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Leadership e associazioni di promozione sociale: esperienze sul campo

studi di caso, confronti, punti d’attenzione

2.1 Leadership e associazioni di promozione sociale: esperienze sul campo

2.1.1 Esperienze sul campo e confronto con altre organizzazioni non profit Guardare ad alcuni esempi è utile per avere un’idea concreta di quali siano i modelli realizzati, le esperienze utili da applicare e replicare, i comportamenti di leadership che funzionano e quelli che le associazioni di promozione sociale hanno bisogno di rinnovare.

Come riportato nel primo capitolo, in diverse associazioni (soprattutto piccole ma an-che di grandi dimensioni) il modello del padre fondatore è ancora attuale, con la sua leadership carismatica ed emotiva e l’accentramento di decisioni e operatività in poche persone. Il modello ricercato dalle organizzazioni più complesse è invece quello del le-ader comportamentale, che non si basa solo sul suo carisma e attitudine personale, ma struttura la sua leadership in comportamenti organizzativi di guida che possono essere appresi e replicati dai futuri leader. Il modello del leader con abilità di management, inoltre, ha mostrato negli ultimi tempi alcune interessanti applicazioni in associazioni che si sono poste il problema di come uscire da crisi di partecipazione, di visione del futuro, di confronto con la realtà che cambia (meno soldi pubblici, molti più concorrenti sui servizi al territorio) e hanno visto svilupparsi la dualità e il confronto tra l’interpreta-zione di cosa è la leadership e di cosa rappresenta il management di una associal’interpreta-zione.

Sul campo infatti si vedono tentativi di inserire la competenza di leadership (intesa come set di comportamenti consapevoli di guida e sviluppo della organizzazione e delle persone al suo interno) dentro la “scatola degli attrezzi comportamentali” del manager dell’orga-nizzazione non profit (esempio di tale modello è il concetto di leadership situazionale).

Il leader è tradizionalmente colui che ha la visione di insieme e vede lontano, occupan-dosi del perché delle cose e dell’organizzazione212, guida gli altri verso la strada trac-ciata, ha un seguito e ne ha la fiducia; il manager gestisce il quotidiano garantendo il presente: ebbene, in base alle esperienze riscontrate negli ultimi anni possiamo dire che la differenza tra leader e manager nel non profit ha i contorni sempre più sfumati.

Come detto nel primo capitolo, management significa gestire, avere la responsabilità di risorse, mentre leadership significa influenzare, orientare, essere guida e punto di riferi-mento, ma ormai sembra che anche nelle organizzazioni più semplici i confini non siano

212 Warren bennis, burt Nanus, Leader: Anatomia della leadership, FrancoAngeli, Milano, 1989

più facilmente tracciabili e che, effettivamente, i nuovi leader debbano saper coniugare leadership e management.

È infatti, sempre più sentita l’esigenza di formare alla leadership anche figure che nelle organizzazioni non profit (e nelle associazioni di promozione sociale) non hanno un ruolo di “guida gerarchica” delle persone (ad esempio un capo progetto o chi gestisce i volontari), ma che nella operatività devono essere in grado di guidare un gruppo, un progetto e in prospettiva l’organizzazione stessa (leadership diffusa, già citata nel pre-cedente capitolo).

Ormai, all’interno di molte associazioni (anche di piccole dimensioni) si registra che il modello carismatico viene integrato e innovato in ogni situazione in cui l’organizza-zione abbia bisogno di crescere, espandere le attività, fortificare le abilità all’interno, minimizzare il turnover di operatori e volontari. In tali situazioni, si sente il bisogno di un’organizzazione strutturata e persone con competenze manageriali che sappiano dare visione, trasmetterla, fare pianificazioni strategiche, creare piani operativi, sviluppare gruppi di lavoro e far crescere le singole persone. Del resto, i bisogni delle persone che vivono nell’organizzazione non profit sono crescita, coinvolgimento, struttura, visione del futuro, comportamenti consapevoli. Di questo molti dirigenti di associazioni si stan-no accorgendo e stanstan-no mettendo in campo iniziative per consolidare la guida della organizzazione.

Certo, il tema della leadership dell’organizzazione e delle persone si sviluppa, soprattut-to, nelle associazioni più grandi, dove la complessità delle attività e dell’organizzazione stessa porta a pensare nuovi modi di guidare, sviluppare le persone e gestire le relazioni con gli associati e i volontari in modo organizzato.

