 («Ipotesi di reato connesse alla fallace indicazione nell’uso del mar- chio») dopo aver operato il collegamento all’art. 4, comma 49 bis della legge 24 dicembre 2003, n. 390 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e plu- riennale dello Stato (legge finanziaria 2004)» stabilisce, infatti, una sanzione di nuovo conio, con il rinvio all’art. 517 cod. pen., sostitutiva dell’addebito della mera sanzione amministrativa, in relazione all’uso del marchio di oli di oliva vergini con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto sia di origine na- zionale in riferimento al luogo geografico di raccolta delle olive piuttosto che alla località in cui abbia sede lo stabilimento di trasformazione.

L’intervento repressivo risulta, ancora, completato da un allargamento delle conseguenze destinate ad incidere sulle dinamiche aziendali, in conseguenza del- la condanna per i singoli reati alimentari, posto che, in base all’art. 15 («Sanzioni accessorie in caso di condanna per il delitto di adulterazione e contraffazione») il titolare dell’iniziativa economica nel campo della produzione e del commercio di oli di oliva vergini, è escluso dal rilascio di strumenti procedimentali (autorizzazio- ni, licenze, nulla osta, ecc.) che assicurino, a qualsiasi titolo, l’avvio o il potenzia- mento dell’attività nonché dall’accesso a contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni pubbliche di fonte europea, nazionale o regionale.

Fuori dall’area delle tecniche di tutela di beni giuridici essenziali ma non svincolato dall’impegno di razionalizzazione delle forme di controllo rispondenti allo svolgimento di un tipo di produzione articolato lungo il percorso dal campo alla tavola si inserisce, infine, l’art. 16 («Obbligo di costituzione e aggiornamento del fascicolo aziendale») rivolto a ricucire, sul piano documentale la decisa fram- mentazione delle fasi e, per ciò, degli interessi coinvolti nella filiera degli oli vergini di oliva.

In particolare, la norma prevede anche in capo all’imprenditore agricolo, quell’adempimento disposto dall’art. 13 D.lgs. 29 marzo 2009, n. 99 «Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministra- tiva in agricoltura, a norma dell’art. 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee) della L.

7 maggio 2003, n. 38») e rivolto, proprio, ad affrontare le carenze strutturali del sistema informativo geografico (GIS), operativo solo parzialmente nel settore.

L’olivicoltore, fino ad ora esonerato da qualsiasi adempimento per l’immis- sione in commercio di prodotti sfusi o confezionati purché ottenuti esclusivamente dalle olive provenienti da impianti aziendali, è risultato, da questo punto di vista, involontario tramite del conferimento ad impianti di trasformazione di intere parti- te di olive prive di documentazione quanto alla provenienza delle superfici dichia- rate di origine e ciò per la facilità e la convenienza della sostituzione con prodotti aventi differenti caratteristiche di valore.