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Il vocabolario partecipativo degli associati: forme convenzionali e non convenzionali

democrazia: partecipazione e politica ai tempi dell’anti-politica

2.4 Il vocabolario partecipativo degli associati: forme convenzionali e non convenzionali

Negli studi sulla politica, si è oramai soliti distinguere tra partecipazione politica latente e manifesta. Con la prima si indica l’attenzione per la politica senza tuttavia dar seguito ad una presenza sulla scena politica, ad un comportamento che esprima pubblicamente

48 Cass Sunstein, republic.com. Cittadini informati o consumatori di informazioni?, bologna, Il Mulino, 2003, p. 69-106; Daniel Innerarity, , Il nuovo spazio pubblico, Roma, Meltemi, 2008, p. 85-102.

49 Cfr. Jurgen Habermas, Storia e critica dell’opinione pubblica, Roma-bari, Laterza, 1977.

tale interesse. Con la seconda si indica, per l’appunto, la scelta spontanea di trasformare l’atteggiamento e l’interesse in un comportamento diretto ad influenzare il processo politico. In altre parole, leggere un giornale di cronaca politica o ascoltare un dibattito pubblico in televisione è cosa diversa dal partecipare ad una manifestazione di carattere politico o sponsorizzare un candidato alle elezioni. Nelle pagine precedenti si è analizza-to il livello d’interesse per la politica degli intervistati. Ora occorre considerare il livello di partecipazione politica degli intervistati e la sua articolazione.

Prima di esaminare i risultati della ricerca, è opportuno fare una premessa di caratte-re teorico, al fine di compcaratte-rendecaratte-re la scelta delle domande poste agli intervistati sulla partecipazione politica. Fino ai primi anni Sessanta, l’unica partecipazione manifesta studiata era l’esercizio del voto. Esso rappresentava un indicatore universalmente noto dell’esistenza di un ordinamento democratico. Negli anni successivi, alcuni studiosi pre-sero atto della complessità dell’agire politico dei cittadini e allargarono il ventaglio delle attività partecipative da esaminare, estendendone in tal modo i significati50. Il voto rimaneva il perno del coinvolgimento politico, ma non l’unica modalità di esprimerlo.

Tra le varie modalità di partecipazione, venivano annoverate diverse forme quali l’impe-gno nelle campagne elettorali; i contatti con i politici; le donazioni di denaro ai partiti;

l’attività di persuasione nel votare un determinato candidato, e così via. Adottando un approccio più sofisticato rispetto alla politica, si potevano affinare gli studi sulla parte-cipazione, superando e articolando le disamine legate alla sola espressione del voto.

In effetti, la tendenza degli studiosi a considerare negli anni l’aumento del repertorio delle azioni politiche si è rivelata una scelta efficace, giacché ha tenuto conto di situa-zioni paradossali, che diversamente sarebbero passate inosservate. Ad esempio, in Italia si è assistito negli ultimi trentacinque anni ad un calo dell’affluenza alle urne, il che potrebbe far pensare ad un calo di interesse per la politica (graf. 2.1).

Graf. 2.1 Affluenza alle urne per l’elezione della Camera dei Deputati (1972-2008* – %)

Fonte: elaborazione Isfol su dati del Ministero dell’Interno, 2009

* Per le elezioni del 1994, 1996 e 2001 le percentuali di votanti sono riferite ai soli collegi uninominali 50 Cfr. Lester W Milbrath, “Political Participation. How and why do people get involved in politics?” in The American Political Science Review, Vol. 72, Issue: 4, 1977, pp. 1482-1484; Verba, Nie, Kim, op. cit.

Nel 1972 l’affluenza alle urne per eleggere i deputati in Parlamento era del 93%; tale percentuale era già scesa all’87% prima che la credibilità della politica subisse un duro colpo con Tangentopoli; dopo di essa, ci fu un ulteriore crollo dell’affluenza, che negli anni è scesa intorno all’80%. Una lettura che si fermasse alla sola affluenza elettorale, farebbe pensare ad una crisi di rappresentanza della politica: tuttavia, una maggiore ar-ticolazione delle forme di partecipazione rende invece ragione di una sostanziale tenuta della vitalità politica di un paese.