Diverso è il discorso se parliamo delle associazioni “atomistiche” dei piccoli centri, in particolare quelle ricreative o culturali, in cui il tema si pone con meno intensità e con-sapevolezza, sia per le dimensioni della associazione sia per il tipo di composizione: soci anziani, modello del padre fondatore che fa e decide tutto, dimensione amicale e affet-tiva che sostituisce i rapporti organizzativi. Porteremo comunque esempi di “laboratori di leadership” anche in queste realtà.

I casi descritti nelle prossime pagine ci permettono di focalizzare elementi critici di par-tenza, modalità di evoluzione della leadership verso i collaboratori e verso gli associati, attraverso la descrizione di esperienze sul campo. Vengono descritte esperienze di lea-dership da parte sia di associazioni propriamente dette, sia di organizzazioni non profit che in senso ampio possono essere definite di promozione sociale, per il tipo composito di attività svolte e per il fatto che insieme a componenti che vi lavorano c’è una parte di persone associate e di volontari che vi gravitano.

Tale scelta vuole essere un contributo al confronto tra i modelli di leadership utilizzati nelle associazioni e quelli sperimentati da altri enti non profit, in modo da fare un paral-lelo e vedere cosa le associazioni possono prendere da organizzazioni vicine per valori, servizi, idee.

Così, tali esperienze possono essere di ispirazione e permetterci di vedere in che modo il lavoro di sviluppo di leadership interna può favorire la crescita della associazioni nel prossimo futuro.

2.1.2 Leadership e management: sviluppo organizzativo e ricambio generazionale

Alcune associazioni di promozione sociale e molti enti non profit stanno riflettendo sui modelli organizzativi e promuovendo uno sviluppo della leadership interna, basato sulla professionalizzazione e il consolidamento delle abilità manageriali.

Tali enti, nati da un gruppo di amici o da ispirazione singola, hanno bisogno di avere leader che non siano solo memoria storica, ma conoscano a fondo i processi di funziona-mento e sappiano guidare in modo consapevole l’organizzazione e le persone che dentro di essa operano e vivono

In questa chiave il leader non è solo il Presidente, o qualsiasi senior che per talento na-turale sappia condurre le persone, ma ogni persona che abbia un ruolo di responsabilità di processi e persone e che sappia quindi “come si fa”. Pertanto, il tipo di leader che cercano queste organizzazioni va oltre il padre fondatore o leader “politico”: è qualcuno che sappia gestire l’organizzazione dandole obiettivi di missione e pianificazione, stimoli la partecipazione delle persone alle responsabilità, definisca le linee della vita organiz-zativa, promuova il cambiamento organizzativo e di comportamenti.

In tal modo, queste organizzazioni vogliono evitare il rischio che il leader carismatico vada dritto verso la visione del futuro e si perda le persone per stanchezza, frustrazio-ne dovuta all’inadeguatezza dell’organizzaziofrustrazio-ne, mancanza di stimoli frustrazio-nel quotidiano, cattiva gestione dei problemi, insufficienza delle abilità comportamentali per il ruolo assegnato.

Vediamo qui tre esempi, il primo relativo alle ACLI, una delle maggiori associazioni di promozione sociale, l’altro di Ucodep, ONG aretina e l’ultimo di ARCI nazionale.

denominazione: ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) Provinciali di Roma Natura giuridica: Associazione di promozione sociale ai sensi della legge 383/2000 Ambito di attività: Operano in particolari settori per la promozione della dignità della persona, rispondendo ai valori della Chiesa, del lavoro e della democrazia.

Mettono a disposizione dei cittadini anche i Servizi: il Patronato, l’ENAIP (istruzione professionale) e il CAF - Centro di Assistenza Fiscale.

Ambito territoriale: Provincia di Roma Anno di fondazione: 1944

Numero addetti: 6

La recente esperienza di ACLI provinciale di Roma213 testimonia come un’associazione di promozione sociale ramificata sul territorio e a forte impatto valoriale si possa porre il problema della leadership e di come esercitarla per sviluppare l’organizzazione e rispon-dere alle richieste esterne di servizi e collaborazione.

213 Le ACLI - Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani sono un’associazione di promozione sociale ai sensi della legge 383/2000. Nate nel 1944 a Roma, si dichiarano coerenti con tre fedeltà: alla Chiesa, ai Lavoratori e alla Democrazia. Sono organizzate a livello territoriale in sedi provinciali e regionali, in coordinamento con la sede nazionale di Roma. Ciascuna sede provinciale accoglie al suo interno le associazioni aggregate: sono i circoli sul territorio e i nuclei all’interno degli ambienti di lavoro. Fanno parte del sistema ACLI una rete di Associazioni Specifiche (US ACLI - Unione Sportiva, CTA - Centro Turistico, ACLI Ambiente, ACLI Colf, UNASp - Associazione Culturale Arte e Spettacolo, Coordinamento donne, ACLI Terra, FAP - Federazione Anziani Pensionati, GA - Giovani delle Acli), che operano in particolari settori per la promozione della dignità della persona.

L’esperienza raccontata da Marco Mencaglia (Consigliere di presidenza e Responsabile dell’Area Progetti) è quella di un’associazione che è uscita da un momento di crisi met-tendosi in discussione la propria guida.

L’ACLI provinciale di Roma ha sempre avuto contatti stretti con la sede nazionale delle ACLI, con facile accesso a risorse e supporto ma, prima che entrasse in carica il nuovo gruppo dirigente, ha avuto anche una bassa autonomia di azione per una sovrappo-sizione di ruoli nei propri dirigenti che, in alcuni casi, erano anche dirigenti dell’ACLI nazionale. Ciò ha impedito un vero sviluppo dell’associazione provinciale come ente autonomo, guidato ancora dai componenti “anziani” dell’associazione, che è entrata in crisi dal 2001 al 2005, quando, dopo un commissariamento di un paio di anni, si è inse-diata una nuova Presidenza. Da notare che l’attuale Presidente ha 33 anni.

In questi ultimi anni ad un ricambio della guida della associazione ha corrisposto anche un ricambio nei circoli della provincia di Roma: ne sono presenti 80 per 12.000 iscritti, il 30% sono frutto di un turnover. La nuova presidenza inoltre ha impresso un taglio

“attivista” ai nuovi circoli, che infatti svolgono sempre più attività sul territorio oltre che di rappresentanza. Sono, inoltre, presenti sul territorio romano 15 circoli all’interno di grosse aziende, cosa che rende particolare la realtà provinciale romana.

Dal punto di vista organizzativo il Presidente è eletto ogni 4 anni insieme ad una Pre-sidenza (organo esecutivo) e un consiglio di PrePre-sidenza, attualmente composto da nove membri, di cui 5 giovani consiglieri. Quello che è successo dopo la crisi del 2001/2005 è stata la realizzazione di un’azione di rinnovamento del gruppo dirigente, partendo dal presidente, che ha ampliato lo spazio di azione di giovani iscritti: sono diventati Consi-glieri, sono state loro affidate notevoli responsabilità e attualmente guidano l’organiz-zazione e le sue attività istituzionali. Questo gruppo di nuovi dirigenti è stato scelto tra gli attivisti e quindi il parametro principale per la scelta è stata l’adesione ai valori e agli ideali portati avanti dalle ACLI, prima ancora che le competenze specifiche.

Il cambio di leadership è, quindi, stato frutto di una crisi da cui si è usciti con un rinno-vamento anche anagrafico dei leader, creando un gruppo compatto di giovani che si è preso carico del nuovo percorso e di un cambio di gestione e guida.

Il rapporto tra le nuove leve e i consiglieri anziani è disteso, la scelta è stata quella di non sostituire un gruppo sfiduciato dalla crisi, ma di coinvolgerlo nelle attività, metten-do a frutto la sua esperienza e rappresentanza di circoli storici. Attualmente, il gruppo dei soci anziani non interviene tanto nelle attività operative quanto nella presa delle decisioni attraverso la Presidenza.

La scelta di persone per la loro adesione valoriale e non principalmente per le loro com-petenze, ha generato l’esigenza di una crescita del gruppo dirigente e, su questo punto, la sede nazionale ha supportato lo sviluppo con interventi formativi ad hoc centrati sull’apprendere le modalità per favorire lo sviluppo associativo e il tesseramento e com-prendere le potenzialità di sviluppo dei circoli. Il taglio “attivista” di questa leadership è testimoniato dall’utilizzo di tali competenze da parte dei consiglieri, che si sono im-pegnati a trasmettere le competenze ai circoli, in particolare i vantaggi di far parte del sistema ACLI e il come si opera sul campo, per favorire la loro proattività e l’intervento sul territorio.

Non è stato seguito finora un percorso di sviluppo manageriale relativo a competenze di guida, gestione di gruppi e di collaboratori, relazioni efficaci e comunicazione. Le

competenze sono state acquisite sul campo, per esempio la capacità di interagire con le istituzioni locali: è infatti aumentato il rapporto e la collaborazione con gli enti locali e il dialogo continuo con esse.