Uno studio comparato, condotto in oltre dieci paesi democratici tra cui l’Italia51, ha mostrato l’effettiva tenuta del regime democratico e, cosa più importante, la sostanziale smentita dell’apatia crescente che sarebbe alla base dell’attuale rapporto dei cittadini con la politica. Tre sono i fenomeni principali: (1) la crescita della partecipazione non convenzionale; (2) la stabilità della partecipazione convenzionale; (3) la minore iden-tificazione nei partiti52. Se la democrazia tiene, nonostante la minore identificazione partitica dei cittadini, ciò vuol dire che resistono i valori di inclusione e di partecipazio-ne tipici delle democrazie. Evidentemente mutano forma, come avviepartecipazio-ne con il crescere della partecipazione non solo elettorale; e comunque le fonti della partecipazione sono da ricercare altrove, compresa la capacità aggregante e propulsiva dei corpi intermedi della società.

In linea con l’inquadramento teorico presentato, è stato chiesto agli intervistati se oltre al voto avessero esercitato altre forme di partecipazione politica. Le risposte sono state le seguenti (tab. 2.10).

Tab. 2.10 Partecipazione politica convenzionale degli associati (%)

Forme convenzionali di partecipazione politica Sì No Totale Segnalazione alle autorità di problemi sul quartiere 20,3 79,7 100,0 Discussioni con amici e parenti per convincerli a votare 20,0 80,0 100,0 Firma di una petizione per questioni politiche e sociali 17,5 82,5 100,0 Partecipazione a riunioni, comizi, assemblee politiche 15,0 85,0 100,0

Partecipazione ad una campagna elettorale 8,6 91,4 100,0

Invio di lettere a politici o giornali 8,2 91,8 100,0

Donazione di denaro a sostegno di un partito o candidato 2,7 97,3 100,0

Fonte: Isfol 2008

Un primo blocco di risposte ha riguardato la partecipazione politica convenzionale,

ov-51 Cfr. Hans Dieter Klingemann, Dieter Fuchs, eds., Citizens and the State, Oxford-New York, Oxford University Press, 1995.

52 basandosi su dati che vanno dal 1976 al 1991, i due autori affermano che il sostegno alla democrazia viene largamente confermato dalle popolazioni oggetto di analisi. In particolare, tra il 1980 e il 1990 si assiste ad un incremento generalizzato della partecipazione non convenzionale; tra il 1945 e il 1989, non esistono invece conferme empiriche del calo di partecipazione convenzionale; mentre, nell’arco di tempo che va dal

’56 al ’92, è facilmente dimostrabile la riduzione di identificazione partitica. Tali dinamiche sono attribuite sia ai processi di crescita cognitiva in atto nei paesi democratici (vedi livello di informazione politica ma non solo), sia alla maggiore autonomizzazione dei singoli cittadini, dovuta al crescente sostegno per i valori individualistici (11 paesi su 12, tra cui l’Italia, confermano la tendenza).

vero un tipo di partecipazione tradizionale nei mezzi che utilizza e nelle tematiche che affronta. Su questo fronte, il 20,3% degli intervistati dichiara di aver segnalato alle autorità competenti problemi del loro quartiere. Certo, è una forma di interesse lontano dal voto politico in senso stretto; tuttavia, rappresenta una forma di cura per la collettività a cavallo tra senso civico e politica, più vicina alla polis che alla politica.