Il gruppo dirigente ha aumentato le iniziative di collaborazione anche con gli enti della rete ACLI, in primo luogo Patronato e CAF, tradizionalmente autonomi e con un loro direttore. Sono stati istituiti momenti di confronto interno per creare sinergie operative, che hanno aumentato la visibilità reciproca e le ramificazioni delle attività. Lo sviluppo favorito dall’attivismo dei giovani dirigenti ha portato con sé l’esigenza di rafforzare la struttura con l’inserimento di persone che si occupano di attività specifiche e diano ad esse continuità (ad esempio la comunicazione esterna e la raccolta fondi), ma ancora le risorse economiche non consentono un ampliamento dell’organico come desiderato (at-tualmente 6 persone stabili). Infatti, nel primo periodo di presidenza l’attuale presidente ha accentrato molte competenze, avendo ancora un gruppo in formazione. Ma a poco a poco le competenze sono state delegate ai nuovi consiglieri con una delega sostanziale a livello operativo, con indicazioni di strategia, e gestione collegiale di alcuni temi, come la comunicazione esterna.

Mencaglia afferma che in ACLI il ruolo della leadership personale è importante e viene stimolato, soprattutto per le figure rappresentative, ma è giunto il momento di pensare al rafforzamento delle capacità di guida di tutti i consiglieri e di lavorare al ricambio dei dirigenti, creando da ora le condizioni perché ci sia una nuova generazione che sappia, quando servirà, sostituire l’attuale. Si tratta quindi per ACLI di iniziare ad investire su giovani motivati che comincino ad imparare e a fortificare le proprie abilità per creare e rafforzare una struttura che supporti in ogni momento il presidente. È così che continua il percorso di attenzione allo sviluppo e alla crescita delle persone, in quanto applicazio-ne pratica dell’incarnare i valori cristiani.

Oramai il dirigente di ACLI Roma deve essere anche leader, guidare nel presente e coin-volgere per il futuro, gestire problemi e sviluppare abilità nelle persone, motivare opera-tori e volontari, gestire denaro e dare prospettive future alla organizzazione, innovando e promuovendo idee nuove.

ACLI Roma ha anche affrontato il tema del ricambio generazionale, argomento caldo per molte associazioni che, nate sulla spinta individuale o di piccoli gruppi di persone, negli anni consolidano le proprie attività, coinvolgono sempre nuove persone e ad un certo punto devono fare i conti con l’età, con la stanchezza, con l’esigenza di sostituire alla guida dell’associazione le persone che l’hanno fondata. In tali situazioni, spesso, si verificano dei drammi organizzativi, in quanto ci si rende improvvisamente conto che non ci sono persone in grado di prendere velocemente il ruolo dei padri fondatori, prendere la guida dell’organizzazione, sostituire persone spesso con grande carisma e riconoscimento legato alla creazione iniziale e alla memoria storica.

In Italia il ricambio generazionale è un problema generalizzato, persino nelle aziende gestite a livello familiare è difficile garantire la successione rischiando di perdere la strada intrapresa. Nel non profit, poi, tale aspetto è particolarmente problematico, pro-prio perché i leader carismatici per lungo tempo non si sono preoccupati di creare le cosiddette seconde linee, che crescendo avrebbero preso il posto dei vecchi leader. È il rischio di una autoreferenzialità che a volte porta all’abbandono da parte dei giovani e a volte all’affidamento dell’organizzazione a persone che la conoscono poco.

denominazione: Ucodep - Unità e Cooperazione per lo Sviluppo dei Popoli

Natura giuridica: Associazione riconosciuta come Organizzazione non Governativa Riconosciuta come Onlus ai sensi del decreto 760/97

Ambito di attività: Sviluppo locale, cooperazione decentrata e sperimentazione di stru-menti e prassi innovative fanno parte dell’approccio di Ucodep. Interventi in vari settori riassunti in cinque ambiti: Servizi di base, Economia solidale, Sviluppo locale, Cittadi-nanza e intercultura, Emergenza.

Ambito territoriale: Italia, Camerun, Congo, Sudafrica, Repubblica dominicana, Pale-stina, bolivia, brasile, Equador, Sri Lanka, Vietnam, Albania, bosnia, Croazia, Kossovo, Macedonia, Serbia.