All’estremo opposto della partecipazione politica convenzionale troviamo la donazione a partiti politici, che ha riguardato solamente il 2,7% degli associati. Non c’è da stupirsi di una percentuale così residuale, alla luce delle considerazioni espresse in precedenza sul generale calo del sostegno diretto ai partiti nelle democrazie europee. Passando in rassegna le risposte date, si nota come il criterio che ordina questa forma di partecipa-zione non è il giudizio di importanza dell’una attività rispetto all’altra, quanto il maggior grado di impegno che ciascuna di esse richiede: discutere con amici e parenti per con-vincerli a votare (20%) richiede certamente un minor grado di attivazione che firmare una petizione per questioni politiche o sociali (17,5%); così come comporta un maggior grado di attivazione il partecipare ad un comizio o ad un’assemblea politica (15%), ad una campagna elettorale (8,6%) o l’invio di una lettera ad un politico per esporre una questione (8,2%).

In sostanza, sembra esistere una relazione inversa tra diffusione di un atteggiamento politico e livello di impegno: maggiore è il grado di impegno richiesto, minore è la sua diffusione. Come dire, l’attivazione politica convenzionale di un cittadino iscritto ad una Associazione di Promozione Sociale (APS) assume una forma simile ad una piramide, dove al vertice troviamo il coinvolgimento diretto di chi finanzia un partito e alla base coloro che si limitano a discutere di politica con la cerchia dei parenti e degli amici (con l’eccezione della segnalazione di problemi relativi al quartiere, che però attengono al senso civico più che politico).

Accanto alla partecipazione convenzionale, è stata analizzata la partecipazione cosid-detta non convenzionale. Sotto questa dizione vengono accomunate forme di parteci-pazione che presentano, tendenzialmente, carattere di innovazione e di complementa-rietà rispetto alle forme convenzionali. La distinzione tra le une e le altre non è, come vedremo, un mero esercizio intellettuale, bensì è frutto di un percorso di studi e di riflessioni sul rapporto tra partecipazione, democrazia e cittadinanza, che dura oramai da più di quarant’anni.

Fino agli anni Sessanta, la partecipazione politica non convenzionale, spesso di protesta, veniva etichettata come deviante, nelle teorie liberali della democrazia53. Introducendo una semplice distinzione tra mezzi e fini, si potrebbe dire che convenzionali sono le forme di partecipazione tradizionali nei mezzi e “ortodosse” nelle finalità (vale a dire che non mettono in discussione temi e interessi dell’agenda politica esistente); mentre non convenzionali sono le attività che assumono forme innovative di partecipazione ed eterodosse nelle finalità (che introducono temi e interessi non presenti nelle agende

po-53 L’attività pubblica – si diceva – ha la funzione di definire personalità democratiche; risultava quindi non funzionale alla creazione di cittadini democratici la partecipazione di quest’ultimi a forme di attività politica non convenzionale spesso, ma non esclusivamente, finalizzate a influenzare le decisioni già approvate per via parlamentare o a modificare il sistema di interesse dominante. Proprio gli studi politici successivi, come abbiamo accennato, mostrarono un incremento di queste forme di partecipazione nelle democrazie occidentali tali da chiedersi se fossero realmente “devianti” o se ci fossero ragioni interne al sistema politico che in qualche modo ne giustificassero l’esistenza.

litiche esistenti)54. Tendenzialmente, si è notato come tra mezzi e fini ci sia una stretta correlazione: i nuovi valori e le nuove tendenze emergono come istanze sociali per la politica e tendono a viaggiare anche su mezzi innovativi.

Di fatto, il tratto comune che sembra legare le diverse pratiche non convenzionali è il coinvolgimento diretto in pratiche di protesta. E’ un coinvolgimento diretto, perché oltrepassa la mediazione tradizionale dei partiti; è di protesta, perché “implica uno stato di insoddisfazione, disapprovazione o opposizione diretta ad influenzare le decisioni dell’autorità pubbliche”55; e si concretizza in azioni “atte a rompere regole e superare i confini istituzionali”56. In tal modo esso tenta di influenzare tutte le fasi del proces-so politico, non fermandosi al proces-solo momento rappresentativo né tantomeno a quello elettorale. Sembra quindi rappresentare un meccanismo di correzione dei deficit della rappresentanza politica, un recupero di comunicazione tra elettorato e rappresentanti nel sistema politico, attraverso cui i membri di una data collettività trasmettono ai go-vernanti preferenze e istanze non recepite dai programmi politici esistenti.

Scendendo sul piano concreto, oltre ai meetup ed ai boicottaggi cui già si accennava, le azioni non convenzionali più utilizzate sono gli scioperi autorizzati e non autorizzati, le manifestazioni di piazza e le forme di occupazione di fabbriche e di edifici pubblici.

E’ stato chiesto alle persone che si muovono nel mondo associativo se hanno effettua-to nell’anno passaeffettua-to alcune azioni non convenzionali di partecipazione politica (tab.

2.11). Nello specifico, il 16% degli intervistati dichiara di aver partecipato a scioperi autorizzati nell’ultimo anno, e la percentuale scende al 5,9% nel caso di scioperi non autorizzati.

Tab. 2.11 Forme non convenzionali di partecipazione politica (%)

No

Partecipazione a scioperi autorizzati 16.3 83.7

Partecipazione a forme di boicottaggio 11.5 88.5

Manifestazioni di piazza su questioni politiche e sociali 11.4 88.6

Partecipazione a scioperi non autorizzati 5.9 94.1

Altre manifestazioni di protesta 4.7 95.3

Meet-up 3.1 96.9

Occupazione di fabbriche ed edifici pubblici 1.9 98.1

Fonte: Isfol 2008

54 L’asse tradizione/innovazione attiene tendenzialmente ai mezzi utilizzati nel partecipare, a modalità più o meno innovative di partecipazione, come ad esempio un meetup anziché la partecipazione ad una campagna elettorale; oppure forme di boicottaggio piuttosto che donazioni a sostegno di un partito. Viceversa, l’asse ortodossia/eterodossia interessa i fini più che i mezzi, ovvero si muove sul cambiamento delle finalità e dei valori che ispirano la politica: l’iscrizione ad un sindacato tutela valori e finalità “classiche” della politica;

l’iscrizione ad associazioni ambientaliste o la partecipazione a movimenti antiglobalizzazione rappresentano il nuovo che avanza, insomma una visione “eterodossa” della politica. E si potrebbe continuare il ragionamento estendendolo alle nuove istanze della società.

55 Cfr. Donatella della Porta, Mario Diani, I movimenti sociali, Roma, La Nuova Italia Scientifica1997.

56 Cfr. Alberto Melucci, “Partecipazione politica e movimenti sociali”, in Marino Livolsi, a cura di, La sociologia, problemi e metodi, Milano, Teti Editore, 1989, pp. 203-225.

La seconda forma non convenzionale più diffusa tra coloro che militano nell’associazio-nismo è il boicottaggio – di cui si è trattato nel paragrafo precedente – che vede coin-volti l’11,5% degli intervistati. Sulla stessa linea si collocano le manifestazioni di piazza su questioni politiche e sociali, intendendo le manifestazioni non legate esclusivamen-te a questioni sindacali. In forma minore vi sono poi altre manifestazioni di proesclusivamen-testa (4,7%), i meetup (3,1%) e le occupazioni di fabbriche e di edifici pubblici57.

Ad uno sguardo generale, si nota come la partecipazione non convenzionale sia media-mente inferiore rispetto alle forme convenzionali di partecipazione. In quest’ultima le prime quattro modalità di partecipazione erano superiori al 15%; per contro, la parteci-pazione non convenzionale vede le prime tre modalità di parteciparteci-pazione attestarsi tra il 16% e l’11%. Probabilmente, le motivazioni al coinvolgimento devono essere superiori rispetto ad una partecipazione tradizionale, quando si utilizzano mezzi non tradizionali di espressione politica o si cammina sul filo della legalità, come nel caso degli scioperi non autorizzati o dell’occupazione di edifici pubblici e fabbriche. Tale chiave di lettura parrebbe confermata dal fatto che la partecipazione scende a mano a mano che da forme