Anno di fondazione: 1990 Numero addetti: 150

Un altro esempio di sviluppo della leadership dell’organizzazione è il percorso intrapreso da Ucodep (Unità e Cooperazione per lo Sviluppo dei Popoli), una Onlus autonoma, plu-ralista e democratica nata ad Arezzo.

“La nascita di Ucodep è legata all’impegno nella Cooperazione internazionale e alla promozione, assieme alle popolazioni e alle associazioni dei paesi del Sud del mondo, di progetti finalizzati a superare le condizioni di miseria e di conflitto, promuovendo una visione unitaria di sviluppo del Nord e del Sud del mondo. Le attività sono elaborate in collaborazione con i gruppi, le associazioni e le organizzazioni di base dei paesi in cui Ucodep lavora, per garantire una reale rispondenza alle necessità della popolazione locale e benefici duraturi dopo la fine dell’aiuto diretto.

Alla Cooperazione internazionale Ucodep unisce iniziative di accoglienza e di integra-zione lavorativa e attività di informaintegra-zione, educaintegra-zione e formaintegra-zione sul territorio locale, volte a creare una cultura aperta ai valori della solidarietà e dell’impegno civile, a de-finire competenze specifiche utili al mondo del volontariato e a promuovere un’econo-mia solidale e una società aperta e interculturale. Ad oggi Ucodep è un’associazione riconosciuta come Organizzazione non Governativa dal Ministero degli Affari Esteri e dall’Unione Europea”. 214 Oltre 150 operatori lavorano in Italia (due sedi a Firenze ed Arezzo) e in numerose aree del mondo.

La scelta fatta da Ucodep negli ultimi anni di entrare nell’impresa sociale ha significato strutturare il lavoro all’interno secondo regole precise, allo scopo di migliorarne l’effica-cia e l’efficienza, e garantire un alto grado di partecipazione a soci e lavoratori.

Partendo dalla forma organizzativa, i principali organi di governo dell’associazione sono:

• l’Assemblea dei Soci, che approva la mission e i documenti di indirizzo pluriennale, le linee strategiche per la programmazione annuale, il bilancio (preventivo e consunti-vo) ed il bilancio sociale. La stessa Assemblea dei Soci elegge il Consiglio Direttivo e il Presidente dell’associazione;

• il Consiglio Direttivo che indirizza, promuove, coordina e verifica l’attività dell’as-sociazione. In particolare, il Consiglio autorizza l’acquisizione di risorse, approva la politica e gli obiettivi della qualità, le linee strategiche di programmazione, i bilanci e l’organizzazione, nomina i Direttori di Unità e ne valuta l’operato;

214 Tratto dal sito web di Ucodep, www.ucodep.org

• il Presidente, che rappresenta in tutte le sedi necessarie l’Associazione, presiede l’As-semblea e il Consiglio Direttivo. Il Presidente dirige e coordina le attività di diretta competenza del Consiglio Direttivo e vigila affinché l’intera attività dell’associazione si svolga in coerenza alle linee generali adottate;

• il Collegio dei Revisori, che provvede al controllo amministrativo dell’associazione, riferendo almeno una volta all’anno all’Assemblea dei soci e approvando il bilancio consuntivo prima che questo sia approvato dall’Assemblea.

A partire dal 2000, Ucodep ha sviluppato un processo di progressiva strutturazione del proprio lavoro, a seguito del significativo aumento delle attività e del numero di collabo-ratori dell’associazione. Una precisa definizione di ruoli, competenze e procedure è stata infatti ritenuta necessaria per una maggiore efficacia della gestione e per garantire spazi di partecipazione all’interno di tutta la vita associativa. Tale processo ha condotto l’associazione alla progressiva definizione di: un sistema di programmazione pluriennale e annuale, attraverso l’adozione della Carta dei Principi, valori, visione e missione (ap-provata nel 2000 e aggiornata nel 2006), dei documenti di indirizzo pluriennale e dei programmi annuali di lavoro; un quadro di processi e responsabilità all’interno dell’as-sociazione, definito attraverso l’organigramma e la definizione delle principali procedure che governano la progettazione e la gestione delle attività; un programma annuale di formazione interna e la formulazione di contenuti standard per la formazione inter-na relativamente all’orientamento degli operatori, alla formazione per responsabili di progetto e alla progettazione; un percorso di formulazione di bilancio sociale che ha portato alla realizzazione di una prima edizione nel Giugno del 2004.215

Conseguentemente alla crescita e diversificazione delle attività, l’organizzazione ha

Conseguentemente alla crescita e diversificazione delle attività, l’organizzazione ha