“lecite” (come gli scioperi autorizzati) si passa a forme al limite della legalità (scioperi non autorizzati), a forme palesemente illegali (come l’occupazione di una fabbrica). Più in generale, l’allargamento del repertorio della partecipazione politica ha la funzione di colmare il deficit di rappresentanza e di introdurre contenuti politici aggiornati58. C’è da chiedersi quale ruolo abbia l’associazionismo nell’attivare la partecipazione politica degli associati e se vi siano caratteristiche specifiche degli intervistati che influenzino tale partecipazione. Una prima indicazione viene fornita dallo status socio-economico (tab. 2.12)59.

Tab. 2.12 Partecipazione politica convenzionale/non convenzionale per status socio-econo-mico (%)

Status socio-economico

Partecipazione politica convenzionale

Partecipazione politica non convenzionale

no Totale no Totale

basso 29.1 70.9 100.0 30.5 69.5 100.0

Medio 31.8 68.2 100.0 31.5 68.5 100.0

Alto 51.2 48.8 100.0 44.4 55.6 100.0

Totale 37.8 62.2 100.0 35.7 64.3 100.0

Fonte: Isfol 2008

In particolare, al crescere dello status cresce anche il livello di partecipazione, sia essa convenzionale che non convenzionale. Già Pizzorno60 vedeva nella partecipazione

poli-57 I meetup sono delle forme di partecipazione organizzate via Internet, sui temi più svariati, tra i quali anche quelli politici.

58 Cfr. Francesco Raniolo, La partecipazione politica, bologna, Il Mulino, 2002.

59 Sulla costruzione dell’indice di status cfr. nota 36.

60 Cfr. Pizzorno, op. cit., 1993.

tica una riproposizione del modello della centralità sociale di Milbrath61. Secondo tale modello, la partecipazione politica non è uguale per tutte le condizioni sociali. Chi ha maggiori risorse e maggiori opportunità nella società, chi si trova in posizione elevata nella gerarchia sociale, partecipa maggiormente alla vita politica, al fine di estendere la sua influenza dalla sfera sociale a quella politica.

In effetti, guardando i dati della tabella precedente sembra essere effettivamente così:

anche tra gli iscritti alle APS, lo status socio-economico influenza direttamente la par-tecipazione politica, convenzionale e non convenzionale. In riferimento alla prima, la partecipazione riguarda il 29,1% di chi ha un basso status, sale al 31,8% in coloro che hanno uno status medio e arriva al 51,2% in coloro che presentano un alto status socio-economico. Una medesima tendenza è riscontrabile nella partecipazione non conven-zionale. In definitiva, anche per gli associati le maggiori opportunità e risorse derivanti da una condizione socio-economica migliore favoriscono il coinvolgimento nell’agorà della politica. Il ruolo della centralità sociale nel favorire la partecipazione politica pre-senta comunque un rischio: tra basso status, scarso senso di efficacia politica e apatia dell’elettorato popolare si può attivare un circolo vizioso62, per il quale i soggetti più periferici sono quelli che meno partecipano alla vita democratica in quanto pensano che il loro contributo sia ininfluente. Si crea in tal modo un dilemma di non facile soluzione tra livello di partecipazione e uguaglianza politica63: “il modello della centralità socia-le mostra come possono essere ridimensionate pesantemente, nei fatti, socia-le potenzialità egualitarie contenute nella estensione dei diritti di partecipazione”64. Tuttavia, questo scenario pessimista è vero fino ad un certo punto. Se la relazione appena commentata viene controllata con una terza variabile – l’impegno associativo – allora l’attivazione politica delle persone a basso status muta d’intensità (tab. 2.13)65.

61 Cfr. Milbrath, op. cit.

62 Cfr. Charles Pateman, Participation and Democratic Theory, Cambridge, Cambridge University Press, 1970.

63 Cfr. Nie, Verba, op. cit.; Lijphart A. “Unequal Participation: Democracy’s Unresolved Dilemma” in American Political Science Review, n.1, 1977, pp.1-14.

64 Cfr. biorcio, op. cit., 2008.

65 Nella tabella si è scelto di non inserire la partecipazione politica non convenzionale perché la tendenza è la medesima.

Tab. 2.13 Partecipazione politica convenzionale a seconda dello status socio-economico e dell’impegno associativo (%)

Impegno associativo* Status

Partecipazione politica

convenzionale Totale

No

basso

Medio-basso 20,9 79,1 100,0

Alto 46,4 53,6 100,0

Totale 29,9 70,1 100,0

Medio-alto Medio-basso 40,7 59,3 100,0

alto 56,3 43,7 100,0

Totale 46,0 54,0 100,0

* L’indice di impegno associativo è il frutto di un’analisi fattoriale sulle seguenti variabili: durata dell’iscrizione all’associazione, frequenza di partecipazione alle sue attività; numero di APS a cui l’intervistato ha dichiarato di essere affiliato.

Fonte: Isfol 2008

In linea generale, l’impegno associativo abilita alla democrazia, giacché esso attiva con-testualmente le forme della partecipazione politica: come si vede, all’aumentare dell’im-pegno associativo aumenta anche la partecipazione politica. Tuttavia, non è solamente questo il dato importante. Infatti, tra coloro che hanno un basso status e un basso impegno associativo, solamente il 20,9% dichiara di partecipare ad una qualche forma di attività politica convenzionale. Se però si considerano le persone a basso status, che dichiarano un impegno associativo medio-alto, la percentuale di coloro che sono poli-ticamente attivi raddoppia, giungendo al 40,7% (idem per le attività non convenzionali – dato fuori tabella).

L’esperienza associativa sembra quindi supplire al deficit di centralità sociale del cit-tadino periferico; si getta in tal modo una sorta di ponte tra periferia (gli strati più emarginati della società) e centro (l’agone della politica); su questo ponte possono transitare coloro che, per ragioni socio-economiche, non hanno accesso alle risorse e alle opportunità di partecipazione. L’associazionismo è una palestra di democrazia, ma lo è in particolare per coloro che ne hanno maggiormente bisogno. In tal senso, si può sostenere che l’associazionismo (in certi casi) liberi le potenzialità egualitarie contenute nella estensione dei diritti di partecipazione, fornendo al cittadino impegnato nel mon-do associativo ciò che lo status socio-economico gli avrebbe negato.

Tale conclusione, peraltro, è in linea con quanto rilevato da Sani66 quando afferma che le reti associative “costituiscono agenzie di mobilitazione, che stimolano o facilitano com-portamenti partecipativi da parte di settori più o meno ampi della popolazione”. Tali reti facilitano un effetto aggregante, giacché pongono in essere comportamenti collettivi in vista di una finalità comune, accrescendo sia la consapevolezza che le motivazioni a

66 Sani, G. (1996), “Partecipazione politica”, in Enciclopedia delle Scienze Sociali, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, vol. 6, pp. 502-508.

partecipare67. Quale sia la natura e la forma di queste agenzie di mobilitazione (asso-ciazioni nazionali o locali; più o meno formalizzate; promosse dal basso o attivate dalle istituzioni; con finalità sociali o politiche), il loro tratto comune rimane per l’appunto la capacità di aggregare strati della popolazione attorno a questioni di comune interesse, dando vita a una sorta di socializzazione pre-politica, che consiste, non necessariamen-te in un’iniziazione e un coinvolgimento diretto nella vita politica, quanto semmai nello sviluppare le pre-condizioni perché ciò possa realizzarsi.

2.5 dalla dimensione associativa alla dimensione pubblica: i sentieri